GIACINTO COVA
1909/1941 Medaglia d’Oro al V.M. alla memoria
La Vita per un ideale
“Più forte dell’acciaio fu il suo cuore”

 

IL FATTO 3a parte

L'’8 aprile cade anche El Mechili per opera dei reparti che provengono dalla Trigh El Abd in massima parte italiani. In fretta e furia furono bloccati i reparti inglesi che ancora non si erano imbarcati per la Grecia e fu affidato al Gen. Gott il comando ad est di Tobruk per bloccare i tedeschi. Lungo il confine egiziano, Rommel decise di attestarsi in una serie di capisaldi; gli stessi che gli italiani avevano utilizzato in passato. La fortificazione principale era presso il Passo di Halfaya, (alle spalle aveva la ridotta Capuzzo) conquistata ora agli inglesi, che a loro volta lo avevano strappata a noi a fine '40.

Da l’8° Bersaglieri e la guerra in Africa Sett. Del Gen. Diego Vicini- Il comando di Halfaya venne affidato da Rommel al Capitano Bach, un energico ex pastore protestante, che era stato tra i protagonisti della conquista del passo alcuni giorni prima. Occupato il passo Halfaya, i tedeschi lasciarono la posizione di Ridotta Capuzzo alla colonna Montemurro, che si estese, pertanto, sulla destra, cioè verso sud-ovest, diluendo lo schieramento della 2a compagnia bersaglieri motociclisti (Cap. Feleppa - Ten. Cova) e della 6a compagnia bersaglieri e aggiungendovi, il 27 aprile, quello della 7a compagnia (ten. Marchetti) del II/62° f. Trento (3 plotoni fucilieri e 1 plotone mitraglieri), rinforzata da 2 plotoni della 106a compagnia cannoni 47/32 (cap. Perrotti) del 7° bersaglieri. Il comando di colonna si sistemò a q. 186 poco più di due chilometri a nord-est della Ridotta. Lì si trovava una buca naturale, di forma circolare, con un diametro di una decina di metri e profonda due o tre, che presentava alcuni cunicoli adibiti a depositi viveri e munizioni ed alla sede del centralino telefonico. Al centro di quell'antro vegetava un albero di fico, che attingeva vita sul fondo sabbioso e protendeva i rami all'esterno, creando un vivo contrasto tra il verde delle foglie ed il giallo della sabbia circostante. Per salire al passo bisognava percorrere una serie di tornanti scoperti dove era impossibile sfuggire ai colpi di cannone. 

  All’alba del 15 maggio lo schieramento dopo ulteriori modifiche sul fronte Sollum Halfaya Capuzzo era il seguente: SOLLUM:
Sollum alta: comando XII battaglione bersaglieri (cap. Mistretta); comando 7a compagnia bersaglieri (cap. Pasquini) con 1 plotone bersaglieri (sten. Pretto) a sbarramento della strada proveniente da Sollum Bassa: 1 plotone bersaglieri (sten. Dalbon) della 7a compagnia, in prossimità del porticciolo di Sollum per sorveglianza antisbarco; il plotone arditi della colonna Montemurro (sten. Lanza) e 1 plotone da 37/45 (sten. Pirondini), costituenti posto di sbarramento presso i pozzi di Sidi Omar (est di Sollum bassa). Il sten. Lanza, ricoverato all'infermeria di Sollum alta per una ferita al piede, era sostituito nel comando dal sten. Pirondini. 

