MONTELUNGO 16
DICEMBRE 1943
l'assalto finale
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2a parte
"Merita la
libertà soltanto colui che la conquista giorno dopo giorno " W.
Goethe
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Il fucile americano più famoso della
guerra era l’M1 conosciuto in seguito come Garand dal nome del suo
progettista John C. Garand 1888-1974. Fra il 42 e il 45 ne furono
costruiti oltre 4 milioni di pezzi. |
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"Radioscarpa" trasmetteva notizie pessimistiche. I fanti del 67° erano
rientrati sulle posizioni di partenza dopo aver subito perdite gravissime;
la 1a Compagnia bersaglieri era pure bloccata sotto un tiro incrociato e la
2° era stata praticamente distrutta. … Venne l'ordine di togliere la
mantella grigioverde perché simile a quello delle divise tedesche;
confondeva l'artiglieria americana e gli osservatori aerei. Ci riempimmo i
tascapani di bombe a mano, ci aiutammo vicendevolmente ad issarci sulle
spalle le cassette di munizioni, i fucili mitragliatori e le poche
mitragliatrici. I1 capitano infilò un sentiero e dietro in ordine sparso
lo seguirono i plotoni. Dopo meno di un chilometro incontrammo i resti
della 2a compagnia comandata dal capitano Visco. Era una scena
terrificante che nessuno potrà mai dimenticare. Si trascinavano i ragazzi
con orrende ferite sorreggendosi l'un altro. Taluno aveva un moncherino
scoperto; tenuto stretto dalla cinghia dei calzoni o della borraccia, tal
altro aveva delle mutilazioni che a noi sembravano mostruose. 1 pochi
indenni avevano improvvisato delle barelle di fortuna e trasportavano con
fatica coloro che non erano più in grado di camminare. "Non andate avanti
non andate avanti! E' impossibile andare avanti!"
http://www.jollyrogerxxx.it/MONTELUNGO.htm
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Ass. Reduci LI Btg. Bersaglieri A.U.C.
“Montelungo 1943”
www.dalvolturnoacassino.it
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La mattina dopo (9 dicembre) la 1a cp resta
attestata a cavallo della ferrovia lungo la valle del Peccia. La 2 cp , in
posizione arretrata a cavallo della ferrovia, costituisce ora rincalzo di
Btg. Si cerca di tenere un contatto con pattuglie (bigiornaliero) sui
sentieri che portano alle postazioni dei reggimenti di Fanteria Usa e del
67° Legnano (c’erano quindi varchi e intervalli). Si va avanti così fino
al 13 quando una pattuglia uscita in ricognizione ha recuperato un tedesco
ferito che da otto giorni si trovava in una buca. Il 14/12/1943 l’azione
di disturbo del nemico con artiglieria e mortai si è notevolmente
accentuata. Una pattuglia formata dal Capitano Natale, dal Ten. Moiso, dal
Serg. Magg. Di Scioscio e dal all. Maucci, uscita alle ore 9 per
ricognizione di una base di partenza, cento metri prima della “Casetta
Rossa” si è imbattuta in una pattuglia nemica, discesa probabilmente da q.
343 di Monte Lungo. Mentre uno dei componenti alzava le mani, un altro
sparava raffiche di pistola mitragliatrice contro il Ten. Moiso che
rimaneva illeso. Immediata la reazione della nostra pattuglia che chiudeva
il problema. Arrivano nuovi ordini per il 16. La nostra azione sarà
preceduta da quella del 142° Rgt. Ftr. Americano e dall’azione del 141°
Rgt. Ftr. Americano e di una comp. Carri Americana che il giorno 15
attaccheranno con obbiettivo S.Pietro Infine. I pezzi controcarro da 47
vengono rispediti indietro e sostituiti da 2 squadre mitraglieri (51° Bers.)
– 2 sq. mortai da 81 (1°/67°) e 2 fuciloni “S” (51°.) con relativo
munizionamento. Il 16 il tempo è bello. |
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L'azione dell'8, nonostante
l'organizzazione "minuziosa !" che prevedeva la caduta degli obiettivi da
destra verso sinistra, Q. 950, il Sammucro, San Pietro Infine e quindi
il Monte Lungo, andò esattamente al contrario. Le perdite furono di 47
morti, 102 feriti. I 151 dispersi complessivi si disse erano disertori. Molte cose erano successe agli
italiani. I tedeschi avevano minuziosamente progettato il campo di
battaglia con muretti, foxhole (che sarebbero le tane di volpe,
postazioni individuali raso terra, invisibili da scoprire dalla
ricognizione e da chi attacca) e settori di tiro per armi automatiche.
