LA SECONDA GUERRA MONDIALE

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BOLOGNA - 21 aprile 1945

 L’alba lunga della liberazione

Mappe dell’avvicinamento 25/8/44 http://www.lib.utexas.edu/maps/historical/n_apennines_gothic_1944.jpg 
ottobre 1944 http://www.lib.utexas.edu/maps/historical/n_apennines_livergnano_1944.jpg 
operazioni febbraio 45 sponda sinistra Reno http://www.lib.utexas.edu/maps/historical/n_apennines_encore_1945.jpg 
l’
assalto finale http://www.lib.utexas.edu/maps/historical/po_valley_spring_1945.jpg 

Alexander ispeziona reparti della Legnano

"Ora siamo all'ultimo salto. Rapidamente e segretamente abbiamo mosso un esercito di immensa forza e di dirompente potenza per infrangere la Linea Gotica La vittoria nelle prossime battaglie significherà il principio della fine per gli eserciti tedeschi in Italia."
Questa campagna è una brutta gatta da pelare. Siamo nel paese più difficile d’Europa e tuttavia ci sottraggono sempre truppe ed equipaggiamenti destinati a qualche altro posto. Abbiamo sempre combattuto con un margine di forze relativamente molto strettoLa battaglia di Rimini fu una delle più dure battaglie dell’8ª Armata. I combattimenti furono paragonabili a quelli di El Alamein, di Mareth e della Linea Gustav (Cassino). (O.Leese)

  I giorni dell’8 settembre (43) erano passati in fretta. La città non era fra quelle che avevano subito molti bombardamenti nonostante fosse uno snodo ferroviario di non poca importanza fra nord e sud. La proteggeva, fino a Luglio ’43, il fatto che fosse molto al Nord per il raggio d’azione dei Bombardieri alleati dall'Africa settentrionale o troppo a sud per quelli dall'Inghilterra. Sacro CuoreIl 16 Luglio a sbarco siciliano effettuato, i bombardieri si erano però spinti fino lì e il 25 settembre ritornarono in forze con l’intento di bloccare afflussi ulteriori di divisioni tedesche dal nord verso il sud per ferrovia. Tra le 11 e le 12  del 16 luglio 1943 Bologna subisce infatti l’incursione aerea più disastrosa di tutta la guerra: 120 aerei sganciano in centro e in periferia sui raccordi un enorme carico di bombe. Si accertano 936 morti e più di mille feriti. Oltre 500 sono gli edifici distrutti, tra cui i teatri Verdi e Apollo, il cinema Italia. Tra i monumenti colpiti le chiese del Sacro Cuore, San Martino e San Francesco. Centinaia di persone trovano la morte in un rifugio di fortuna ricavato nel tunnel di un canale. I giorni difficili continuano con la feroce occupazione, i massacri sulle colline e con tentativi di rivolta spenti nel sangue. La notte del 9 agosto 1944 12 partigiani (travestiti da tedeschi e repubblichini), fingono la cattura di alcuni ribelli e si presentano al portone del carcere di San Giovanni in Monte. Vengono liberati con la forza più di 400 detenuti, politici in parte, ma anche comuni che vengono fatti evadere per creare maggior confusione. Un mese dopo, a seguito di una spiata, è l’intero gruppo dirigente di “Giustizia e Libertà” a cadere sotto il piombo degli occupanti. A fine settembre '44 i rastrellamenti in montagna (nelle retrovie della linea Gotica) danno il la ai fatti di Marzabotto. Il 12 ottobre è la volta degli stabilimenti elettro-ottico-meccanici Ducati di Borgo Panigale ad essere bersaglio dei bombardieri che ormai partono dal sud da Foggia. Il 20 battaglia all’Università: studenti fucilati sul posto. Quello che secondo le stime doveva essere il giorno della insurrezione (7/11) si apre a Porta Lame con una vera e propria battaglia tra le rovine dell’Ospedale Maggiore. S. FrancescoE’ questo uno dei tanti equivoci sorti dopo i messaggi diffusi dagli alleati, impossibilitati ora a portare a termine, in Italia, il conflitto prima dell'inverno, stagione che risulterà la più rigida che si sia mai vista negli ultimi anni (gli alleati sono fermi a meno di 30 Km sulle prime colline, 15 minuti scarsi di treno della direttissima Bologna Firenze). La reazione tedesca non si fa attendere. I partigiani in forze debbono recedere e nascondere i feriti in una improvvisata infermeria che verrà scoperta un mese dopo. Il 9 dicembre ne vengono fucilati 13. Anche il carcere di S. Giovanni in Monte viene ora svuotato da loro fucilando i detenuti a Sabbiuno: oltre 100. Quattro mesi dopo il copione si ripete a S. Ruffillo, parco ferroviario: solo 73 corpi verranno riconosciuti dai familiari. Gli alleati hanno investito molto sul fronte delle Ardenne per giungere a Berlino e depotenziato quello Italiano che non porta da nessuna parte.