In verità, l'organizzazione difensiva da Sollum a passo Halfaya e a q. 186 era di scarsa consistenza, avendo la sua ossatura in soli 14 pezzi cc da 47/32, 9 da 37/45, 4 cannoni da 75/27 e 1 da 105. I carri armati più vicini erano quelli di von Herff 20 Km. indietro a Bardia. Il caposaldo di q. 186 era tale più di nome che di fatto, poiché non solo non aveva ostacoli perimetrali di rilievo, quali mine e fosso anticarro, ma nemmeno disponeva di un'aliquota di forze per la reazione di movimento, che, dato il terreno, sarebbe dovuta essere almeno meccanizzata. Il lavoro di scavo delle postazioni era stato assillante e faticosissimo, specie per i serventi ai pezzi controcarro.
Tutti avevano le mani, pur già callose, piene di vesciche e le ossa indolenzite. Nelle file della colonna Montemurro regnava, tuttavia, un morale molto elevato, basato sulla carica di entusiasmo accumulata ad El Mechili e, per i bersaglieri, sul tradizionale spirito di Corpo. A proposito di quest'ultimo, va ricordata la loro reazione alla disposizione di togliere dal casco e dall'elmetto il piumetto, al fine di rendere più difficile al nemico l'identificazione dei reparti in linea.
Nel giro di pochi giorni, le cose ritornarono come prima consenzienti gli ufficiali. Il sten. Rini era solito sfoderare il piumetto più bello, quello della festa, proprio nell'imminenza dei combattimenti. La notizia dei fatti d'arme del III battaglione ad Acroma e del V a Ras el Medauar era giunta in quei giorni, prima sulle onde di radio fante, poi su regolare ordine del giorno. Ciò aveva contribuito a rafforzare nei bersaglieri la consapevole fierezza di appartenere ad un reggimento, la cui fama, accoppiata a quella dell'Ariete, e diffusasi ovunque in Africa settentrionale, doveva essere mantenuta intatta.

 

Passo Halfaya:

al centro: 1 cp motofucilieri tedesca, a q. 191, sul pianoro, in corrispondenza dello sbocco della strada del passo, fronte alle

  provenienze dal deserto; 6a batteria del gruppo Frongia del 24° rgpt. art. di C.A. da 105, a q. 190;
a sinistra: lungo il costone (che dal pianoro scendeva ripido sino alla strada per Bug Bug) e, attraverso la piana, fino al mare, con fronte a est, da destra a sinistra: I pl. fuc. (sten. Marchi) della 7a cp. bers.; I pl. cn. da 47/32 (sten. Veronesi) della 106a cp. cn. del 7° rgt. bers.: 1 pl. fuc. (ten. Talpo) della 7a cp. bers.; II pl. cn. da 47/32 (sten. Esposito) della 72a cp. c.c. dal 6° di Bologna. Tutti questi plotoni dipendevano dal ten. Talpo;
a destra: con andamento sud-nord, sulla destra della compagnia tedesca: 6a cp. bers. (ten. Arivella), con, da sinistra a destra: I pl. fuc. (sten. Marani) III pl. cn. c.c. 47/32 (sten. Rini): IV pl. mitr. (ten. Arivella); IV pl. cn. c.c. (sten. Fazi ): In pl. fuc. (sten. Socini). Tutte le forze di passo Halfaya erano alle dipendenze del comandante della compagnia tedesca, che, a sua volta, dipendeva dal col. von Herff.

Alle ore 5,30 del 15 maggio, l'ufficiale di servizio scosse dal sonno il ten. Talpo, che si era appisolato poco più di due ore prima: « È giunta l'artiglieria! » « Sono in anticipo, oggi ... strano! ... » Cominciarono ad arrivare le prime salve. Anche sul costone alto il cannone iniziò a tuonare. « Unità corazzate sono in movimento verso le nostre posizioni. L'ordine è di resistere ad oltranza », Era il cap. Sturchio, che subito dopo telefonò al ten. Talpo: « I tedeschi sono stati attaccati. Tieni duro!» Si aggiunse la voce del Col. Montemurro: « Se sei attaccato, raccorcia la linea ed appoggiati ai costoni. La posizione dei tedeschi è fortissima! », Il ten. Talpo trasse un sospiro di sollievo. Finalmente qualcuno gli aveva detto qualcosa di utile. Alle 6 la notizia: I tedeschi sono stati travolti. I nostri colpi ora cercavano di fermare i carri ma a 400 metri rimbalzavano sulle corazze.
Tutti quelli che erano in condizioni di osservare rimasero esterrefatti e tra questi, più di tutti, i sottotenenti Rini e Fazi e i loro serventi ai pezzi. «Ai cingoli! Ai cingoli! Ai fianchi! » gridò il ten. Arivella. Ecco che un carro si arrestò, poi un altro e altri ancora. I rimanenti, sei o sette, cominciarono a ripiegare, fermandosi alla distanza di circa 900-1000 metri. Dietro di essi si sollevò il noto polverone di altri mezzi in movimento. I pezzi da 47/32, data la distanza, cessarono di sparare. Già due erano stati resi inservibili. Anche a Ridotta Capuzzo si combatteva. Mentre, infatti, la XXII brigata Guardie, affiancata da alcune unità del 4° Royal Tanks Regiment e del II battaglione Scots Guards, era stata lanciata contro le posizioni dell'Halfaya, gli altri reparti dello stesso 4° Royal ed il I battaglione di fanteria leggera, con una o due batterie da 88 mm, erano avanzati su Capuzzo e la VII brigata corazzata, con il 2° reggimento carrista, procedeva nel deserto, ad ovest, con direzione nord-est.

