foto tratte dal catalogo della mostra: "JASENOVAC - Il sistema dei campi di sterminio degli ustascia", Belgrado 1997
Dove prima sorgeva il museo-memoriale dedicato alle 800 mila vittime
della violenza degli ustascia, alla fine del 1991 resistono
solamente le rovine che vedete nelle fotografie.
Alle truppe serbe, che dopo scontri armati in Slavonia come in tutta
quella che diventera' poi l'effimera Repubblica Serba di Krajna,
hanno sottratto ai secessionisti croati il controllo dell'area a
maggioranza serba, si presenta questo spettacolo.
La devastazione gratuita e deliberata di uno dei luoghi-simbolo della Lotta di Liberazione contro la barbarie nazifascista in Europa.
Nemmeno la memoria viene risparmiata al linciaggio.
La stessa violenza scagliata in senso materiale contro i simboli
e le testimonianze di Jasenovac cosi' come contro centinaia di
monumenti e luoghi storici sparsi sul territorio da
de-jugoslavizzare,
lo stesso concentrato di violenza ed odio e' usato dai nuovi padroni
di Zagabria - servi del dominio imperialista come i loro
predecessori assassini Pavelic e Stepinac, servi cui proprio
quell'anno da occidente e' arrivato un decisivo "via libera" -
per far riscrivere la storia del loro paese, nelle scuole e sui
giornali,
alle televisioni e con i nomi delle piazze, fino al nome della moneta
nazionale: la KUNA, altra macabra riminiscenza dello
Stato fantoccio NDH, banconota oggi piu' modernamente identica al
DEUTSCHE MARK per forza della scelta di lasciarla stampare
nelle stesse identiche officine in Germania.
Una violenza ideologica di fine secondo millennio scagliata anche contro noi, dell'orticello accanto, noi ignoranti, noi anime belle con la lacrimuccia pronta, noi che non siamo mai stati capaci di reagire nel nostro stato di assoluta sudditanza - cinquant'anni di democrazia truccata e poi un golpe bianco, una Costituzione mai applicata gia' buttata nel cestino, una Guerra di Liberazione insufficiente e gia' disconosciuta, a colpi di stragi su chi passava li' per caso -, noi telecomandati cui la televisione nell'autunno 1991 non raccontava niente di tutto questo, e semmai il contrario di quello che era.
Massmedia di tutto il mondo per stravolgere ragioni e comprensione del conflitto tra serbi e croati ora, come succedera' poi in Bosnia, in Kosovo, eccetera. Una determinazione fredda ad impedire alla opinione pubblica mondiale di conoscere lo scempio che e' testimoniato dalle fotografie sopra riportate, men che mai di capirne il terribile senso.
L'autogoverno per i serbi della Slavonia e' una presa in giro. I giochi sono gia' stati fatti altrove: i croati vengono addestrati ed armati dalla NATO. Quando - il Primo di Maggio 1995, per caso - riattaccano proprio in direzione di Jasenovac, allora e' un nuovo massacro e nuovi scempi senza dirette televisive. Riprendono il controllo dell'area-memoriale. Da allora non abbiamo visto piu' nessuna foto, nessun nostro politico o scribacchino e' andato a Jasenovac a pregare, a piangere, ne' a controllare.
I serbi sopravvissuti della Slavonia occidentale scappano in Bosnia ed in Serbia, come nemmeno i loro genitori, minacciati cinquanta anni prima dalla scure nazista.
"Evropske Novosti" scrive il 14/3/1997:Rivelazioni della Commissione croata sulle vittime serbe nelle operazioni "Lampo" e "Tempesta"
NUOVE FOSSE COMUNI A JASENOVAC
Serbi vittime della operazione "Lampo" sepolti in 18 fosse, quelli uccisi nella "Tempesta" in 38 fosse comuni nella Krajna
Il Centro Documentale di Informazione sulla Krajna VERITAS, a Belgrado, ha ricevuto la nuova documentazione sui serbi uccisi nella aggressione "Lampo" della Slavonia Occidentale in Croazia. I dossier contengono le fotografie dei corpi, la dattiloscopia, la descrizione dell'abbigliamento, scarpe ed oggetti personali trovati presso le vittime.
Secondo la documentazione, i serbi uccisi dalle forze croate sono sepolti a Stara Gradisca, Ratkovac, Orahovac, Bijela Stijena, Paklenica, Vocarice, Spirinci, Benkovac, Donja Varos e Cega. Il maggior numero e' sepolto ad Okucani, e sul piu' grande patibolo serbo della II Guerra Mondiale: a Jasenovac, dove secondo questa relazione sono sorti tre nuovi cumuli.
La VERITAS invita famigliari e conoscenti delle vittime a venire a Belgrado, in Via Francuska 24, dove avra' luogo l'identificazione.
Dopo l'incontro tra la commissione jugoslava e quella croata, svoltosi il 6 e 7 marzo, sono arrivati anche gli elenchi dei luoghi di sepoltura. L'elenco delle vittime era gia' precedentemente noto ai familiari. Questa volta e' arrivata la documentazione sui luoghi in cui sono sepolte le persone identificate e quelle non identificate. Il maggior numero delle vittime serbe identificate, morte nell'operazione "Lampo" del Primo Maggio 1995, si trova ad Okucani e Donji Raijci. Complessivamente, secondo fonti croate, in questi luoghi sono state individuate 18 fosse. I morti nella "Tempesta", sempre secondo questa documentazione, sono sepolti in 38 fosse. Il maggior numero di vittime - 208 - e' sepolto a Knin, e 144 a Gracac. - R.M.
Alla fine del 1995 la Croazia e' papabile di Europa...
Intanto, la colpa e' dei serbi. Lo ha detto quello stesso
che su Jasenovac ha taciuto.
Mesi dopo i reduci croati della Guerra di Liberazione ritrovano
fiato e scrivono: "Tudjman, Jasenovac non e' la Dinamo".
Il Presidente vuole trasformare quella landa in rovina in un
museo tutto nuovo, dedicato alle "vittime croate" come specie
di santi particolari - fascisti e comunisti, carogne ed eroi,
purche' croati, purche' il Presidente li possa pensare tutti
"morti per la Patria". Ma l'operazione e' piu' difficile di quanto
non sia ribattezzare una squadra di calcio: la Dinamo Zagreb che ora
si chiama come la nazionale! Per la Patria! Intanto, a visitare
Jasenovac devastato chi ci va?
Nella Croazia de-jugoslavizzata si respira un'aria terrificante.
Accordi da operetta,
voluti da strutture burocratiche internazionali atte a restituire
verginita' a chi ha ucciso la Jugoslavia partigiana plurinazionale,
a chi ha ucciso le jugoslave e gli jugoslavi,
prevedono il rientro dei profughi serbi nelle loro case.
Ma quella non e' piu' nemmeno l'ombra della placida
Sava che scorreva nel mezzo della pianura.
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