 

  L’inverno

I principali fiumi della zona collinare da Ovest verso Est interessati al conflitto
Panaro (115 km) nasce dalla confluenza di due torrenti Scoltenna e Leo al confine di Provincia fra Modena e Bologna e sfocia nel Po (ultimo di destra).
Samoggia nasce a Montetortore si getta in sx Reno
Reno nasce in Toscana sfocia in Adriatico (Spina) dopo aver lambito Bologna
Setta nasce al M. Scoperta sfocia in dx Reno a Sasso Marconi
Savena nasce a Firenzuola sfocia nell’Idice
Idice nasce alla Raticosa sfocia in dx Reno
Sillaro nasce alla Mantesca e sfocia in Idice
Santerno, nasce dalla Futa bagna Imola sfocia in dx Reno
Senio nasce al M. Carzolano sfocia in dx Reno

Il Gruppo Legnano raggiunse il fronte il 19 marzo 1945 alle dipendenze della V Armata Americana, schierandosi nel settore Idice fra la 10a Divisione Indiana, a destra, e la 91a Divisione americana a sinistra. Gli alpini del " Piemonte " e dell' " Aquila " ed i bersaglieri del " Goito ", che costituivano il reggimento speciale Legnano, presero posizione fra le valli Zena e Idice, unitamente ai fanti del 68°, schierati a M. Tano e Monte Castelvecchio. Fu subito un succedersi continuo di scontri di pattuglie e colpi di mano per saggiare, con azioni preliminari, la consistenza del dispositivo tedesco. Di fronte era schierata la 305a divisione granatieri tedesca in piena efficienza e molto attiva

Immagini da http://www.ibc.regione.emilia-romagna.it/mostre_virt/Sotto_bo.htm  sotto le bombe

9 novembre 1944. Al termine dell'offensiva, il Gen. Alexander, comandante del fronte Sud, comunicava l'entità delle perdite inflitte ai tedeschi dall'11/5: 34.000 morti, 56.000 prigionieri, 104.000 feriti; 340 carri armati, 360 cannoni d'assalto, 500 cannoni anticarro e 700 pezzi di artiglieria distrutti o catturati. Le perdite alleate assommavano a 15.716 uomini.

 

Lentamente i tedeschi si ritirarono, raggiungendo la mattina del 9 ottobre 1944 linee di difesa più forti che correvano da est a ovest fra le vallate dei fiumi Savena e Setta più interessate alla difesa della città : tali difese avrebbero resistito agli attacchi americani fino alla sospensione invernale, per essere poi conquistate dagli alleati solo alla ripresa delle ostilità nell’aprile del 1945. Ora il fronte vedeva i tedeschi occupare contrafforti dai fianchi estesamente dirupati (calanchi) su di una linea che trasversalmente tagliava le valli del Panaro, Reno, Setta, Savena, Zena e Idice: lo schieramento tedesco vedeva in Monte Sole, Monterumici, Livergnano e Monte delle Formiche quattro formidabili ostacoli alla marcia degli Alleati. E questi capisaldi resistettero anche a marzo ‘45 dopo la conquista del Monte Belvedere (Dal 19 febbraio al 5 marzo 1945 scatta l'Operazione Encore: la 10th Division da montagna americana, appoggiata dalla 1st armoured division e dalla BEF (Brasilian Expeditionary Force) attaccano attraverso i monti della Riva e conquistano i capisaldi intorno a Vergato, monte Belvedere, Torraccia e Spè (o Madonnina). Gli Alleati erano disposti come la punta di una grande freccia rivolta verso la pianura tenendo la maggioranza delle forze corazzate (inutilizzabili a massa in quello scenario) sulla SP 65 che loro chiamavano Highway come la SS64.

Questi gli schieramenti di prima linea a fine febbraio '45, escluso unità minori o in riposo, che si fronteggiavano su una linea virtuale passante da - Montese (Panaro), Vergato (Reno), Grizzana (Reno) Monte Sole, Monterumici (Setta), Monte Adone (Savena), Monte Belmonte, Val Zena, Monte Grande, Valle Santerno (Imola esclusa), Castel del Rio, Casola Valsenio (Monte Battaglia).
 

V armata Americana

Lo schieramento alleato del XV Gruppo d'Armate al comando del gen. Clark in aprile era composto da 20 divisioni e 10 brigate così disposte sulla linea: il settore occidentale tirrenico era stato affidato ai neri della 92ª divisione di fanteria "Buffalo" (sotto il diretto controllo del comando della 5ª Armata); tra la valle del Serchio (Lucca) e la statale 64 furono disposte la 1ª divisione brasiliana, la 10ª divisione da montagna USA e la 1ª divisione corazzata USA (tutte unità del IV Corpo d'Armata del gen. Crittenberger). Al centro dello scacchiere trovarono posto la 6ª divisione corazzata sudafricana, la 88ª, 91ª, 34ª, e 85ª (Custer) divisione di fanteria USA (del II Corpo d'Armata del gen. Keyes).

Questi gli organici in campo alleato http://www.gothicline.org/offensiva/schieramento1.htm e 2

VIII armata inglese

Nel settore orientale difeso dalle unità dell'8ª Armata del gen. McCreery si trovavano: al centro, in corrispondenza del fiume Santerno, la 1ª divisione di fanteria britannica, la 6ª divisione corazzata britannica, la 8ª divisione indiana e la 1ª divisione corazzata canadese (tutte unità del XIII Corpo d'Armata del gen. Kirkman che qualcuno a volte indica sotto il settore Usa). In prossimità di Imola furono disposte le unità del X Corpo d'Armata britannico del gen. Hawksworth; sulla direttrice della Via Emilia la 3ª e la 5ª divisione del II Corpo d'Armata polacco del gen. Anders. Infine nel settore di Ravenna furono disposte la 2ª divisione di fanteria neozelandese, la 78ª divisione di fanteria britannica, la 56ª divisione di fanteria britannica (unità del V Corpo d'Armata del gen. Keightley), insieme con i Gruppi di combattimento italiani "Legnano", "Cremona", "Friuli" e "Folgore" e alcune brigate britanniche, indiane, polacche, greche e una composta da ebrei lungo quella che venne chiamata Linea del Senio completatasi però a dicembre con la liberazione di Ravenna (4/12) e Bagnacavallo (21/12). Operavano in questa zona anche i partigiani di Boldrini.

