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Coordinamento Romano per la Jugoslavia


CRONACA DI UNA GUERRA ANNUNCIATA

Il timore dei serbi di Bosnia, che nonostante gli accordi di Dayton il futuro della Repubblica Serba di Bosnia [RS] sia a repentaglio, è avvalorato da una serie di dati di fatto.
  • In primo luogo, la storia pesa come un macigno: il progetto nazista messo in atto durante la seconda guerra mondiale consisteva nello spingere la popolazione superstite di religione ortodossa al di là della Drina (il fiume che segna il confine tra le Repubbliche ex-federate di Bosnia-Erzegovina e di Serbia).
  • In secondo luogo, la cronaca degli avvenimenti che hanno segnato la disgregazione della SFRJ (disgregazione cui i serbi si sono opposti non avendo in essa alcun interesse, e che viceversa ha comportato la loro dispersione in una molteplicità di statarelli spesso ostili, trasformandoli in stranieri a casa propria) dimostra che la situazione è stata determinata da una serie di passaggi militari e diplomatici perversi, nei quali le potenze straniere hanno svolto un ruolo di primaria importanza. Si pensi al puntuale boicottaggio tramite pressioni diplomatiche dei piani di pace accettati anche dai serbi, come il piano Cutileiro del marzo 1992, agli attacchi militari come quello della primavera 1995, alle stragi tipo "strategia della tensione" di cui incolpare i serbi, come quelle di Markale, alle campagne di disinformazione strategica come quella sullo stupro etnico di centinaia di migliaia di donne musulmane e sugli scomparsi da Srebrenica.
  • In terzo luogo gli accordi di Dayton se da una parte hanno potuto congelare la situazione bellica - ma solo dopo il repulisti delle Krajne, del Bihac governato da una leadership musulmana non fanatica, di parte del territorio della RS e dei quartieri serbi di Sarajevo - hanno però essenzialmente comportato l'occupazione militare della Bosnia-Erzegovina da parte delle truppe occidentali, con tutto quello che ciò significa dal punto di vista logistico e strategico.
  • In quarto luogo l'attualità è (o meglio: dovrebbe essere) sotto gli occhi di tutti:
    - Dopo la reintegrazione della Slavonia Orientale sotto autorità croata (gennaio 1998) i serbi stanno lasciando la regione alla chetichella e nel totale disinteresse delle varie "opinioni pubbliche" occidentali. La "questione serba" in Croazia può dunque pressochè dirsi conclusa.
    - Nell'estate scorsa una provocazione delle truppe SFOR a Brcko ha causato una vera e propria sollevazione popolare. Ciononostante, il problema di Brcko (corridoio di pochi chilometri attraverso il quale passano tutti i collegamenti tra la parte occidentale e quella orientale della RS) resta aperto: un arbitrato internazionale deve decidere a chi apparterrà Brcko nel futuro, e le parti musulmana (dichiarazioni di Ejup Ganic all'inizio di febbraio 1998) e croata hanno già chiarito che una eventuale decisione a favore dei serbi comporterebbe lo scoppio di una nuova fase della guerra.
    - Dal punto di vista politico c'è da segnalare soprattutto l'impegno profuso dalle truppe occidentali e dalle diplomazie per favorire un cambio della guardia a capo della RS. Con operazioni sul campo (tra cui quella citata di Brcko nell'agosto 1998, l'occupazione di stazioni radio e TV, ecc.), pressioni sull'opinione pubblica (l'operato effettivo del Tribunale dell'Aia per i crimini di guerra è tenuto in sordina, visto che sul banco degli accusati compaiono soprattutto militari croati come il generale Blaskic, decorato da Tudjman, ma i mass-media continuano a dare risalto al problema della cattura di Karadzic e Mladic e ad ogni risoluzione ed operazione "di polizia" contro presunti criminali serbi), promesse di finanziamenti (dei quali si parla ma che non arrivano, mentre la situazione economica e sociale nella RS è critica) e quant'altro, gli USA e l'Europa sono riusciti a crearsi una corte di lacchè che governano oggi a tutti gli effetti la RS: la Presidente Biljana Plavsic ed il premier Dodik innanzitutto, entrambi provenienti dagli stessi settori nazionalisti-sciovinisti di Karadzic ma bene accolti nei consessi "che contano" per la loro disponibilità a collaborare. Persino il ministro degli Esteri tedesco Kinkel è stato recentemente in visita a Banja Luka!
    - Infine, a piú riprese negli ultimi mesi si è parlato del programma di finanziamento, addestramento e fornitura di armamenti ai musulmani di Bosnia da parte soprattutto americana, mentre sul terreno continuano ad essere presenti squadre di mudjaeddin dei paesi islamici. Questo comportamento sembra in flagrante contraddizione con le priorità della pacificazione sul campo e dell'applicazione degli accordi di Dayton. O forse sta bollendo qualcosa in pentola?

