L'Esercito della
Repubblica Sociale Italiana
Il 20 novembre 1943 nasce la Guardia Nazionale
Repubblicana (GNR), con a capo Renato Ricci: è formata dalla M.V.S.N.,
dall’Arma dei Carabinieri ( Il Consiglio dei Ministri
del 27 ottobre aveva stabilito che “Restano in servizio per il
mantenimento dell’ordine pubblico i Carabinieri e la Guardia di Finanza”) e dalla Polizia
dell’Africa Italiana (P.A.I.)” |
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UN ALTRO ESERCITO AL
NORD
Mussolini lo aveva annunciato il 18
settembre da radio Monaco, subito dopo la liberazione dal Gran Sasso,
che avrebbe costituito al Nord un nuovo partito fascista e un nuovo
ordine statale. Il 23 e il 28 si riunisce per la prima volta il governo
del futuro Stato Nazionale Repubblicano (diventerà dal 25 novembre
1943 Repubblica Sociale Italiana ).
Contemporaneamente viene dato incarico al generale Graziani di
costituire il nuovo Esercito Repubblicano. Dal 27 settembre 1943, nasce
ufficiosamente anche l’esercito della R.S.I. Ufficiosamente non Ufficialmente poiché è solo
un pensiero sulla carta. Il decreto effettivo di costituzione porta la
data di 1 mese dopo e abolisce il Regio Esercito dando valenza di
costituzione al nuovo retroattivamente al 9 settembre
(art. 1-2 anche per motivi amministrativi). Il
nuovo esercito repubblicano finirà col contare (tenendo conto anche dei
lavoratori militarizzati* ma qualcuno dice di più) oltre mezzo milione di uomini fra volontari e
giovani di leva.
http://web.tiscali.it/RSI_ANALISI/verbali.htm
verbale seduta del 23 settembre, verbale
28. Se da parte di molti ufficiali c’è una
adesione ideologica, una vergogna per il voltafaccia del Re, non così è
per la truppa. Se si considera che per ottenere un soldato appena
presentabile ci vogliono almeno 6 mesi, qui si rischiava di veder finire
la guerra prima di avere in linea le 9 divisioni programmate. I soldati
vanno vestiti, armati e rifocillati tre volte al giorno. Gli unici
veramente in linea, per dirla su quella del fuoco, sono per diversi mesi
quei pochi battaglioni passati armi e bagagli dal Regno alla Repubblica
(ma sarebbe meglio dire al Reich non essendo neanche sotto l’autorità di Graziani) come
il Principe Junio Valerio Borghese e la sua “Decima” a La
Spezia (Già il 14 settembre Borghese stipulò con i tedeschi un accordo
che riconosceva l’esistenza della Decima e le concedeva ampia
autonomia) o come il Maggiore Edoardo Sala che, con il III Btg del 185° Rgt
Paracadutisti, già nel settembre combatteva in Calabria a fianco dei
tedeschi. La storia del Magg. Rizzatti e del suo XII Btg della Div.
Nembo che non si
arrende l'abbiamo già
narrata. Alcuni
Battaglioni della Milizia, i sommergibilisti di Bordeaux e tanti altri
sparsi un pò qui un pò là per l'Europa si aggregano.
Ma sentiamo da “Ho difeso la Patria” di
Graziani come si era giunti a questa scelta (passi evidenziati). Dal Febbraio del 41,
da quel giorno che l'armata d'Africa si sciolse letteralmente nelle
sabbie, di Graziani si erano perse le tracce. Se ne
stava chiuso nella sua tenuta agricola in provincia di Frosinone ad
allevare cavalli e non era per nulla informato, come dice lui, degli
sviluppi della crisi politica. Nei giorni dell’armistizio era venuto ai
ferri corti coi tedeschi per il furto di tutti i suoi automezzi. Quando
chiese di essere ascoltato da Kesselring, gli venne risposto picche.
Interno d’ambasciata tedesca (23 settembre 43): |
“... Ripristinando l’onore,
metteremo mano alla costruzione delle nuove milizie del popolo italiano,
modernamente armate, idealmente partecipi di una fede e di una volontà.
Ufficiali e soldati ancora una volta il destino vi offre una possibilità
e vi schiude le porte. La vostra risposta deciderà sulla sorte delle
generazioni venture. Con l’aiuto di Dio e con la purezza dei nostri
cuori, noi supereremo vittoriosamente la prova. Viva l’italia “
Graziani |
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Era la prima volta che li
vedevo, Rahn e Wolff, urlavano come degli ossessi.
Tirato per la giacchetta, dalle minacce di Rahn Graziani acconsentì a
guidare un futuro esercito.
Dal 23 settembre al 1 ottobre
ebbi i primi contatti col Maresciallo Kesselring. Egli chiedeva tre
cose: l’immediato disarmo dei carabinieri di Roma…… 30.000 uomini subito
per il servizio lavoro… sgombero al nord di tutti gli
ufficiali….un’altra richiesta era il giuramento del nuovo esercito sia
al Duce che a Hitler. Graziani non ci dice
se questa volta pone le condizioni di accettazione in cambio del camion
che gli hanno trafugato, sarebbe stata l’occasione per far fare ai
tedeschi la stessa figura degli italiani, almeno sul piano formale (son
quelle piccole soddisfazioni che valgono una vita). Depennate tutte le
assurdità tedesche il 27 settembre Graziani si rivolge in Radio al popolo
italiano e termina
“….
Ripristinando l’onore, metteremo mano alla costruzione delle nuove
milizie del popolo italiano ,... Con l’aiuto di Dio e
con
la purezza dei nostri cuori, noi supereremo vittoriosamente la prova. Viva l’italia “
Il 1 ottobre il Maresciallo Graziani parla al teatro Adriano a Roma
davanti a 4000 ufficiali.
Il suo discorso alla radio fa si che il Teatro Adriano abbia il tutto
esaurito. Le foto ci mostrano la sfilata fino all’altare della patria
dove Graziani è affiancato da Ricci sotto una insistente pioggerella.
Nei giorni successivi 62.000 ufficiali sottoscrissero il giuramento di
fedeltà alla R.S.I. Sempre dalle sue memorie.
Il 13 ottobre partivo dal campo
di Guidonia diretto al quartier generale del Fuhrer…entrati nel tema
della ricostruzione delle Forze Armate proposi che venissero tratti dai
campi di concentramento gli elementi volontari necessari per un certo
numero di divisioni… |
Con gli italiani in Germania si apriva un altro
dolente capitolo, quello dei rapporti all’interno della struttura
militare. "Nell’esercito tedesco poi gli
ufficiali” diceva un coscritto “ hanno i diritti e i doveri come
tutti i soldati, vestono di quel che vestono i soldati... Quando
ripenso, appunto, vedendo ciò, ai nostri ufficiali, mi viene da ridere,
proprio mi sembrano tanti manichini da esporre in vetrina, Sono capaci
di eleganza, ruberie e soprusi di ogni genere, anche per il rancio
nessuna distinzione, persino i generali mangiano il rancio preparato per
la truppa e in ugual dose. Sola differenza è che questi comandano e gli
altri ubbidiscono. Con questo sistema, quel che sembrerebbe rigidissima
disciplina, diventa automaticamente la cosa più naturale di questo
mondo; quando il soldato è trattato da soldato nel vero senso della
parola, e non da schiavo e straccione come eravamo trattati noi, tutto
diventa piacevole e sopportabile".