Ad ottobre '44 in linea nel vertice della punta la 88.a e la 85.a divisione trincerate in prossimità di Monte Castellazzo, al loro fianco sinistro la 34.a sopra Pianoro, più indietro la 91.a di fronte a Monterumici. Li fronteggiavano dai Brasiliani in poi verso est i tedeschi della 94°, la 16 SS pz, la 4°, la 65°, 362a, 98° e 334°. Il 9 novembre, al termine di operazioni localmente limitate, le truppe britanniche occupavano anche Forlì.  http://members.aol.com/Custermen85/Units/BritishOrg.htm

Bob Dole

  "All'ippodromo ci sono le corse domani"

Sottotenente dell’87° battaglione della “10a Div. da Montagna” era un certo Bob Dole che diventerà poi famoso come leader dei repubblicani. Bob Dole, dalla cui divisione dipendeva la Brigata partigiana Matteotti, fu gravemente ferito a Castel D’Aiano il 14 aprile 1945 quando il radiofonista del suo plotone fu colpito. Fu allora che il S.Ten. Dole uscì dalla trincea per aiutarlo, ma venne colpito al braccio destro dal tiro di una mitragliatrice tedesca. Rimase molte ore sul terreno prima di poter essere trasferito in un ospedale da campo americano. I medici non pensavano che sarebbe sopravvissuto.  Dopo tre anni di cure e dopo 9 operazioni Bob Dole guarì, anche se perse l’uso della mano destra. Ricevette due decorazioni per le ferite riportate e per il tentativo di portar soccorso al radiofonista. http://www.bobdole.org/ww2album/index.html  Così scriveva alla madre pochi giorni prima dell'azione.
Dear Mom, Dad:
What a life. I can hardly believe that I'm living in such a wonderful place. My rest is about over, but I've really enjoyed myself so far. I'm going on a tour this afternoon also one tomorrow morning. I should see about everything when I've finished.
The radio is playing it reminds me of the times that I've been home paying Norma Jean's records. So far I haven't heard any records by Frank Sinatra. I guess he isn't too popular over here.
The war news really sound good. I guess Russia plans on helping us with Japan. Keep your eyes on the news for big things to happen. Had a fine breakfast this morning, scrambled eggs, bacon, tomato juice, toast and coffee. I sure miss my quart of milk per day. Tell Aunt Mildred to be sure to save some for Kenny and I when we get home.

Robert Joseph Dole (born July 22, 1923) is a retired U. S Senator (Kansas) He was the Republican candidate in the 1996 U.S. Presidential election and the Republican vice presidential candidate in the 1976 Presidential election.

One week after this letter was written, Dole was severely wounded while leading a charge against a heavily fortified German position in the hills around the northern Italian village of Castel d'Aiano, not far from Bologna. For the next three years he was in and out of hospitals, unable to dress or feed himself, his weight reduced at one point from 194 to 122 pounds. With the help of a pioneering Chicago surgeon named Hampar Kalikian and the people of Russell, who raised $1,800 to defray his medical expenses, Dole rebuilt his life as "Dr. K" rebuilt his shattered shoulder. Putting aside his own youthful dreams of becoming a doctor, by the fall of 1950 Dole had embarked on a new career path -- campaigning for a seat in the Kansas legislature.

 

Era il segnale che sarebbe stato trasmesso dalla BBC per i partigiani per il giorno del “insurrezione”. Il 10 aprile ebbe inizio l'attacco italiano contro le posizioni nemiche, da parte di due compagnie del IX Reparto d'assalto che puntarono, rispettivamente, sulla località di Parrocchia di Vignale e sulla limitrofa quota 459. Seguirono, nei giorni successivi, in concorso con l'offensiva finale angloamericana, la conquista di importanti quote ad opera degli alpini del btg. " Piemonte " nonché l'occupazione di Cà del Fiume, San Chierico e del costone dei Roccioni di Pizzano. All'azione parteciparono in stretto contatto bersaglieri, alpini, fanti validamente appoggiati da artiglieria. Alle ore 9 del mattino del 14 aprile 1945 ben 2.052 bombardieri pesanti decollati da territori liberi gettarono i loro carichi di tritolo sulle retrovie tedesche sconvolgendole completamente ed impedendo rapidi collegamenti e spostamenti di truppe. I caccia fecero il resto su tutto quanto si muoveva a terra. L’artiglieria intanto spianava la strada alla X da montagna Usa a Castel D’Aiano, individuato come primo obiettivo sulla strada che doveva condurre alla pianura padana ad ovest di Bologna. Nella notte del 15 aprile , solo nel settore del II corpo vengono sparati 80.000 colpi. Nelle retrovie tutto quello che ruota è in movimento. Bob Dole

Affluiscono viveri, munizioni e benzina nelle Pipelines (Extremely bad weather and round-the-clock traffic took a heavy toll on the Italian road net requiring continuous attention by engineer troops. To overcome in part these obstacles, the 5th Army built a new oil pipeline from scratch, connecting directly the port of Leghorn to the Raticosa Pass in the Tuscan Apennines. This was completed by the end of November 1944).