    Abbiamo tradotto e riportiamo di seguito alcuni estratti da articoli apparsi su giornali serbi negli ultimi mesi, per capire quali siano i loro timori in questa fase.

    COORDINAMENTO ROMANO PER LA JUGOSLAVIA, febbraio 1998


    Le "strette" frontiere della Bosnia

    I seguaci di Izetbegovic tentano di occupare punti strategici nel territorio della Repubblica Srpska [RS], di avvicinarsi al fiume Drina e collegarsi con il Kosmet e la Raska [Sangiaccato], realizzando così la "trasversale verde islamica"
    "I musulmani hanno da tempo trasgredito gli accordi sul contenimento degli armamenti. Si stanno preparando non solo a mettere a rischio le frontiere della RS, ma anche a collegarsi al Sangiaccato e al Kosovo, cercando di realizzare il loro vecchio obiettivo - la
    'trasversale verde'. Stanno perdendo sempre di più la pazienza, compiono azioni esplorative nel retroterra della RS". Questa è la dichiarazione rilasciata a "Novosti" dal generale Pero Colic, capo di Stato Maggiore della RS. "Già alcuni giorni or sono abbiamo trovato dei musulmani armati nel nostro territorio, vicino a Usripaca, impegnati in una insolente missione di esplorazione. Vicino a Brcko, nella regione di Brod e Omerbegovaca, nei dintorni di Doboj, nella zona di Hadzici, stanno quotidianamente provocando. (...) Uomini militarmente preparati vengono fatti passare nel nostro territorio con il pretesto della libera circolazione, e tutto questo è da noi regolarmente denunciato ai rappresentanti delle forze internazionali".
    Malgrado le proteste della parte serba, i musulmani continuano con la loro strategia sotto la guida, secondo il gen. Colic, di Alija Izetbegovic e del sangiaccatese Ejup Ganic. "Non nascondono le loro intenzioni. Cercano di mettere in pratica il piano, passo passo fino alla Drina, provocando scontri ai confini della RS (...)".
    Le armi ai musulmani arrivano attraverso molti canali, principalmente quelli islamici. Il gen. Colic ultimamente ha protestato più volte presso le forze internazionali, denunciando che ingenti quantità di armi e munizioni arrivano ai seguaci di Izetbegovic senza alcun controllo da parte delle forze militari internazionali

    (V. Mitric, da "Evropske Novosti", Francoforte, 14/3/1997)


