MONTELUNGO
"Mud, Mules and Mountains"
Fango (Mud), Muli, e Montagne"
Winter in the mountains greatly aided the enemy's
determined efforts to delay the Allied advance. The miserable weather
increased the discomfort of the men and more than doubled the disease
total. At night the temperature frequently dropped below freezing; the
rain changed to sleet or snow; and often the only shelters were those
which the men dug in on the rocky hillsides when tactical operations
permitted. To counteract these hardships our command took measures to
protect health and maintain morale. Wool underwear had been issued early
in November, and extra blankets and shelter-halves were available in the
early part of December. Even more useful were the two-piece combat suits
with which many front-line units were equipped. By December the men also
had overshoes, and the battalion surgeons ordered the aid stations to keep
a supply of dry socks. A double coffee allowance was issued, and wherever
possible hot
meals took place of the "K" or "10-in-1" ration. Despite
these efforts, the cold and wet weather and loss of sleep during weeks of
continual fighting contributed to the great amount of sickness among the
troops. Disease removed far more men from combat units than did enemy
action. During December, a month when unusually heavy fighting took place,
5,020 Fifth Army men were wounded, but the total of admissions to
hospitals and quarters was 22,816. Jaundice, fevers, and trench foot were
prevalent. The institution of Fifth Army Rest Camps at Naples was perhaps
the most successful step toward maintaining high morale. Men received new
uniforms; hot showers were always available, and hot food was served at
any hour. There were movies and band concerts daily, and soldiers were
completely on their own so long as they maintained good behavior. From the
end of November on, divisions sent about three thousand men to the rear
every five days so that in little more than a month the entire personnel
would have a five-day rest away from the front line.
Traduzione"Fango
(Mud), Muli, e Montagne"le 3
M maledette
L’inverno stava dalla parte del nemico senza ombra
di dubbio. Di notte la temperatura scendeva
sotto zero dopo che i soldati si erano inzuppati d’acqua
durante il giorno, senza protezioni. Le malattie da raffreddamento falcidiavano i reparti
(in dicembre quasi 23.000 ricoveri). Per parare gli effetti negativi delle
avversità era stato distribuito in anticipo il Kit invernale (abbigliamento
pesante di lana), con coperte e ricambi di calze
(socks). Veniva distribuita doppia
razione di caffé e quando possibile pasti caldi e non la solita
razione K o
"10-in-1". I vuoti aperti dalle intemperie, anche se recuperabili, erano
maggiori di quelli del nemico. L'istituzione di campi di riposo a Napoli
era l’unica maniera per mantenere alto il morale. Gli uomini potevano
cambiarsi, fare docce e mangiare come Cristo comanda. Si andava al cinema
e altro … Dalla fine di novembre in poi, a turno, le divisioni mandavano
in retrovia gli uomini per cinque giorni. |
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"The Death Valley and
a Million Dollar
Mountain”
- La
valle della morte e la montagna da un milione di dollari -
Quando a
Kesselring, dopo l’8 settembre, venne posta la domanda (da Hitler)
“Si può resistere sei mesi nell’Italia
Centrale ?”, questi non ebbe difficoltà a
rispondere di si (ne resistette 8). Vista la natura del terreno e
l’”impegno” profuso dagli alleati non c’era difficoltà ad arretrare su
più linee di difesa attestate nelle valli che scendono quasi a tagliare
l'Italia in due. Mettendo in conto la stagione
invernale incombente, la viabilità alle spalle di queste linee di arresto
e la disponibilità di mano d’opera per attrezzare postazioni anticarro
e d’arma automatica si poteva fare. Il resto lo facevano i genieri che
aravano le linee ferroviarie, asportando traversine e binari (che andavano
a rinforzare bunker), e ne
facevano delle piste per fuoristrada. Demolivano ponti e case in
prossimità di strade e minavano tutto quello che restava in piedi.
Gli alleati si preparavano quindi ad incontrare, nel loro primo inverno di
guerra, uno scenario da incubo dopo che la loro campagna, ad esclusione di brevi
momenti, era sembrata una passeggiata. La prima di queste linee, oltre
Napoli, si chiamava Viktor e andava, da mare a mare, dalla foce del Volturno, a Caiazzo,
Telese, Campobasso e Termoli. Il 13 ottobre però gli americani avevano
sfondato a Caiazzo costringendo i Tedeschi ad attestarsi su un’altra linea
retrostante.