L’avanzata continua su Tolè, Monte Croce e Monte Mosca (16) mentre i Brasiliani scendono da Montese e dalle alture di Vergato. La sera del 17 aprile l’81° cavalleria era attestato alcuni chilometri oltre Vergato, mentre il 6o battaglione corazzato passando lungo le falde del Monte Mosca occupava Monte d’Avigo. Il pomeriggio del 15 aprile 765 bombardieri pesanti attaccarono sia lungo la Futa che lungo la valle del Reno, altri 120 in gruppi di quattro o di otto le difese di Monte Sole, mentre altri colpivano installazioni e truppe nelle vicinanze di Sasso Marconi. Alle 22.30 del 15 aprile anche le truppe sudafricane si rimisero in movimento, con zaino leggero e razioni per un giorno. Aggirando numerosi campi minati, poco oltre la mezzanotte la cima di Monte Sole era conquistata. Il mattino successivo, pur perdendo diversi carri a causa delle mine, i progressi furono consistenti verso Monte Abelle, che venne preso nel tardo pomeriggio del 16. Monte Caprara fu vinto con un assalto all’arma bianca alle 6,15 del 16 aprile. Il 18 le pattuglie mandate in ricognizione non incontrarono resistenza di sorta, potendo anzi contattare gli americani, che avanzavano lungo la valle del Reno, a Sperticano. Più a Est le cose non andava bene. Erano i capisaldi delle valli del Reno, del Setta, del Savena, dello Zena e dell’Idice. Qui i tedeschi schieravano la I.a divisione paracadutisti, la 305.a e la 65.a di fanteria, 8.a divisione da montagna, queste due ultime disposte fra il Reno ed il Savena, e parte della 94.a. Il dispositivo bellico alleato vedeva la 88.a di fronte a Monterumici, la 91.a dalla strada della Futa in direzione di Monte Adone e la 34.a posizionata pronta ad attaccare Savizzano e Gorgognano oltre Monte Belmonte, fiancheggiata a destra dal Gruppo di Combattimento Legnano. La sera del 16, dopo l’ennesimo bombardamento, gli alleati si mossero verso i vecchi capisaldi che trovarono del tutto intatti in capo al personale. I tedeschi si erano allontanati ed erano poi rientrati sulle posizioni. Il giorno seguente finalmente gli attacchi della 88.a contro Monterumici iniziarono a sgretolare le difese tedesche, che però continuavano a dare segni di scarso cedimento nelle zone sottoposte al pur vigoroso assalto della 91.a e 34.a divisione. Alle ore 9.30 del 18 aprile la 10.a divisione da montagna e la 85.a Usa rinnovarono il loro attacco: quest’ultima non incontrò praticamente resistenza avanzando fino a Pian di Venola, mentre i soldati della 10.a furono fermati prima di Mongiorgio. Un attacco portato dalla 85.a verso Monte San Michele, sovrastante Mongiorgio, provocò il collasso della difesa tedesca: la ritirata divenne una rotta e non appena questa fu palese, gli Alleati gettarono alla rincorsa del nemico in fuga tutti i mezzi corazzati che furono in grado di riunire (dai singoli reparti di fanteria a battaglioni) fermandosi solo per essere raggiunti dai rifornimenti. La vetta di Monte San Pietro venne occupata senza incontrare resistenza. La corsa degli Alleati proseguì fino a trovare un’ultima disperata difesa, con un combattimento casa per casa, a Pradalbino la mattina del 20 aprile, quando i sudafricani erano già a Sasso Marconi, Casalecchio. A ovest la strada per Modena (Via Emilia) veniva tagliata a metà pomeriggio del 20. La strada per Bologna era sgombra o almeno si pensava.

    Gli Italiani

Il Comando “Legnano” emanò allora il seguente ordine: Artiglieria, con interventi a massa, dietro richiesta di reggimento Speciale su q.223- C. Piastra - Poggio Scanno, appoggi vigorosamente questa azione alt. Goito scavalchi Piemonte appena questo abbia raggiunto proprio obiettivo, puntando su Poggio Scanno et q.341 alt. Nono reparto d’assalto sostituisca al più presto ala destra 34° divisione entro nuovi limiti del Gruppo di combattimento et immediatamente punti su q.299 C. Schinone C.Cretola C.del Molino, utilizzando propri progressi per agevolare con tiri di fianco il raggiungimento degli obiettivi del Goito alt. Azione predetti tre battaglioni coordinata da comandante settore reggimento Speciale alt. Artiglieria effettui movimento quarto gruppo et predisponga movimento secondo et poi terzo come da accordi verbali alt. Genio sposti tutta propria attenzione et attività su fascio rotabili di Valle Zena et ad ovest di Valle Zena alt. 68° fanteria affido compito protezione, quanto più possibile attiva, del fianco destro alt.

