Argentina: vecchi camerati arruolano mercenari per la Croazia

di Gary Weber
(tratto da "WoZ-die Wochenzeitung", n.29 del 23/7/1993, Zurigo, CH)


Nessun cartello e nessuna bandiera danno ad intendere che in un grattacielo della via Còrdoba, al n. 679, nel centro di Buenos Aires, si svolge un pezzetto di guerra dei Balcani. Al secondo piano, nascosto al termine di un lungo corridoio, un foglietto scritto a mano sta appeso dietro al campanello: dice semplicemente "Croacia". Solo un paio di giorni fa, secondo una vicina, campeggiava sulla porta un rappresentativo cartello con la dicitura: "Ambasciata Croata". Poi però ci sono state questioni, e lo hanno rimosso. Infatti nel Corpo Diplomatico dell'Argentina non esiste alcuna Ambasciata croata, nè alcun Ambasciatore croato [l'articolo risale al 1993, n.d.crj].

O almeno non ancora. Il Presidente Menem spinge per il riconoscimento del nuovo Stato e vuole che sia nominato Ambasciatore il suo vecchio compare Ivo Rojnica. Egli ha con lui un debito di gratitudine, visto che il croato avrebbe sostenuto con forza il peronista nella battaglia elettorale. Rojnica entra ed esce dalla residenza presidenziale, sempre più preso negli ultimi giorni dalle preoccupazioni. La stampa gli dà la caccia e cerca, invano finora, di cavargli un commento sulle ultime rivelazioni. La comunità ebraica di Buenos Aires accusa Rojnica di essere stato "complice attivo ed esecutore della volontà dei nazisti" - secondo il "Semanario Israelita", che esce nella capitale. Il settimanale ebraico cita una disposizione degli Ustascia, emanata nella città di Dubrovnik il 25 maggio 1941, che impone il coprifuoco tra le 19 e le sette del mattino per gli ebrei e per i serbi. Questa disposizione porta la firma di Rojnica. Fintanto che le acque non si sono placate, il Senato, dal quale dipende la nomina dell'Ambasciatore, non vuole prendere alcuna decisione.

Gli Ustascia governarono la Croazia insieme all'Italia e alla Germania dal 1941 al '45. Per quanto di loro competenza essi presero parte alla persecuzione dei partigiani, dei serbi e degli ebrei. Ante Pavelic, fondatore degli Ustascia (1) e capo del governo della Croazia nazista, dopo la capitolazione della Germania di Hitler scappò nell'Argentina di Juan Peròn, travestito da frate francescano, con l'aiuto del Vaticano. Anche Rojnica nell'Europa del dopoguerra temette la giustizia alleata. In principio si rifugiò a Trieste. Ma lì fu arrestato, dopo che una delle sue vittime, una ebrea, lo ebbe riconosciuto. I suoi commilitoni ustascia lo fecero scappare dal carcere e lo condussero lungo le cosiddette "linee dei topi" fino alla sicura Argentina. Di lì Pavelic e Rojnica proseguirono le loro attività ustascia, tra l'altro pubblicando a Buenos Aires la "Gazzetta Croata".

Dopo la caduta di Peròn, negli anni cinquanta, Pavelic ebbe delle difficoltà. La Jugoslavia lo aveva accusato di essere responsabile della creazione di 22 campi di concentramento e dell'assassinio di un milione di serbi e 60mila ebrei, e ne aveva chiesto la estradizione al governo argentino. In effetti la estradizione fu negata nel 1957. Dopo essere scampato ad un attentato, il "Duce", come si definiva lui stesso, riuscì a portarsi nella Spagna di Franco, dove morì nel 1959.

Rojnica rimase a Rio de la Plata, e divenne una delle maggiori figure dell'imprenditoria tessile del paese. Secondo il quotidiano "Pàgina 12", egli avrebbe fornito dieci milioni di dollari ai suoi fratelli croati per l'acquisto di armi.
Però dall'Argentina i vecchi camerati non inviano soltanto denaro. Nell'ufficio della via Còrdoba si è indaffarati anche a reclutare mercenari, compito questo del quale si occupa in special modo Domagoj Antonio Petric, che ufficialmente appare come l'addetto-stampa della ipotetica Ambasciata. La "mano destra" di Rojnica appartenne per dieci anni al Battaglione n.601 del servizio segreto militare, ai tempi della dittatura argentina dei Generali, tristemente noto per la pratica della tortura. Tra i suoi ex-colleghi, Petric è soggetto ad una particolare attenzione, poichè la maggior parte di loro non ha mai appreso un vero mestiere, a parte la "guerra sporca", ed è pertanto oggi disoccupata. Particolarmente entusiasti per il nuovo compito nella ex-Jugoslavia sono i cosiddetti "carapintadas", l'ala fascista interna all'esercito, cui sono dovute svariate rivolte contro il governo. I legionari vengono preparati al loro intervento in Bosnia-Erzegovina in un campo di addestramento segreto, a Villa Alpina, distante circa 700 km. da Buenos Aires.

Finora sono stati inviati in Croazia 329 mercenari argentini. Secondo fonti argentine, 34 di loro sono già morti. Generalmente i combattenti vengono imbarcati su voli di linea diretti a Roma o a Budapest, di qui essi sono condotti a Zagabria in pullman. Il metodo di inviare Caschi Blu argentini nelle zone di guerra si è rivelato particolarmente economico. Tanti soldati, sottoposti dal governo Menem al comando dell'ONU, svolgono nel frattempo il loro servizio nelle file della legione straniera croata.


(1) Il fondatore del movimento Ustascia fu in realtà Ante Starcevic, morto nel 1896, che riteneva i serbi "carne da macello" (cfr. Karlheinz Deschner, "Die Politik der Päpste im XX Jahrhundert", ed. Rowohlt, Leck (RFT) 1991 [n.d.crj]