LA SECONDA 

GUERRA MONDIALE  

 

MERCI 8017  - IL TRENO DELLA MORTE

e le fonti energetiche italiane

COMBUSTIBILI E MINERALI D'AUTARCHIA

LE MINIERE DI LIGNITE IN UMBRIA

Brani da e di Cristina Saccia http://www.icsim.it/lettera/lettera5/lettera_5pag29.htm

  Nel marzo del 1944 più di 500 persone che erano salite su un convoglio merci perirono avvelenate dall'ossido di carbonio in una galleria tra Balvano e Bella-Muro in Lucania. Le circostanze in cui avvenne questa sciagura non sono state mai chiarite completamente. Di Cenzino Mussa (Il contenuto di questa pagina può essere utilizzato liberamente a patto di citare la fonte www.trenidicarta.it  e l'autore Alessandro Tuzza alessandro.tuzza@iol.it 

"L'agenzia Reuter comunica da Napoli che 500 italiani sono periti venerdì mattina per asfissia in una galleria ferroviaria dell'Italia meridionale. Altre 49 persone sono degenti all'ospedale. Per mancanza di treni viaggiatori un gran numero di persone era salito su un merci diretto a est, stipando i carri aperti che lo componevano. Nell'attraversare una galleria, il treno che già procedeva assai lentamente, rallentava ancora la marcia, sicché il denso fumo che ingombrava la galleria stessa in seguito al passaggio di altri convogli provocava la soffocazione della maggior parte dei disgraziati viaggiatori". (Dal Corriere della Sera, 6 marzo 1944).

La lignite, detta anche Brown Coal, cioè carbone marrone, è un carbone “molto giovane”. In pratica la fossilizzazione da materiale organico di origine vegetale non si è completata, a differenza del carbone e non si completerà mai. La lignite Umbra si è formata in epoca pliocenica; è un “prodotto di estuario”, originato dalla crescita di piante lacustri sui resti delle preesistenti. In quel periodo, cioè da 5 a 1,7 milioni di anni fa, il Tevere non era ancora il fiume che conosciamo oggi e le acque del suo bacino si raccoglievano nel lago Tiberino. Nel quaternario antico, circa 1,7 milioni di anni fa, il lago formava la più vasta distesa d’acqua dell’Italia centrale; sul bacino che esso ha lasciato si trovano le principali miniere di lignite dell’Umbria. I depositi di questo lago sono formati da ciottoli e sabbie in alto e da argille in basso; tra queste, a livelli differenti, sono racchiusi banchi di lignite xiloide, in parte completamente legnosa, cioè costituita da tronchi di vegetali, e in parte torbacea scistosa, cioè formata essenzialmente dalle foglie delle stesse piante. Questi banchi hanno uno spessore che varia da 1,5 a 7 metri. Il potere calorifico del combustibile, dopo l’essiccazione, è di poco superiore alle 4.000 calorie. Il residuo terroso varia dal 2% della lignite xiloide al 10% di quella torbacea (dove le calorie calano).   Un titolo in colonna, 22 righe di giornale per 500 morti. Poi il silenzio. È la più grave sciagura ferroviaria italiana, ma ancora oggi sfugge ad ogni statistica. Nessuno sa con esattezza il numero delle vittime, nessuno potrebbe giurare sulle responsabilità. Le montagne della Lucania e "ordini superiori" si accordarono per seppellire nel silenzio una storia fatta di fame e di paura. A 35 anni di distanza riaffiorano frammenti di testimonianze e indiscrezioni sulle inchieste che allora furono condotte cautamente e poi archiviate. Abbiamo sfogliato documenti "segreti" quasi consunti dal tempo, abbiano ascoltato superstiti e soccorritori di quel treno maledetto. È un giallo angoscioso che comincia una sera piovosa del '44, l'anno più nero del secolo. Gli alleati sono fermi a Cassino e combattono sul fronte di Nettuno. Non si canta più "Vincere" da quando in montagna "fischia il vento", ma si continua a morire di qua e di là della Linea gotica. Scontri, bombardamenti, fame, crudeltà: sono gli spettri di questi mesi.
Mussolini stesso ha l'aria di essere uno spettro, abita a Villa Feltrinelli, a Gargnano (sul Lago di Garda). Il primo marzo, nel 6° anniversario della morte di D'Annunzio, va a rendere omaggio alla tomba del "compagno d'arme". I giornali del Nord gli dedicano un titolo a cinque colonne. Bastano cinque righe per "un altro bombardamento su Roma". Il giorno dopo, Goebbels lancia un proclama: "La vittoria tedesca rappresenta una certezza". Altre notizie sul Corriere (30 centesimi, due pagine) del 2 marzo: pioggia di bombe su Londra, "infruttuosi attacchi dei bolscevichi sul fronte orientale", catturati due ladri di biciclette, si autorizza ad attingere l'acqua salsa del mare per usi alimentari. Sugli annunci pubblicitari si legge: bar centralissimo, forti incassi, cedesi, un milione; sinistrato acquista armadio occasione; privato vende scarpe seminuove. Le scarpe hanno suole vibram, a "carro armato"; molti devono ricorrere a ritagli di copertone. Al posto della lana, è in commercio un tessuto autarchico che punge come le ortiche; la biancheria è di rayon. Con le tessere annonarie è quasi impossibile vivere. Si deve ricorrere alla "borsa nera". Così i fagioli da 5,24 lire al chilo salgono a 20 lire; un litro d'olio costa cento lire contro le 14 del prezzo ufficiale. I borsari neri fanno la spola tra la campagna e la città. Qualcuno ha l'autocarro a carbonella. I tendoni nascondono a fatica sacchi di farina e damigiane di vino. C'è chi preferisce il cinema ai rifugi antiaerei e va a vedere Luisa Ferida e Gino Cervi in -Tristi amori-, oppure Alida Valli e Amedeo Nazzari in -Apparizione-. ..continua sotto
     