Qualsiasi tiro di artiglieria o mortaio è inefficace se non centra la
buca, cosa molto improbabile. Il collegamento con il comando tramite
l’unico !! telefono da campo era saltato per strappo dei fili.
ll Fiume Garigliano, oltre Montelungo, segna il confine fra Lazio e Campania. Il Garigliano è
formato dall'unione dei fiumi Liri e Gari-Rapido. Affluente di sinistra
il fiume Peccia che scende dal massiccio del Camino. |
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Chi osserva la foto di Montelungo (1a parte),
scattata probabilmente da un aereo in volo con visuale da Nord
verso Sud, ha una chiara visione
di come stessero le cose. La sommità di quota 351 era un
osservatorio privilegiato da cui disporre tiri, spostare reparti,
ordinare incursioni aeree etc.
Una cosa
da li non si poteva vedere, gli
attacchi ai piedi del massiccio e in costa sulle quote più basse. Montelungo viveva in funzioni dei due contrafforti
sui
fianchi (Sammucro 1205 m. e Camino 960 m.),
senza quelli rischiava di diventare una trappola. Non ci misero
molto i tedeschi a decidere di lasciarlo quando le notizie
giunte dal fronte diedero per perse le due cime. La
valle della morte, quel pezzo di Casilina rinserrata fra Montelungo e San Pietro, assomigliava più a quei canyon in cui, a caccia
di pellerossa, si
infilavano i soldati blu (vedi
il film "Massacro di Fort Apache") che a una
situazione reale. Del resto il Cinema è finzione, lo si fa per dare
tensione allo spettacolo. Certo prendere una montagna richiede
impegno, mezzi e tempi, ma era qui che si misurava quanto eri bravo. Nella valle della morte non si
avventurò nessuno e quando gli alleati passarono coi loro tank i pochi
indigeni usciti da sotto le macerie fecero festa. La
settimana che segui l’8 non passò invano. I tedeschi buttavano
nella mischia
quanto avevano di meglio, cioè poco e gli alleati progettavano un
nuovo attacco questa volta a tenaglia, facendo sfoggio di tutta
l’artiglieria che possedevano. Il 15 dicembre, mentre annotta, il
142° rgt Usa si inoltra sul fianco di Monte Maggiore (m 588). E’ buio
e non c’è luna. Di giorno sarebbe stato impossibile, li avrebbero
visti con la vegetazione spoglia (I boschi cedui erano un problema anche per
i partigiani. D’estate passi inosservato,
d’inverno diventi un bersaglio).
16 dicembre 1943-l'assalto finale
All’alba del giorno 16 (le giornate erano più corte) la 1 cp. (Ten
Moiso) – il Plot. Artieri – la Comp. Comando ed il Comando di Btg. si
portano al coperto nei pressi di q. 110 (mulattiera Mignano – Colle S.
Giacomo per l’assalto a q. 343. . La 2° e 3° cp. sono pronte ad agire
tempestivamente in appoggio della 1 cp., seguendo lo stesso itinerario.
Alle 10.30 fanti e bersaglieri italiani, preceduti da 45 minuti di
preparazione della nostra artiglieria, ripartirono all'attacco del monte,
questa volta con le spalle coperte dal 142° reggimento. La 1 cp. inizia
l’attacco a cavallo dell’impluvio che da q. 343 scende a Ponte II Peccia
(ponte ferroviario sul Peccia). La reazione avversaria non si fa attendere
e i tedeschi lasciano sul campo 4 morti e 5 prigionieri. Quelli sfuggiti
alla cattura cadono poi nelle mani delle pattuglie americane che
raggiungono q. 351. Alle ore 12.45 la compagnia raggiunge la quota 343. Il
nemico, minacciato di fronte e di fianco, ripiega a scendere verso la Casilina. Alle ore 13.30 si prende contatto col 142 Rgt. Ftr. Americano,
operante sulla sinistra. Conquistata la quota (La nostra Bandiera e quella
americana sventolarono, per la prima volta unite, sulla cima del monte) il
Comandante del Btg. ordina alla 2 e 3 cp. di raggiungere il rovescio S.E
di q. 343 (quello che guarda la Casilina.) mentre la 1 cp. resta a
presidio della quota stessa. Il movimento del Btg. è stato effettuato
sotto l’intenso fuoco di repressione dell’artiglieria e dei mortai che il
nemico eseguiva sulle posizioni perdute. I combattimenti costarono 79
morti e 89 feriti. Da parte italiana si registrarono 6 morti e 30 feriti
(ma altre fonti dicono 10 e 38). Il 17 mattina San Pietro Infine era stata
abbandonata, ora restava solo da scoprire dove i tedeschi avessero fissato
l’ulteriore linea di resistenza. |
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IL DOPO BATTAGLIA |
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I tedeschi s ritiravano verso Cassino e da qui volenti o
nolenti, bravi o meno bravi, ci vollero 5 mesi per sloggiarli.