ATTRAVERSAMENTO DEL
VOLTURNO
Il 5 ottobre i primi mezzi corazzati alleati
erano arrivati alle sponde del Volturno. Napoli era stata abbandonata solo
qualche giorno prima dai Tedeschi dopo la rivolta. La 46a inglese si
disponeva alla foce, la 7a, i topi del deserto, a Grazzanise, la 56a
inglese a Capua, la 3a americana e la 36 e 45a a seguire a est verso la
confluenza del Calore. I tedeschi opponevano la 3a pzg, la 15a, la 26 pzg,
la Goering. Dal 14 al 18 ottobre l'ostacolo venne superato, nonostante la
foce e il corso mediano fossero esondati. Certi corsi d'acqua, anche
minori, erano attraversabili solo con carri getta ponte, di cui gli
alleati sentivano la carenza (la V armata possedeva solo un ponte di
barche). Gli equipaggi dei carri armati, sia inglesi che americani,
rimpiangevano le condizioni del deserto. Non si erano ancora abituati alle
limitazioni di movimento, di visibilità. Fu aumentato il numero dei
genieri, dei muli, delle unità da montagna, ma il futuro non era roseo.
…. Here all the bridges were down and the town of Capua was held in
strength by the Germans. Crossing a defended river is not an easy task for
an armoured division, so the job of forming a bridgehead was given to the
Queens Brigade. With them the Queens Brigade took 4th CLY, all the
Artillery and all the Divisional Royal Engineers to help them. The
Volturno is a wide, fast flowing river, with high banks, being swollen by
the recent rains at the time. The opposite (North) bank was defended by a
well-entrenched enemy with machine guns, supported by artillery, ranged
onto all the likely crossing points, and of course able to fire on any
units forming up for the crossing. After careful consideration the most
suitable place to force a crossing was selected as the village of
Grazzanise, seven miles west of Capua. Here a wooden bridge had only
partly been destroyed, leaving an 80ft span in the middle intact, but with
both ends demolished. Even with the river 240ft wide, flowing at 9 mph and
with 15ft banks, this location was deemed the best place for an assault.
For two nights patrols and swimmers probed the enemy defences, while the
Royal Engineers brought up Bailey bridges to span the gaps in the bridge.
However the bridge was still not considered strong enough to support tanks,
so bulldozers cut and levelled the banks so the tanks could try and find a
ford. During this time the Division was under machine gun and shell fire,
which was answered by 3rd RHA and a squadron of 4th CLY. The actual
crossing began on the night of 12th/13th October 1943, with the 1/7th
Queens leading. However, many assault boats were holed by shrapnel and
machine gun fire, or simply carried downstream by the current, thus
preventing a lodgement being gained. At 02:30 in the morning the Queens
tried again and by dawn they had gained a small bridgehead on the north
bank. By mid-day 'B' and 'C' companies were across and dug in and they
clung on during the rest of the day, into the night before the anti-tank
guns could be ferried across. The 4th CLY also found a crossing point just
upstream of the wooden bridge, suitable for their waterproofed Sherman.
