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Amilcare, figlio di Annibale, soprannominato Barca, Cartaginese, iniziò molto giovane in Sicilia ad essere a capo di un esercito durante la prima guerra punica, anche se negli ultimi anni. Mentre prima del suo arrivo le cose dei Cartaginesi andavano male sia sulla terra sia sul mare, egli, non appena si presentò (in guerra), non si piegò mai al nemico né gli diede la possibilità di nuocere e spesso, al contrario, presentatasi un'occasione, lo provocò e ne uscì sempre vincitore. Fatto ciò, visto che i Cartaginesi avevano perso quasi l'intera Sicilia, egli difese talmente bene Erice al punto che in quel luogo non sembrava che si fosse combattuta una guerra. Nel frattempo i Cartaginesi, superati nello scontro navale presso le isole Egadi da C. Lutazio, console dei Romani, decisero di terminare la guerra e affidarono questa decisione al giudizio di Amilcare. Egli, sebbene bruciasse per il desiderio di combattere, ritenne tuttavia di dovere mirare alla pace, in quanto capiva che la sua patria, esausta per le spese, non era in grado di sopportare più a lungo le calamità della guerra, ma così da pensare subito di riprendere la guerra, se le cose fossero migliorate almeno un poco, e di perseguitare con le armi i Romani finché o avessero vinto con valore o, vinti, si fossero arresi. Con questo parere procurò la pace; nella trattativa ebbe così tanto orgoglio al punto che, visto che Catulo diceva che non avrebbe posto fine alla guerra se lui con i suoi, che avevano occupato Erice, lasciate le armi, non avessero lasciato la Sicilia, rispose che egli stesso avrebbe preferito morire mentre si verificava la rovina della patria, piuttosto che tornarvi con una tale infamia. Non era infatti conforme al suo valore consegnare agli avversari le armi ricevute dalla patria contro i nemici. Catulo si piegò alla sua tenacia.




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