 

Al Gruppo “Legnano” il compito di appoggiare col fuoco l’attacco della 34a divisione di fanteria americana e mantenere il contatto con il XIII Corpo d’armata e, su ordine, muovere alla conquista di q. 363, sul costone tra Idice e Zena. Il 19 aprile il battaglione Bersaglieri “Goito” che era già in movimento, dalle retrovie ebbe l’ordine di svellere la quota dal sistema difensivo tedesco. Non ci fu tempo di preavviso e parti intanto una compagnia del Piemonte, la prima disponibile. Anche il II/68° riuscì, avanzando a piccoli gruppi, ad occupare le posizioni di Pizzano. In Val d’Idice l’Aquila avanzava senza incertezze nonostante le perdite. Alla estrema destra, il I/68° aggirava con le sue pattuglie le pendici occidentali della q. 459, fino quasi a Casella, accertando che il dispositivo germanico era ancora in piena efficienza. Il IX reparto d’assalto, con lunga e faticosa marcia, raggiungeva le vicinanze del Castello di Zena, per sostituire l’ala destra della 34a divisione. Il battaglione Bersaglieri “Goito” intanto serrava sotto, preparandosi a scavalcare il “Piemonte”. L’ordine mantenere il contatto col nemico e tallonarlo. Se non si faceva questo i tedeschi potevano sganciarsi e fermarsi su più forti posizioni, forse !.
La mattina del 20 il battaglione “Goito”, scavalcato il ‘Piemonte” sulla q. 363, muove all’attacco di Poggio Scanno ed il plotone arditi che lo precede per “pulire” la strada raggiunge l’obiettivo e lo conquista, ma nidi di mitragliatrici nascoste seminano la morte fra il reparto. Gli altri reparti del Gruppo, divisi in diverse colonne per superare più facilmente gli ostacoli opposti dal terreno, respingono ed aggirano gli elementi ritardatari nemici. Il numero dei prigionieri e l’entità del bottino di guerra aumenta continuamente e tutte le colonne procedono cercando di raggiungere ad ogni costo il nemico . Il IX e il Goito si ritrovano a Botteghino di Zocca. Il battaglione “L’Aquila” raggiunge, lungo la valle dell’Idice, Fornace del Gobbo, catturando prigionieri, armi e materiali; scavalca poi le alture tra le due valli, passa in valle Zena per sostenere il IX ed il “Goito. Il battaglione “Piemonte”, autotrasportato, raggiunge S. Benedetto di Querceto. Anche il 68° reggimento attacca, avanzando a q. 459, superando vasti campi minati e proteggendo la destra del Corpo d armata. Alla sera giungono le congratulazioni del Generale Keyes per la conquista di q. 363, monte Armato e Poggio Scanno; nonché gli ordini per il giorno 21, nel quale di Gruppo “Legnano” deve conquistare monte Calvo, tenere il contatto con la 34° divisione e col X Corpo d’Armata, tagliare la strada ad oriente di Bologna, attaccare da est le difese della città e presidiarla nella parte corrispondente al suo settore d’azione. Per avanzare più rapidamente, i reparti vengono autorizzati a portare soltanto armi e munizioni. Le truppe marciano e combattono senza posa da 48 ore e sono esauste; ma la certezza della vittoria mette le ali ai piedi dei soldati. I Bersaglieri del “Goito” e gli arditi del IX reparto muovono all’alba, raggiungendo monte Calvo alle ore 7, superano il Savena senza incontrare resistenza ed alle ore 9,30 entrano, finalmente, a Bologna, dove la popolazione li accoglie con commoventi manifestazioni di giubilo e di riconoscenza. Gruppi partigiani hanno intanto già preso possesso dei principali edifici pubblici (Prefettura, Questura, Comune, Carcere, Caserme) e controllano le strade del centro.

     

34 Div.

10 div

 

92 div.

91 div.

85 div. Custer Division

1a corazzata

Così ricordava la Liberazione Giuseppe Dozza, primo sindaco di Bologna.

 

(Dopo i polacchi, che appartenevano all’8a Armata britannica, arrivarono reparti esploranti delle divisioni Usa  91a e 34a, e gruppi di combattenti partigiani).  

“Quando alle 6,30 circa del 21 aprile le prime truppe alleate arrivarono a Bologna la città era tranquilla e non conteneva più nelle sue mura un occupante libero o vivente. Come sindaco designato dal Comitato di Liberazione Alta Italia (ma ben pochi lo sapevano) credetti opportuno andare solo ad incontrarli. Si trattava di un battaglione di polacchi che avanzava lentamente, le armi imbracciate pronte a far fuoco. In testa due ufficiali, le braccia ricolme di fiori raccolti dove era capitato e offerti dai cittadini. Ma sembravano poco rassicurati da tale tranquillità. Temevano imboscate. In Piazza Maggiore infatti si  impressionarono di qualche ombra e fecero una sparatoria infernale che mi costrinse a mettermi al riparo delle colonne... La mia prima missione come sindaco non aveva avuto molta fortuna”. Giuseppe Dozza  

