Viaggiare nella storia
L'ISTRIA AUTARCHICA DEL DUCE
Il carbone ha fatto la felicità di pochi, e molti di più ne ha resi disgraziati, invalidi o defunti anzitempo ..... Marijan Milevoj
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(1995) per le edizioni M.F.- Mathias Flacius....... L'inizio (primo dopoguerra) non fu dei migliori, in primo luogo a causa degli alti costi produttivi (del carbone) e dell'alta percentuale di zolfo che ne pregiudicavano il piazzamento ...(tossico per treni viaggianti in gallerie). La svolta avvenne all'inizio del 1925 quando la direzione dell"'Arsa " venne assunta da Antonio Brunner, nuovo azionista di maggioranza. Egli investì considerevoli mezzi nell'ammodernamento delle miniere. Venne costruita, fra l'altro, la termocentrale Vlaska, furono acquistate macchine tagliatrici ad aria compressa, il ciclo produttivo venne riorganizzato. Già nel 1929 si produssero 193.000 tonnellate di carbone, cifra fino ad allora inimmaginabile..... Altri importanti mutamenti si ebbero nel 1935 quando lo Stato (italiano), nell'ambito della sua politica di autarchia economica, fondò con capitale pubblico l'Azienda Carboni Italiani. Quello stesso anno acquisì il 60 % delle azioni delle Miniere Istriane e della Società mineraria sarda. L'intenzione era chiara: lo stato voleva assicurarsi il controllo energetico nazionale in vista dei preparativi dell'Italia fascista per una nuova avventura bellica mondiale. Da allora, e praticamente fino alla caduta del regime fascista, l"'Arsa" e con essa l'Albonese, quindi una buona parte dell'Istria, conobbero una crescita continua. Il carbone istriano serviva non solo all'esercito e alla flotta commerciale, ma anche alle ferrovie dello stato. Se, infatti, nel 1935 l"'Arsa" con 1.813 occupati produsse 383.000 tonnellate di carbone, già un anno dopo con 4.767 occupati ne produsse 725 mila. Marijan Milevoj | ||
Il primo milione di tonnellate di carbone |
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http://www.istrianet.org/istria/illustri/alberi/istria/2-bianca/0160-cicceria.htm | |
... venne prodotto nel '39 quando ben 8.957 minatori riuscirono a estrarre 1.005.432 tonns. Ma il record assoluto le Miniere Istriane lo raggiunsero nel 1942 con 1.157.000 tonns. |
Per raggiungere l'Istria Orientale (Abbazia) si percorre da Basovizza (Italia) la E61 in Slovenia fino al confine croato (qui si costeggia a destra la Cicceria) poi la E63 fino a Mattuglie. In alternativa un tratto autostradale che collega Fiume (Rijeka(Fiume)-Croazia) con Postumia (Slovenia). Da Rijeka una autostrada vi porta attraverso l' Uckatunnel (M. Maggiore) al centro dell'Istria dove incrociate (a Canfanaro) l'autostrada Pola-Dragogna che vi riporta in Italia via CapodIstria (Koper-Slovenia) o dall'altra vi porta a Pola. L'unica ferrovia che percorre l'Istria centrale e occidentale parte da Capodistria per innestarsi poi nel vecchio percorso Trieste-Pola Via Buzet (Pinguente), Lupogliano, Pisino e Canfanaro. Da Pinguente ad Aurania (Vranja) la ferrovia costeggia ad Ovest la catena montuosa detta Cicceria (terra dei Cicci** vedi sotto) oggi Cicarija lunga circa 30 km con cime di 1.200 metri nell'Alpe Grande (Planik) che qualcuno chiamò "un urtante deserto di pietre aguzze come coltelli". viaggiare in Croazia http://www.croaziainfo.it/Strade.html | ||
http://www.istrianet.org/istria/illustri/non-istrian/alberi/istria/2-bianca/0267-fianona.htm
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L’area della nostra storia ( oggi aprile 2008 vedi sotto piantina), è quindi quella limitata a Nord dalla Plominska Luka (Insenatura di Plomin o canale di Fianona) a Ovest dal corso del fiume Raša (l’Arsa è lungo 23 km e nasce ufficialmente*** a Čepićko polje) e dal Raški zaljev (Canale d'Arsa, dove il fiume sfocia in un lunghissimo fiordo che si insinua in terraferma per 12 km) ) e per gli altri lati dal golfo del Quarnaro (Kvarner). Nel territorio si include Barban (Barbana d’Istria) piccolo comune subito oltre il fiume. Per permettere al lettore una migliore individuazione sulla carta userò i termini attuali e il nome italiano con cui erano riconosciute allora le località. Questo territorio definito Albonese (da Albona (Labin) centro principale) è a ca. 200 metri s.l.m. con cime di 538 m (Ostri M. Calvo) ed altre minori. L’Albonese si estende per circa 25 km di lunghezza ed è largo 13 nel punto massimo. Altre insenature notevoli: quella di Luka Rabac (Portalbona) a 4 Km dal capoluogo e Luka Prklog o Portolungo. Sono corsi minori il Carpano (Krapan) e la Ripenda. Labin è a metà strada sulla E751 fra Abbazia (Opatjia) e Pola (Pula). Il centro principale dell'interno è Pazin (Pisino). Oggi una moderna autostrada passante da Pisino percorre l'interno attraverso l'Ucka Tunnel che passa sotto il Monte Maggiore (m. 1400). Tutta la penisola d'Albona è attraversata da un ricco strato di carbon fossile che venne estratto nella Val Carpano, a Vines e Bartizza (Strmac-Stermazio). Un'altra ricchezza di queste zone è la bauxite. Un tempo nella contrada Ripenda veniva estratto il saldame, una sabbia quarzosa usata dalle vetrerie di Murano. Molte delle informazioni che seguono, oltre che dal sopralluogo, sono desunte dal sito istrianet.org. Albona sorge su un colle isolato di 320 m. s.l.m e conta 12.000 ab. ca. e nel distretto (Arsia, Barbana, Chersano e Santa Domenica (Sveta Nedilja)) altri 14.000 con una presenza di Istriani di cultura italiana ormai marginale. |