 

 

CAPOSALDO DI Q. 186 DI RIDOTTA CAPUZZO

Alle ore 7, il posto di blocco al varco del reticolato, dove terminava la via Balbia (cippo n. 31), aveva comunicato che una colonna di carri armati ed automezzi si stava avvicinando. Presso il comando di colonna, a q. 186, il ten. Spiazzi, mentre osservava il movimento delle forze nemiche e trasmetteva i relativi dati al sottocomandante della batteria (S.Ten. D’Ondes), rimase seriamente ferito ad un ginocchio, ma riuscì a confermare al suo sostituto la giustezza del tiro della prima salva partita. Essa, infatti, aveva investito il nemico in corrispondenza del varco e da quel momento il giovane subalterno non si lasciò più sfuggire l'evolversi della situazione. Subentrò poi la rabbiosa reazione della nostra 2a compagnia motociclisti.
Alcune cingolette (Bren-carriers), colpite in pieno dai pezzi da 37/45 del S.Ten. D'Auf der Mauer, si incendiarono. Altre, per non subire la stessa sorte, si ritirarono precipitosamente, dopo avere scaricato i loro uomini, che, cercato rifugio negli avvallamenti del terreno, si riordinarono e procedettero con cautela, sfruttando tutti i possibili ripari, compresi i grossi fusti di benzina vuoti, sparsi qua e là, che essi facevano rotolare davanti a sé, a guisa di scudo protettivo mobile. Quattro carri armati, risalendo lungo il reticolato, tentarono di aggirare la batteria, che sparando con due pezzi a puntamento diretto, li costrinse a ritirarsi. A un certo numero di granate gli artiglieri avevano tolto l'innesco, per cui il proietto, divenuto un peso inerte, fungeva da perforante e riusciva a squarciare la corazza dei carri se, sparato alla debita distanza, li colpiva nelle parti di minore spessore. I tedeschi vista la figura garantirono l’appoggio carri (almeno 1 ora di tempo per arrivare) e intanto gli Stukas colpirono i nostri della 7a. Di male in peggio. Ora l’attacco proveniva da dietro dopo il cedimento del reparto tedesco. Marani, Fazi e Rini annientati (quest’ultimo morto). Quando alle 9,30 gli tolsero dal polso l’orologio il S.Ten. Socini osservò che erano le 9,30. 4 ore da quando era iniziato lo scontro. Circa a quell'ora, la situazione della 2a compagnia motociclisti era divenuta pressoché insostenibile. Alcuni carri, avevano puntato decisamente sui cannoni da 37/45 che avevano uno schieramento più avanzato. Per fronteggiarli anche i pezzi da 47/32 del S.Ten. Maestri avevano ruotato le code di 90°, ma ufficiali e bersaglieri, come già presso la compagnia del ten. Arivella, erano rimasti allibiti di fronte allo spettacolo delle granate, che, schizzando sulle corazze, impazzivano nelle più strane traiettorie. Tra il fumo degli scoppi e la polvere, qualche figura umana si distingueva in piedi davanti ai carri, che, avanzando e ruotando su se stessi, distribuivano sventagliate di ferro.