    Addestrati e armati

    Gli istruttori USA hanno coordinato le esercitazioni musulmane. L'esercito musulmano dopo le manovre militari sotto il comando di ufficiali americani ha ottenuto alte considerazioni.
    Tanjug, New York - Washington, che negli anni trascorsi ha dotato di pesanti armamenti offensivi, in maniera palese ed occulta, la federazione musulmano-croata in Bosnia, si è compiaciuta dell'alta preparazione dell'esercito musulmano per eventuali nuove offensive belliche.
    La parte americana, insieme ai rappresentanti NATO, ha espresso tale deliberazione dopo le recenti manovre belliche del V Corpo d'Armata [quello islamista di Izetbegovic che attaccò all'inizio del 1995, nell'indifferenza generale, i musulmani "traditori" della sacca di Bihac costringendoli all'esodo; n.d.crj], alle quali hanno partecipato anche istruttori americani.
    Alle manovre, secondo fonti dell'Associated Press [AP], hanno presieduto i coordinatori dell'organizzazione militare americana "Militar Professional Resources", della Virginia, la quale è di solito condotta da generali americani in pensione.
    Durante le esercitazioni gli istruttori americani coordinavano l'attacco delle artiglierie, dopodichè seguiva l'attacco dei carri armati e poi l'avanzata della fanteria. "L'esercito musulmano ha pienamente superato il compito sotto il comando americano", hanno detto gli istruttori. E per quanto riferisce l'AP, gli istruttori non vogliono parlare più di tanto del loro lavoro svolto in Bosnia.
    La parte americana non ha mai cercato di spiegare come si può assicurare la pace ed impedire eventuali nuovi scontri, accumulando armi e armando soltanto una parte.
    Quante armi abbia introdotto in Bosnia l'Occidente si può dedurre dalle informazioni della AP. Il costo del programma "Armare e addestrare" è stato di 400 milioni di dollari. Da Washington sono arrivati alla Federazione 45 carri armati M60, 80 blindati, 15 elicotteri ed altro equipaggiamento. Nell'ambito dello stesso programma gli Emirati Arabi hanno inviato ai musulmani 100 carri armati AMX30, di produzione francese.
    Prossimamente in Bosnia devono arrivare 116 obici americani. Questa è però soltanto una parte dell'arsenale bellico destinato ai musulmani ed alla Federazione, grazie all'America.
    Quante armi siano veramente arrivate dall'Occidente finora, in questo momento è difficile da accertare.

    (da "Politika express", Belgrado, 8 giugno 1997)


    “I tamburi della nuova guerra”