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Dal 177 a.c. Albona passa sotto la dominazione Romana entrando a far parte della provincia dell'Illirico. Dalla caduta dell’Impero Romano (476 d.c.) i suoi destini furono quelli comuni alle regioni orientali d’Italia (incursioni di barbari quando non erano pirati dal mare). Dopo 200 anni sotto il patriarcato d’Aquileia nel 1420 viene riconosciuta alla Serenissima la sovranità sul territorio. All’interno della cerchia muraria medievale fortificata di Albona Porta San Fiore, La Chiesa della Natività della Beata Vergine Maria (con le reliquie di S. Giusto e il leone di S. Marco), la Loggia in Piazzetta*, il campanile costruito sul sito della vecchia chiesa di S. Giusto, Il Palazzo Francovich ed il Palazzo Battiala Lazzarini entrambi musei e molte case patrizie compreso un teatrino. Il carbone e i suoi derivati si estraggono dalle viscere dell’Albonese già dal 1600 anche come emanazione di pece (liquido viscoso di colore nero ricavato da bitume usato nel calafataggio delle imbarcazioni o per colpire (da bollente liquefatto) i nemici nel corso di assedi). L’estrazione del carbone venne poi valorizzata dagli austriaci e dalla successiva dominazione italiana. Gli anni che vanno dal 1918 al 1922 sono stati anche qui densi di tensioni (proclamazione di una "Repubblica (operaia autonoma rivoluzionaria) d'Albona"). La produzione di carbone alla fine degli anni '30 oltrepassò il milione di tonnellate nelle miniere di Vinez, Arsia, Pozzo Littorio (PiedAlbona) e Stermazio (Strmac) con imbarco al porto di Valpidocchio (Brsice) nel Raški zaljev (tramite una decauville). Per ottenere questo la popolazione residente venne incrementata con la costruzione delle città nuove sulla falsariga di Carbonia, Fertilia, Segezia (Fg), Torviscosa, Sabaudia, Aprilia, Pontinia,Littoria etc. La prima società di gestione delle miniere, prima della statalizzazione (Azienda Carboni Italiani), era partecipata Fiat. E’ da queste premesse che parte il viaggio in auto dalla ridente Opatija (Abbazia) in una giornata coperta che non promette niente di buono e che minaccia (e poi mantiene) pioggia fino a sera. | ||
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*Nella loggia in Piazzetta (foto a sinistra) ad Albona Vecchia aveva luogo anche l'ultimo atto del Giudizio della Caldaia, ordalia medievale riconosciuta dagli statuti autonomi di tali contrade. In sostanza lo statuto non si differenzia dagli altri statuti istriani, all`infuori della parte di accertamento della colpevolezza per le trasgressioni più pesanti. Si trattava della "legge della caldaia". Nel centro della Chiesa si metteva a bollire una caldaia d'acqua nella quale veniva gettato un sasso. L'accusato aveva a disposizione 3 tentativi per togliere con immersione della mano il sasso dall'acqua. Se la prova riusciva c'era la controprova: la mano veniva infilata in un guanto paraffinato e lo sfortunato veniva trasportato nella loggetta comunale in Piazza. Lì rimaneva per tre giorni sotto l'occhio di una guardia, dopo di che veniva levato il guanto sigillato. Nel caso che la mano non mostrasse bruciature, l'accusato veniva assolto dalle sue colpe, in caso contrario veniva condannato. |
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L'Istria è ricca di altre "miniere" di carbone a cielo aperto la cui scoperta (lontana) e il cui sfruttamento (vicino) hanno portato all'esaurimento e all'abbandono. Una di queste, sull'isola di Pag a Kolane, l'ho individuata attraverso il racconto di quegli anni nel diario di Anny Belli Del Grande http://digilander.libero.it/absurdo/kaizen/arte/libro1/indice.html .... E certo il carbone per uso domestico non ci mancava: di fronte alla casa, dove aveva inizio la radura, a una distanza di forse 300 metri, si apriva una enorme bocca nera, la "ugljenokop", la miniera di carbon fossile di cui mio padre era direttore. Più che una miniera, era una cava, a cielo scoperto, profonda 30/40 metri, al fondo della quale si accedeva per mezzo di gradinate scavate nel minerale e per un sentiero parallelo al piano inclinato sul quale, su rotaie Decauville, salivano e scendevano i carrelli che portavano il carbone alla stazione della teleferica, da dove venivano poi trasportati allo scalo di Luka Simun (Porto Simoni) per l’imbarco. ... |
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per saperne di più
http://it.wikipedia.org/wiki/Valdarsa
http://www.diegozandel.it/lett_man_dett.asp?id=35&area=Manoscritti
http://www.histrianitas.com/PRO__MEMORIA___D.pdf Diario di un profugo http://www.istrianet.org/istria/towns/krapan/lago-carpano1.htm Nel 1797 Napoleone sconfisse la repubblica di Venezia, ed Albona passò sotto la dominazione Austriaca. Nove anni più tardi, dopo le ripetute sconfitte asburgiche, entrò a far parte della provincia Illirica francese. La rigorosa amministrazione militare venne abbattuta solo nel 1813 in seguito alla sconfitta napoleonica nella campagna di Russia. Ebbe allora inizio la definitiva amministrazione Austroungarica che si concluse nel 1918. |