Alle manifestazioni di compiacimento di Clark se ne erano aggiunte
altre - "ho udito da parecchie fonti del magnifico comportamento
delle vostre truppe, vi prego di estendere ai vostri ufficiali e
soldati le mie congratulazioni per l'entusiasmo, lo spirito e il
magnifico coraggio dimostrato" (Gen. Walker), ma i dubbi sulle
reali possibilità italiane restavano. Del resto era come se un
battaglione della Guardia Nazionale degli Usa fosse stato preso senza alcuna acclimatazione all’ambiente e mandato contro un
equivalente tedesco con 4 anni di guerra sulle spalle. Da notare
che noi non avevamo avuto l’appoggio morale, che nessuno comunque
s’aspettava. Qui sorvoliamo di come era vestito (vecchie divise) e attrezzato (fucile 91) il soldato italiano di Montelungo per
puntualizzare ancora due cose. Dapino sicuramente divenne il capro
espiatorio di una situazione su cui lui non poteva influire. Non
ci risultano Briefing e verifiche di informazioni militari che
descrivessero il reale campo tattico (perché c’erano ancora
tedeschi sui fianchi di Monte Maggiore?). Di errori in questo
senso erano due mesi che se ne commettevano, con relativi Flop
militari.
Gli italiani non fecero altro che fare quello che qualsiasi
reparto alleato avrebbe fatto, semmai le perdite sarebbero state
minori. L’operazione nel suo complesso fu molto raffazzonata dal
II cda e questo non dipendeva certo da noi, che non potevamo
su questo e su tante altre cose mettere becco.
Diceva Dapino "se
non era stato un successo, era stato però un onore".
Di più
non si poteva dire. Ben
diversamente la pensavano gli allievi Auc che nel nostro caso non
possiamo considerare come il solito e semplice soldato semianalfabeta
italiano. La situazione era stata presa male
dalla truppa. Se questo è il buongiorno, chissà come sarà il
pomeriggio. Che gli americani o alleati (perchè bisogna tener
conto dell'influenza inglese a noi avversa, ci consideravano da
sempre una sotto colonia) volessero infinocchiarci era
evidente. Se volevano con questo dimostrare ai nostri comandi che
nessuna cooperazione belligerante era possibile, altro non
facevano che Hitler non avesse già fatto per 4 anni (le conoscevamo bene
queste considerazioni). Che i comandi italiani
fossero infestati da ex traditori, non deponeva a nostro favore ma
al loro. Come erano buoni ad assolvere queste persone così erano
determinati a definirli uno zero assoluto dal punto di vista
militare. Il morale nei reparti era al limite
dell’insubordinazione, tanto che molti se ne andarono proprio (50
dal LI), le definivano assenze arbitrarie, ma Utili voleva
procedere ad una decimazione nella più classica delle tradizioni
(dalla rete).
Mentre i superstiti si avviavano verso le retrovie senza alcuna
prospettiva (avevano perso più di 400 persone e non avevano
rincalzi) le considerazioni sui reparti alleati si sprecavano.
Polacchi, marocchini (nella zona di Venafro) se la spassavano
sicuramente meglio di loro (I francesi avevano fatto venire anche
le prostitute per tenere alto il morale ed impedire, come poi
faranno, di andare a fare disastri altrove).
Era la Vigilia di Natale “…. Incrociammo una lunga
colonna di soldati marocchini auto trasportati ed auto trasportati
erano anche i loro cavalli. Procaccini usò un pesante gergo da
caserma e soggiunse: "Siamo trattati peggio dei cavalli
marocchini".
Parisi gli rispose "i cavalli marocchini non hanno ancora perso la
guerra né firmato l'armistizio". Ci mettemmo a ridere con il cuore
colmo di tristezza”.