After a bulldozer had crossed the repaired bridge it levelled the northern
banks, allowing 4th CLY to cross with all of the Regiment being across by
17th October. Only one tank needed to be recovered from the river by the
bulldozer. |
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Gli alleati avevano l'incubo della viabilità secondaria italiana. Per
loro le uniche percorribili erano le Highway !!, le strade statali |
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Ma prima di decidere di attaccare
frontalmente la Valle della morte, bisognava fare progressi sul massiccio
del Camino e del Sammucro (m. 1205) (Il versante adriatico era sempre
stato considerato sussidiario, per trascinamento. Lo sforzo principale era
esercitato dalla dorsale Appenninica alla costa tirrenica perché quella era la
strada più corta per Roma). Ci provò la 201° Brigata Guardie inglese il 7
novembre a Monte Camino aggirandolo dal versante occidentale. Il Comando del X° Corpo
le affidò l'operazione aggiungendo che,
secondo i rapporti dell'Intelligence militare, l'obiettivo era
"scarsamente difeso" !!. Alle 2 del mattino del 7 novembre il 6° Battaglione
"Grenadier Guards" cominciò ad arrampicarsi lungo le scoscese pareti del
Camino. All'alba, con una carica alla baionetta, le Guardie
conquistarono il loro obiettivo, quota 819, ma appresero con raccapriccio
che la Collina del Monastero, più alta e cima effettiva sui 1.000 m non
solo era fortemente tenuta dai tedeschi, ma dominava anche le loro
posizioni. Per i successivi quattro giorni le Guardie, assieme alla
Compagnia "F" del 2° Battaglione "Scots Guards" che li aveva raggiunti nella
giornata del 7, dovettero subire continui mitragliamenti, tiri di mortaio,
fuoco d'artiglieria e violenti contrattacchi. Ci si mise anche il
freddo, che non diede scampo ai feriti (parecchi dei quali morirono di
congelamento nell'attesa di essere evacuati nottetempo) ed ai combattenti.
La mattina del 11 novembre, quando cominciavano a scarseggiare le munizioni
venne l'ordine di ritirata il che richiese altre due compagnie del 2° Scots. Monte Camino (m. 960) fu preso
soltanto il 9 dicembre, un mese dopo, grazie ad una manovra aggirante di tutto il X°
cda. La si può considerare la tipica battaglia invernale sui
monti italiani, capace di mettere a dura prova la resistenza ed il
coraggio dei combattenti. |
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"Enzì.. vattinne.. curre..a Venafro mi' cuggina Serenella" - Le ultime
parole che la zia Giuseppa disse ad Enza furono queste, mentre moriva per
non aver lasciato solo Augusto. La giovane si avviò ancora piangendo verso
la statale, l'avrebbe costeggiata di notte, per non essere scoperta dalle
pattuglie tedesche. Quando qualcuno ti muore tra le braccia, non pensi
alle conseguenze, a sedici anni, e quando questo qualcuno è stata come una
madre per te chissà quali sogni farai, di notte. Enza quella notte, e
tutte quelle a seguire, non dormì per paura di fare brutti sogni. Riposava
un'ora o due in qualche grotta non ancora occupata, ma la sua mente
continuava a mulinare pensieri. Serenella, cugina di Giuseppa, era
scappata da Venafro per andare dai suoceri a Termoli, ma qui Enza trovò la casa
vuota e spoglia. Recuperato qualche straccio, una coperta tedesca in una
buca a lato della strada, tornò verso casa. Le fu impossibile anche solo
avvicinarsi al paese, al suo interno, ben trincerati, c'erano
asserragliati quattro battaglioni tedeschi. Tutto intorno mine e filo
spinato. Decise così di tornare su, verso le montagne dalle quali, calata
l'oscurità, poteva scendere verso le fonti a bere e cercare qualcosa da
mettere nello stomaco…... |
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36a divisione di fanteria Usa ((141,142,143°
reggimento).
The Thirty-sixth made significant contributions to the Allied campaign
in Italy and fought in two of the most controversial American actions of
the war at San Pietro and the Rapido River. In December 1943 two
battalions of the division attacked the German-held town of San Pietro.
To understand that winter’s campaign, picture a wine bottle. The cork
was a Cassino, and the lower Liri Valley was the long neck reaching up
to the stopper.
The 36th had to advance along the sides of the neck —
the mountains and craggy masses. Mount Maggiore came first.
It was named
“Million Dollar Mountain”
after the pulverizing barrage which devastated
its slopes. Massed artillery was turned on San Pietro, key to the German
mountain-crest line.
The first infantry assaults had been beaten back;
tanks trying to bull their way up the narrow roads had been annihilated.
