I nemici, sconfitti in battaglia, non appena si ripresero dalla fuga, inviarono subito degli ambasciatori da Cesare per chiedere la pace (a proposito della pace); essi s'impegnano a consegnare gli ostaggi e ad eseguire qualsiasi cosa egli avesse ordinato. L'atrebate Commio giunse assieme a questi ambasciatori, che, come avevo ricordato sopra, era stato mandato in avanscoperta in Britannia da Cesare. Appena sbarcato dalla nave, sebbene riferisse loro, come portavoce, le richieste di Cesare, quelli (i Britanni) lo avevano catturato e lo avevano messo in catene; ora, combattutasi la battaglia, lo hanno liberato e, nel domandare la pace, incolparono la folla di quell'episodio e chiesero di perdonare un fatto causato dall'imprudenza. Cesare si lamentò del fatto che, nonostante essi avessero richiesto la pace con degli ambasciatori inviati di propria iniziativa sul continente, i Britanni gli avevano mosso guerra senza una ragione, disse che perdonava la loro sventatezza e richiese gli ostaggi; essi gliene consegnarono subito una parte e dissero che gli altri, fatti venire da regioni alquanto lontane, li avrebbero restituiti entro pochi giorni. Nel frattempo ordinarono ai propri soldati di ritornare nelle campagne, e da ovunque i capi iniziarono a raccomandare a Cesare se stessi e le loro popolazioni.
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