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Cornelio Nepote

De Viris Illustribus - Pelopidas

Capitolo III


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A questo punto mi piace interporre, anche se è estranea all'argomento trattato, una riflessione su quanto danno possa provocare la fiducia eccessiva. Infatti alle orecchie dei magistrati tebani giunse immediatamente la notizia che gli esuli erano entrati in città. Questi, in preda al vino ed alla gozzoviglia, non si degnarono di ciò al punto che non cercarono nemmeno di indagare su una questione tanto importante. Si aggiunse pure una a mettere maggiormente in risalto la loro stupidità. Arrivò infatti da Atene, da parte di Archino, una lettera indirizzata ad uno di questi, Archia, che in quel momento ricopriva a Tebe la più alta magistratura, nella quale venivano riportati tutti i dettagli della partenza dei congiurati. Poiché questa gli venne consegnata mentre era già sdraiato al banchetto, mettendola sotto il cuscino sigillata così com'era, disse: "Rinvio a domani le questioni serie". Ma tutti quelli, sotto l'effetti del vino, quando la notte era già inoltrata, furono uccisi dagli esuli comandati da Pelopida. Conclusa l'operazione, chiamato il popolo alle armi ed alla libertà, accorsero non solo quelli che erano in città ma anche da tutte le parti della campagna, cacciarono dalla rocca il presidio degli Spartani, liberarono la patria dall'assedio, e, dei responsabili dell'occupazione della Cadmea, una parte ne uccisero, e una parte la cacciarono in esilio.




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