A milioni di individui rastrellati nell'Europa occupata fu
imposto il lavoro coatto sia attraverso la leva militare di classi
abili, sia tramite la mobilitazione civile che coinvolse uomini, donne e
ragazzi. Anche per questo furono chiamati "Gli schiavi di Hitler" . |
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Tre giorni
dopo il generale Emilio Canevari, segretario generale del Ministero della
Difesa, concordava i piani attuativi. Con 3 mila uomini per divisione (delle
prime 4
in progetto) raccolti nei campi si dava l’avvio alla prima fase di
addestramento diretto da parte dei tedeschi. Dopo di ciò, a gennaio 44,
sarebbero affluite dall’Italia altre reclute. Dopo 6 mesi di
addestramento i reparti sarebbero rientrati in Italia lasciando in loco
nuovi istruttori per la seconda quaterna di divisioni (pronta per maggio
1945 !!). La prima ad essere promossa fu la
Divisione Alpina Monterosa nel campo di Munzingen. Il Duce stesso vi si
reca in visita a metà luglio (i17 l' “Italia”, il 18 la “San
Marco” e il 19 la “Littorio”). A scaglioni, a partire da fine luglio,
cominciano i rientri reparto per reparto, divisione per divisione. La divisione Italia, la nuova divisione Bersaglieri della RSI
rientrava per fine addestramento solo a metà dicembre 1944. A fine anno
era dislocata: in varie località della provincia di Parma. Il generale
Guido Manardi primo comandante
“…all’atto del rientro dalla
Germania avevo ricevuto da Graziani esplicita assicurazione che
l’attività bellica si sarebbe espletata unicamente sul fronte di
combattimento contro forze nemiche regolari….”
Nel freddo inverno del 44 la divisione viene schierata in Garfagnana.
Dall’altra parte gli americani. La sera del 27 aprile 1945 l’avanguardia
dei bersaglieri discesa verso la pianura parmense incrocia a Medesano i
Brasiliani che stanno percorrendo la pedemontana appenninica emiliana,
ma ormai la guerra è finita.
Il primo bando di arruolamento
arrivò il 4 novembre con il richiamo alle armi delle
classi 1924 e 1925 (il 23 era già coscritto dall’estate se non era
scappato). I giovani si
trovano ad un bivio e devono scegliere ne va dell'onore, della famiglia,
della vita, degli affetti, non è facile. Molti
scelgono di arruolarsi, altri lo evitano con l’esonero per i motivi più diversi, altri, non molti all’inizio,
prendono la decisione di nascondersi, di darsi alla macchia. Chi si è presentato
intanto vede il da farsi, per scappare fa sempre in tempo (se resta in
Italia). Graziani, il 15 novembre, visti i vuoti decide di
radiotrasmettere un messaggio di incitamento all’arruolamento
"Giovani soldati! Voi non
potete titubare nella scelta, voi che sentite fortemente battere nel
vostro petto il cuore della Patria che vi chiama, e vi indica la giusta
e vera via da seguire. Vi attendono le vostre bandiere e i vostri capi
legittimi. Vi attendono anche gli alleati germanici a combattere ancora
una volta al loro fianco e ci restituiranno così la fiducia tradita non
dal popolo, ma da chi doveva tutelare l’integrità e la lealtà dei patti
sacrosantamente sanciti". Di verificare la volontarietà degli
internati ad aderire ad una costituenda divisione non si parlava. Ai
tedeschi facevano troppo comodo gli italiani come operai.
Mussolini in un telegramma al Fuhrer il 29 novembre:
"Nell’accordo
firmato nell’ottobre scorso dal generale Canevari era stabilito che la
prima delle quattro divisioni del nuovo esercito repubblicano dovesse
essere costituita dalle truppe internate ora in Germania. Fu costituita
a questo scopo una missione militare permanente alle dipendenze del
generale Canevari . Mi si comunica ora la decadenza dell’accordo. Vi
chiedo Fuhrer, di confermare urgentemente questo accordo e cioè che la
prima delle quattro divisioni sarà costituita dai migliori soldati ora
in Germania. Date o Fuhrer, a questi uomini, e a coloro che desiderano
volontariamente farlo, l’onore di combattere, ed eviterete così, Fuhrer,
la grave umiliazione che inevitabilmente deriverebbe dal fatto che
mentre i traditori stanno costituendo un esercito per gli anglo-sassoni,
l’Italia repubblicana non può fare altrettanto. Sono sicuro Fuhrer, che
Voi, con il Vostro profondo senso politico, verrete incontro al mio
desiderio… che rafforzerà anche l’autorità del mio governo e la fiducia
del popolo".
I tedeschi erano molto perplessi a 3 mesi
dall’Armistizio della situazione italiana. Non vedevano nessun spirito
Repubblicano fra quegli Ufficiali che avevano giurato al Re, peggio
ancora per quelli internati, le badoglientruppen. In una riunione che durò cinque ore furono
prese le seguenti decisioni: inviare in Germania le reclute per formare
quattro divisioni e soddisfare le richieste dei tedeschi di 12.000
uomini per la X armata, 18.000 per la XIV armata, 43.000 per l’aviazione
il che sarebbe stato fatto non appena possibile. Dunque la riunione si
chiuse con l’accettazione formale di Mussolini dei protocolli di
Berlino. Mussolini temeva che molti sarebbero saltati dal treno prima
della frontiera del Brennero. |
Sauckel verrà impiccato a Norimberga
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I
SOLDATI OPERAI i tedeschi avevano
da anni avviato una grande campagna per attrarre operai in Germania.
L’Italia aveva partecipato con quasi 100.000 persone fra uomini e donne.
Agli emigrati si aggiunsero, nel '44, 74.000 operai volontari o
rastrellati in Italia (per un decimo donne), così da raggiungere le
170.000 unità presenti a fine guerra. I lavoratori volontari erano anche
al seguito diretto delle FF.AA. germaniche (Wehrmacht, Luftwaffe, Flak,
nebbiogeni vedi richieste sopra) o della "Todt", l'armata dei
lavoratori di Sauckel, in Italia. L’adesione
alla Todt suppliva a una eventuale renitenza alle chiamate della leva
della Rsi (leve nuove e richiamati). Con lo stesso sistema una similare
organizzazione repubblichina veniva gestita dal Gen. Francesco Paladino
(Ispettorato Militare del Lavoro) che raccolse uomini fra i renitenti.
Nella primavera del 1944 erano già operanti oltre 50 battaglioni.
Essi
rimasero in servizio fino all’ultimo e dettero anche un contributo di sangue: oltre
100 morti e 560 feriti. Si calcola che abbiano fatto parte dell’arma del
genio della RSI oltre 300.000 uomini.
Dal discorso di Mussolini del 16 dicembre
1944 al Teatro Lirico di Milano: .... Non posso, per evidenti
ragioni, scendere a dettagliare le cifre nelle quali si compendia
l'apporto complessivo, dal settore economico a quello militare, dato
dall'Italia. La nostra collaborazione col Reich in soldati e operai è
rappresentata da questo numero: si tratta, alla data del 30 settembre
(44), di ben 786.000 uomini. Tale dato è incontrovertibile perché di
fonte germanica. Bisogna aggiungervi gli ex-internati militari: cioè
parecchie centinaia di migliaia di uomini immessi nel processo
produttivo tedesco, e molte altre decine di migliaia di italiani che già
erano nel Reich, ove andarono negli anni scorsi dall'Italia come liberi
lavoratori nelle officine e nei campi.