Come era successo a Montecassino, ai polacchi viene chiesto di regolare per primi e per l’ennesima volta i conti col nemico. da Biblioteca ex Sala Borsa Durante un incontro tra il generale Anders e il generale Clark, nuovo comandante delle armate alleate in Italia, si discute della possibilità che siano i soldati polacchi a liberare Bologna. Sul via libera del generale americano influisce la volontà di risarcire un corpo di spedizione che ha pagato duramente la sua partecipazione alla campagna d'Italia e che vede il suo paese in gran parte occupato dall'esercito sovietico. A loro insaputa però i tedeschi di Von Sengen rinunciano ad asserragliarsi a Bologna. Nella notte tra il 20 e il 21 aprile l'esercito tedesco abbandona le linee alla periferia della città e inizia una rapida ritirata verso il Po. Le truppe e gli automezzi tedeschi transitano da porta Mazzini, ma evitano di entrare nel centro storico, minacciato dalle bande partigiane. Assieme ai soldati tedeschi fuggono dalla città molti dei collaboratori fascisti. (la Biblioteca, P.za Nettuno 3, è un servizio del Comune di Bologna)

Quando sfilano i Bersaglieri  del Goito i polacchi sono già in città da tre ore e molti hanno già regolato il conto coi pochi tedeschi trovati. Il II Corpo polacco libera Imola il 14 aprile e, dopo i duri combattimenti sulla linea del torrente Gaiana, entra per primo a Bologna alle 6 del mattino, accolto con entusiasmo dalla popolazione. La bandiera polacca viene issata sul balcone del Palazzo municipale e poi sulla Torre degli Asinelli.

 

DALLA POLONIA ALL'ITALIA -origini del II CdA polacco di G. Campana e R. Orsetti

 

 

Da biblioteca ex sala borsa

La concordia tra i cittadini bolognesi e i polacchi liberatori, che rimangono di stanza in Italia dopo l'occupazione del loro paese da parte dei sovietici, si incrina a seguito di una serie di episodi di intolleranza politica, ma anche di furti e rapine. Il 7 gennaio due militari entrano armati nella gioielleria di Arrigo Veronesi in via Orefici e lo uccidono. I responsabili verranno poi processati dal tribunale militare polacco e uno di essi fucilato (eccessivo come direbbero Bertinotti e Dalema per la frettolosa fucilazione del Duce). Il 1 aprile 1946 una pattuglia entra in un circolo della sinistra e spara ferendo tre persone che non hanno risposto all'ingiunzione di lasciare il locale. 

http://www.ibc.regione.emilia-romagna.it/approf/terre_liberta/dalla_polonia.htm

   ... A scontri in strada tra isolati soldati polacchi e simpatizzanti comunisti che non li vogliono a Bologna, la stampa comunista risponde con attacchi contro tutto il II Corpo e reazioni violente contro singoli soldati polacchi. Si tratta, in sintesi , di uno scontro tra due posizioni inconciliabili, da inquadrare nelle tensioni politiche e sociali del dopoguerra: entrambi i contendenti sono convinti di essere nel giusto. Il Partito comunista, consapevole del ruolo importante avuto nella Resistenza e portatore di idee di rinnovamento totale della società, ma anche perché allineato con Mosca, dove l’utopia sociale a suo avviso si è realizzata, e permeato del “mito” dell’Armata Rossa per il contributo determinante dato alla lotta contro il nazismo, trova inconcepibile l’anticomunismo e l’antisovietismo dei polacchi. I soldati polacchi, dal canto loro, sono in gran parte reduci dai campi di lavoro forzato sovietico e, consapevoli delle intenzioni egemoniche dell’Unione Sovietica nei confronti della Polonia, identificano il comunismo con l’aggressione sovietica del 1939, che aveva portato alla spartizione del loro Paese con la Germania nazista. Per molti polacchi gli italiani, appena liberatisi da una forma di totalitarismo, appaiono intenzionati a sceglierne volontariamente un’altra, a cui una parte dei soldati del II Corpo tenta di opporsi duramente. Sull’attività dei polacchi nel maceratese contro i membri del Partito comunista esiste una lettera ufficiale di protesta della Federazione provinciale di Macerata del Pci, datata 2 luglio 1945, che provoca l’intervento delle autorità alleate.

<<<< Il 6 ottobre 1945 intanto il neo sindaco di Bologna, Giuseppe Dozza, conferisce la cittadinanza onoraria ad Anders”. Dopo tre mesi erano i polacchi erano già in "guerra" coi Bolognesi. http://digilander.libero.it/secondaguerra/italia.html Il flirt con Dozza era durato poco

Gli episodi marchigiani vengono presi a pretesto per chiedere che i polacchi abbandonino l’Italia, perché “il popolo è stanco di sopportarli” (“Bandiera Rossa”, Organo marchigiano del Partito comunista italiano, 8/9/1945). Dopo Jalta e la formazione in Polonia del Governo di unità nazionale, si dipinge Anders come “un reazionario, legato agli interessi antinazionali dei latifondisti polacchi” (“Bandiera Rossa”, 8/12/1945) che inganna e minaccia i suoi soldati per impedirne il ritorno in Polonia. Le gravi sciagure stradali causate da autisti polacchi nei primi mesi del 1946, duramente riprovate anche dai giornali non di partito, provocano sulla stampa comunista un’intensificazione della polemica contro i polacchi del II Corpo. Con il pretesto di respingere l’accusa, si insinua che possa trattarsi di un “piano preordinato a fini provocatori” (“Bandiera Rossa”, 6/7/1946) e che “elementi fascisti italiani”, reazionari operino “per cercare connivenze e collaborazione tra le forze polacche per creare disordini e conflitti”. I 2.000 polacchi di stanza ad Ancona sono accusati di rapine, ubriachezza, traffico di macchine rubate e di penicillina, di speculazioni (“L’Unità”, 16/10/1946), mentre tutti i soldati del II Corpo, definiti “le bande di Anders”, starebbero preparando una guerra contro l’Unione Sovietica. Si tratta, in definitiva, di una violenta campagna di stampa che a elementi di verità unisce false accuse e che oggi appare strumentale.