    La "tempesta" bosniaca
    Dal settembre del 1997 a Sarajevo si stanno preparando attivamente per un nuovo conflitto in Bosnia, che dovrebbe iniziare nella primavera del 1998. Il carattere e le operazioni chiave di questo conflitto sono stati già definiti. L’ora zero verrà fissata quando si avrà la risposta sulla permanenza delle forze USA in Bosnia al termine del mandato nell’estate del 1998 e Sarajevo attenderà che esse si ritirino prima di dare inizio ai nuovi scontri bellici. La dirigenza musulmana in Bosnia sta valutando attentamente l’importanza del momento in cui agire, dato che tutto il piano poggia sugli USA. Pertanto, Izetbegovic non deve muoversi in un momento inopportuno per non perdere l’appoggio di Washington.
    Unificazione dello Stato
    Ai vertici musulmani di Sarajevo si dice però che Izetbegovic abbia ottenuto garanzie dalle più alte cariche dell’Amministrazione Clinton e, nel caso in cui l’accordo di Dayton fallisca, l’Occidente renderà possibile “l’unificazione” bellica della Bosnia Erzegovina sotto l'egida musulmana. Essenzialmente il piano americano riguarda l’armamento dell’esercito musulmano-bosniaco - cioè il piano
    “Addestrare ed armare”, che è indirizzato a tale scopo. Per quel che riguarda l’Amministrazione a Sarajevo, come dice un alto funzionario musulmano, la soluzione migliore è “che i Serbi vengano attaccati nel momento in cui le truppe americane lasceranno la Bosnia Erzegovina, cioè a giugno 1998”. Ciò fa parte di una vasta analisi esposta, nell’ultimo numero di una rivista di difesa strategica e politica estera, dal redattore Joseph Bodanski. L’autore è anche direttore dell’Associazione internazionale di studi strategici nonché dirigente della Commissione speciale contro il terrorismo e gli scontri a bassa intensità presso la Camera dei deputati del Congresso americano, ed è inoltre autore di due libri sulla crisi dell’ex-Jugoslavia. E’ interessante notare come questo esimio stratega non dubiti che la Bosnia, gettata nell’abbraccio americano, si muova inevitabilmente verso un nuovo conflitto. Ciò viene confermato dallo stesso Bodanski, che sottolinea i punti chiave dello scenario del nuovo conflitto, che sono, afferma, già concordati e aspettano solo il momento giusto per essere attivati.
    Dietro la maschera dei rifugiati
    Continua Bodanski: “Il piano alternativo del comando musulmano prevede una fulminea offensiva su vasta scala per occupare la parte orientale della Bosnia Erzegovina. Ufficialmente ciò verrà giustificato col fatto che nella parte orientale della Bosnia viveva, prima della guerra, una maggioranza musulmana. Per assicurarsi l’appoggio dell’Occidente, l’offensiva si svolgerà col pretesto di facilitare il ritorno dei profughi musulmani (naturalmente “vittime dei crimini serbi e della pulizia etnica”) nelle città principali di quei territori. Strategicamente e politicamente, l’offensiva dei musulmani bosniaci è modellata su “La tempesta” croata, con la quale tutti i cittadini serbi furono cacciati dalla Kninska Krajina con il tacito consenso degli USA. E’ indicativo il fatto che tutte queste attività militari dei musulmani si svolgeranno su un territorio sotto il controllo delle forze americane”. Proseguendo l’analisi, Bodanski scrive che gli attacchi principali partiranno verso due direzioni, con più azioni, denominate “pulizia delle tasche” - un eufemismo- osserva Bodanski - per la pulizia etnica contro i Serbi bosniaci. La principale incursione è affidata a due gruppi d’assalto: uno avanzerà da Tuzla con una manovra convessa da Kalesija in direzione sud-est lungo la frontiera con la Serbia. Questo gruppo avrà il compito di occupare Zvornik, Bratunac, Srebrenica e Zepa, per arrivare fino alle vicinanze di Visegrad.
    La caduta senza combattimenti
    A questa offensiva, secondo i piani operativi, seguirà “la pulizia” su un vasto fronte da Sarajevo a Kalesija. Il compito di questa campagna è di cacciare la popolazione serba di Pale, Sokoc e Rogatica, e di sospingerla verso il corridoio di Visegrad (il che spiega perché entrambe le direzioni di attacco arrivino soltanto fino all’ingresso di Visegrad) verso la Jugoslavia. “A Sarajevo sono convinti che l’Occidente, come ha tollerato la cacciata dei Serbi in massa dalla Krajina nel 1995, farà lo stesso per la pulizia dei Serbi dalla Bosnia Erzegovina orientale, se questa operazione verrà effettuata con velocità e determinazione. Inoltre, i pianificatori di Sarajevo sono convinti che il resto del territorio sud-orientale cadrà senza combattimento, giacché verrà isolato e con il retroterra ripulito non sarà in condizioni né economiche né politiche di sopravvivere indipendentemente”. Per quanto riguarda l’altro fronte - spiega ulteriormente lo stratega americano Bodanski - come impiego di forze militari sarà minore, ma non come importanza strategica. L’ala nord della “Tempesta” bosniaca dovrebbe sfondare verso est, per continuare da Brcko l’avanzata verso oriente lungo il fiume Sava, fino all’estremo triangolo nord-est della Bosnia Erzegovina. L’ala sud di questo gruppo operativo partirà da Krstac verso Teocak, sfonderà verso Sever, lungo la Drina, finché non si ricongiungerà con il gruppo nord. Con queste manovre, si darà un taglio al collegamento via terra dei Serbi con la Jugoslavia. (...)

    (Dejan Lukic, da"NOVOSTI", Belgrado-Francoforte, 16.12.1997)


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