Piantina
Italia centro meridionale ott/nov 1943
http://www.lib.utexas.edu/maps/historical/naples-foggia_allied_1943.jpg
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La Casilina (SS6). Parte da
Porta Maggiore a Roma e collega e collegava in epoca Romana il centro Italia
al Sud. Il nome deriva da Casilinum, l'odierna Capua. La
distanza fra Roma e Casilinum era di 129 miglia con la via Appia,
135 con la vecchia via Latina che passava per Venafro. Gli
americani chiamavano Highway queste strade normali. |
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ricostruzione ferroviarie postbelliche http://users.libero.it/alessandro.tuzza/italy/2_3_3.html |
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Il 19 dicembre in un riquadro
alle falde di M. Lungo vengono sepolti i 21 caduti. L’ordine ora è di
rientrare nelle linee, oltre Venafro dalle parti di Sesto Campano (la
Notte
di Natale la passeranno a Durazzano su paglia e fieno). Un mese dopo col
nuovo comandante Gen. Utili la consegna delle ricompense al V.M. ai
militari del 51°Btg. che si sono distinti in combattimento: 4 medaglie
d’argento, 6 bronzi, 8 croci di guerra.
A Mignano Montelungo sono sepolte
975 salme della guerra di liberazione, provenienti dai vari cimiteri di
guerra sparsi lungo la penisola fino alla linea Gotica. Il numero, che non
raggiunge neanche lontanamente quello degli alleati, è ugualmente alto se
si considera che l'Italia per quasi un anno (dic. 43-sett. 44) non ha
potuto schierare più di una divisione. I caduti del C.I.L sono al centro,
quelli del I Raggruppamento Motorizzato, caduti a dicembre del 43, sono ai
lati della Cappella. Nel Sacrario riposano anche le spoglie del Generale
Umberto Utili (morto nel 1952), che comandò il Raggruppamento poi le nuove
unità costituite fino al Gruppo Legnano. |
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Quando si confrontano le dotazioni
italiane e Usa è sempre una sequela di piagnistei. A torto o a ragione,
senza entrare nel dettaglio di tutti i capi mi soffermo sulle calzature,
che molti sognavano in cuoio anche se poco flessibili, nel senso che
esistevano quelle per tutte le missioni, salvo i parà o gli alpini
(nostri) che
le portavano chiodate (Il chiodo trasmetteva il freddo al piede
con conseguenti congelamenti). Gli
scarponcini di cuoio o i gambali come avevano i Bersaglieri non potevamo
permetterceli per tutti. Per questo la guerra l'abbiamo cominciata con
le fasce gambiere, con la lana che non era lana, il cuoio che poi non era
cuoio, bensì Cuoital miscela di cascami di cuoio sfibrati con
latex e vulcanizzati. Gli facevano concorrenza il Sapsa della Pirelli
(cascami di cuoio macinati e lattice di gomma) e il Coriacel (cascami di
cuoio, fibre vegetali e collanti).. etc. . Ancor oggi se comprate una
cinghia per pantaloni e spendete poco vuol dire che è fatta con questo
cuoio autarchico. Dalla famosa suola in Vibram dei rocciatori del
Montercervino scendeva il mito della scarpa tecnologica, che non poteva
essere a ragion di logica italiana;
ma Vibram sta per Vitale Bramani,
l'italiano che l'aveva appunto inventata nel 1936.
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GLI SCARPONI YANKEE |
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I problemi degli americani con la gomma
fino alla fine del 42 li abbiamo visti in altri capitoli, ma quando
arrivarono con i loro anfibi e la suola in gomma lasciarono tutti di
stucco. Ma gli anfibi (scarpe
anfibie !!?), come li conosciamo noi dal dopoguerra, non erano
disponibili per tutti, li avevano in pochi.
Gli scarponi modello
43 (del novembre 43 sopra a destra), abbinati alla nuova divisa,
vanno in distribuzione molto tardi, qualche calzatura di questo tipo si
incomincia a vedere in Normandia nel 1944, ma molti termineranno la
guerra ancora con le ghette (sopra a sinistra che avevano sostituito le
fasce gambiere di lana a noi ancora note) allacciate sotto le scarpe. Le
ghette era un capo già conosciuto in Italia e dismesso !!!.