     

Alla chiamata alle armi della sua classe Biagi, come si dice, saltò il fosso con tanti altri http://www.laltraverita.it/pagina_principale_43.htm 

reclutato da F Corriere dell'Emilia sotto il controllo del PWB Psychological Warfare Branch  sezione informativa delle forze alleate che si occupava di gestire i giornali dopo la Liberazione

  Enzo Biagi: «Quel 21 aprile da partigiano in città»
  Il giornalista di Pianaccio nell'aprile 1945 entra in città con il gruppo di combattimento Legnano nel quale si era arruolato quattordici mesi prima. A 60 anni di distanza ricorda la liberazione di Bologna, il ritorno a casa e le strade del centro: una donna vestita a lutto, una ragazza che, in inglese, gli chiede della cioccolata, il bestiame nascosto nelle case. di Andrea Fontana .....

........ «Per prima cosa sono andato a vedere la mia casa in via dell'Osservanza e quando ho aperto la porta si è affacciata una vacca - racconta Enzo Biagi - I contadini infatti nascondevano il bestiame nelle case per paura dei rastrellamenti tedeschi». Per il giornalista-partigiano il primo ricordo del 21 aprile '45, dell'entrata nella "Bologna liberata", come titolerà la prima pagina di Giustizia e Libertà il giorno successivo, è una scena familiare che dopo sessant'anni riesce ancora a strappargli un sorriso. Quattordici mesi dopo la fuga dall'occupazione in bicicletta all'abetaia della Segavecchia, l'abbandono del Resto del Carlino e l'arruolamento nella Brigata partigiana di Giustizia e Libertà era giunto il momento di fare ritorno in città, finalmente. «Hanno fatto entrare per primi i soldati polacchi – spiega Biagi -, giustamente poveretti, perché erano venuti a combattere e a morire per il nostro Paese. Poi è entrato il gruppo di combattimento Legnano a cui io appartenevo. Gli americani sono arrivati solo dopo». Mentre Bologna scende in strada e sfila in via Ugo Bassi inneggiando alla libertà, il venticinquenne Enzo Biagi, con la divisa militare da sottotenente, prende immediatamente la via di casa per poi scendere in città solo la mattina successiva. «Sono passato davanti al collegio San Luigi e lì c'era un soldato americano. Dal momento che anch'io stavo in divisa ho pensato: Adesso questo mi spara». Ma è arrivando nelle strade del centro che il cronista incontra i due volti opposti della Bologna del 22 aprile. Il primo è il dramma dei lutti, traccia di due anni di lotta partigiana. «In via Rizzoli mi si è avvicinata una donna vestita di nero, si chiamava Aventina ed era di Pianaccio, il mio Paese. "Lo hanno fucilato per rappresaglia” mi diceva piangendo, parlava del marito un partigiano ucciso qualche giorno prima». Il secondo incontro invece gli fa respirare l'aria di novità che inizia a circolare nel capoluogo: «Sotto i portici una ragazza, pensando fossi americano, mi ha chiesto: Have you chocolate? Gli ho risposto in italiano che non ne avevo e lei è rimasta un po' delusa, ma quello era il segno della libertà riconquistata».

Nei giorni immediatamente successivi alla liberazione Enzo Biagi smette i panni del partigiano e riprende in mano penna e taccuino per essere reclutato al Corriere dell'Emilia, la versione postfascista del Resto del Carlino, che dalle mani del Pwb, tornava nelle mani di giornalisti come il direttore Gino Tibalducci, Federico Zardi e, appunto, Enzo Biagi. Quel Corriere dell'Emilia che uscì il 3 maggio (1945) con il primo numero (ndr: non è vero. vedi 1° numero del 22/4 /45 al link a fianco. Sig. Fontana controlli ed eviti di scrivere castronerie) redatto e stampato a Bologna e un titolo a sette colonne: «In Italia la guerra è finita». E' sempre il Fontana che parla

     

