GIACINTO
COVA
1909/1941
Medaglia d’Oro al V.M.* alla memoria
La Vita per
un ideale
“Più forte
dell’acciaio fu il suo cuore”
PREFAZIONE
1a parte |
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Dalla
presentazione della pubblicazione “GIACINTO COVA” curata dalla
Fondazione La Memoria storica di Brisighella “I Naldi – gli Spada” (Carta Bianca Ed., Via Fermi,18 - 48018 Faenza - ottobre 2008 ): |
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Brisighella è fiera di
ricordare un figlio illustre, il tenente Giacinto Cova, medaglia d’oro
al valore militare. Era nato a Poggio, presso la chiesa di cui lo zio
don Giuseppe Cova fu parroco per cinquant’anni, come alcuni di noi
ricordano con simpatia. Quarto d’otto fratelli, Giacinto visse i primi
anni della fanciullezza in quella campagna a cui anche da adulto sempre
ritornava il suo cuore. Un’atmosfera calda di famiglia, vissuta tra i
campi di una terra ospitale.
Poi i Cova si trasferirono a Faenza, dove Giacinto fece le scuole,
frequentò l’oratorio salesiano, fu giovane d’Azione Cattolica e membro
attivo della parrocchia di S. Ippolito. Crebbe in una fede religiosa,
giovane e schietta, che ispirò tutta la sua vita. Era un giovane
esuberante, che si entusiasmava per ogni impresa e iniziativa. Il
sorriso che vediamo nelle fotografie è il segno della sua impetuosa e
gioviale baldanza. A diciotto anni, nel 1928, intraprese il servizio
militare da lui desiderato e anelato, in cui come bersagliere fece una
rapida carriera, prima come sergente, poi come allievo dell’Accademia
Militare di Modena dalla quale uscì sottotenente. Ottimista, tenace, si
dedicò al reparto motociclisti, affermandosi in competizioni
sportivo-militari anche a carattere internazionale, in Belgio e in
Germania. Si era sposato con Elena Bonetti, da cui ebbe una prima
figlia, Valeria, e nel 1941, al momento dell’imbarco per la Libia, il
figlio Alberto.
L’Africa, con i deserti assetati, con le asperità del terreno impervio e
accidentato, fu da febbraio a maggio del 1941 il teatro della vicenda
gloriosa dell’8° Reggimento Bersaglieri. Rileggendo le testimonianze sui
combattimenti si rimane colpiti dalla determinazione e dal coraggio
intrepido con cui il tenente Giacinto Cova guidò i suoi bersaglieri
nello scontro in cui incontrò la morte. È terribile, ancora oggi, la
visione di quei giovani che dalle due parti - italiani e britannici - si
combattevano in una lotta che rivelò una durezza che vorremmo non fosse
accaduta mai. Ma ciò non sminuisce il valore che i combattenti come
Giacinto Cova hanno testimoniato con generosità di dedizione per
adempiere un dovere da loro profondamente sentito per la propria patria.
È a questa generosità che oggi si rivolge con un pensiero di preghiera
il ricordo ammirato e grato della “memoria storica” della sua patria.
Cardinale Achille Silvestrini,
Prefetto emerito della Congregazione per le Chiese Orientali Presidente
dell’Associazione e Fondazione Memoria storica di Brisighella “I Naldi -
Gli Spada” |
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."O
BERSAGLIERI DELL'8° • PIÙ FORTE DELL' ACCIAIO FU IL VOSTRO CUORE • 15
MAGGIO 1941"
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Così il Gen. Diego
Vicini nel libro “L'8° Bersaglieri e la guerra in A.S".
"Circa a quell'ora (9,30) la situazione della 2a cp
moto (Cova) era divenuta insostenibile. I carri nemici puntavano direttamente
sui cannoni da 37/45. Per fronteggiarli anche i cannoni da 47 mm erano
stati ruotati, ma ufficiali e bersaglieri, come già quelli di Arivella,
erano rimasti allibiti di fronte allo spettacolo delle granate che
schizzavano sulle corazze (inglesi). Il ten. Cova nel disperato
tentativo di sottrarre armi e bersaglieri alla fine incombente si buttò
al contrassalto. Il cap. magg. Mondadori rivolse lo sguardo attonito
dalla sua piazzola al gruppo di Cova che ormai a distanza ravvicinata
era coinvolto in un corpo a corpo. Bombe a mano fucili a mo’ di clava !.
Non restavano che i pezzi da 47/32 puntati ai cingoli per fermare quella
massa di Carri. ...Quando poi si provvide alla raccolta dei morti Cova
stringeva ancora fra le mani una bomba a mano.
