10 febbraio 2003
Le
carte segrete sulla strage
L'ombra Usa a Portella della
Ginestra
di ATTILIO BOLZONI e TANO GULLO
Gli agenti speciali hanno lasciato le loro
impronte a Portella della Ginestra.
L'ombra della strage che non ha avuto mai mandanti si allunga fino all'Office
of Strategic Services, il servizio segreto americano che in quegli
anni era comandato in Italia dal capitano James
Jesus Angleton.
Una pattuglia di quegli uomini che lui
aveva reclutato tra le file della Decima Mas
e nella sbirraglia fascista, sbarca a Palermo in anticipo su quel Primo
Maggio. La missione siciliana e le altre incursioni contro i “rossi” in
varie città d'Italia erano state programmate da quattordici mesi. Lo testimonia
un cablogramma datato 12 febbraio 1946, indirizzato al War
Department e firmato da Angleton
in persona: “Ho bisogno immediatamente di almeno dieci agenti per aprire
basi a Napoli, in Sicilia, a Bari e a Trieste. Devono essere sottoposti ad un
addestramento intensivo... Servono per operazioni militari”.
C'è aria di festa quella mattina di primavera
del 1947 sulle colline intorno a Piana degli Albanesi, all'improvviso
partono le sventagliate di mitraglia e il fuoco lascia per terra undici
contadini. Ma non è solo Salvatore Giuliano
a sparare. E non sono soltanto le armi dei suoi disgraziati banditi a far fuoco
dalle rocce della montagna. Negli schedari degli Archivi
Nazionali degli Stati Uniti d'America, gli atti desecretati dalla CIA
svelano fatti e personaggi che raccontano le vicende di Portella prima e dopo il
bagno di sangue.
Ecco cosa è custodito nel labirinto di
carte sepolte per oltre mezzo secolo alla Central
Intelligence Agency. Ci sono indizi che portano ancora alle
“squadre” del principe Junio Valerio
Borghese addestrate dall'OSS
e spedite in Sicilia. Ci sono banditi che incontrano spie travestite da
giornalisti. Ci sono monaci ed ex funzionari dell'OVRA
che trattano con il “re” di Montelepre. Ci sono mafiosi del calibro di Lucky
Luciano che a sorpresa tornano nell'isola. E, a Palermo, c'è anche
un covo antibolscevico collegato con le milizie di tutta Italia.
Ogni foglio del servizio
Usa emana odore di intrigo. Ma lì dentro c'è soprattutto la storia
di certe armi di cui nessuno si era mai curato.
La prima traccia di Portella
che conduce agli agenti di Angleton è
ancora oggi conficcata nei corpi dei sopravvissuti: schegge di metallo di ignota
provenienza. Non sono frammenti di proiettili, non sono bombe a mano andate in
frantumi. Non sono niente, ufficialmente: solo “qualcosa” che il Primo
Maggio ha colpito decine di contadini, donne e bambini.
Quasi tutti i testimoni avevano allora
raccontato “di aver sentito, prima degli spari, un sibilo e il tipico
rumore dei mortaretti”. Alcuni avevano addirittura pensato ai giochi
di fuoco allestiti per il giorno di festa. Nei documenti di College
Park si trova quel “qualcosa” che fa un sibilo. Quel
“qualcosa” è dentro il manuale di “Armi speciali, congegni ed
equipaggiamenti" redatto dall'OSS
nel febbraio del 1945. Nell'opuscolo c'è la foto della Special Weapon,
bomba aerea simulata in dotazione solo agli uomini del servizio
segreto. Un testo ne spiega le caratteristiche tecniche e l'uso: “Obiettivo:
simulare il fischio e l'esplosione di una bomba. Descrizione: è un congegno
pirotecnico che produce un fischio dopo di che esplode come un grosso petardo...”.
In molti, a Portella,
vengono raggiunti da quei frammenti. In quasi tutti i primi referti se ne parla,
poi le schegge scompaiono per sempre dai rapporti medico-legali. E le uniche
armi che risultano agli atti sono quelle imbracciate dai banditi di Giuliano.
Eppure, già all'alba di quella mattina del Primo Maggio, i contadini che
si incamminano verso il pianoro di Portella
sentono le voci e le paure che si rincorrono per i paesi vicini.
Tra le pieghe del processo per la strage c'è
una testimonianza. Quella di Maria Baio che
riferisce cosa le sussurra la vicina di casa Antonia
Partelli: “Mi disse: "I contadini vanno a
Portella ma lo sanno che lì ci stanno gli americani che devono buttare le
caramelle?"".
Questo avviene poche ore prima della
sparatoria. Ma vediamo - attraverso la documentazione dell'OSS
- cosa è accaduto nei mesi precedenti. In un dossier “secret”
del 20 febbraio 1946 si legge: “Molti elementi neofascisti
provenienti dal Nord Italia sono stati inviati in Sicilia”. Un altro
dossier, stavolta a firma Angleton,
informa: “L'ex federale di Firenze Polvani
ha promosso un incontro tra i principali gruppi neofascisti italiani... Polvani
è arrivato per l’occasione dal Centro
Nazionale neo fascista di Palermo...”.