Uso della lignite: Bisogna però attendere la fine dell’800 per vederne in Italia un effettivo impiego nell’industria:  la Società Terni comincia ad alimentare i suoi forni Martin-Siemens, utilizzati per produrre acciaio partendo dalla fusione della ghisa e dei rottami ferrosi, con gas di gassogeno proveniente dalla lignite. Dopo la prima guerra mondiale l’industria dei combustibili fossili si orienta verso l’utilizzo della lignite in impianti di gassificazione e carbonizzazione con recupero dei sottoprodotti usati per aumentare la redditività degli impianti.  

Poteri calorifici           minimi    massimi

legna da ardere

2500  4500

torba    

3000 4500

carbone di legna

7500

lignite  

4000 6200

litantrace 

6800 9000

antracite

8000 8500

carbon coke

7000

olio combustibile

9800
    ...continua
Pietrafitta e Bastardo, per esempio, accedono alle sovvenzioni previste dal DDL 454/1919 per la costruzione di centrali termoelettriche alimentate a lignite. La prima entra in funzione nel 1925, la seconda nel 1932. Nel periodo autarchico il settore conosce un’intesa attività: quando il 10 giugno 1940 l’Italia entra in guerra a fianco della Germania tutte le miniere umbre sono in piena attività e danno lavoro a quasi 10.000 operai. L’Umbria contribuisce per il 30% circa alla produzione nazionale. Tale importanza tende ad accentuarsi dalla prima guerra mondiale e ancora di più in vista del secondo conflitto mondiale, quando la necessità di combustibili nazionali aumenta per effetto della chiusura dei mercati dei singoli paesi e per le accresciute esigenze del settore siderurgico, che assorbe in Umbria la quasi totalità del minerale estratto. Le prime miniere di lignite umbra si collocano nei pressi di Spoleto, a Morgnano e Sant’Angelo in Mercole; a Terni, in località Colle dell’Oro; a Buonacquisto (Arrone); a Cavallara, sui monti Martani; a Caiperino, vicino a Città di Castello; a Galvana, nei pressi di Gubbio (questo giacimento si trova sui resti del lago Eugubino)    L'insonnia è provocata anche dalla fame. A Napoli, il Vesuvio fuma. I1 15 febbraio 1944 è distrutta l'abbazia di Montecassino. Agli inizi di marzo scatta l'"operazione Strangle", che intende spezzare i collegamenti tra il Nord e il Sud dell'Italia. Gli scali ferroviari di Roma (non ancora liberata), Padova, Verona, Bologna, Vicenza, Milano e Bolzano sono fra gli obiettivi più colpiti. Le ferrovie al Sud sono uno sfacelo. Dal primo ottobre dell'anno precedente, quelle del compartimento di Napoli sono state assunte direttamente dal Governo militare alleato (A.M.G.) che le terrà in gestione sino a luglio del '44. La direzione è affidata al 727º battaglione ferroviario del Military Railways Service Il treno merci n. 8017, su ordine del Comando alleato, era diretto a Potenza per caricare legname già preparato dall'American Corps of Engineers, e necessario per la ricostruzione di ponti nella zona di combattimento. È il tramonto, quando si muove da piazzale Garibaldi. Un convoglio lunghissimo: 47 carri, una ventina dei quali scoperti. Borsari neri, impiegati e studenti lo prendono subito d'assalto. È proibito salire sui merci, ma i tempi sono quelli che sappiamo: si chiude un occhio, anche due. Torba Lignite e carboneIl mercato nero, visto con lo stomaco pieno, è deprecabile; visto con il terrore della