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I CICCI - | |||
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Valdarsa (*** in croato: Šušnjevica; in istrorumeno: Şuşnieviţa) è un comune dell'Istria che fu creato (raggruppando diverse frazioni) nel 1922 allo scopo di dare all'etnia di lingua istrorumena un proprio comune nel Regno d'Italia. Alcuni storici dicono che questa popolazione originaria sia migrata dall'area di Alba Iulia in Romania e che intorno al 1420 si sia insediata intorno al M.Maggiore (sotto cartina) spopolato dalle epidemie. Anche molti profughi di lingua morlacca ed uscocca, in concomitanza con l'avanzata dei Turchi nei Balcani, ripararono nella penisola istriana, dopo lo spopolamento determinato dalla disastrosa invasione degli Ungheresi e dalle terribili pestilenze degli anni 1427, 1437, 1465/6. Questi pastori e profughi si mescolarono con i pochi ladini sopravvissuti in Istria e crearono il popolo istrorumeno. Gli istrorumeni (detti anche "Cicci"i**) popolavano ancora vaste aree dell'Istria nel secolo scorso. La valle viene bagnata dal torrente Bogliuno che scende dalle pendici del Monte Maggiore e successivamente fluisce nel bonificato lago D'Arsa per poi continuare verso il golfo del Quarnaro col nuovo nome di Arsa. | ||
****La bonifica di Polje (Cepich-Arsa) è stata una delle maggiori opere infrastrutturali dell’epoca fascista. Dopo alcune aride estati il conte Lazzaroni, podestà di Albona, ordinò la pulizia e il mantenimento di stagni e laghi per l’uso domestico delle acque (potabilità). Nel 1930 (probabilmente per insufficienza delle opere e per lo sviluppo di fenomeni malarici) richiese il prosciugamento del Lago d’Arsa. Si costituì un consorzio di bonifica con a capo il prefetto Mori (quello della lotta alla Mafia). Venne costruito un canale sotterraneo fino alla baia di Fianona (Plomin) che svuotò il bacino. Le produzioni agricole avviate non ebbero molto successo specialmente nelle estati secche. Nel dopoguerra si cercò di creare un piccolo lago per l’irrigazione ma il nemico era sempre la portata dei detriti del Bogliuno (Bojunsćica River) The draining of the lake occupying Polje Čepić was probably the most impressive infrastructure achieved in Istria under the Italian administration. The reclamation of the lake followed a succession of dry summers. In 1927 the Podestà of Albona (Labin), Conte Lazzarini ordered that each animal and man able to work should spend four days per year cleaning all ponds and lakes in the jurisdiction of Albona, to be used as storage for rain water. In 1930 the urge for freshwater became even more severe and Lazzarini ordered that water from the ponds should have been restricted to domestic use. It was in this period that Lazzarini begun his campaign to obtain from the central government in Rome concession and support for the drying of Lake Arsa. He founded the Consorzio della Bonifica dell'Arsa (Consortium for the reclamation of Arsa), while Prefetto Mori was named chief of the reclamation of Arsa. The drainage and the reclamation of the lake were promoted through strong propaganda, picturing the lake as a sort of malarial wasteland. Eventually, Lake Arsa was driedup through the construction of a four kilometer long, three meter wide underground channel conducting the water of the lake into Plomin Bay and the Adriatic Sea. After the opening of the tunnel, it took seven days to empty the large surface of the polje from which tons of dead fish, mainly eel, could be collected. New communities were introduced to the margins of the former lake to cultivate its floor. Very soon both the quantity and quality of the production decreased, following the severe dryness of Mediterranean summers. In the 1960s a dam and an artificial basin were built upstream, near Letaj, in order to counteract the lack of freshwater but the small water basin was soon filled with sediments carried downstream by the Bojunsćica River. Since its creation the Letaj basin has undergone several emptying operations. By the early seventies it was clear that the cultural and natural landscape of Polje Čepić. Further north towards the valley of the Krapanski Brook (a tributary of the Raša river), near the village of Krapan, is the town of Raša , the youngest settlement in Istria , erected in the 1930s for the functioning of the nearby coal mine. Originally a swamp, the valley around the Raša was gradually drained and improved to gain arable land. Today it is a beautiful example of the modern architecture of that period. The coal-mining industry was an essential generator of economic prosperity for the whole Labin area, from its early development in a last century, during the era of socialism until its collapse in 1987, which coincides with a beginning of disintegration process of Yugoslavia. Most- Raša or Raša Station is connected today with the port of Brsica (Valpidocchio) in the Raša Bay. |
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La piantina è del T.C.I e risale probabilmente agli anni '20 prima del prosciugamento dei laghi/palude di Carpano e D'arsa già ristretto (ma ancora visibili) e della costruzione delle citta nuove (Albona, Podlabin o Piedalbona quartiere minerario e Rasa/Arsia 1937). E visibile in Val Carpano (riferimento Sicul e Valpidocchio) la decauville per il trasporto carbone allo scalo definito Mag. Carbone sul canale d'Arsa. In alto a sinistra nell'angolo un breve tratto della ferrovia Lupogliano-Pisino da cui si staccherà nel 1955 il tronco ferroviario Lupoglav (Castel Lupogliano) - Stalije - Raša (Arsia). La rotabile Vosilici (Vosilli) - Molini- Strmac (Bartizza) - Albona è ora strada primaria (E751) (anche qui miniere di carbone). | ||