Questo Polvani
ricorre spesso negli archivi dell'OSS.
Il capitano Angleton non ne riporta mai
il nome di battesimo, ma negli schedari di College
Park si trova il fascicolo (scritto in italiano) di un agente del Servizio
Informazioni Difesa della Repubblica di Salò che si chiama proprio Massimo
Polvani.
A Palermo, come abbiamo visto, è attivo il
Fronte Antibolscevico. Lo sponsorizza
in un'”informativa” all'OSS
anche Nino Buttazzoni, ex capitano della Decima
Mas, un luogotenente del principe
Borghese, che comincia a collaborare con i servizi
USA. Il Fronte Antibloscevico di
Palermo ha sede nel centro storico, in via dell'Orologio. Proprio
qui, dopo la strage di Portella e dopo
gli assalti del 22 giugno del 1947 alle Camere
del Lavoro di mezza Sicilia, vengono ritrovati gli stessi volantini
lanciati dai commando che, con bombe e mitra, avevano seminato morte e terrore.
Ma non ci sono solo i fascisti che fanno
scorribande in Sicilia. A Palermo, soggiorna un boss che tutti davano ormai
residente negli Stati Uniti. E' Lucky
Luciano. Si aggira per i paesi di mafia intorno a Portella
a bordo di una Dodge rossa carrozzata Torpedo. Sul boss circolano tante
leggende. Una - sempre smentita dagli storici - lo voleva a Gela durante lo
sbarco alleato. Ma questa volta la “prova” della sua presenza sull'isola la
forniscono gli stessi americani, catalogando nei loro archivi un “promemoria”
che ricevono da Napoli il 27 agosto 1947: “Lucky
Luciano giunse in Palermo proveniente da Genova il 2 gennaio ultimo
scorso... dal 15 gennaio prese alloggio all'Excelsior e il 30 maggio passò alle
Palme. Il 22 giugno lasciò Palermo per Capri. Durante la sua dimora in Palermo
non risulta abbia svolto attività di sorta”.
L'appunto poliziesco è vero solo in parte.
Nei mesi trascorsi a Palermo il mafioso non sta proprio con le mani in mano. Lo
avvistano a Carini con una ciurma “di otto eleganti giovanotti”
due ore prima dell'attacco alla Camera del Lavoro.
Lo avvistano a San Giuseppe Jato quando da una Dodge rossa sparano contro la sezione
comunista. Per conto di chi agisce Lucky
Luciano? Perché torna in Sicilia libero mentre dovrebbe trovarsi in
un penitenziario americano per scontare una pena per traffico di droga?
E' lo stesso boss che confiderà in seguito
allo scrittore Tom Mangold: “Spero
che non accada mai niente a James Angleton perché
verrebbero sicuramente a cercare me”.
E' sempre in quel periodo che in Sicilia
vengono paracadutate altre pedine fondamentali della “rete” di Angleton.
Uno è il monaco benedettino scomunicato Giuseppe
Cornelio Biondi, catturato dall'OSS
(rapporto 4 aprile 1945) come “agente nemico” e poi
internato in un campo di concentramento. All'improvviso viene misteriosamente
liberato, qualche mese dopo ce lo troviamo in Sicilia. E' a Monreale insieme a Gaspare
Pisciotta, il braccio destro di Giuliano.
Poi c'è Ciro
Verdiani, ex agente dell'OVRA
che diventerà Ispettore Capo della polizia nell'isola. Anche lui è catturato
come “agente nemico” (rapporto OSS
9 luglio 1945), anche lui scende a Sud, da super poliziotto al servizio
di Angleton, per banchettare con il
“re” di Montelepre. E infine c'è il giornalista
Mike Stern che fa scoop a ripetizione, intervistando il bandito. Più
che giornalista, Stern è una spia, ha il
grado di capitano dell'Office Strategic Services.
Manda le sue corrispondenze alle riviste Life
e True fino agli ultimi assalti
alle Camere del Lavoro del palermitano.
Poi sparisce per sempre dall'isola.
Nell'orbita dell'esercito di Angleton
intanto entrano altri personaggi. Già siamo nel 1951 quando
l'OSS è ormai CIA.
Il documento ha la data del 30 novembre: “Dovrebbe aver luogo la
nascita di un Fronte nazionale che raggruppa
neofascisti come Valerio Borghese e i fondatori
del Fronte nazionale monarchico, deputati Giovanni
Francesco Alliata di Montereale e Tommaso Leone
Marchesano”. Quei due saranno accusati di essere tra i mandanti
del massacro. A fare i loro nomi è Gaspare
Pisciotta, prima di bere quel famoso caffè all'Ucciardone.
Questa è la storia di Portella
della Ginestra “riletta” con i documenti del servizio
segreto americano. Questa è la storia di una strage che volevano in
tanti.