fame, lo è molto meno. E poi la maggior parte dei viaggiatori non sono "borsari ", ma poveretti che vanno a cercare cibo per le loro famiglie (in campagna). Alcune sono persone costrette a viaggiare e che non hanno trovato altri mezzi. Napoli scompare in una schiuma di luci riflesse nel mare color lavagna. Stazione per stazione l'8017 calamita e risucchia file pazienti di viaggiatori, ai quali nessuno si oppone, neppure la scorta militare, composta da un ufficiale e sette soldati italiani. I fuochisti buttano a palate il carbone in caldaia, e la corsa affannosa riprende. Nocera, Salerno, Battipaglia. Alle 19.12 il treno arriva a Eboli, dove salgono cento abusivi, tra gli altri il professor Vincenzo Iuta, dell'Università di Bari, con una decina di studenti.
Durante gli anni del primo conflitto mondiale e in quelli immediatamente successivi vengono sfruttati molti altri giacimenti, specialmente nelle zone dove si riscontrano evidenti affioramenti e in particolare a Pietrafitta, Deruta, Collazzone, Massa Martana, Dunarobba, Collesecco, Montecastrilli, Fontevecchia, Torgiano, Bevagna, Ilci, Padule, Cannetaccio, Narni, Baschi. Con la sola eccezione di quella di Pietrafitta, che sarà a cielo aperto fino alla sua chiusura per esaurimento, tutte le miniere umbre sono “coltivate” in galleria. In realtà, in alcune zone, come per esempio a Collazzone, a Narni e a Buonacquisto, si è tentata la coltivazione in superficie ma, data la struttura dei giacimenti umbri, esaurito il poco materiale in superficie si è passati rapidamente all’escavazione delle gallerie.   E via arrancando nella notte umida e fredda. Sicignano, Buccino, Romagnano al Monte, sotto il suo pugno di case inchiodato alla roccia, 13 chilometri prima della "galleria delle armi" che diventerà la "galleria della morte". A Romagnano il treno ha almeno 650 viaggiatori clandestini. Qui viene agganciata in testa una seconda locomotiva, del tipo 476 (ex preda bellica austriaca della grande guerra foto sotto a sinistra) d'alta montagna, uguale a quella di spinta. Entrambe sono alimentate da carbone iugoslavo solforoso, fornito dagli stessi alleati, di scarso potere calorifico (carbone non maturo) con alta percentuale di scorie. È un tipo di carbone che nella combustione sprigiona gas letali, come l'ossido di carbonio (sconsigliato per tratte in galleria). Alle 23.40 il treno lascia Romagnano. Alle 0.12 si ferma sotto la galleria, cento metri prima d'una sperduta stazione di montagna, Balvano. Un treno che precede il merci sull'unico binario lamenta un guasto alla locomotiva, così l'8017 aspetta d'aver via libera per metà ancora nella galleria dove stagna il fumo. Non tira un alito di vento, comincia a nevicare. Per i 38 minuti di attesa, i passeggeri respirano fumo e gas. I più dormono, ignari del pericolo, vinti dalla stanchezza. Finalmente, alle 0.50, i due macchinisti allentano i freni, spingono le leve dell'acceleratore e il convoglio, superata la stazione, si infila nella galleria in salita. Il capostazione di Balvano, Vincenzo Maglio, batte al telegrafo il segnale di "partito" al suo collega della stazione successiva, Bella-Muro. Tra Balvano e Bella-Muro ci sono 8 chilometri. I binari s'insinuano fra gole aspre, solcate da un torrente tortuoso, il Platano. L'intero tratto è un susseguirsi di gallerie e viadotti.