San Pietro was nearly blown off the earth; it seemed that no German
could survive the bombardment. Yet, Germans lived under the stunning
blows, hid in the rubble, stood off the infantry that followed on the
heels of the barrarage. Only after doughs had come downfrom Longo
(lungo) and
Hill 1205 (Sammucro) on the flanks were the Nazis finally eliminated. |
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A corollario delle operazioni di Montelungo, della valle del Peccia, del
Camino e del Sammucro
dobbiamo citare il tentativo di sfondamento frontale nel settore del
paese di San Pietro Infine che controllava la via Casilina (stretta
o gap
fra il Sammucro e Montelungo) e che gli americani chiamavano
Death Valley
o
valle della morte. San Pietro Infine era un piccolo centro
agricolo campano al confine di Lazio e Molise, in quella che,
nell'ottocento, veniva chiamata Terra di lavoro, esattamente di
fronte a Montelungo e a 10 Km da Cassino Stazione. La diramazione
della S.S.6 per Venafro (dopo è S.S.85), Isernia e Termoli passava poco distante.
John Huston, il famoso regista
americano al seguito delle forze americane, racconta come il
centro di San Pietro Infine fosse un punto strategico per l'avanzata
delle truppe alleate, passaggio obbligato per proseguire la marcia. Su queste posizioni è nota la malaparata
di una
compagnia carri Usa (16 mezzi) scesa dal Passo delle Tre Torri lungo una strada in cui non si poteva manovrare, mandati molto probabilmente
da chi non conosceva bene i luoghi: con la montagna a
destra e la scarpata ripida a sinistra vennero presi d’infilata da una unità
controcarro tedesca che ne distrusse 12. I tedeschi erano attestati nelle
caverne della località Croce, all’entrata del paese di San Pietro, nelle
masserie sparse per le campagne, sulle pendici di Monte Sammucro (m
1205); da quei luoghi opponevano una dura resistenza, anche dopo la
presa di quota 343 (la controquota del Montelungo m 351), impedendo di
fatto alle truppe alleate di passare. In quel frangente il paese fu poi distrutto a tal punto
che l’antico San Pietro Infine fu riedificato più a valle.
“San Pietro Infine captured”.
Così, il 20 dicembre 1943, qualche
giorno dopo la battaglia titolava il Daily News. E il cronista rincarava
la dose:
“…i nostri soldati sono entrati nel paese di San Pietro
Infine situato ai piedi di monte Sammucro, respingendo i nemici tedeschi
verso Cassino… non una casa è rimasta in piedi ed io non so chi potrà
mai più viverci da queste parti… il nome di questo piccolo paese resterà
negli annali della storia militare americana e nessun soldato che vi ha
combattuto potrà mai dimenticarla.”
The Battle of San Pietro: John Huston's
landmark documentary about a pivotal battle in the Liri Valley of Italy
during World War II. One thing that makes this film so remarkable is
that it was not a well-known battle; another is it focused on the high
casualties incurred before the Allies seized this Italian territory from
the Axis Powers. U.S. officials once considered censoring the film
because of its starkness; however, this classic became so well respected
it was added to the National Film Registry in 1991. Also worth noting
are techniques Huston used to help complete the story of combat, such as
American troops always moving right to left on the screen, towards the
enemy. Directed by John Houston. 45/04DR JSCA 40 min
The Battle of San Pietro di John Huston è una pietra miliare nella
storia dei reportage militari e nel documentare il combattimento chiave
che portò le armate alleate di fronte a Cassino e poi Roma. Una cosa che
fa eccezionale questo film è che lo scontro rimase poco conosciuto
incentrandosi la propaganda di guerra su ben altre imprese. I funzionari
americani che davano l’ok alla diffusione lo censurarono per la crudezza
delle scene ma nel 1991 venne aggiunto al National Film Registry.
Particolare anche la tecnica di ripresa e l’ironia sottesa “as American troops always moving right to left on the screen, towards the enemy”.
45/04DR JSCA 40 minuti
The Battle of San Pietro is one of the best
war films ever made and, unexpectedly, instead of serving solely as U.S.
government propaganda, it has also become one of the greatest pacifist
films ever made. A record of the tense and bloody battles for the Liri
Valley in Italy in late 1943, it details the heroism and suffering of
one infantry regiment.