“Pozzo Littorio” ad Albona nuova o Piedalbona (Podlabin). Il sito è ora solo un centro artistico dell'“avanguardia” Labin Art Express come dalla scritta LAE dietro quella di Tito. Sotto Base Teleferica a Rabac
Cere. Bauxite was transported from here to Rabac by a funicular |
La strada costiera, man mano che si avvicina all’Albonese, peggiora nonostante i rifacimenti e le continue manutenzioni. Quando i centri abitati importanti (Mošćenička Draga o Val Santamarina) finiscono diventa decisamente brutta nel fondo e nelle curve. Anche l’imbarco per Porozina (per l'isola di Cres o Cherso) appare come una località dispersa nella boscaglia marina. La curva che imbocca la Plominska Luka però ci assicura subito una sorpresa. La centrale a carbone che distribuisce energia all’Istria Centrale, ma non solo. Un molo con un trasportatore a rulli dirige il pezzame nero (carbone solforoso) verso il piazzale alla fine del fiordo sormontato dalla grande ciminiera. Il piccolo, ma antico abitato di Plomin (Fianona), nasconde radici e fondamenta Romane (vi trovarono morte due congiunti di famiglia imperiale nel III secolo d.c.) ristretto com'è fra alte mura e case dimesse. Qui i pochi italiani presenti se ne sono andati da tempo. Nel comprensorio castelli e rocche a Cosiliacco (Kozljak, rovine), Chersano (Krsan) e Felicia (sull’omonimo lago prosciugato nel ventennio****), nidi di falco, vedette e fortezze militari a guardia della vallata, proprietà dei Conti della Val d'Arsa che vissero le alterne vicende dei continui contrasti tra i Patriarchi di Aquileia, la Repubblica di Venezia ed i Conti di Gorizia. Sul fondo della valle a Plomin poche case in riva al mare resti di una comunità di pescatori e di un approdo. La strada prosegue sull’altopiano e migliora passo dopo passo dopo il bivio per Krsan (Chersano) e Pisino (Pazin). Non ci sono più intoppi; la vegetazione si fa bassa, l’agricoltura sembra fiorente e man mano che ci si avvicina ad Albona ci comincia ad incontrare la tipica periferia cittadina fatta di officine, concessionarie e market segno anche qui del progresso. Ma ecco che, prima di deviare verso Piedalbona, la in fondo, ci vengono incontro i consueti casermoni operai dell’era socialista, periferia dimessa e fatiscente d'ogni insediamento post-industriale riscontrabile spesso nell’Est Europeo. Ma qui non sembra essere cambiato nulla dalla fase patriottica postbellica. Quando le case diventano ancora più vecchie siamo in quella che viene chiamata Podlabin, (Piedalbona) ma in epoca passata “Pozzo Littorio” , quartiere operaio costruito sotto la rocca della Città Vecchia di Albona dal Duce. A rallegrare la giornata uggiosa e la modestia dell’insediamento una torma di studenti allegri e vocianti da una vicina scuola in pausa intervallo. Un mercato coperto a prezzi popolari (dove i contadini vendono le loro produzioni in quantità risibili e dove incontrare anche prodotti originali dal punto di vista alimentare) rendono la visita di quel poco vivace, come la circolazione delle vecchie auto (vedi la 600 Zastava copia della Fiat omonima e le copie del 128) che percorrono ancora le strade come in un film d’epoca. Su tutto il quartiere spicca il campanile della chiesa "operaia" e la torre del pozzo carbonifero su cui campeggia ora una grande scritta “Tito”. Al tempo dell'implosione dello stato Jugoslavo era facile trovare gente, sia in Croazia che in Slovenia che sputava sul nome Tito, come in Italia su Mussolini il 25 aprile 1945. Girando anche in Slovenia la sua immagine politica e il suo nome sembrano risorti forse scottati dai nuovi non migliori dei precedenti. Scopro poi che il “progettista” delle opere del ventennio è quell'Eugenio Montuori già vincitore nel ‘33 del progetto della nuova città di Sabaudia, insieme a Cancellotti, Piccinato e Scalpelli e 3 anni più tardi di Carbonia. Nel 1939 viene infatti incaricato di allargare questo nuovo centro minerario per il regime messo a dieta (digiuno) dalle sanzioni nel campo energetico. | ||
Il
solo comune di Albona di 12.500 ab. Ca. è diviso in 17 insediamenti (naselja):
prima della guerra aveva con Arsia 17.000 abitanti di cui italiani
dichiarati 7.700