L'Armata Paladino
http://digilander.libero.it/lacorsainfinita/guerra2/personaggi/paladino.htm
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MOSTRINE DELLA REPUBBLICA SOCIALE
ITALIANA
dall'alto in basso da sinistra a
destra: fanteria, alpini, carristi, artiglieria, genio
2a, automobilisti,
bersaglieri, camicie nere, cavalleria, artiglieria alpina, chimici,
paracadutisti, servizi, genio prima versione, sanità, amministrazione, sussistenza,
giustizia, artiglieria 1a, distrettuali, veterinari, commissariato,
chimici 1a, rimonta equini.
http://www.controstoria.it/RSI/ministero_difesa_nazionale.htm
Forze armate
della R.S.I. |
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ESERCITO
REPUBBLICANO, GRANDI UNITA' E REPARTI NON INDIVISIONATI
GRANDI UNITA'
DIVISIONE MONTEROSA
DIVISIONE LITTORIO
DIVISIONE S. MARCO
DIVISIONE ITALIA
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Repubblica
Sociale Italiana (Italian Social Republic)
The first new unit to be formed was the Italian Parachutists Volunteers
Group, formed by elements of the ADRA, 10th Arditi Rgt, 17th, 18th and
20th "Ciclone" Battalions, 12th and 8th 3rd "Nembo" Battalions and a
replacement unit of the "Nembo" then training at Viterbo. Renamed
Parachutist Group "Nembo", the unit was assigned to the 2nd
Fallschirmjaeger Div. One company of the 10th Arditi Rgt entered too in
the 2nd FJ as its recce units, and followed this German Div in Russia
and then in Holland, where it fought in the Market Garden operation.
The "P" Battalion of the Navy entered in the 10th Naval Infantry
Division (a kind of "private army" inside the RSI forces Decima mas),
and fought with them on the North-Eastern border against the Yugolsvian
5th Korpus. Meanwhile over 1200 other parachutists regrouped at Spoleto
with the 4th FJ Div, were they were re-trained to use German parachutes.
A group (about 150) of them were trained as instructors at the
Fallschirmschule N.4 of Freiburg (Germany), while several officers
underwent specialized tactical training at the Waffenschule fur
Fallschirmtruppen of Le Courtine, near Avignon (France). From this men
was recruited an Independent Parachutist Battalion "Nembo", that fought
very creditably against the Allied at Anzio, losing over 70% of its
strenght. On December 1943 the Parachutist School of the RSI was formed
at Tradate, toghether with the Air Force Arditi Parachutist Group (Air
Force, also called the "Azzurro" -blue-Battalion) with 4 parachutist
companys and an HQ company.
On April 1944 the Parachutist Rgt "Folgore" of the RSI Air Force was
formed. Its 1st ("Folgore") and 2nd ("Nembo") Battalions come from the
abovementioned Parachutist Group "Nembo", that was disbanded, and the
3rd ("Azzurro") Battalion was the Air Force Arditi Parachutist Battalion.
A 2nd Parachutist Rgt "Nembo" was later formed, organized on the 4th
"Ciclone", 5th "Fulmine" Battalions and the light AA-AT Arty Battalion
"Uragano". Two Glider Guastatori Battalions (6th "Aquila" and 7th
"Turbine") were planned, but never formed. A small number of operatives
were parachute-trained for the Defence Intelligence Service (SID -
Servizio Informazioni Difesa) of the RSI, and even several girls of the
Women Auxiliary Service (SAF - Servizio Ausiliario Femminile) were part
of the support and HQ units of the "Folgore", and parachute-trained. |
ALTRE FORZE ARMATE DELLA R.S.I.
http://www.feldgrau.com/rsi.html
Marina Repubblicana
Forza dichiarata: 26.000 uomini.
Aeronautica Repubblicana
Forza dichiarata: 73.000 uomini compreso la Folgore
Guardia nazionale repubblicana o G.N.R.
Forza dichiarata: 140/150 mila uomini. Costituita il 20
novembre 1943, fu la prima «superpolizia del partito»
Decima Mas
(Com.
Principe Junio Valerio Borghese)
Forza dichiarata: 10.000 uomini (stimata il doppioo) fu
riconosciuta fin dal 14 settembre con un vero e proprio accordo italo-tedesco. Considerato un esercito a se
stante con tutte le armi aveva di base 6 battaglioni (Barbarigo che
combatte a Nettuno,
Fulmine, Freccia Genio, Valanga guastatori alpini, Sagittario in Veneto, Lupo
sul Senio) 1 reggimento artiglieria gruppi Colleoni, da Giussano e San
Giorgio e reparti sciolti come l'NP Nuotatori parà sul Senio, Ardimento,
Longobardo, Pegaso, Risoluti, Serenissima, Vega .......
Brigate nere (Com. Alessandro Pavolini)
Forza dichiarata: 110.000 uomini.
Le Brigate nere vennero create il 30 giugno 1944 trasformando il Partito
fascista in organismo militare; vi dovevano appartenere «tutti gli
iscritti al Partito fascista repubblicano di età fra i 18 e i 60 anni,
non appartenenti ad altre forze ausiliarie». Le
Brigate nere erano 39, ognuna corrispondente ad una provincia. Ciascuna
portava il nome di un caduto fascista: furono destinate esclusivamente
alla lotta contro i partigiani.
Legione autonoma mobile Ettore Muti
Forza dichiarata: 2300 uomini. La Muti aveva sede a Milano nella caserma
Solinas ed era composta da due unità: il battaglione mobile che operava
nelle vallate per i rastrellamenti e quello che presidiava Milano. Il
reparto era noto per le torture ai prigionieri, le estorsioni e i
saccheggi (da non confondersi col battaglione Muti di Firenze)
Servizio Ausiliario Femminile e SS
trattate in capitoli a parte |
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Divisione San Marco -Fanteria di
Marina
"Iterum rudit leo"
La Divisione Fanteria di
Marina San Marco venne istituita in Germania, nel campo di addestramento
di Grafenwher, con i volontari IMI provenienti dai Lager e con quelli
volontari di leva provenienti dall'Italia nel marzo-aprile 1944. La
Divisione era forte di circa 16.000 uomini e 600 ufficiali ed assunse il
nome di "San Marco", il 21 aprile 1944 comandante Gen.