La Battaglia di San
Pietro è uno dei migliori film di guerra mai fatti e (proprio per le code
dette prima) invece di servire la propaganda divenne simbolo di
pacifismo. Come dettagliato reportage sui combattimenti della Valle del Liri ci documenta in maniera intensa l'eroismo di un reggimento di fanteria della 36a
divisione. |
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Il generale Clark, alle forze italiane:
“Desidero congratularmi con gli
ufficiali e soldati al vostro comando per il successo riportato nel loro
attacco a Monte Lungo e su quota 343. Questa azione dimostra la
determinazione dei soldati italiani a liberare il loro paese dalla
dominazione tedesca, determinazione che può ben servire come esempio ai
popoli oppressi d’Europa.” |
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S. Pietro Infine
(Caserta) dalla
galleria fotografica di Omar di Leonardo
http://www.centoventesimo.com/iniziative/sanPietroInfine/index.htm |
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E siamo sulle linee arretrate Barbara e/o Bernhard (ma qualcuno la chiama Reinhard
e le da un percorso incrociane) da Vasto per Colli del Volturno, Venafro per arrivare a Mondragone sulla costa tirrenica. I fiumi in piena, le strade
impraticabili dopo che vi erano passati decine di mezzi corazzati, le
buche dei colpi d’artiglieria facevano di questo fronte ormai una
succursale dell’inferno. Punto di forza della Linea Bernhard, che
precedeva di pochi chilometri la Linea Gustav (Montecassino), era la stretta di
Monte Lungo, attraverso la quale passava la strada statale S.S.6 Casilina.
Monte Lungo (un lungo colle a forma di balena) si trova al centro di due importanti rilievi montuosi, i
massicci del Camino e del Sammucro. Il terreno su cui si preparava la
resistenza agli alleati che avanzavano era stato scelto dal generale
tedesco Hube, che aveva il comandato il XIV° Corpo d’Armata prima di
essere trasferito sul fronte orientale (viene sostituito dal generale
Frido von Senger und Etterlin già visto in Corsica). Hube riteneva la Linea Bernhard più
favorevole alla difesa di quanto lo fosse la retrostante Linea Gustav. Nei piani degli alleati lo sfondamento della linea d’inverno
germanica (Winter Line, così gli alleati avevano ribattezzato la linea
che passava per Monte Lungo), era suddiviso in più fasi: per prima cosa
doveva essere forzato il fronte destro per chi si difende (tedesco) il cui punto di forza era
il massiccio del Camino (ma qui troviamo anche i Monti Maggiore Q. 588 e Defensa), infine lo sfondamento al centro lungo la Casilina (o S.S.6)
dopo aver eliminato il problema S.Pietro. L’attacco venne sferrato in dicembre dal X° Corpo Britannico che
faceva parte della Vª Armata di Clark. I tentativi furono svolti dalla 46ª
e 56ª divisione di fanteria. E si conclusero questa volta con notevoli perdite inglesi
e la ritirata di elementi della 15ª pzg. dal massiccio del Camino. Preso il monte Camino (ma
solo il 9
dicembre) il generale Clark decise di sfondare la linea con un attacco
simultaneo che investisse sia Montelungo che il Monte Sammucro con
l’occupazione del villaggio di S. Pietro. La conquista di
questi obiettivi fu affidata alla 36ª divisione di fanteria americana del
generale Fred L. Walker (Guardia nazionale del Texas) e al 1°raggruppamento
motorizzato italiano. Una cosa però è gia rilevabile. Quando parte
l’attacco della 36a e degli italiani, l’8 dicembre, Monte Camino non è
ancora sgombro e solo il 9 anche Rocca D’Evandro sul rovescio
settentrionale è liberato. Dato per “scontato” l'esito, gli uomini, dopo
aver sostato nella zona di partenza sotto i colpi dei
mortai tedeschi si inerpicano la mattina dell’8 dicembre sulle prime
quote di Montelungo, nella valle percorsa dalla Ferrovia per Roma (la
vecchia linea via Cassino). |
Primo Raggruppamento Motorizzato
67° Reggimento Ft. Legnano su 2 battaglioni + il LI
bersaglieri a.u.c. 1 battaglione controcarro su 2 cp. Cannoni 47/32 e 1
lanciafiamme 11° Reggimento artiglieria su 2 gruppi da 75/18-1 da 100/22
e btr aa. 20 mm genio e sezione carabinieri |
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Ma sentiamo direttamente dalla testimonianza del Magg. Enea
Castelli comandante della 3° compagnia moto del LI battaglione Bersaglieri
d’istruzione AUC. come andarono le cose prima dell’assalto.