Pochi giorni dopo il caposaldo di quota 205, già denominato Tumulo,
veniva intitolato alla memoria di Giacinto Cova, caduto eroicamente nel
combattimento del 15 maggio. Il 15 luglio, il Reggimento inaugurava un
cippo a quota 186 di Capuzzo dedicato alla memoria dei caduti del 15
maggio. Recuperato da Paolo Caccia Dominioni' nel 1952**, il cippo si
trova ora all'ingresso del cimitero di EI Alamein. È costituito da una
colonna in travertino trovata al confine libico-egiziano. Reca il fregio
dell'8° Reggimento Bersaglieri e vi è inciso un breve scritto: O
Bersaglieri dell'8°, più forte dell'acciaio fu il vostro cuore. 15
maggio 1941. Seguono i nomi del tenente Giacinto Cova, dei sottotenenti
Sergio D'Auf Der Mauer (di Napoli) e Vittorio Rini (di Termini
Imerese-PA)e degli altri Bersaglieri che insieme a loro hanno
sacrificato la loro giovane esistenza.
Il
Colonnello Montemurro ( Comandante l’8°Reggimento Bersaglieri ) nel
comunicare alla famiglia la notizia della morte del congiunto così si
esprimeva:
Col più profondo dolore compio il dovere di comunicarvi che vostro
marito, Tenente Giacinto Cova, è caduto eroicamente il 15 maggio 1941
sul fronte Capuzzo-Sollum. Vi sia di conforto il pensiero che vostro
marito si è immolato per la Patria nel modo più sublime, combattendo
strenuamente contro forze soverchianti, impavido, senza cedere di un
palmo di terreno e scrivendo col suo eroismo una delle più belle pagine
di gloria per la storia dell’8°Bersaglieri. Per il fulgido valore
dimostrato, il Tenente Cova è stato proposto per la Medaglia d’Oro al
Valor Militare sul campo. La sua morte gloriosa ha particolarmente
commosso tutti per la benevolenza di cui era circondato, per le sue
preclari virtù e per l’ottimo suo comportamento in servizio. A voi, ai
teneri vostri figli, rivolgiamo il nostro pensiero e l’espressione
sincera e commossa del mio cordoglio e quello di tutto il Reggimento. La
salma, composta dalla cura e dalla pietà dei compagni e dalla mia
assistenza, riposa nel Cimitero della Casa Cantoniera di Bardia, tra gli
eroi caduti sullo stesso fronte. |
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*MOTIVAZIONE
DELLA MEDAGLIA D’ORO AL V.M. ALLA MEMORIA
Comandante
di un plotone bersaglieri motociclisti, durante aspro combattimento,
incitava i suoi dipendenti - con spirito sereno, calma e sprezzo del
pericolo - ad opporre la più strenua resistenza all'avversario, che con
crescente violenza di fuoco reiterava i suoi attacchi. Nell’impari lotta
seguitane, conscio della gravità della situazione, accorreva,
instancabile animatore dei suoi uomini, ove la pressione nemica, sempre
più intensa, mirava a travolgere i difensori. Accortosi che l'avversario
sostenuto da carri armati, era riuscito ad annientare la resistenza del
suo reparto, già decimato da gravissime perdite, ed infieriva sui
feriti, si lanciava con eroico slancio e spirito di sacrificio, al
contrattacco coi pochi superstiti. Nel corpo a corpo seguitone,
sopraffatto dal numero e dai mezzi, cadeva fulminato, stringendo nella
destra una bomba che stava per lanciare. Fedele al proponimento
manifestato ai suoi bersaglieri, di non arretrare di un passo, anche di
fronte al più irruente attacco nemico, chiudeva nobilmente la vita
dedita al culto del dovere e della Patria. - Quota 186 Ridotta Capuzzo
(Africa settentrionale), 15 maggio 1941 XIX. |
** Il recupero della colonna di Q.186 (vedi
sopra) – dal libro” El Alamein” di Paolo Caccia Dominioni ed.
Longanesi 1966:
Sillavengo (Dominioni) e Chiodini recuperarono dai campi di battaglia
quanto poteva essere sollevato, caricato sulle jeep, trasportato a Quota
33 e utilizzato per il museo o all'esterno delle opere.…Nella zona di
Passo Halfaya, a 15 chilometri dalla frontiera libica, restavano
tre ricordi guerrieri italiani: la cappella del 2° artiglieria celere
Emanuele Filiberto di Savoia, con un medaglione di Santa Barbara in
pietra del posto, il cippo del 61° mitraglieri con l'immagine della
Vergine e la scritta Ave Maria e una poderosa colonna di travertino in
tre pezzi, proprio sulla linea di confine. Sopra quest'ultima (portata
colà poco prima della guerra, con programmi monumentali) era stata
invece scolpita la scritta
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Lo stesso Colonnello
Montemurro così scriveva all’ Avv. Pietro Cova ( fratello di Giacinto )
Conoscevo ed apprezzavo Cova fin da quando era alle mie dipendenze
nel 6°Bersaglieri, portandolo come esempio a tutti per l’attaccamento al
dovere, per l’entusiasmo e la fede profondamente sentiti. Caro Cova!