Princivalle dal 28/11/1943 al 23/8/1944 poi Amilcare Farina dal
23/8/1944 al 30/4/1945. L'addestramento fu diretto da
ufficiali e sottufficiali italiani, sotto la supervisione germanica. Nei
primi giorni dell'agosto 1944, dopo la consegna della Bandiera da
Combattimento ai Rgt. effettuata direttamente dal Duce il 18 luglio, la
Divisione tornò via ferrovia in Italia, ove venne dislocata in Liguria
da Arenzano a Capo Berta, per una estenzione di 75 Km. Il comando fu ad
Altare e qui il Generale Farina fece costruire il cimitero della
Divisione, le Croci Bianche. La S. Marco faceva coppia con la Monterosa in previsione del paventato sbarco che avvenne poi in
Provenza. Due soli battaglioni però vennero impiegati in prima linea; il
2° del 6° Rgt. ed il 3° del 5° Rgt. Il primo in Garfagnana con la
Monterosa, che partecipò anche all'offensiva di natale Wintergewitter ed il secondo
all'Abetone dove rimase combattendo fino alla fine del conflitto. Il
resto della Divisione rimase a controllare le grandi vie di rifornimento
per il Fronte e fu suo malgrado invischiato nelle maglie della lotta
contro i partigiani. Il 23 aprile 1945 il grosso della Divisione, in base all'ordine
relativo all'operazione "nebbia artificiale" iniziò la ritirata che si
concluse il 30 aprile 1945 sul Ticino. Singolare la
sorte di alcuni marò del I° Btg del 5° Rgt che caddero prigionieri nei
pressi di Albisola Superiore il 27 aprile 1945. Essi, dopo varie
peripezie, furono utilizzati, armati, in servizi di ordine pubblico in
Savona stante la carenza di carabinieri disponibili. Lo dispose il
Questore di Savona in accordo col Governo Militare Alleato (A.M.G.) In
divisa, con le mostrine rosse col leone di San Marco, essi svolsero tale
compito dai primi di Giugno al 23 luglio 1945. Furono, quindi, gli
ultimi militari della R.S.I. rimasti in armi con le loro divise. (Vedi
ACTA, dell’Ist.Storico R.S.I. n. 45 – Maggio-Luglio 2001). La Divisione ebbe 1950 caduti, la
metà della quale uccisi dai partigiani ad armi rese.
Divisione Littorio
Riassunto da
http://www.italia-rsi.org/farsilittorio/farsilittorio.htm di
Bruno De Padova
Junio Valerio Borghese "in ogni
guerra, la questione di fondo non è tanto vincere o perdere, vivere o
morire, ma di come si vince, di come si perde, di come si vive, di come
si muore"
In base agli accordi tra il gen.
Keitel e il maresciallo Graziani le quattro Divisioni RSI seguendo i
sistemi d’armamento e d’addestramento germanici, si perfezionarono ad
Heuberg l’ ITALIA (Bersaglieri), a Grafenwohr la SAN MARCO (FM.), a
Munzingen la MONTEROSA (alpina) e, infine, a Sennelager la LITTORIO
(granatieri e alpini): ne assumeva il comando, in fase di organizzazione
il generale Tito Agosti, marchigiano, pluridecorato della ‘Grande
Guerra’, poi combattente in Africa settentrionale catturato dagli
inglesi, ma scambiato prima dell’armistizio. Circostanza questa che gli
permise, dopo l’8 settembre, di aderire alla R.S.I. "Quando nel campo di
concentramento di Coltano le porte si stavano schiudendo per la quasi
totalità dei prigionieri e si profilò agli ufficiali comandanti, e per
quelli di grado elevato, il processo, a coloro che andarono per
salutarlo per il commiato, il generale Agosti disse: IO
NON PERMETTERO’ CHE UNA BANDA DI TRADITORI MI PROCESSI PERCHE’ RISPONDA
DEL MIO OPERATO. Quella frase trovò, qualche mese dopo nei
carcere militare di Forte Boccea in Roma, la sua completa e tragica
spiegazione allorchè Tito Agosti si tolse la vita raggiungendo così il
27 gennaio 1946 i Caduti della sua Divisione.
Sulla fronte delle Alpi occidentali la ‘Littorio’ assunse la linea di
combattimento il 3 dic. 1944 e la sua dislocazione si snodò dal Col del
Ferro e dal Passo del Puriach alla Valle Susa e sopra Bardonecchia,
operò in collaborazione con i Bgt. Alpini e d’Artiglieria da Montagna
ivi dislocati della ‘Monterosa’, s’estese in Val d’Isère, sul Piccolo
S.Bernardo ed a Col de Seigne. Ovunque impedì che le truppe statunitensi
e quelle francesi degaulliste potessero penetrare e poi dilagare nel
Piemonte e nell’Aostano. |
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I
Battaglioni costieri e l’artiglieria costiera (50.000 uomini)
I Btg costieri furono 17, ivi compresi i 4 Btg del 3° Rgt bersaglieri di
Milano, che ebbero i numeri da I a IV. Anche il Btg bersaglieri
“Mussolini” schierato sul fronte orientale, vi fu compreso col numero XV.
Il XVI fu denominato “XVI Btg alpini Julia” e difese Fiume. Ebbero sorti
diverse ma, in massima parte, furono in linea fino alla fine di aprile
1945. Furono 17 invece i Gruppi di artiglieria costiera. Essi operarono
alle dipendenze delle Grandi Unità schierate sulle coste o dei comandi
di settore di difesa costiera. |
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Divisione Alpina Monterosa
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In quest’ottica rientrano le azioni contro
le formazioni partigiane che presidiavano i valichi appenninici. (I
comandanti militari dell’esercito dell’RSI erano spesso combattuti tra
la necessità di stroncare la guerriglia in modo definitivo o comunque
ridurla drasticamente anche con i mezzi meno legali o evitare, ma non si
sa in che modo, lo scontro coi “ribelli”. Questo dilemma si trascinò a
lungo tanto da creare incertezze e crisi di coscienza. culminate con il
passaggio quasi completo del btg. di formazione Vestone ai ribelli).
Si costituì a Cremona nell’ottobre
1943 per opera del Ten.Col. Bartolomeo Fronteddu che riunì sotto le
mostrine bianco-rosse della gloriosa Brigata Sassari circa 500 uomini.
Nel dicembre 1943 fu inviato a Pola dove prestò servizio fino al 3
maggio 1945.
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Dopo
l’addestramento nel Wurtemberg e la rassegna del 16 luglio 1944 a
Munzingen da parte del Duce, la Monterosa ritornava in Italia. Il suo
organico 2 reggimenti battaglioni Aosta, Bassano e Intra, Brescia,
Morbegno e Tirano battaglione complementi Ivrea. In seguito, entrarono a
far parte della divisione: il battaglione Cadore; il 1° reggimento
artiglieria (Aosta, Bergamo e Vicenza e Mantova); il gruppo esplorante
divisionale composto da bersaglieri. I comandanti della divisione
furono: il generale Mario Carloni dal 16 luglio fino al 20 febbraio
1945; il colonnello Giorgio Milazzo fino al 28 aprile 1945. Appena
rientrata in Italia (fine luglio), la divisione fu incorporata
nell'armata Liguria. La difesa dell'arco alpino era sostenuta dal LXXV
corpo d'armata tedesco con le sue divisioni alle quali si aggiunsero i
reparti della Monterosa, della divisione Littorio, di alcune unità della
Xa MAS, i Cacciatori delle Alpi e il 10° gruppo alpino. Il 1° reggimento
Alpini occupò il sottosettore da Nervi a Sestri Levante con i
battaglioni Aosta, Bassano e Intra, il 2° regg. alpini quello da Sestri
Levante a Levanto con i battaglioni Tirano, Morbegno e Brescia. Alla
divisione fu anche assegnato il compito di proteggere le vie di
comunicazione fra la Liguria e la pianura padana dalla quale affluivano
i rifornimenti. In quest’ottica rientrano le azioni contro le
formazioni partigiane.............. Il
15 Agosto 1944 a sorpresa gli Alleati danno il via all’operazione Anvil
- Dragoon (sbarco inaspettato in Provenza) Il sistema difensivo tedesco
cedette rapidamente e gli anglo – americani puntarono verso nord.