Ma come si faceva a passare dal vecchio modello al Mod. 43 (foto a
sinistra in cuoio chiaro il gambaletto aggiunto) in tempi brevi saltando
la sussistenza: Semplice: si cercava
un bravo ciabattino italiano e lui con i modesti mezzi a disposizione, fibbie e
pezzi di cuoio ti ricavava la versione
fuori ordinanza mod. 43. Il risultato non era proprio preciso, ma
era meglio di niente. Non per
niente poi gli italiani fecero le scarpe agli americani. |
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Nurse Corps
Il sito per finalità e spazio
non si è dilungato sulla logistica alle spalle della armate alleate,
che in ultimo fecero la differenza con quelle del Reich. Il panorama
sarebbe così ampio che richiederebbe un impegno e una comprensione al di
fuori della portata di molti. Se la prima linea soffriva e si rendeva
veramente conto cosa fosse la guerra nel mediterraneo da oltre un anno,
una incredibile storia riguardante le seconde linee, quelle della
sussistenza e dell'intervento sanitario era in corso da oltre un mese
sulle montagne d'Albania. Solo la perseveranza, la volontà e il duro
addestramento permisero a questo gruppo di reimbarcarsi dopo 3 mesi di
peripezie per Bari. |
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The winter rains, which usually arrive in southern Italy in November, came
one month early in 1943, making it very difficult to maintain adequate
medical facilities under canvas. Continuous bad weather caused one of the
most famous incidents in Nurse Corps history. On 8 November 1943, a C-54
ferrying thirteen flight nurses and thirteen medical technicians (corpsmen)
of the 807th Medical Air Evacuation Transport Squadron from Sicily to Bari
on the east coast of Italy ran into severe weather. The plane lost radio
contact, the compass failed, and the pilot became disoriented in the storm.
Icing finally forced the plane down in the Albanian mountains far behind
German lines. Partisan guerrillas found the Americans and took them to a
nearby farmhouse. That night the flight crew set fire to the plane to
conceal traces of their presence in the area. The partisans escorted the
fugitives through the mountains on foot to safety behind Allied lines. In
bitterly cold weather and blinding snowstorms, the small band made a
hazardous, two-month journey covering 800 miles. The escapees suffered
from frostbite, dysentery, jaundice, and pneumonia, but all the nurses
except three who were separated from the main body of the group arrived
safely at Bari on 9 January. The three missing nurses faced different
hardships. A German unit trapped them for several months in the partisan
town of Berat in the home of a partisan guerrilla. Dressed as Albanian
civilians and supplied with Albanian identification cards, the nurses
finally left Berat by car in March. They traveled far into the countryside,
where partisans gave them donkeys to ride and escorted them across several
mountain ranges. When they reached the coast, an Allied torpedo boat took
them to Otranto, Italy. With their arrival at Otranto on 21 March, the
three nurses completed a five-month sojourn behind enemy lines. The
courage and fortitude of the "Balkan Nurses" on their 800-mile hike behind
enemy lines provided an example of the Army nurse's ability to withstand
hardships "at the front." |
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Non
erano ancora arrivati gli italiani a Montelungo ma da un mese, dall’altra
parte con la 3a pzg, quella dei Volksdeutsche polacchi (Stranieri con
lontane origini tedesche) combatteva un battaglione Italiano, comandato
dal Tenente dei bersaglieri Rino Cozzarini, autonominatosi -M - Mussolini e composto dagli
sbandati dell’8 settembre dell’Italia Centrale. La sera del 29 ottobre,
d'accordo col comando tedesco, i
volontari partono per la prima linea. L'indomani sono schierati nel
settore Falciano-Mondragone, il versante tirrenico della linea Bernhard.
La vicenda, come tante di quei primi mesi di guerra è ancora confusa.
Difficile da reperire e da classificare nel variegato mondo dei volontari
della Rsi, non ne parla neanche Pisanò. Lo stesso sito da Cassino al
Volturno lo chiama Cesare Cozzarini. Promosso capitano per meriti di
guerra, dopo lo scontro vittorioso del 1 novembre (4 carri e circa
300 prigionieri), viene dislocato nella stretta di Montelungo sul rilievo
di Monterotondo. Col. Shepperd "La campagna d’Italia
1943-1945" (pagg. 191-192): «un cedimento dei Panzer Grenadier permise
agli americani di entrare in possesso di M. Cesima e di attaccare dal
fianco M. Rotondo. Questo attacco fallì, ma un secondo assalto fra la
nebbia raggiunse l’8 novembre la cresta che venne difesa nonostante
diversi contrattacchi». Il 10 novembre il
capitano Cozzarini cade colpito a morte alla testa dei suoi uomini. La
Domenica del Corriere (a sinistra) ne dà notizia nel primo numero dell'anno 1944.
Dal Giornale di Brescia
… al km. 153+600 in direzione di Cassino, sulla destra della medesima SS 6
Casilina, sorge dal 1993, una colonnetta di pietra, circondata da una
piccola cancellata, su cui sta scritto:
«Per l’onore d’Italia qui il 10 novembre 1943 cadde il tenente dei
bersaglieri della Repubblica Sociale Italiana Rino Cozzarini
Medaglia
d’Oro» al V.M. A Lui Marinetti dedicò il suo ultimo aeropoema. Un profilo
più organico di Cozzarini sarà visibile ai capitoli "L’Esercito della Rsi”.
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