Ritrovarmelo qui nell’8° è stata per me una grande gioia ed anche in
questo Reggimento ho potuto constatare con grande soddisfazione che le
sue belle doti erano rimaste inalterate e che Giacinto emergeva in primo
piano fra tutti i colleghi. Buono, generoso, attivissimo, splendido
animatore dei suoi dipendenti, fierissimo di portare l’adorato piumetto,
era sempre primo fra i primi. La sua scomparsa è stata per me uno dei
più grandi dolori perché vostro fratello era il mio prediletto ed avrei
voluto tenerlo sempre vicino a me se non fosse stato assolutamente
indispensabile mantenerlo nei reparti motociclistici dove, per la sua
competenza, abilità e slancio, era una delle colonne più valide. Caro
figliolo! L’ho veduto più volte sempre sereno, tranquillo, entusiasta in
qualsiasi circostanza, sempre col suo simpatico sorriso e lo sguardo
dolce nel bel volto sereno che conservava l’impronta della bontà e della
maschia risolutezza di fiero romagnolo e gagliardo bersagliere! Così
l’ho riveduto, quando fu raccolto dopo il combattimento dalle pietose
mani dei compagni, e con strazio indicibile ho dovuto seppellirlo.
I particolari della sua morte si conobbero subito dopo la battaglia e lo
splendido episodio, di bocca in bocca, fu ripetuto subito tra i compagni
e i reparti; la fama della fine dell’eroe volò rapida e fulminea, nuova
leggenda epica destinata a restare nella storia. Ora siamo nuovamente
qui, nello stesso posto dove avvenne la feroce battaglia, a difendere lo
stesso aspro e arido terreno. Rivedo le postazioni e ricordo la luminosa
giornata. Un caposaldo col mio comando al centro. La Compagnia di Cova
ne occupava alcuni centri di fuoco…. Rustichelli, che nel combattimento
si trovava a poca distanza da vostro fratello, descrive l’eroico
episodio in una lettera indirizzata al Comando del 6°Bersaglieri. Una
valanga inferocita, incurante del nostro fuoco implacabile avanza
compatta, protetta da carri armati. Un suo pezzo anticarro da 37 ad un
certo momento tace. Vostro fratello d’un balzo esce dalla sua postazione
e salta in quella dell’arma, immobilizzata da un colpo perforante, sulla
quale si è già diretto un carro un carro inglese. Dietro di questi, i
fanti nemici irritati dalle perdite subìte, pronti all’eccidio. Un
rapido lancio di bombe, un breve violentissimo corpo a corpo in cui
baionette, pugnali e pistole mitragliatrici inglesi gareggiavano nel
sanguinoso compito, poi più nulla. Soltanto un breve ripiegamento del
nemico in quel punto, ove già le nostre armi intervenivano rabbiose, ci
disse la muta eroica tragedia.
Ecco come è caduto il Tenente Cova!
Mantenendo fede al supremo proponimento, sempre espresso ai suoi
dipendenti di non cedere d’un passo di fronte al più irruento attacco
nemico, chiudeva nobilmente la sua vita dedita, attraverso lunghi anni
di attività militare, al culto del dovere e della Patria consacrando col
suo sublime olocausto le virtù dei soldati d’Italia.
Rinnovo a voi, alla giovane sposa, ai teneri figli e alla famiglia tutta
i sensi del mio profondo cordoglio. Un affettuoso abbraccio.
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Cap. Magg.