Divenuto improbabile un attacco verso la Liguria, fu deciso di
presidiare il settore alpino sul confine francese. La maggior parte dei
battaglioni alpini della divisione vennero però trasferiti sulla Linea
Gotica, sulle Alpi Apuane, che sempre montagne erano. Proprio nel fronte
della Garfagnana ebbe luogo l'unica offensiva invernale che costrinse il
nemico alla ritirata. L'operazione, denominata Wintergewitter, fu
attuata con l'impiego dei seguenti reparti: italiani, Btg. Intra, Gruppo
Esplorante Bersaglieri Cadelo, il Battaglione della S. Marco, Compagnia comando regg. del
1° Regg. Alpini, il Btg. Brescia; tedeschi 1° e 2°.Btg. del 285 Regg.
Granadier della 148 Infanterie Division di montagna, il Btg. Mittenwald,
un Btg. Mitraglieri e un reparto della divisione Italia che stava
prendendo posizione. Il fronte, dopo la battaglia di Natale, si
stabilizzò fino a primavera. A metà Aprile 1945 quando il fronte fu
sfondato nel settore di Bologna anche le truppe italo-tedesche
dell'Armata Liguria ebbero l'ordine di ripiegare verso il Po. Le forze
della Monterosa rimaste in Garfagnana si ritirarono con continui
combattimenti, subendo forti bombardamenti aerei e ripiegarono
attraverso il passo della Cisa, finendo il 28 Aprile nella sacca Fornovo.
Sui passi delle Alpi alcuni reparti, essendo troppo lontane le forze
americane, dovettero arrendersi ai partigiani, con garanzie di messa in
libertà, purtroppo in molti casi violate, tanto che 129 sono i Caduti
uccisi dopo il 25 Aprile 1945. La 1a e 2a batteria del Gruppo Mantova,
schierata a La Thuile in difesa del Passo del Piccolo San Bernardo,
respinse il 26 Aprile un attacco francese e rimase sulle posizioni,
arrendendosi solo l'8 Maggio agli americani sopraggiunti dalla pianura.
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Da Bunker Africano:
L'ultimo atto della disperata difesa della capitale ebbe per
scenario, il 4 giugno 1944, la tenuta Vaselli a Castel di Decima dove il
1° Battaglione affrontò e respinse gli Sherman del 46° R. T.
R. Nei duri combattimenti persero la vita numerosi
paracadutisti, veterani di guerra come il Maggiore Rizzati comandante e
giovanissimi volontari. Sala non esitò a prendere il comando del
battaglione, portandolo vittoriosamente al contrattacco, arrestando il
tracotante attacco inglese, intenzionato ad occupare Roma dal sud e
ribaltando una situazione tattica ormai disperata. Un atto di valore che
gli valse l'assegnazione di una quarta medaglia d'argento ed una croce
di ferro, oltre che la promozione a maggiore. Sala Intervenuto con il
nucleo di riserva (60 uomini), centrò con un Panzerfaust il primo
Sherman, poi, al riparo di un muro a secco, risalì la colonna dei carri
e ne colpì un secondo che, rovesciatosi su un fianco, bloccò la stretta
strada di campagna scompaginando la colonna nemica. Ma quella piccola
vittoria servi solo a ritardare di parecchie ore l'avanzata inglese.
Ormai la situazione precipitava ed era arrivato il momento di ritirarsi
e cercare di far traghettare il Tevere al maggior numero possibile di
paracadutisti. Una decina di essi, con i tenenti Caporiccio e Cundo,
rimasero come estrema retroguardia all'incrocio della strada Tor de'
Cenci – Spinacelo.
ndr. L'Italia era già in
mano agli stranieri, superfluo fare i conti quanti fossero (tutti
chiesero i danni di guerra anche gli argentini che erano entrati in zona
Cesarini), e i francesi continentali
bianchi non erano poi peggiori degli Inglesi o dei Tedeschi. la guerra era
persa e i motivi erano più che chiari. Poi se con un'arma in mano sei
più rispettato è una consuetudine storica che fa parte di ogni colore
politico)
Alle Forze Armate della
R.S.I. aderirono e giurarono fedeltà oltre 800.000 uomini, tra i
quali 304 generali, 62.202 ufficiali, 400.000 soldati e 3Omila volontari del Corpo Ausiliario
Camicie Nere (BB.NN.). I Caduti furono
28.350, i feriti 47.750, i dispersi 55.750 per un totale di 131.850
unità, ma ciò fa riferimento soltanto ai dati statistici delle FF.AA.
della RSI sino al 31 marzo 1945. |
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REGGIMENTO PARACADUTISTI
FOLGORE
Abbiamo gia visto in altri capitoli il XII battaglione di Rizzati che in
Sardegna si accoda ai tedeschi l’8 settembre del 43. Parimenti ho
raccontato del 185° rgt nembo dislocato in Calabria da cui si stacca un
piccolo gruppo col Cap. Gay che andrà a combattere con gli Inglesi e il
III Btg. del cap. Sala che segue invece i granatieri tedeschi della 29a Panzer.
Nel capitolo Armi, Aeronautica, abbiamo incontrato il personaggio Edvino Dalmas che, ferito in Africa, riprende il suo posto con gli ADRA
(Arditi distruttori Regia Aeronautica) nel
maggio del 43 disturbando con operazioni di commandos le basi africane
degli alleati fino all’invasione della Sicilia (Edvino Dal mas, fatto
prigioniero dai tedeschi mentre difendeva alcune installazioni a Roma, veniva
liberato per l'intervento del generale tedesco Barenthin, che lo aveva
conosciuto in Tunisia). La sorte riunisce tutte queste persone
all’indomani dell’8 settembre a Tradate dove il 1° dicembre 1943 rinasce
ufficialmente la scuola repubblicana di paracadutismo. Ufficialmente la
Scuola nacque come Raggruppamento Arditi Paracadutisti dell'Aeronautica
Repubblicana al suo comando, con elementi degli ADRA, della Folgore e
della Nembo. Il Raggruppamento era articolato su Comando, Deposito, Servizi,
Centro Istruzione Paracadutisti ed i reparti: Cp. Piloti, composta
prevalentemente da accademisti, Cp. Alianti d'Assalto, Cp. Paracadutisti
anziani, che comprendeva i già brevettati e tutti gli istruttori, il
Btg. Allievi paracadutisti, inizialmente denominato Arditi Distruttori
Aeronautica Repubblicana (A.D.A.R.) e, dal 15 gennaio 1944, Battaglione
Azzurro, per il colore dell'uniforme dell'Aeronautica. Ma seguiamo
Il
cap. Sala che aveva assunto il comando del III Btg ex folgore per creare
il nucleo della nuova divisione Nembo (se ne sarebbe aggiunta un’altra
non operativa la Ciclone). Dopo aver bloccato una colonna alleata sulle
montagne calabresi (si scontrò con i reggimenti canadesi "Nova Scotia"
ed "Edmonton"), il III si unisce ai tedeschi che sulla loro strada verso
il nord incappano nel fronte dello sbarco di Salerno. La sorte dei para
coi primi caduti, seguì quella dei tedeschi in ritirata fino alla
linea invernale Gustav. Trasferitosi poi sul litorale laziale, il Btg.