“7 dicembre, massacrati dalla fatica e inzuppati
d’acqua giungiamo, alle 18, sotto il tiro dei mortai tedeschi (La sera del
7 dicembre i nostri soldati raggiunsero, in autocolonna, il bivio di
Presenzano e, di qui, proseguirono a piedi per le basi di partenza). Siamo vicini
al comando di battaglione che con la 1a compagnia di riserva si è
sistemato sulle pendici (NE) di Monterotondo. Ci si dispone alla meglio sotto
gli alberi spogli e fra gli sterpi. La 2° è gia andata avanti lungo una
mulattiera che scende col torrente Peccia dal massiccio alla nostra
Sinistra. Alle 22 s’inizia , infernale, la preparazione d’artiglieria che
continuerà tutta la notte e mentre passano le ore penetra sempre di più
negli uomini tramortiti e intirizziti la convinzione della nostra
inferiorità”. (Alle 17.15 del 7 la 2 cp. comunica, a mezzo
fonogramma che una pattuglia di quattro uomini, uscita in perlustrazione
in Contrada Reg. Selva, è stata fatta segno a fuoco di armi automatiche).
I reggimenti della 36° divisione si sono intanto disposti: il 143° a destra per
San Pietro, sempre a destra il 141° sui contrafforti di Monterotondo (ed a Quota 950, a destra del Sammucro un
battaglione Ranger) e il 142° sulla nostra sinistra sui contrafforti di Monte Maggiore.
Noi al centro. Al comando del contingente italiano il Col. Bonfigli del 67° fanteria Legnano che aveva qui 3 compagnie in totale
circa 1600 uomini con una aliquota del V controcarro 47/32 sempre i soliti
elefantini, che non si sapeva a
cosa servissero in questa circostanza, due plotoni artieri per i campi
minati e due sezioni da 20 mm. Di fronte avevamo il III Btg del 15° rgt
della 29a Pzg. sotto organico. Come era piazzato questo reparto lo
impareremo presto. |
Così Clemente Primieri illustra i combattimenti
verificatisi su |
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Montelungo con la partecipazione del 1° Raggr.
motorizzato italiano: “ … l’unità, agli ordini del generale Dapino, riceveva l’0rdine dal
Comando della 5°armata di trasferirsi dalla zona addestrativa di
Maddaloni a quella di combattimento di Mignano Monte Lungo per
affrontare la prova nel nome d'Italia, al grido di “Roma o morte”.
Incorporati fra le valorose truppe della 5°armata americana (Gen. Clark), gli italiani sostituiscono nella notte dal 6 al 7
dicembre 1943 i reparti del 142° reggimento americano, schierati a
cavaliere della rotabile e della ferrovia Napoli-Cassino-Roma. Il
mattino dell'8 dicembre, festa dell'Immacolata, dopo 24 ore dal loro
arrivo in zona, fanti del 67° reggimento fanteria «Legnano»,
bersaglieri del LI Btg. d'istruzione AUC,
artiglieri dell'11° « Mantova », carabinieri,
genieri, autieri, compresi dell'arduo compito loro affidato, sono
schierati dinanzi a Monte Lungo pronti all'attacco. Monte Lungo, così
chiamato per la sua forma allungata, è messo a sbarramento naturale tra
le depressioni di Mignano e di Cassino. Monte Lungo è un roccioso dosso
di pretta natura carsica, privo di vegetazione, ondulato, con gibbosità
sempre crescenti verso le posizioni nemiche e culminanti nella quota
343. Esso è reso imprendibile dalla capacità combattiva del III
battaglione del 15° reggimento Panzergrenadiere, rinforzato da reparti
della divisione « Goering ». Alle ore 6,20, mentre l'artiglieria
italiana effettuava la preparazione, bersaglieri e fanti si lanciarono,
garibaldinamente, all'assalto nella nebbia stagnante. Contrattaccati
violentemente sulle posizioni raggiunte, sotto
l'implacabile e preciso fuoco avversario, non mollarono. Gli episodi
di eroismo furono numerosi e tanto più degni di rilievo se si tiene
conto della eterogeneità dei reparti e del mancato ambientamento. Poi la