  Corriere della Sera 6 novembre 1940Il merci supera la prima galleria, poi la seconda, quindi un tratto all'aperto, in una forra, e infine ecco la "galleria delle armi", lunga 1692 metri, con una pendenza che raggiunge il 13 per mille. Il treno percorre i primi 200, poi le ruote non mordono più le rotaie, girano a vuoto. Altro carbone, altra pressione nelle caldaie, ma sui binari viscidi di neve, le ruote vorticano come girandole. L'8017 arretra di qualche metro (quanto basta perché gli ultimi tre vagoni escano all'aria aperta all'imbocco della galleria) e si ferma di nuovo, definitivamente. Tutto il resto è congettura. Molti indizi lasciano perplessi. La locomotiva di testa viene trovata con la leva di comando sulla retromarcia, la seconda, in coda con la leva di comando spinta in avanti. Evidentemente quando il treno s'era fermato, i due macchinisti, che non potevano comunicare fra di loro, la pensavano in modo diametralmente opposto sul da farsi. Come un rettile mostruoso, il fumo e il gas serpeggiano a ritroso nella galleria e uccidono silenziosamente centinaia di persone. Un terrore senza bombe, senza grida, solo rantoli soffocati. La maggior parte dei viaggiatori passa dal sonno alla morte. Di tutte le cose incredibili di quella notte incredibile nulla lo è di più del tempo che occorse ai capistazione di Balvano e di Bella-Muro per chiedersi che fine avesse fatto il merci n. 8017. Soltanto intorno alle 2.50 Salonia aveva ricevuto una telefonata dal collega che chiedeva spiegazioni. Aveva risposto che sarebbe andato di persona a rendersi conto dell'accaduto. Alle 5.10 il merci 8017, diventato un'immensa bara, era rimorchiato a Balvano. In un vagone i corpi delle vittime erano talmente ammassati che non si riuscì a far scorrere lo sportello. Bisognò squarciarlo. I volti erano sereni. Un colonnello dell'esercito americano raccontò in seguito: «Non mostravano il minimo segno di sofferenza. Molti erano seduti con il busto eretto o nella posizione di chi dorme tranquillo». Balvano, 2480 abitanti, 32 chilometri da Potenza, 425 metri d'altitudine, è un paesino povero e bello, fra querce e ulivi, incassato fra le montagne. Un paese di emigranti (più di mille persone se ne sono andate dal '44) e di gente generosa. Quel mattino di marzo don Pacelli, il vecchio parroco, suonò le campane e uomini e donne scesero di corsa verso la stazione. Allinearono i cadaveri sulla pensilina, portarono i primi soccorsi a quelli che erano ancora in vita. C'era il medico condotto, Orazio Pacella, che adesso ha ottant'anni ed è malato, ma non può dimenticare quel giorno. Racconta: «Un silenzio irreale, la neve e tutti quei poveretti. Mostrai ai ferrovieri e ai contadini come si fa la respirazione bocca a bocca. Avevo solo cento fiale di adrenalina, non potevo permettermi di sbagliare. Saltavo da una vettura all'altra, cercavo un cenno di vita nei riflessi oculari, poi facevo l'iniezione al cuore. Nessun altro medico per tutta la mattinata. Poi arrivarono le autorità da Potenza con una dottoressa americana. Allontanarono tutti, anche me. Ne avevo salvati 51, mi restavano 49 fiale, avrei potuto salvarne altri. Protestai, Dio mio, fatemi salvare altre vite. Mi cacciarono.
   