"Sala" si univa ai reparti del Raggruppamento "Nembo". In dicembre,
decisa la costituzione di un Rgt. paracadutisti italiani per accordi fra
ANR (Aeronautica Repubblicana) e Luftwaffe, il raggruppamento si portava a Spoleto per iniziare
l'addestramento tattico con istruttori tedeschi, mentre
gli ufficiali seguivano corsi tattici in Francia e Città di Castello. L'ANR,
avvalendosi dell'esperienza del tenente colonnello Edvino Dalmas,
istituiva il Raggruppamento Arditi Paracadutisti e la scuola
paracadutisti di Tradate, iniziando l'arruolamento di volontari per il
costituendo Btg. allievi e affidando la scuola al capitano Luigi De
Santis, già esperto istruttore a Tarquinia e Viterbo (Dalmas assumeva il
comando di reggimento). I primi lanci furono effettuati presso la
Fallschirmschule di Friburgo, dove 150 volontari provenienti dal
Raggruppamento "Nembo" si brevettarono paracadutisti. Gli allievi di
Tradate che eseguivano nella primavera del 1944 i lanci a Venegono,
costituivano poi il III° Btg."Azzurro" (capitano Alfredo Bussoli) e
raggiungevano a Spoleto il Rgt. paracadutisti "Folgore", che comprendeva
già il 1° Btg (ex XII). "Folgore" (Maggiore Mario Rizzatti Vice
Cap. Edoardo Sala), il 2°
"Nembo" (capitano Guglielmo Recchia o Bernardi) reparti di specialisti e
complementi addestrati da personale tedesco con armamento ed
equipaggiamento fornito dalla Luftwaffe. Lo sbarco alleato ad
Anzio/Nettuno del 21 gennaio 1944, fu l'occasione attesa per ritornare
al combattimento e un primo battaglione di paracadutisti (a volte viene
chiamato 4° folgore) al comando del capitano Corradino Alvino, partiva
da Spoleto a fine mese, e veniva inserito nella 4a divisione
Fallschirmjager (generale Heinz Trettner). Esso partecipava con grande
valore e sacrifici alla battaglia difensiva per bloccare gli alleati
nella testa di ponte, battendosi sino a maggio allorché giungeva da
Spoleto l'intero Rgt. "Folgore" assegnato al 1° Corpo Paracadutisti
(generale Schlemmer) per difendere Roma dagli alleati
Dopo la battaglia per la difesa di Roma, la Folgore aveva perso circa il
40% degli effettivi, il 1° battaglione venne inviato a Venaria Reale e a
Rivoli, poi in Val di Susa. Il 2° a Lanzo e a Cirié; il 3° Val d'Ossola
come unità di riserva tattica dell'Armata Liguria. Combattè sul
Monginevro, sul Moncenisio, sul Piccolo San Bernardo, riscuotendo
l'ammirazione dei comandi germanici e il rispetto dei francesi, anche se
poi costoro trovarono sbarrate proprio dal Folgore le strade della Val
d'Aosta, fino all'arrivo delle truppe USA (4/5). Il 26 aprile 1945 il
comandante Sala, sceso ad Aosta da Courmayeur, col comando di reggimento
e il 3° battaglione Azzurro, constatò che le Autorità erano partite e
pertanto assunse il comando della Piazza. Incontri con la curia e il Cln
non avevano sortito effetto alcuno. Sala convocò i 650 paracadutisti
presenti ad Aosta, e col capitano Bonola stilò un documento che diceva:
"... supremo intendimento dei paracadutisti é difendere la Patria.
...Essi restano in armi, pronti a battersi contro ogni minaccia
proveniente dal fronte alpino Se per motivi di opportunità politica non
desiderate trovarvi faccia a faccia con i soldati francesi, lasciate a
noi questo compito, non attaccateci alle spalle e noi ci impegniamo a
difendere i confini da ogni straniero. Poi tutti intonarono "Cuori d'acciaio
all'erta". Al mattino del 1° maggio un parlamentare del C.L.N.
sollecitato dai partigiani comunisti propose al comandante Sala di
lasciare Aosta e di recarsi con tutto il reggimento a Saint Vincent,
poco distante. Il 1° maggio i folgorini, che avevano accettato, uscirono perfettamente
inquadrati dalla caserma Testafochi, cantando, tra due ali di folla.
All’arrivo degli americani si convenne di non disarmare in piazza il
reparto ma di consegnare le armi in armeria e di dare la chiave agli uomini della 34a . Gli americani, per rispetto, non vollero
presenziare alla cerimonia. Poi dal cortile dell'albergo Billia si alzò
un canto, era "La Preghiera del Legionario". Attratti dal canto
arrivarono gli americani e si irrigidirono sull'attenti.
Agli ufficiali venne lasciata la pistola e un reparto rese gli onori
militari. Il labaro del Folgore e il gagliardetto della Legione Dalmata
furono tagliati in striscioline. Ciascun paracadutista ne ebbe un pezzo.
Il 5, su camion americani, lasciarono l'albergo Billia. A Piacenza, sulla
riva sinistra del Po, il convoglio dei prigionieri sostò per aspettare
il turno di passaggio sul ponte di barche. Sull'altra riva una lunga
autocolonna attendeva il turno di passaggio erano i folgorini del Sud.
Riconosciutisi, i paracadutisti del Nord e del Sud scesero dai camion,
si abbracciarono, dimostrandosi un grande segno reciproco di cameratismo
che travalicava le scelte compiute.
In piedi sui cassoni, tutti i
paracadutisti cantarono l'Inno della Folgore. DA
VARI SITI IN INTERNET
Edoardo Sala: Era nato a Sulina, nel delta
del Danubio dove il padre era funzionario della compagnia internazionale
di navigazione sul Danubio. Frequentò le scuole medie in Romania,
l'università a Roma, fu sottotenente degli Alpini e partecipò da
volontario alla guerra civile spagnola nelle «Freccie nere»
guadagnandosi le prime ferite e decorazioni, passò infine nel servizio
attivo in SPE. Nel giugno 1940 andò sulle Alpi col 17° Fanteria «Acqui»
(per un singolare caso del destino terminerà la guerra dove l'aveva
iniziata) e dopo una breve permanenza in Albania, nel novembre 1940 fu
trasferito alla scuola paracadutisti di Tarquinia dove ottenne il
brevetto nel marzo 1941 e quindi l'assegnazione al 3° Btg. (Ten. Col.