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Piove, diluvia e Albona vecchia ci accoglie nelle sue stradine da cui scendono torrenti d’acqua che lisciano la bianca pietra d’Istria diventata improvvisamente pericolosa. La chiesa della Natività della B.V. Maria in evidente stato di manutenzione, e con pregevoli opere (la via crucis è ancora in Italiano), sembra, dalle "guide", sia “collassata” sulle vecchie gallerie del carbone ed abbia quindi problemi di stabilità. Il bisogno alimentare ci spinge in riva al mare nella insenatura di Rabac o Portalbona che sarebbe anche deliziosa se non vi regnasse anche qui l'edilizia turistica selvaggia con 3 eco mostri d’alberghi. Nel bellissimo lato a mare di S. Andrea si salvano le attività turistiche a misura d'uomo e gli insediamenti privati. Nella baia, dalla parte opposta non abitata, una strana costruzione attira la mia attenzione. Un cartello la definisce molo di carico e terminal della ex teleferica della cava di Bauxite di Cere in comune di S. Domenica (Sveta Nedelja). Non riesco a comprendere il tortuoso percorso che possa aver fatto anche perché altri (da come scopro in rete) hanno già cercato tracce e non ci sono riusciti. Dopo la pausa pranzo riprendiamo la macchina e sulla strada di Barbana di colpo l’altopiano sprofonda in un canyon dove sicuramente il controllo degli scoli è difficile perché una cascata improvvisa o imprevista rischia di finirci addosso e di allagare la strada. Sul fondo della vallata in corrispondenza del corso del fiume Carpano la città mineraria d'Arsia. Il piccolo Carpano alla confluenza con l’Arsa che gli scende da destra (durante le grandi piogge ha una portata di oltre 120.000 l/s) era ostacolato nel deflusso verso il mare e formava una ampia vallata paludosa regno degli insetti e dei gronghi (pesci). Anche questo come le paludi pontine venne prosciugato con la costituzione di fatto di un Polder (terra bassa sotto il livello mare*** ). Sul lato nord-orientale dello scomparso "lago palude", nel punto in cui la valle serrata dai monti si allarga verso il mare, è sorta il 4 novembre 1937 Arsia (in croato Raša) vicino a un pozzo di carbone già in uso. | ||
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La costruzione iniziata nel 1936 su progetto dell'architetto triestino Gustavo Pulitzer Finali e di altri (Rado Lah e Franjo Kosovel 2 sloveni ) è di pretta impronta razionalista tipica del ventennio ed era allora dotata di scuole, ospedale, cinema, albergo etc.. Tra queste costruzioni una chiesa, dedicata a S. Barbara patrona dei minatori tutt'ora aperta, con la forma di un carrello da minatore rovesciato e il campanile che ricorda le lampade dei minatori. Quando questo centro venne inaugurato col nome provvisorio di Liburnia, era composto da 2.000 anime ma i progetti ne prevedevano 3/4 volte tanto. Una vera e propria comunità operaia, non solamente costituita da istriani ma anche sardi, lombardi, veneti e toscani. Alla fine vinse il nome Arsia. Quando la città era in costruzione si disse fosse stata visitata dal Duce che criticò la vicinanza della palude di Carpano, probabilmente a lavori non ancora ultimati poi modificati. Sarà la pioggia, il cielo coperto ma anche oggi il paese si presenta desolato e grigio. La piazza (come Pozzo Littorio) non ha nulla della solarità e splendore di Sabaudia e solo un arco d’ingresso denota una certa monumentalità. I colori e le croste degli edifici fanno poi a pugni col passato e col candore della chiesa che ha su un fianco una fila di carrelli da miniera (vedi foto sotto). Il passato, non solo fascista ma industriale qui è ancora ricordo tormentato e non testimonianza, come in altri luoghi, dove la miniera e le sue attività sono diventate didattiche e un minimo di turismo lo attraggono. Per l’epoca la produzione d’Istria, anche se solforosa (non si poteva usare con treni in tratte con gallerie), rappresentava un decimo del consumo italiano. | ||
Compagnia dell'Anello… |
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.... ascolta in silenzio la voce delle onde, ti porterà sicura verità profonde, perché in Dalmazia, non ti sembri strano, anche le pietre parlano italiano… |
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Confessò una volta Milovan Gilas .«Nel 1945 io e Kardelj fummo mandati in Istria. Era nostro compito indurre tutti gli italiani ad andar via con pressioni di ogni tipo. E così fu fatto» |
Una cosa che non ho potuto fare, per le intemperie, è l'usuale visita al cimitero che più di ogni altra cosa spiega e descrive spesso la "vita" di un popolo, di un paese. Mi ha sorretto la fortuna perché su un muro del mercato coperto ho visto una piccola epigrafe, come usano li di formato A4, con un defunto che era sicuramente italiano. Posso dire il nome perché difficilmente svelo segreti. Atilio Tireli: così era scritto al posto di Attilio Tirelli. Che fosse di etnia italiana lo si desumeva anche da chi partecipava al lutto che erano, fra gli altri parenti a piangerlo, i suoi amici Bepi e Lino. Nel curiosare e mettere il naso ovunque (e non vi consiglio di esternarlo o di farlo platealmente) può anche capitare di sentire una donna parlare veneto con una vicina ma altrettanto velocemente si nasconde, si ritrae come se fossero dei cospiratori. |
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Matija (Matthias) Vlacic (Latinized name Flacius lllyricus) nacque il 3 Marzo 1520 ad Albona.