La burocrazia e la storia delle miniere

A partire dal 1917, per snellire le pratiche burocratiche per la concessione di ricerca e sfruttamento delle miniere, al Corpo Reale delle Miniere viene affiancato il Commissariato Generale per i Combustibili Nazionali. Le pratiche per le concessioni dovevano essere inviate anche alle Prefetture, che avevano il compito di vigilare sulle miniere, e ai Comuni, che ricevevano diverse altre comunicazioni sull’esercizio e sulla forza lavoro impiegata. Nei periodi bellici le miniere di lignite rientrano tra le attività di interesse strategico e quindi ricadono nell’influenza di altri organismi e apparati statali che gestiscono l’economia di guerra tra i quali il Ministero Armi e Munizioni operante durante la prima guerra mondiale. Le miniere saranno militarizzate e gli operai divengono militari dispensati dal servizio al fronte con “licenza mineraria”. I primi permessi di ricerca di lignite in Umbria vengono assegnati a piccoli imprenditori locali di origine agraria, spesso agli stessi proprietari dei terreni dove si svolgono le ricerche. Tra la prima guerra mondiale e gli anni venti del ‘900 si segnala la presenza di Luigi dall’Orso, imprenditore di Foligno, esercente la miniera di Branca-Galvana (nei pressi di Gubbio), la Società Ligniti Italia Centrale, con sede in Roma, proprietaria della miniera di Collazzone, e la Banca Conti e C. di Firenze, concessionaria della miniera di Pietrafitta. Negli anni ’30 diventa preponderante la Società Terni: già proprietaria delle miniere spoletine fin dal 1886, acquisisce le miniere di Branca-Galvana, Collazzone, Gualdo Cattaneo, Colle dell’Oro e Aspra, impiegando il minerale estratto nel processo produttivo delle acciaierie ternane. La situazione rimane pressoché invariata fino agli anni ‘50 quando si verificherà la chiusura di tutte le miniere umbre.    http://www.lst-spoleto.it/Quaderni LST n2-3.pdf

 
La verità sul futuro energetico Le grandi crisi ambientali globali: un sistema in agonia, il rischio di guerra. Alberto Di Fazio http://www.aspoitalia.net/documenti/difazio/RELTOR2S.html         E questo è il tormento che mi accompagna da quel giorno. Dissero che qualche vittima era stata spogliata delle poche cose che aveva. Non è vero, non c'erano sciacalli fra di noi. C'era soltanto brava gente che dava una prova di solidarietà umana".