Valerio Pignatelli Cerchiara, poi Ten. Col. Guido Lusena).Nel 1942 col
grado di capitano assume il comando del 3° Btg., staccato dalla Folgore
e inserito nella costituendo Nembo. |
Divisione ETNA
Sul territorio nazionale, nell'estate del '44,
venne formata anche la divisione contraerea e controcarro Etna, posta
agli ordini del generale Luigi Violante. L'Etna, nacque soprattutto per
evitare altri salassi di reclute del Comando Germanico per le proprie
unità Flak, che avevano già assorbito più di 50.000 soldati italiani. In
essa confluirono anche tutte le unità combattenti della RSI che erano
rimaste autonome, come il Battaglione Paracadutisti Mazzarini, il Gruppo
Corazzato Leonessa, Il I° battaglione d'assalto Roma, i tre battaglioni
Ruggine e tante altre. La divisione venne organizzata in due gruppi di
combattimento: uno venne schierato sulla linea dei fiumi Sesia e Agogna
in Piemonte, a protezione della Lombardia ed uno al fronte sud, tra
Ferrara, Mantova e Ravenna. |
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Nel “Litorale Adriatico”,
provincia direttamente soggetta al Reich tedesco, le formazioni militari
erano anch'esse dipendenti dal comando tedesco. Così dicevano i comandi
tedeschi: «A tutti gli ufficiali, sottufficiali e soldati italiani
verrà chiesto se vogliono combattere con l’esercito tedesco contro i
partigiani. Coloro che non vogliono obbligarsi saranno internati e
condotti fuori Trieste». Spiega Galliano Fogar: «... la Milizia
Difesa Territoriale - di cui fanno parte 5 reggimenti della Guardia
Nazionale Repubblicana oltre alle formazioni collaborazioniste slovene -
opera alle dipendenze delle S.S. (...), conservando un simulacro di
autonomia interna in fatto di gerarchie, disciplina, promozioni,
(dipendenti dal comando italiano di Salò).
Si trattava di 7 legioni
che i tedeschi avrebbero voluto prendere sotto il loro diretto controllo
e che furono denominate, in luogo di M.V.S.N., prima: “Comando VI^
Zona Camicie Nere”, poi “Ispettorato Regionale G.N.R. Venezia Giulia”,
infine “Comando Generale Milizia Difesa Territoriale”. Le comandava il
Gen. Di Pasquale, con sede a Trieste che cercò in tutti i modi di
mantenere l’indipendenza dai tedeschi. Successivamente il comando fu
assunto dal Col. Angelo Sommavilla che organizzò una vera e propria
Divisione, forte di 10000 uomini e 5 reggimenti con comandi a Trieste
(1° Rgt già legione “San Giusto”), Pola (2° Rgt già legione “Istria”),
Fiume (3° Rgt “D’Annunzio”), Gorizia (4° Rgt. “Isonzo”), Udine ( 5° Rgt.
“Tagliamento” ).
Altri reparti nascono e vivono
completamente nell’ambito delle S.S. (...). Ciò vale ad esempio per i 6
battaglioni italiani di polizia... e per il Centro di Repressione
Antipartigiana di Palmanova, dove la “banda” del cap. Ernesto Ruggiero e
del ten. Odorico Borsatti figura inquadrata nelle S.S. di una “Divisione
Cacciatori del Carso” e dipende da un capitano delle S.S. Pakibusch» |
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14 agosto 1944:
*Il Duce in visita al
Battaglione IX
Settembre-
“Il Battaglione IX Settembre è da considerarsi il padre del nuovo
esercito repubblicano perché mai voi scioglieste le file, mai deponeste
le armi. Se tutti i soldati d’Italia l’8 settembre avessero imitato il
vostro esempio, l’Italia non si troverebbe in così tristi e misere
condizioni”.
Scrive Nino Arena: "L’errore
fondamentale in cui incorsero le divisioni addestrate in Germania, non
fu la preparazione formale e tattica tipica di una Grande Unità di
linea, a cui le quattro divisioni erano sicuramente pronte, come lo
erano da un punto di vista dottrinario i regolamenti di impiego
tedeschi, fu che difettavano di preparazione specifica per la
controguerriglia ed erano psicologicamente vulnerabili alle mille
insidie e sorprese della guerra partigiana. Addestrati ad attendere il
nemico di fronte o dai lati, rimanevano sorpresi se attaccati alle
spalle, quasi fosse un arbitrio, un atto di viltà ma questo modo di
combattere è tipico delle bande di guerriglieri, oltre la necessità di
convincersi che coloro che li uccidevano a tradimento non erano fratelli
della stessa nazione ma nemici".
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Il
26 luglio, appena giunta alla base la notizia della caduta di Mussolini,
il comandante della 3a Compagnia del L Btg da sbarco Treviso, Capitano
Adalberto Zardo, riunì i suoi uomini per metterli al corrente della
situazione, sospendendo tutte le licenze. Il giorno dopo, i Tenenti
Colacino e Valent confermarono all’Ammiraglio Scheer, comandante della
piazza la loro fedeltà e quella dei loro uomini all’alleato tedesco. Il
cambio delle divise (fez, mostrine, camicie etc) e delle nomenclature,
essendo fuori dai confini nazionali non ebbe molto seguito e poca
applicazione e sanzione, prevalendo il potere delle forze germaniche in
zona. La sera dell’8 settembre, dopo la diffusione del radiomessaggio di
Badoglio che annunciava l’armistizio con gli alleati, tutta la 3a
Compagnia si schierò a fianco dei tedeschi cercando di forzare la mano,
con minacce fisiche, all’intero L Btg. Gli organici però non aumentarono
che di poco portando il gruppo dei ribelli a 400. L’11 settembre, la
grossa Compagnia Zardo venne messa a disposizione del 2° Rgto della
Divisione tedesca Brandenburg, stabilendo il suo comando al Casinò des
Sablettes. Il giorno dopo si unirono alla compagnia “ribelle” altri
soldati del Gruppo da sbarco. La notizia della liberazione di Mussolini
del giorno dopo portò nuova linfa facendo raggiungere al complesso la
forza di 1 battaglione alloggiato nelle caserme del S. Marco da cui
rastrellarono altri uomini e mezzi. Il 23 settembre il Generale von
Phulstein, comandante della Divisione Brandenburg, passò in rassegna gli
uomini di Zardo; nell’occasione il comandante tedesco comunicò ai
soldati italiani il loro inquadramento nella divisione ed il loro futuro
impiego come reparto di sicurezza. Malgrado l’appartenenza ad un reparto
germanico, i volontari italiani ottennero di poter continuare ad
indossare la camicia nera e l’uniforme italiana. L’unica imposizione da
parte del Comando Germanico fu l’aquila tedesca sul taschino destro
dell’uniforme prima del rientro in Italia previsto a fine mese.
All’unità venne aggregato un ufficiale di collegamento, un interprete ed
un sottufficiale addetto alla contabilità. Il 12 ottobre, dopo un
movimentato viaggio in treno, la compagnia giunse a Teramo. Qui, in
effetti assunse la denominazione da noi conosciuta come IX Settembre. I
reparti del Battaglione vennero impegnati in azioni di rastrellamento in
tutta l’area, nella ricerca degli ex-prigionieri alleati fuggiti dai
campi e nella prevenzione di attentati partigiani lungo la Statale
Adriatica. Molti uomini comunque erano andati per persi per
trasferimenti o passaggi ad unità specializzate della R.S.I. Già da
ottobre un reparto (plotone) specializzato aveva concorso a
rastrellamenti sull’Isola d’Elba dove ancora decine di soldati sbandati
si nascondeva. Lo stesso dicasi per l’Italia centrale sulla strada
Aquila-Sora
Fronte di Anzio
Il 22 gennaio 1944, gli anglo-americani sbarcarono tra Anzio e Nettuno
alle spalle della linea Gustav, allo scopo di aggirare i Colli Albani e
chiudere in una sacca le forze tedesche che combattevano a Cassino. Per
fronteggiare, i tedeschi inviarono nell’area dello sbarco tutte le forze
disponibili, compreso il Battaglione M IX Settembre, che ricevette
l’ordine di trasferimento in zona di operazioni nella stessa giornata
dello sbarco. I volontari italiani si scontrarono diverse volte con i
reparti Anglo-americani, battendosi valorosamente. Terminate le due
settimane cruciali di impiego il Battaglione Zardo fece ritorno a Teramo
per essere impiegato sulla linea di Ortona. Il gruppo venne dislocato
sulle colline a ridosso della città portuale, tra Miglianico e Tollo. I
legionari sventarono una missione di un commando di sabotatori inglesi,
facendoli tutti prigionieri. Terminate le operazioni sul fronte di
Ortona, i reparti del IX Settembre iniziarono a ripiegare verso nord.