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Dopo aver trascorso l’infanzia in Istria
e scuole a Venezia, sotto l'influsso dello zio Baldo Lupetina (un
francescano conventuale convertito al luteranesimo e condannato poi a
morte nel 1556), si iscrisse alla Università a Basilea, Augsburg,
Tuebingen, e Wittemberg, dove piu` tardi (1544) insegnò l`ebraico ed il
Greco. Ben presto diventò uno dei principali collaboratori di Martin
Lutero, il quale disse: ~ io lo stimo altamente, e dopo la mia morte e` su
di lui che si appoggia ogni depressa speranza
~. MF. aderente, come Nikolaus
von Amsdorf, alla corrente dei luterani più osservanti, i cosiddetti
gnesio-luterani, cadde nella controversia adiaforista del 1547, scatenata
dalle posizioni di Melantone, che considerava indifferenti alcune dottrine
e pratiche della Chiesa Cattolica, che, invece, Lutero combatteva.
Sposatosi due volte ebbe 18 figli . Nel 1557 MF. divenne professore del
Nuovo Testamento all’università di Jena, dove rielaborò la sua teoria sul
peccato originale, suscitando un’ondata di proteste. La teoria di MF. fu
definitivamente condannata nella Formula di Concordia del 1577. Con varie
lettere invitò pure il Senato di Venezia ad aprire i confini della
Repubblica al Luteranismo, Il Senato non rispose, ma conservò le lettere
nel caso che il Flacio cadesse nelle sue mani. Costretto a lasciare
l’università di Jena nel 1562, MF. vagò da una città all'altra , da Jena a
Ratisbona, da Anversa a Strasburgo a Francoforte sul Meno, dove morì in povertà, il’10 Maggio
1575 (marzo), nel convento delle Dame Bianche
di Francoforte. Flacius é autore di circa 300 libri, in maggioranza in
lingua latina. Egli ha ideato ed organizzato un collegio per la storia
della chiesa, edita in 13 libri, nota sotto il mome di Centurie di
Magdeburgo. He was born on March 3, 1520 in Carpano, a part of Albona, Istria, the ancient Illyricum, from which he assumed the added surname of IIlyricus. His father was Andrea Vlacich alias Francovich, his mother was Jacobea Luciani, daughter of a wealthy and powerful Albonian family. Her uncle was the lutheranian Baldo Lupetina, who later was condemned to death in Venice for his faith. Sixteen year-old Matthias went to study in Venice where he was taught by the humanist Giambattista Cipelli (Baptista Aegnatius). |
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Gustavo Pulitzer Finali
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Nato a Trieste nel 1887, si laurea con Theodor Fisher a Monaco. Durante gli anni '20 fonda, insieme all' architetto Ceas, lo "Sturad Studio" a Trieste. In questi anni comincia a lavorare agli interni delle navi passeggeri "Saturnia", "Vulcania", "Conte Grande" e "Victoria". Queste esperienze, che danno a Pulitzer grande considerazione in tutto il mondo, lo spingono a specializzarsi in Interior Design per navi da crociera. Pulitzer fu responsabile di un grande rinnovamento nel design delle imbarcazioni: con lui si sviluppa il periodo del decoro, dove lusso e eleganza sono ottenuti congiungendo funzionalità e stile moderno. Pulitzer avvia un attento intreccio d'amicizie e d'interrelazioni professionali e, già nel 1921, è direttore generale de "La Fiera di Trieste". L’amicizia a lunga durata intessuta con i Cosulich, armatori, permette a Pulitzer Finali, di sperimentare l’esercizio peculiare, specialistico, dell’arredamento navale. I migliori lavori sono concentrati durante gli anni '30 con la realizzazione del "Conte di Savoia", il "Neptunia", l'"Oceania" e le navi da guerra"Vittorio Veneto" e "Andrea Doria". La lampada da sospensione "Oceania" fu esposta alla Triennale del 1933. Come urbanista ha disegnato la città di Arsia ed il complesso residenziale di una Casa-Forte Quezzi a Genova. Nel dopoguerra collabora comunque per alcune navi ristrutturate o costruite a Monfalcone vedi Esperia, Conte di Biancamano (1950), Giulio Cesare (1951) della società Italia. Muore a Genova nel '67 |
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http://www.antico-usato.it/index.php?option=com_content&task=view&id=101&Itemid=32 Pulitzer Finali | |||
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Nel dopoguerra agli
italiani in zona si sostituirono altre popolazioni dell’interno e di altre
repubbliche slave fino alla definitiva chiusura delle miniere intervenuta con la crisi dello stato
Federale
Jugoslavo alla fine degli anni 80. Nel 1955 venne
