GLI
ULTIMI GIORNI
DI
RUSSIA DEL 6° BERSAGLIERI
Dalla Canzone di
Legnano di Giosue Carducci IL PARLAMENTO
«Or ecco,» dice Alberto di Giussano,«Ecco, io non piango piú. Venne il
dí nostro,O milanesi,
e vincere bisogna.
|
MESKOFF E TCERKOWO
da "I FIGLI DEL VENTO E DELLA VITTORIA" ... continua ..di F. Mandelli pubblicato da ANB Desenzano
|
|
...
Gli altri, quelli del 6° si imporranno all'ammirazione degli alleati e
dei compagni delle altre armi; per loro si sacrificheranno facendosi
scudi di acciaio, impedendo nelle sacche paurose dei russi di
attanagliare i grandi reparti ripieganti. La vastità enorme dei quaranta
chilometri difesi dai due Reggimenti, la mancanza di mezzi corazzati e
dell'aviazione impegnati nella immane lotta di Stalingrado, la esiguità
delle riserve, un solo Battaglione di bersaglieri a riserva dell'intera
Celere, e la scarsità delle artiglierie anticarro, hanno un peso
dominante sull'esito negativo della battaglia. Nelle isbe e nelle balke
i combattenti attendono vigili la grande ora. Il 20 la lotta è furibonda.
I bersaglieri con le bombe a mano affrontano i pesanti T34 per due
giorni consecutivi. Il 24, vigilia di Natale, Il VI ed il XIX, impegnandosi in disperate,
eroiche azioni di difesa, coprono i movimenti delle Divisioni in
ritirata. Più volte accerchiati rompono sempre la morsa avversaria e
raggiungono le nuove posizioni da difendere ancora. Il comando del Corpo
d'Armata tedesco, per proteggersi, si ritira portando con sé il 6°
bersaglieri che
arretra combattendo per una ventina di chilometri.
A Cerkowo il 13 era giunto Virginio Manari con i complementi che non si
erano riuniti al Reggimento a Meskoff.
Il fronte è frantumato, la ritirata ingoia interi reparti e nell'abitato
si insinuano i primi carri armati russi. Manari si prepara alla difesa e
per giorni e giorni lotta, corpo a corpo, come uno qualsiasi dei suoi
bersaglieri. Gli è a fianco il dalmata Enzo Drago, grande cuore di
bersagliere e trascinatore di reparti nella lotta disperata. |
|
|
E' tutta
gente già provata nei combattimenti della valle di Arbusow e venuta a
Cerkowo in cerca di un po' di riposo, ma questo è un punto obbligato per
le truppe che ripiegano e bisogna difenderlo il più a lungo possibile. I
russi premono disperatamente sul caposaldo con ogni specie di
artiglieria e di mortai che producono immensi vuoti nelle file italiane
e tedesche. La notte di fine anno Manari è ferito, e il giorno dopo,
capodanno 1943, piega la testa fra le braccia del caporale maggiore
Antonio Loizzi e la sua salma calerà nella bara di ghiaccio con il
piumetto e la divisa logora bucata da tanti colpi. Sotto la guida di un
altro valoroso bersagliere, il maggiore Cesare Massone, Cerkowo regge
ancora per parecchi giorni e i difensori scrivono un'altra pagina degna
di ricordo nella storia del Reggimento. Il 18 gennaio con i fanti
dell'80° Pasubio e con i reparti tedeschi ormai fusi in unico blocco si
aprono un varco nelle linee avversarie e ripiegano verso luoghi più
sicuri: verso la salvezza. Al 6° è affidata anche la difesa di Kjiewski
punto di incontro delle forze in ritirata. Compito duro e impegnatissimo
questo, contro le corazze nemiche. Anneskj è la prima tappa del suo
cammino nella notte di Natale del '42 e il nemico è frustrato.
Krassnojarowka è la seconda ma qui i russi non vogliono cedere e
incendiano il paese. |
|
|
Tra le fiamme, in una atmosfera allucinante la
lotta si fa accanita, i bagliori la rendono irreale come irreale è il
valore degli uomini del 6°. Poi Marijewka, venticinque chilometri più a
ovest, e sempre alla retroguardia in duelli furibondi contro un
avversario baldanzoso. Tutti sono prodi, dal colonnello Carloni al
maggiore Fortunato ai bersaglieri Bassi, Ghetti, Diletti, Romagnoli,
Turco, Scotti, agli ufficiali medici Bononcini, Biso ed Elisci tutti
decorati. A Korsunnj nel gennaio, fuori dell'immediato raggio d'azione
della incessante offensiva nemica il Reggimento spera in un meritato
riposo ristoratore. La speranza è troncata dopo brevi giorni. Il nodo
ferroviario di Pawlograd è in serio pericolo e la sua perdita
condurrebbe alla catastrofe delle unità tedesche in ritirata dal sud.