Prima del trasferimento nella provincia di Macerata il Battaglione venne
formalmente sganciato dalla Divisione Brandenburg ed inserito
ufficialmente nella GNR con la denominazione di “I° Battaglione M
Camicie Nere IX Settembre” con propri segni identificativi. In seguito
alla nomina di Zardo a reggente della Questura di Teramo, il Battaglione
passò agli ordini del Tenente Valent. Il campo di impiego restò comunque
a fianco dei Brandenburghesi. Con l’appoggio della GNR di Ascoli e di
Macerata rastrellarono in marzo la dorsale appenninica
Umbro-Marchigiana. All’inizio di aprile i reparti del IX Settembre
ritornarono nel Teramese: alcuni gruppi operativi restarono come forza
di presidio in vari centri tra le Marche e l’Abruzzo. Verso la metà
dello stesso mese, una parte del Battaglione venne impegnata ancora sul
fronte di Ortona per proteggere la ritirata delle unità tedesche.
Constatata la tenacia e l’efficienza dei legionari del IX Settembre, i
capi partigiani locali progettarono un colpo di mano contro l’unità per
poterla annientare o almeno indurla ad effettuare rappresaglie contro i
civili. L’attacco a sorpresa da parte dei ribelli venne portato contro
il presidio del Battaglione a Sarnano: una cinquantina di partigiani del
Gruppo Niccolò ed altrettanti del Gruppo di Piobbico guidati dallo slavo
Janko Kiklovac (fuggito dai campi di concentramento), il coordinatore
dell’intera operazione. I partigiani attaccarono all’alba del 31 maggio
cogliendo di sorpresa il plotone fucilieri guidato dal Maresciallo
Giuseppe Penzolato. I tedeschi giunti sul posto, alla vista dei
legionari caduti, pianificarono subito una rappresaglia contro l’abitato
di Sarnano. L’estate del 44 passo sulla strada verso il nord per
attestarsi sulla Gotica. L’11 agosto i legionari ricevettero a
Castrocaro la visita del Duce che parlò di loro*. Eliminata la banda
Corbari dopo una serie di sanguinosi scontri, il 20 settembre 1944 il
Battaglione venne trasferito in Val D’Aosta per presidiare la catena
alpina (Piccolo S. Bernardo) dagli alleati sbarcati in Provenza. La
Valle d’Aosta era presidiata dalla 5. Gebirgsjaeger (Cacciatori da
montagna) del Generale Schrank, che ebbe alle sue dipendenze anche il
Battaglione IX Settembre. Il comando del battaglione, dopo i
trasferimenti scaglionati, si insediò a Villanova Baltea. Con altre
operazioni antiguerriglia le forze italo-tedesche ripresero
completamente il controllo della Valsavarenche e della Valtournenche,
eliminando la maggior parte delle formazioni ribelli. Alla fine di
novembre del 1944, il Battaglione, passato temporaneamente agli ordini
del Tenente Grassano, ricevette l’ordine di trasferimento in Prussia
orientale, nella zona dei Laghi Masuri al seguito della Brandenburg, da
cui era stato difficile sganciarsi. Dopo un viaggio in treno durato ben
25 giorni, i legionari giunsero ad Angerburg (l’odierna Wegorzewo) sul
lago Mauer (oggi Mamry). Il Battaglione contribuì alla difesa della
città, importante nodo ferroviario nella regione, contro i reiterati
assalti dell’Armata Rossa. Dopo un rapido addestramento all’uso dei
Panzerfaust ed alle nuove tecniche anticarro, i legionari italiano
furono impegnati contro le formazioni corazzate sovietiche.
L’insostenibilità del fronte e le cattive condizioni degli italiani ne
consigliarono il rientro. Il Colonello Schulte-Herthaus, comandante
della Brandenburg scrisse nel suo rapporto: “Il Battaglione M IX
Settembre si è brillantemente distinto durante il periodo di
appartenenza alla divisione su tutti i fronti, dove si è sempre battuto
con estremo coraggio, dimostrando la rinata fraternità d’armi con il
Terzo Reich”. Una volta in Italia i reparti vennero dislocati a
Lumezzane in provincia di Brescia, dove rimasero per circa due mesi.
Venne ripresa l’attività anti-partigiana. All’inizio di aprile del 45
giunse l’ordine di trasferimento a Vittorio Veneto. Con l’approssimarsi
della fine delle ostilità, la maggior parte dei reparti del Battaglione
(circa 200 uomini rimasti) tentò di seguire la ritirata tedesca verso
l’Austria, finendo bloccati dalle formazioni partigiane. I legionari
rinchiusi nella caserma Gotti di Vittorio Veneto, circa 150, furono
passati tutti per le armi. |
FUORI DAI CONFINI
Notevolissimo l’impegno della
G.N.R. nelle regioni orientali ora le tedesche Alpenvorland e
Adriatische Kustenland. Qui e in Istria i reparti della Milizia V.S.N ebbero una storia
particolare. Si trattava di 7 legioni che i tedeschi (Rainer) avrebbero
voluto prendere sotto il loro diretto controllo e che furono denominate prima: “Comando VI Zona Camicie Nere”, poi
“Ispettorato Regionale G.N.R. Venezia Giulia”, infine “Comando Generale
Milizia Difesa Territoriale”. Le comandava il Gen. Di Pasquale, con sede
a Trieste ma dipendente dal Comando Generale della stessa che si trovava
a Brescia (da qui arrivavano divise, organici, stipendi, disposizioni,
rincalzi). Il giorno che Rainer, con la scusa che gli aerei
scendevano a mitragliare i presidi se vi vedevano sventolare il
tricolore, ordinò di non issarlo sui pennoni, si ebbe per tutta risposta
un sollevamento generale dei militi a cominciare dal comandante del
Reggimento “Istria”, il colonnello Libero Sauro, figlio del martire
Nazario. Pagò per tutti il più alto in grado che fu allontanato. La
bandiera però rimase là dov’era sostituita da una più grande. I
militi di questo Reggimento erano quasi tutti istriani del posto, di
ogni età e condizione civile. Erano veramente i difensori della loro
terra. Per questo in Istria i partigiani di Tito, in maggioranza slavi,
ebbero vita dura ed alla fine si vendicarono. Successivamente il comando fu assunto dal Col. Sommavilla che
organizzò una vera e propria Divisione, forte di 10000 uomini e 5
reggimenti con comandi a Trieste (1° Rgt già legione “San Giusto”), Pola
(2° Rgt già legione “Istria”), Fiume (3° Rgt “D’Annunzio”), Gorizia (4°
Rgt. “Isonzo”), Udine ( 5° Rgt. “Tagliamento” ). |
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