attivato il tronco ferroviario Lupoglav (Castel Lupogliano)- Stalije - Raša (Arsia
che si stacca dal percorso dell'Istria centrale
Capodistria (Koper)-Pola (Pula)). Un'altra decauville industriale sembra sia esistita fra Somber e Porto Fianona per
la bauxite. Si trasse infatti grande profitto pure dalla
bauxite (da cui si ricava alluminio) e dalla fabbrica di cemento di Valmazzinghi (Koromac'o) in fondo
alla penisola. Questo insediamento con quelli turistici di Rabac, Marina,
Ravni, Tunarica, Trget e Skitaca hanno contribuito a mitigare la
disoccupazione e l'emigrazione all`inizio degli anni ottanta. Marijan Milevoj, Postcards from Labin Kartulini z Labinscini, 1997 http://www.istrianet.org/istria/towns/rasa/river-rasa.htm |
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Viaggio per le città del Duce, Pennacchi Antonio - Ed. Asefi, via San Simpliciano 2, 20121 Milano - email info@asefi.it Nel 1938 andarono in Libia 20 mila nostri agricoltori e trovarono pronti 26 villaggi agricoli: Olivetti, Bianchi, Giordani, Micca, Tazzoli, Breviglieri, Marconi, Garabulli, Crispi, Corradini, Garibaldi, Littoriano, Castel Benito, Filzi, Baracca, Maddalena, Aro, Oberdan, D’Annunzio, Razza, Mameli, Battisti, Berta, Luigi di Savoia, Gioda.... etc |
Elenco di città e borghi sorti durante
il governo Mussolini |
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"Rimasi così nella foiba per un paio d'ore. Poi col favore della notte, uscii." G. Udovisi Da sua conferenza, da trasmissioni TV e da La Nuova Alabarda (31/1/2005) l'esperienza di Udovisi. La vicenda è ricostruita anche da Giovanni Minoli e Giovanni Sabbatucci nella puntata de "La storia siamo noi" su Raitre.
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“Graziano Udovisi, ottenuto il diploma delle scuole magistrali di Pola, all’età di 18 anni, si arruolò nella milizia territoriale (le terre adriatiche dopo l'8 settembre non ci appartenevano più) per evitare di iscriversi nelle organizzazioni tedesche. (...) Fatto il corso allievi ufficiali, venne nell’ottobre 1944 inviato a Portole quale comandante del Presidio e quivi rimase fino alla fine della guerra (...)”. Udovisi venne riconosciuto colpevole di avere arrestato i partigiani Antonio Gorian e Giusto Masserotto, nei pressi di Portole. I sgg.): “Mi hanno imprigionato in una cella di 4 metri con altre trenta persone, stretti come sardine, quasi senza aria e tutti con le mani legate col fil di ferro dietro la schiena”. Dopo essere stato torturato “tutta la notte” e “dopo mezz’ora non sentivo più nulla (...) dovevo avere la testa rovinata completamente (...) una donna ufficiale mi spaccò la mascella sinistra con il calcio della pistola (...) ci legarono in fila indiana, l’ultimo di noi era svenuto e gli fecero passare il fil di ferro intorno al collo. Lo abbiamo inevitabilmente soffocato nel dirigerci verso la foiba. (...) durante il tragitto sono scivolato e caduto. Immediatamente mi è arrivata una botta con il calcio di una mitragliatrice al rene destro. Durante il tragitto (...) mi hanno fatto mangiare della carta, dei sassi, mi hanno sparato vicino alle orecchie (...) Poi la Foiba. (...) quando ho sentito l’urlaccio di guerra mi sono buttato subito dentro come se questa Foiba rappresentasse per me un’ancora di salvezza. Sono piombato dentro l’acqua e mentre calavo a picco sono riuscito a liberarmi una mano con la quale ho toccato quella che credevo essere una zolla con dell’erba mentre in realtà era una testa con dei capelli. L’ho afferrata e tirata in modo spasmodico verso di me e sono riuscito a risalire (...) ho salvato un italiano”. C’è un’altra persona che racconta più o meno la stessa storia dal quale abbiamo tratto la storia di Udovisi, cioè “Genocidio... “ di Marco Pirina . |
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Le foto che precedono e seguono sono state fatte con un cellulare Nokia 6111, fotocamera da 1 megapixel, zoom digitale x6 e flash incorporato. |