http://www.carmillaonline.com/archives/2007/09/002364.html 

La memoria selettiva di Enzo Biagi di Gaspare e Roberto De Caro

Enzo Marco (così firmava all’inizio i suoi articoli Enzo Biagi, cugino di Bruno, potente Ras, deputato fascista, già ferito nel '21 a Palazzo d'Accursio (dove morì l'Avv. Giulio Giordani Ufficiale dei bersaglieri, grande invalido di guerra), padre Fascista dei fasci combattenti, privilegio di scuole fasciste e colonie elioterapiche redattore sul Carlino, giornale fascista di Attilio Monti Riffeser grande "amico" di Muti, Ras fascista) scriveva già a 17 anni sull’"Avvenire d’Italia" (quotidiano pseudo cattolico sopravvissuto ai giornali antifascisti) e su L’Assalto, «organo della federazione dei fasci di combattimento di Bologna», Partecipò anche a "Primato", la rivista di Giuseppe Bottai, il ministro delle leggi razziali, che «ha sempre stimato» e nei confronti del quale ha pubblicamente confessato il proprio «dovere di gratitudine» (Enzo Biagi, Ma che tempi, Rizzoli, Milano 1998, p. 43) … L’Assalto – «giornale della federazione fascista, dove poi ognuno scriveva quello che voleva» (Id., Ero partito da Bologna piangendo, in Bologna incontri, XIII, 5, maggio 1982, p. 6) – si distinse sin dal luglio del ’38 per la violenza della campagna antisemita, condotta settimanalmente sulla pelle degli ebrei bolognesi e non solo. Su Süss l’ebreo (famoso film d'epoca) Biagi scriveva «ricorda certe vecchie efficaci e morali produzioni imperniate sul contrasto tra il buono e il cattivo [..], trascina il pubblico all’entusiasmo », «l’ebreo Süss è posto a indicare una mentalità, un sistema e una morale: va oltre il limite del particolare, per assumere il valore di simbolo, per esprimere le caratteristiche inconfutabili di una totalità. Poiché l’opera è umana (Film) e razionale incontra l’approvazione: e raggiunge lo scopo: molta gente apprende che cosa è l’ebraismo, e ne capisce i moventi della battaglia che lo combatte» (4 ottobre 1941).

"Mussolini è stato un gigante; considero la sua carriera politica un capolavoro. Se non si fosse avventurato nella guerra al fianco di Hitler, sarebbe morto osannato nel suo letto. Il popolo italiano era soddisfatto di essere governato da lui: un consenso sincero. (da Lui, Mussolini di Enzo Biagi)- La società è permissiva nelle cose che non costano nulla. (da Strettamente personale di Enzo Biagi ) il profilo di Biagi segue nel link Corriere dell'Emilia sopra a sinistra

     

 

   

http://www.mtmestas.com/Memorial/index.htm

 

"Per gli uomini del 350° Reggimento della 88ª Divisione Blue Devils, Monte Battaglia significa il luogo più feroce di tutte le battaglie da loro combattute in Italia. Significa pioggia, fango, nebbia e bombardamento costante. Significa sette giorni e sette notti di lotta che si fusero insieme per formare una sola unica, continua battaglia".
La cima del monte Battaglia, ultimo baluardo naturale prima dello sbocco nella valle Padana, nei pressi di Imola, è conquistato dopo duri combattimenti dai partigiani della 36a brigata Bianconcini Garibaldi e “consegnato” (versione partigiana) ai Blue Devils. Nei giorni successivi infuria il tentativo di riconquista del colle da parte dei tedeschi, con notevoli perdite umane da entrambe le parti. Lo scontro di M. Battaglia è ricordato come una delle più sanguinose ed inutili carneficine di tutta la guerra. La valle del Senio e la Valle del Santerno furono teatro di asperrimi scontri tra partigiani, reparti alleati statunitensi e inglesi da una parte e tedeschi dall’altra. Ma i combattimenti più feroci si svolsero a M. Cece, tra le valli del Senio e del Sintria e, soprattutto, a M. Battaglia - nel crinale che separa le vallate del Senio e del Santerno.

 

Blue Devils - Mount Battaglia

By the end of August, the 88th Division could sense it was once again to go into combat. True to their prediction, the Blue Devils attacked towards the Gothic Line on 10 September 1944. It was once again rainy, cold, and miserable at the front. Soldiers on both sides had to trudge around the mountains in deep mud and water. Trying to break through the Gothic Line, the 88th encountered some of the heaviest fighting in the fall of 1944. While studying the Allies to figure out where to launch his main attacks, Field Marshall Albert Kesslering, the German commander, held his reserves in preparation for a surprise counter-attack. That attack occurred 28 September when elements of four German divisions assaulted the 350th Infantry atop Mount Battaglia. For seven bloody days, the Blue Devils threw back every assault and held the critical position. They had won the battle, but not without great cost -- approximately fifty percent of the 350th were killed, wounded, or missing. For its heroic part in the ferocious fighting at Mount Battaglia, the 2d Battalion, 350th Infantry, earned a Distinguished Unit Citation.
While the 350th battled atop Mount Battaglia, the 349th Regiment was busy attacking the village of Belvedere enroute to their destination of Mount Grande. They blasted the Germans out of the village and without stopping, captured Sassaleone and cut the road to Castel del Rio. By 10 October, the 351st had pushed past the 349th, and faced German flamethrowers in a battle at Gesso.
All three regiments were involved in intense fighting, and all three were beginning to lose their drive. The units were losing men faster then they could be replaced, but orders remained unchanged: the 88th Division was to keep going. Brisighella soldati del FriuliThere were no more reserves, but the North Appenines campaign had to continue. Fighting not only the Germans but the treacherous terrain as well, the 88th was exhausted. In 44 days of fighting, the 88th had lost more than 6,000 men killed, wounded, or missing. By November, there was nothing more they could do in the drive through the Appenines. Orders came in to hold and dig in where they were. Finally the Blue Devils were going to get the rest they needed so desperately. After resting in Montecatini, the 88th was once again headed back to the front on 24 January 1945. They were to relieve the 91st Infantry Division near Loiano and Livergnano

Il soldato Harry torna a casa http://www.racine.ra.it/cdglcasolavalsenio/soldatoharry/lastoria%20di%20harry.htm  anche Fechter torna a casa  http://apostleshipofprayer.org/newssoldier.html 

   

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