Anche gli Alleati condussero un'inchiesta (affidata ai capitani Osborn e Gilberston dell'armata francese), ma i risultati non furono mai resi noti. Della tragedia si occupò il Time nel 1951, e scrisse che "il Governo alleato si sforzò di occultare l'incidente per evitare l'effetto deprimente sul morale degli italiani". Cenzino Mussa

Military Railways Service

  Le vittime furono dapprima trasportate nella ex casa del fascio, poi sepolte in tre fosse comuni nel piccolo cimitero del paese. Quanti i morti? Su alcuni documenti si legge: 425. Su altri, 521. Su un vecchio registro comunale c'è l'elenco dei corpi identificati: 429. La cifra più probabile è quella scolpita su una lapide al cimitero di Balvano: 509, e cioè 408 uomini e 101 donne.
In una pratica ingiallita dell'Avvocatura di Stato è riportata la deposizione di un funzionario in carriera all'epoca della Amgot, dove si dice: "Tutti gli ordini relativi all'organizzazione, al movimento e ai servizi giungevano direttamente dal MRS (Military Railways Service), ossia dal generale Gray e dal col. Horek". Nella stessa pratica è riportata la deposizione dell'allora sindaco di Balvano. Nella sua qualità di ufficiale di pubblica sicurezza, il sindaco aveva iniziato un'inchiesta per accertare le responsabilità del disastro: ne fu distolto da un perentorio ordine delle autorità alleate. Ci furono altre indagini, l'ultima condotta dal giudice del tribunale di Potenza. Ma nel '46 l'intera pratica veniva archiviata, "non essendo stati riconosciuti gli estremi del reato". Se una donna, Luisa Cozzolino vedova Palombo, non avesse iniziato un'azione per risarcimento danni, citando le Ferrovie dello Stato, forse nessuno avrebbe più sentito parlare dei 500 morti nella "galleria delle armi".
  Luisa Cozzolino fu la prima. Poi presso il tribunale di Napoli, alla sua si aggiunsero le citazioni di trecento famiglie: per la perdita del marito, del fratello, della sorella, della madre, del padre, del figlio, della figlia. Tutti deceduti sul treno n. 8017. Dopo una tortuosa e lunga vicenda giudiziaria, i parenti delle vittime hanno ottenuto un risarcimento (circa trecentomila lire) con una sentenza che ha inserito la vicenda del treno n. 8017 tra gli "eventi bellici" e ha fatto valere la legge speciale (N. 10, del 9 gennaio 1951) di cui è competente il Tesoro e in base alla quale "viene concessa un'indennità per danni immediati e diretti causati da atti non di combattimento, dolosi o colposi, delle Forze armate alleate". L'assassino fu il carbone? In una relazione inviata dal ministro dei Trasporti a quello del Tesoro, nel gennaio del 1952, si legge:"Il treno si fermò perché il macchinista fu colpito dalle tossiche esalazioni dei prodotti gassosi della combustione del carbone, particolarmente ricco di ossido di carbonio. In proposito vale notare che, da parte del Comando alleato, venne imposto l'uso di tale carbone, assolutamente inadatto per le locomotive allora in esercizio". Cenzino Mussa
     

 