Titolo: “La Foiba doveva essere la sua tomba”. Giovanni Radeticchio di Sisano, sarebbe stato arrestato il 2 maggio del '45 a casa sua. Fu condotto assieme ad altri 4 prigionieri a Pozzo Littorio nell'Albonese, dove videro altri prigionieri che venivano fatti “correre contro il muro piegati e con la testa all’ingiù. Caduti a terra dallo stordimento vennero presi a calci in tutte le parti del corpi finché rinvennero (...)”. Seguono le descrizioni di altre sevizie ed alla fine “dopo trenta ore di digiuno”, li fecero proseguire a piedi per Fianona (Plomin) dopo aver dato loro “un piatto di minestra con pasta nera non condita”, e “per giunta legati col filo di ferro ai polsi a due a due”. Altre torture all’arrivo ed infine “prima dell’alba”, assieme ad altri cinque prigionieri, e cioè: “Carlo Radolovich di Marzana, Natale Mazzucca da Pinesi (Marzana), Felice Cossi da Sisano, Giuseppe Sabatti da Visinada e Graziano Udovisi da Pola”, con le mani legati dietro la schiena e picchiati per strada, lo condussero fino all’imboccatura della Foiba. E qui viene la parte più interessante: “mi appesero un grosso sasso, del peso di circa 10 kili, per mezzo di filo di ferro ai polsi già legati con altro filo di ferro e mi costrinsero ad andare da solo dietro Udovisi, già sceso nella Foiba. Dopo qualche istante mi spararono qualche colpo di moschetto. Dio volle che colpissero il filo di ferro che fece cadere il sasso. Così caddi illeso nell’acqua della Foiba. Nuotando, con le mani legate dietro la schiena, ho potuto arenarmi. Intanto continuavano a cadere gli altri miei compagni e dietro ad ognuno sparavano colpi di mitra. Dopo l’ultima vittima gettarono una bomba a mano per finirci tutti. Costernato dal dolore non mi reggevo più. Sono riuscito a rompere il filo di ferro che mi serrava i polsi, straziando contemporaneamente le mie carni, poiché i polsi cedettero prima del filo di ferro. Rimasi così nella foiba per un paio di ore. Poi col favore della notte, uscii da quella che doveva essere la mia tomba...”. |
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A questo punto l'autore di cui ignoro il nome del sito Wreckage riconducibile alla sinistra a Democrazia proletaria e Rifondazione comunista (oggi la SEL Sinistra e Libertà di Vendola) contesta così l'intero impianto testimoniale ..... sono ambedue le storie che non stanno in piedi. Intanto non è credibile che uomini ridotti in condizioni fisiche così precarie come vengono descritte, siano riusciti ad uscire da una “foiba” piena d’acqua. Né, per quanto si accetti l’improbabile, ci sembra possibile che il colpo di moschetto che ha colpito il filo di ferro che legava il sasso di dieci chili ai polsi di Radeticchio legati dietro la schiena sia riuscito a spezzare il filo di ferro e non colpire l’uomo. Che oltretutto sarebbe rimasto illeso sotto i colpi di moschetto, di mitragliatrice e dopo l’esplosione della bomba a mano, sarebbe riuscito a “rompere il filo di ferro” e pur con le carni “completamente straziate” sarebbe riuscito ad uscire dalla foiba dopo un paio d’ore trascorse dentro l’acqua. Verifichiamo inoltre i nominativi di coloro che sarebbero stati infoibati assieme a Radeticchio.... la prossima volta anziché "l'isola dei famosi" potemmo fare "la foiba dei famosi" o quella dei politici per vedere se si sopravvive veramente. Poi verifichiamo i nomi di quelli che sono morti nei lager, qualche errore deve esserci sicuramente. | ||
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Pisino (nella immagine a destra in corrispondenza dell'ansa dell'Istria Centrale) e l'Albonese (in basso a destra) erano terre di frontiera perché, contrariamente a quanto si pensa, la Serenissima occupava una metà della penisola dietro una linea virtuale che andava dal golfo di Trieste all'Albonese, per riprendersi poi le isole del Quarnaro e la Dalmazia da Zara in giù escluso Fiume. Pisino, il capoluogo dell'Istria centrale, fu fra i domini veneziani dell‘Istria dal 1420 al 1536 ma, successivamente alla Lega di Cambrai, entrò in possesso degli Asburgo, che lo diedero in feudo prima alla famiglia Mosconi di Pisino e in seguito ai ricchissimi Montecuccoli (di Pavullo di Modena) salvatori di Vienna nel 1663 (Raimondo figlio del conte Galeotto e di Anna Bigi, dama d'onore della corte estense). Le fonti alternativamente affermano che furono gli uni o gli altri a dare il via al completo rinnovamento del grande castello che domina Pisino. I Montecuccoli possedevano anche la signoria di San Dorligo/Dolina dal XVIII° secolo, ma abitarono solo saltuariamente in Istria. Nonostante che le signorie feudali venissero abolite nel 1848, i Montecuccoli mantennero la proprietà del castello di Pisino fino alla fine della IIa guerra mondiale. http://digilander.libero.it/fiammecremisi/carneade/montec.htm | ||
http://www.nonluoghi.info/nonluoghi-new/modules/news/article.php?storyid=79 | |||
Non resta ora che rifare il percorso inverso e sperare la prossima occasione in una miglior giornata. |