nebbia si dirada; il tiro si fa preciso e micidiale: un furioso corpo a
corpo è in atto quando gli uomini della Goering
contrattaccano con ferocia. Questi ultimi cavallerescamente diranno poi
che gli italiani si sono battuti da leoni, e quando, dopo le prime ore
dell'8 dicembre potemmo rastrellare il terreno, riconoscendo tra i
caduti truppa italiana, “comprendemmo”. Era la truppa dei sottotenenti Camparota e Cederle orribilmente colpiti a morte; erano gli allievi
ufficiali, che, ancora adolescenti, lasciati i banchi del liceo, avevano
sostenuto il più duro esame per essere promossi nell’eletta schiera
degli eroi.” |
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Nonostante il parere contrario d'alcuni ufficiali americani venne dato
l'ordine di attacco frontale. La zona è coperta da una fitta nebbia che
impedisce l'osservazione del tiro e che riduce gli effetti del fuoco. Alle
06.20 i fanti del I Battaglione del 67° Reggimento cominciano ad avanzare
verso quota 253, mentre la 2° compagnia del cap. Visco del LI Battaglione bersaglieri,
l’unica impegnata, partendo da Colle S.Giacomo avanza sulla sinistra a cavallo della ferrovia.
L'avanzata dei fanti è ostacolata dal violento fuoco di reazione del
nemico e dalla perdita dei collegamenti con il comando di reggimento, ma
grazie alla copertura offerta dalla nebbia (ma spiovvigina anche) le tre compagnie del I / 67°
riescono a superare l'obiettivo intermedio posto sulla dorsale di Montelungo a quota 253 e ad assumere la formazione d'attacco.
Contemporaneamente la 2a compagnia bersaglieri dalle 7 è sotto il fuoco proveniente dalle posizioni sul Monte Maggiore
non ancora conquistate dagli americani: I tedeschi praticamente scendendo
da Monte Maggiore e passando alle pendici di Montelungo avevano incrociato
gli Italiani. Inaspettati, gli italiani subiscono perdite ingentissime ... Al
sorgere del sole la nebbia si dirada fino ad illuminare tutto il campo
della battaglia.
La reazione tedesca su Monte Lungo raggiunge l'apice della violenza
proprio mentre i fanti italiani conquistano le prime postazioni di quota
343. Quando l'obiettivo sembra essere stato
finalmente raggiunto la violenta e inaspettata reazione tedesca costringe
gli italiani a ripiegare. La 2 cp. ripiegata all’altezza del cimitero di
Mignano, viene sostituita dalla 1 cp. (Ten. Moiso Giuseppe). Con
fonogramma a mano in partenza alle 12.45 il Com.te del 67° Ft. ordina che
il Comando di Btg. con la 3 cp. si porti presso il posto comando del 1°
Btg. ai piedi di q. 253 di M Lungo, a disposizione del suddetto comando di
Reggimento. Due compagnie del II / 67° rilevano i propri commilitoni sulle
posizioni occupate a quota 253.
Così sempre nelle parole di Castelli.”L’attacco avvenne di slancio
perché fidavamo nella preparazione delle artiglierie e della nebbia…. Il
fianco sinistro ove agiva la nostra 2° compagnia fu preso tra due fuochi,
quello frontale e d’infilata sulla sinistra, per l’improvviso svelarsi da
questa parte di un reparto tedesco che, per evitare di essere tagliato
fuori stava ritirandosi dalle basse pendici di Montemaggiore per
ricongiungersi con quelli di Montelungo. La compagnia fu quasi totalmente
distrutta, perdendo il 90% degli effettivi. Stessa cosa o quasi era
successa ai fanti sulla destra. I rincalzi dei fanti e dei bersaglieri
allora vennero avanti per consolidare almeno la conquista di quota 253
trampolino di lancio per una prossima offensiva ” La terza era giunta
al fronte con le moto che affondavano nel fango. Nel momento che le cose
si mettevano male fu spinta avanti (perse 4 ufficiali e 15 feriti) e portò
a braccio gli ultimi superstiti della 2°.