  C.do 8° rgt. bers. (col. Montemurro), c.do gr. Frongia e II pl. della 6a cp. bers. (sten. Marasi): q. 186;
2a cp. bers. motoc. (cap. Feleppa ), rinforzata dal I pl. cn. c.c. della 72a cp.: a sud e sud-ovest di q. 186 con,
da sinistra a destra: I pl. moto bers. (ten. Cova); pl. cn. da 37/45 (sten. D'Auf der Mauer); II pl. bers. (sten. Trabalzini): I pl. cn. da 47/32 (sten. Maestri); In pl. bers. (sten. Antomelli); 1 sez. mitragl. da 20 mrn (sten. Vierzi): sulla destra del III pl. bers. (spostata più indietro);
1a btr. da 75/27 (ten. Spiazzi) del 132° art.: circa 300 metri a nord-nord/ovest di q. 186;
c.do (ten. Rustichelli del 6°) e pl. c.do (sten. Ferrari) della 72a cp. cn. c.c. da 47/32: zona di q. 186;
c.do 106a cp. cn. c.c. da 47/32 (cap. Perotti): q. 186;
7a cp. del II/62° f. Trento (ten. Marchetti), rinforzata da 2 pl. della 106a cp. cn. c.c. (sten. Ottolini e Cappella): sulla destra della 2a cp. bers. motoc. ad interdizione delle provenienze da ovest e sud-est.
Un pezzo da 37/45, che già aveva arrestato un carro colpendolo ai cingoli e costretto un altro a ripiegare malconcio, fu centrato in pieno e rimasero uccisi i tre serventi (Vazzano, Gallina e Scartozzonì), mentre il comandante della squadra, cap. magg. Mondadori, giacque ferito. Resi inservibili anche gli altri due cannoni, la fanteria nemica si abbatté sui superstiti.
Il ten. Cova, nel disperato tentativo di sottrarre alla fine incombente non soltanto quelli, ma anche i suoi bersaglieri, si buttò al contrassalto con un'aliquota del suo plotone già decimato. Il cap. magg. Mondadori, dalla sua piazzola rivolse lo sguardo attonito in quella direzione. Aveva appena visto cadere, nella postazione alla sua destra, il cap. magg. Zaniboni, che, prima di essere abbattuto, aveva scagliato contro gli assalitori, non avendo più null'altro, la cassetta delle munizioni. Osservò lo sparuto gruppo del ten. Cova scontrarsi con i numerosi fanti nemici, tra un serrato scoppiare di bombe a mano. Nell'impari lotta che ne seguì vide riflessi di baionette e fucili usati a mo' di clava. Quando si provvide alla raccolta dei caduti, si trovò, poco discosto dal S.Ten. D'Auf der Mauer, il ten. Cova, che stringeva nella destra una bomba a mano.
L'urto principale venne allora sostenuto dai plotoni di Antomelli, Maestri e Trabalzini. Qui, però, la fanteria nemica era stata tenuta a bada fino ad allora dalle mitragliatrici, ma, ormai, di queste una soltanto (una FIAT '35 di riserva) continuava, inesorabile, a sgranare proiettili ed il suo crepitio rincuorava. Il Col. Montemurro si aggirava tra i suoi per cercare di tamponare la situazione che ormai era disperata. Alle 11,30 di tedeschi neanche l’ombra, ma almeno non ci sparavano addosso. Ora ad essere investito direttamente era il comando.
 

COMPOSIZIONE DIVISIONE ARIETE     

- 8° RGT Bersaglieri su 1 BTG moto e 2 autoportati + 2 compagnie armi accompagnamento (a.a) e controcarri (c.c).
- 32° RGT Carri su 3 BTG L3 (poi arriveranno anche gli M13 del 132° carri) 
- 132° RGT Artiglieria su 2 Gruppi da 75/27 + Genio e servizi e autoreparto 
5078 uomini, 760 automezzi, 117 carri, 700 tricicli e motocicli., 24 cannoni 75/27 mod 1906 !!, 36 cannoni da 47/32 e 37/45 integrati presto dal mod. 37 tedesco, 16 mitragliere da 20 mm.

 

>>>> vai alla 4 parte CONCLUSIONI

 

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