Ettorino Borghi di Soliera (MO)
Cap. Magg. Angelo Da Soller di Cison Valmarino
Cap. Magg. Antonio Diamante di Cologna Veneta
Bers. Guido Fiammozzini di Mattarello (VR)
Bers. Luigi Fortini di Cento (FE)
Bers. Ferdinando Frison di Cerea (VR)
Bers. Paolo Gallina di Barbarigo (BS)
Cap. Magg. Ernesto Iamoletti di Treviglio (BG)
Bers. Mario Pate di S. Genesio (BZ)
Cap. Magg. Luigi Sacchi di Velezzo (PV)
Bers. Faustino Savoldi di Chiari (BS)
Bers. Arcide Scacchetti di Concordia (MO)
Bers. Riccardo Scartozzoni di Colognola (VR)
Bers. Salvatore Vazzano di Calascibetta (EN)
Bers. Aiello Zanasi di Minerbio (B0)
Cap. Magg. Antonio Zaniboni di Castel S.Pietro (B0)
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Seguivano i nomi dei 19 caduti con
gli ufficiali Giacinto Cova, medaglia d'oro al V.M., D’Auf e Rini. Era
sembrato logico non toccar nulla, e onorare i cimeli nella loro sede; ma
erano cominciate, ovunque, le distruzioni delle tracce italiane, e si
ritenne che Quota 33, almeno per un po' d'anni, sarebbe stata zona meno
indifesa. Sillavengo e Chiodini andarono sul posto con un autocarro e
gli attrezzi atti alla rimozione. Già troppo tardi per la cappella,
ridotta a un cumulo di macerie, tra le quali a fatica furono ricuperati
i frammenti del medaglione, una ventina. L'immagine della Vergine era
scomparsa, qualche mina aveva intaccato, senza troppo danno, il cippo e
la colonna. Si ricuperò quanto si poteva. L'operazione non andò liscia
per la colonna. Appena vi si pose mano, giunse da Ridotta Capuzzo un
vecchio e incolto capitano libico, che mise il veto, asserendo che
l'opera era in territorio, cirenaico. Cominciò la discussione, e intanto
arrivò dall'opposta direzione un giovane e dinamico capitano egiziano,
che contestò l'affermazione del collega e fece tendere un lungo spago
secondo l'allineamento segnato dai contigui segnali confinari. La
colonna. per un metro e mezzo, riposava sul suolo egiziano, e poteva
andarsene ad Alamein. Il libico spari bruscamente. Gli altri furono
molto soddisfatti, il vincitore egiziano, i due italiani che per venti
minuti avevano temuto di rinunciare, e soprattutto il camionista, quando
vide che il suo sgangherato veicolo, capace, in gioventù, di trasportare
otto tonnellate e quel giorno carico di dieci; riusciva a muoversi, non
si appiattiva strisciando il ventre e le balestre sopra l'infame
terreno. I 435 chilometri del percorso fino a Quota 33 furono superati
lentamente: numerosi allagamenti, creati da quel piovosissimo novembre,
minacciarono di affogare veicolo e carico. Per l'intera operazione erano
previsti quattro giorni: ce ne vollero undici.
Giacinto
Cova veniva sepolto dai suoi commilitoni il 15 maggio nel cimitero di
Bardia dove rimaneva sino al 1952 quando fu esumato alla presenza di
Paolo Caccia Dominioni; dal 1955, Giacinto Cova riposa nella cripta
della chiesa dei Caduti (foto a dx), a Faenza. |
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UN ALTRO FORTUNOSO RECUPERO: LA LAPIDE Quando dal campo di battaglia si recuperarono i morti
Cova stringeva ancora in mano le bombe. Giacinto Cova fu sepolto nel
cimitero presso la cantonale di Bardia dove rimase fino al 1952. Ad un
anno dalla sua morte, nel Circolo "Giuseppe Toniolo" della Parrocchia di
S. Ippolito venne inaugurata una struttura lapidea stilizzata con
elementi di grande impatto simbolico, realizzata dall'artista faentino
Riccardo Pretolani con originale abbinamento fra un busto in terracotta
patinata a imitazione del bronzo (soluzione resa necessaria
dall'economia del tempo di guerra) e marmi colorati (Fiamme). Dopo poco
più di due anni, fra i bombardamenti del 1944 ed il vandalismo dei
soldati alleati acquartierati presso S. Ippolito nel 1945, la lapide
riportò gravi danni e venne in seguito impiegata nel parziale
interramento della cripta di S. Ippolito, ove rimase sepolta fino a
scavi recenti. Il busto originale in terracotta, pure infranto, permise
allo stesso Pretolani di ricavare una riproduzione in bronzo. Anch'essa
ha avuto una storia travagliata, passando dalla conservazione a S.
Ippolito da parte del parroco Don Belli, ad un rigattiere dopo la sua
morte. Recuperata fortunosamente da Mannes Cova è oggi conservata presso
l'UNUCI di Faenza. In occasione del centenario della nascita (6 ottobre
1909) la famiglia Cova, con il supporto dell'avv. Matteo Olivieri che ha
coordinato le operazioni, ha deciso di procedere alla difficoltosa
ricomposizione del monumento in vista di una seconda e più fortunata
collocazione nella sede dell'Azione Cattolica di Faenza che è stata
lieta di ospitarlo.
Il restauro è stato effettuato dal
maestro faentino Valerio Contoli, che ha curato la reintegrazione delle
parti lapidee recuperate dagli scavi di S. Ippolito e la realizzazione
di un calco in terracotta del busto dal modello in bronzo conservato
all'UNUCI. |
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