LA TRAGEDIA POSTBELLICA DI RIBOLLA

Camora e Raffo,i due tragici pozzi dove sono morti 42 operai, per una spaventosa esplosione di grisù. 8 squadre di minatori erano scese, alle 7, ad estrarre Lignite nella galleria più profonda, a - 354 metri, e il loro lavoro si era Iniziato con perfetta regolarità. Ma improvvisamente la terra fu scossa da un tremendo boato e dal pozzi eruppero violentissime trombe d'aria. Tutti intuirono subito quanto era accaduto: scoppio di grisù. Laggiù nel profondo del pozzi si stava morendo. In qualche angolo remoto dei cunicoli stagnava 11 grisù: Il micidiale gas delle miniere. Si tratta di metano che filtra dalle fessure delle rocce e che, combinato in determinate proporzioni con l'aria, forma una miscela la quale esplode al contatto con una scintilla o una fiammella. Come è sprizzata la favilla che accese lo scoppio? Non si sa. L'esplosione fece franare dalle volte enormi quantità di materiali che seppellirono i minatori, e spinse verso l'esterno una massa d'aria e di fumo, con spaventosa violenza. I cunicoli furono attraversati da una ventata che sradicò e frantumò ogni cosa ed eruppe dal pozzi e dagli sfiatatoi trascinandosi dietro e sollevando nel cielo pezzi di carbone e pietre, fango, acqua. E questi detriti ricaddero poi al suolo, in un'impressionante pioggia. L'opera di soccorso, iniziata immediatamente, non ha potuto fare miracoli: pochi gli uomini che ha salvato di cui dieci gravemente feriti. Gli scampati non hanno saputo dir nulla: Investiti dallo spostamento d'aria, furono trascinati come fuscelli e scaraventati contro le pareti delle gallerie. Si era sperato che alcuni dei 42 minatori mancanti fossero rimasti bloccati dal materiale franato nelle gallerie e le squadre di soccorso si prodigarono giorno e notte nel tentativo di raggiungerli e salvarli. Ma ogni speranza di trovarli ancora in vita risultò presto vana. Quella di Ribolla è una miniera difficile e vi avvennero altre disgrazie. Il disastro più tragico accadde da noi prima della guerra, nel bacino dell'Arsa (Istria), dove perirono oltre cento uomini. E la sciagura mineraria più terribile che si ricordi è successa nel 1906, in una miniera della Francia settentrionale: 1099 morti. Ribolla (Gr), Miniera Lignite da vedere http://www.ribollastory.net/index.html !!!!

 
 

Notevole incremento della produzione mineraria italiana.

   
 (da Le Vie D'Italia n° 10 - ottobre 1940)
La produzione delle nostre industrie estrattive, in particolare per i primi 7 mesi del 1940, rispetto al 1939, risulta così aumentata:
Minerali di ferro: da tonn. 493.200 a tonn. 650.900 (più 157.700).
Mercurio: da tonn. 103.500 a tonn. 147.900 (più 44.400).
Bauxite: da tonn. 193.800 a tonn. 313.900 (più 120. 100).
Piriti: da tonn. 561.400 a tonn. 604.200 (più 42.800).
Roccia asfaltica e bituminosa: da tonn. 122.800 a tonn. 132.900
Carboni Arsia e Sulcis
(carbone classificato secondo gli standards internazionali odierni sub-bituminoso): da tonn. 1.040.300 a tonnellate 1.210.500 (più 170.200).
Lignite: da tonn. 532.600 a tonn. 1.009.200 (più 476.600).
Antracite: da tonn. 53.500 a tonn. 88.000 (più 34.500).
 

APPENDICE - LA SITUAZIONE MINERARIA DI INIZIO CONFLITTO (da Le Vie D'Italia n° 10 - ottobre 1940)

L’andamento della produzione mineraria negli ultimi anni è caratterizzato da un rapido aumento di quasi tutti i prodotti, particolarmente accentuato per i combustibili dell’Arsa e del Sulcis e, dal secondo semestre del 1939, per le ligniti picee del Grossetano (Ribolla) e per quelle xiloidi della Toscana e dell’Umbria. Dall’inizio delle ostilità si è avuto nuovamente uno spontaneo rifiorire di iniziative nel settore delle ligniti. Alle principali aziende, che negli anni decorsi avevano compiuto notevoli sforzi per mantenere in efficienza le loro miniere, per migliorare il prodotto o l’impiego e che hanno impresso un forte impulso alla coltivazione delle miniere stesse, raggiungendo le cifre più elevate dalla fine della guerra mondiale (primo semestre ‘939: Valdarno tonn. 335.000, Terni 125.000, Ribolla 60.000, (cifre oggi superate in misura sensibile), seguite da alcune piccole miniere, anch’esse sopravvissute al generale abbandono che nell’immediato dopoguerra si verificò nella coltivazione delle miniere lignitifere, causa il ritorno dei prezzi dei carboni al livello per così dire normale, molte altre medie e piccole miniere si sono aggiunte dal periodo delle sanzioni in poi e particolarmente negli ultimi dodici mesi, per modo che oggi sono in attività una cinquantina di miniere di lignite picea e xiloide. La produzione lignitifera del 1940 supererà la cifra più alta raggiunta in passato che, come è noto, fu di tonn. 2.117.145 nel ‘918. (La produzione di combustibili solidi nel 1918 fu in complesso, escluse le torbe, di tonn. 2.171.397, di cui tonn. 32.332 di antracite e tonn. 21.920 di scisti bituminosj e carboniosi. Quella della torba toccò le 278.000 tonn.).