Pier Antonio Muttoni, un altro dei sopravvissuti, ha
raccontato come si svolsero quelle ore disperate:
"All'improvviso " la
nostra compagnia bersaglieri allievi ufficiali che avanza allo scoperto
con il compito di appoggiare sul fianco sinistro l'attacco del I
battaglione del 67° fanteria, viene sorpresa da un violentissimo fuoco di
mitragliatrice e di mortai... sparano da tutte le parti... dalle postazioni
che sono di fronte a noi molte delle quali in caverna e dal fianco (Monte
Maggiore), anche dal terrapieno della linea ferroviaria. Le perdite sono
rilevanti. Cadono per primi, ancora con le armi in spalla, un gruppo di
giovanissimi allievi dell'accademia navale da poco arrivati al
battaglione (di nove muoiono Bornaghi, Luraschi, Morelli, Santi, Sibilla). Sulle taglienti rocce di Monte Lungo fanti e bersaglieri
gareggiano con i proiettili cercando di schivare le micidiali traccianti
nemiche che li inseguono saettando nella nebbia”.
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..tornavano i pochi superstiti della seconda compagnia sorreggendosi a
vicenda .. feriti … storditi …vacillanti…lo sguardo allucinato …frasi
spezzate …e i nomi dei morti … cinque dei nove ragazzi della Accademia
Navale di Brindisi che si erano arruolati volontari nel LI … e gli altri
…. tanti altri ….La terza va avanti.
Così nel racconto di Leone Orioli:
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Mostrina Auc. Montelungo |
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Raggiungiamo l’obiettivo, sul costone roccioso del monte. La tensione si
allenta, esplode la stanchezza: ma non c’è tregua. Nella notte, l’urlo di
un ferito è improvviso e terribile …. aiuto …. mamma …. ho sete …. voglio
bere prima di morire ….Siamo impietriti: non sappiamo dove sia il ferito,
e sospettiamo anche una trappola dei tedeschi. Dopo un momento
d’incertezza il capitano Castelli, che è sempre stato in testa alla
compagnia, decide …. si va a cercare il ferito. Mi dice di preparare la
squadra: nel frattempo riceve l’ordine di inviare una pattuglia sulla
quota 253 di Montelungo, e manda la mia squadra sul nuovo obiettivo. Il
capitano andrà personalmente, con altri bersaglieri, a cercare il ferito,
e lo salverà: è Gianni Della Valle, della seconda compagnia, ferito al
torace, sopravvissuto in mezzo ai morti. La mia squadra dunque s’inerpica
sul monte, verso la prima vetta, la quota 253. Su quella vetta, adesso, è
eretta la statua dell’Immacolata, la Madonnina di Montelungo. Nel buio,
tra gli anfratti della roccia, avanziamo cautamente, a breve distanza
l’uno dall’altro - Gianni, che mi segue, ad un certo punto perde il
contatto: sempre salendo, cambia direzione, scorge davanti a sé una sagoma
china, pensa di avermi ritrovato e sussurra … leo … leo … la sagoma non
risponde … e Gianni, ormai vicino, la scuote …… è un tedesco morto, che
l’urto rovescia a terra ……e Gianni inciampa poi in un secondo morto,
tedesco … …E’ ancora sconvolto, quando poco dopo ci ritroviamo. I tedeschi
avevano abbandonato la posizione: ci appostammo sulla vetta raggiunta.
Nella notte recuperammo un fante del *sessantasettesimo* che, in evidente
stato confusionale, vagava nella terra di nessuno, alla ricerca dei suoi
compagni ….c’è la settima lì ? . ripeteva .. dov’è la settima ? … E giunse
l’alba del 9 dicembre 1943,… là, in fondo, ai piedi del monte, tra il
Peccia e la massicciata della ferrovia, appare il campo di battaglia della
*seconda* …. e tutti i compagni caduti ….poveri corpi abbandonati come
tanti cumuli di fango. |
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CONTINUA ALLA 2a PARTE >>>>>>>>>>> |
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