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Cesare

De Bello Gallico

Libro VII - Paragrafo LXXXI


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Fatto trascorrere un giorno, i Galli, preparato in questo spazio di tempo un gran numero di graticci, di pertiche e di scale, usciti a mezzanotte in silenzio dall'accampamento si avvicinano alle fortificazioni di pianura. Levato all'improvviso un grido, segnale attraverso il quale chi era assediato nella città potesse sapere del loro arrivo, si preparano a gettare le fascine, a scompigliare i nostri sul vallo con fionde, frecce e pietre e ad azionare i restanti mezzi che servono per l'assalto. Allo stesso tempo, sentito il grido, Vercingetorige dà con la tuba il segnale ai suoi e li conduce fuori dalla cittadella. I nostri, come i giorni precedenti secondo la posizione che Cesare aveva assegnato ad ognuno, giungono alle fortificazioni; spaventano i Galli con fionde con proiettili da una libbra e con pali acuminati che avevano disposto sulle difese. Il buio impedisce di vedere, da entrambe le parti si subiscono molte perdite. Un gran numero di frecce viene scagliato dalle macchine da lancio. Ma i luogotenenti M. Antonio e C. Trebonio, ai quali era toccata la difesa di questi settori, là dove avevano capito che i nostri erano in difficoltà, inviavano in loro soccorso i rinforzi fatti scendere dai fortini più lontani.




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