Larghe disponibilità di cromo nei giacimenti albanesi
Non meno importanti di quelle relative ai minerali di ferro, sono le iniziative in atto per lo sfruttamento degli altri minerali metalliferi d’Albania. Quanto al cromo, la cui consistenza finora accertata si calcola a 500 mila tonn. di minerale, contenente il 50% di ossido di cromo, lo sfruttamento è per ora concentrato nella zona di Perparini; ma le più larghe disponibilità si notano nella zona di Qukes. L’apporto che ne può derivare all’autarchia italiana, entro breve termine, è definito da queste cifre: il nostro consumo si calcola a 20-25 mila tonnellate annue, e ci può essere interamente assicurato per circa un decennio dai soli giacimenti di Qukes.

Tutta la penisola di Albona (Labin, golfo del Carnaro, fra Pola e Fiume in Istria) è attraversata da un ricco strato di carbon fossile (molto solforoso) che veniva estratto nella Val Carpano ad Arsia. Ancora in tempi "recenti" veniva usato dalle navi, quando queste andavano a carbone ( o in centrali elettriche). Un'altra ricchezza di queste zone è la bauxite. L'Istria del carbone http://digilander.libero.it/trombealvento/indicecuriosi/istria.htm

  Devesi inoltre porre in rilievo che la produzione nazionale di combustibili solidi presenta un miglioramento notevole anche qualitativo, la produzione attuale comprendendo in grande prevalenza combustibile molto più ricco di quello medio del passato. Volendo brevemente accennare ad altre produzioni minerarie e metallurgiche, o perché importanti per la difesa del Paese o per il loro recente sviluppo, ricordiamo che la produzione del piombo metallico è ottenuta per circa 8/10 da minerale nazionale; quella di Zinco metallico, pressoché nulla durante la guerra mondiale, è da tempo ricavata esclusivamente e per l’intero nostro fabbisogno da minerali italiani, i quali alimentano altresì una ragguardevole esportazione. Anche la produzione di bauxite, di poche migliaia di tonnellate nel 1918, supera largamente il pur notevole e sempre crescente consumo delle nostre fabbriche di allumina e di alluminio, consentendo una larga esportazione. In continua e regolare ascesa è la produzione di pirite, che copre totalmente il fabbisogno nazionale, mentre quella dello zolfo, dopo alcuni anni di incremento, presenta nell’ultimo biennio un’oscillazione dovuta al minor apporto delle miniere siciliane (per cause accidentali: incendi, allagamenti per il progressivo esaurimento di alcune miniere; per i limitati lavori di preparazione e di ricerca), non compensato dal miglioramento segnato dalle miniere dell’Italia continentale. La produzione di mercurio continua a mantenersi ragguardevole, pur essendo alquanto inferiore alla cifra toccata negli ultimi anni. Le miniere di ferro della Sardegna e delle valli bresciane e bergamasche registrano aumenti degni di rilievo, ai quali devesi aggiungere la disponibilità ulteriormente accentuatasi delle ceneri di pirite. Confortante è il miglioramento verificatosi nella produzione di antimonio e in quella dell’amianto. I giacimenti di caolino e di silicati idrati di alluminio, taluno dei quali è di notevole importanza, scoperti e coltivati in questi ultimi anni, forniscono prodotti che soddisfano in misura sempre crescente le necessità delle industrie consumatrici, mentre il rifornimento delle sabbie silicee nazionali copre oramai l’intero fabbisogno dell’industria vetraria.

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