Tocca al 6° difenderlo e respingere le formazioni corazzate sovietiche
che minacciano l'intero schieramento del Dnieper a Ternowa, a
Dimitriewka e a Borgdanowka. Resiste fino alla metà di febbraio agli
assalti russi e all'insidia partigiana.
Man mano che i giorni passano il fronte si accende di nuovi e sempre più
insistenti bagliori di lotta culminanti a Pawlograd il 17 (Più a sud
i Sovietici stavano avanzavando verso Dnepropetrovsk, conquistando,
Izyum (5/2), Lisciansk (6/2), Lozovaja (11/2) e interrompendo la
ferrovia Stalino-Dnepropetrovsk a Krasnoarmenskoje (13/2).
Il 16/2 erano
a Voroscilovgrad e il 17/2 a Pawlovgrad a solo 30 chilometri dal Dniepr). Il VI e il XIX Battaglione stremati difendono il caposaldo incalzato da ondate che
si rinnovano senza interruzione. La lotta assume toni drammatici; le
posizioni perdute nei primi attacchi sono riconquistate e mantenute per
ben dieci giorni durante i quali le Divisioni tedesche organizzano una
linea di difesa sul fronte del Dnieper. I mezzi nulla hanno potuto
contro la volontà eroica dei bersaglieri e un nuovo serto di gloria
corona tutto il 6°. Il 17 Pawlograd è abbandonata e il Reggimento si
dirige a Nowo Moskowsk. Sfilano sul ponte del Samara, difeso ad
oltranza, le artiglierie, gli automezzi ed i carri armati tedeschi;
ultimi i bersaglieri di Carloni e le piste della steppa si tingono
ancora di sangue e si punteggiano di piumetti neri disseminati lungo i
tratturi accanto ai mezzi corazzati distrutti. A Snamenka la reazione
nell'interno dell'abitato è ancora vinta dai bersaglieri; poi a Dnieppetrowsk. La Campagna di Russia si è conclusa. E l'ultima gloria
segnò i petti del maggiore Fortunato, del bersagliere Savini, del
Cappellano Don Gherardi, dei tenenti Rossi Sabatini ed Eibenstein, di
Golinelli, di Briganti, e di Casati, di Grieco, di Buchi e Siniscalchi,
di Nelli e di Magnani...; andò a sfiorare i tumuli dei 1734 rimasti in
tutti gli angoli della steppa e si posò sulla Bandiera del Reggimento
con la seconda medaglia d'Oro. |
|
|
|
Manstein’s
counteroffensive
By 17 February 1943, the Germans faced a
critical situation as Soviet armour cut the rail lines that supported the
German Mius River front, and reached Krasnoarmeyskoye, just 156 km (97
miles) from the Azov coast. To many, it looked as if the entire Axis
southern sector was about to collapse. But by then Field Marshal Erich von
Manstein, commander of Army Group Don, had concluded that the best chance
to save the Axis southern flank was to unleash a daring counter-offensive
against the over-extended Soviet spearheads. Such a riposte would utilise
fully the German Army’s advantages in mobility, timely decision-making,
flexibility, initiative at lower command levels and training. The army
group commander wished to enact yet another ‘Cauldron Battle’ (double
encirclement), this time with the elite SS Panzer Corps striking south
toward Pavlograd from Krasnograd while XXXX Panzer Corps thrust north
toward Zmiyev from Krasnoarmeyskoye. Initially, however, Hitler rejected
this plan because he wished to use any available armoured reserves to
recapture Kharkov, thus rectifying Hausser’s disobedient abandonment of
this key city.
On 17 February, however, the Führer finally gave in to von Manstein’s
repeated requests and granted permission for the counter-attack. During
18–20 February, therefore, XXXX Panzer Corps struck at the Soviets to
dislodge them from the key communications node of Krasnoarmeyskoye. Next,
on 21 February, von Manstein initiated a double envelopment to the west of
Krasnoarmeyskoye with SS Panzer Corps striking south toward Pavlograd,
while XXXXVIII Panzer Corps thrust north-east from Pavlograd to link up
with the SS to destroy the Soviet Sixth Army and Mobile Group Popov.
During 21–23 February, Hausser’s three elite divisions advanced rapidly
behind the Soviet Sixth Army to link up with the northwest thrust of
XXXXVIII Panzer Corps.
In these high-tempo attacks, the well-trained SS troops found that their
newest and most modern tanks, the Panzer III Model M and the late-type
Panzer IV Model G, gave sterling offensive service. Both these variants
carried Schürzen, novel skirting plates that protected their running gear
and sides from the increasingly effective portable anti-tank weapons now
more frequently used by enemy infantry. The Panzer IV mounted a longer and
more formidable 7.5cm cannon. On 23 February, von Manstein also skilfully
integrated this successful double envelopment with the counter-strike at
Krasnoarmeyskoye into a combined drive to push the enemy back behind the
Donets River between Zmiyev and Lisichansk. During 24–28 February, XXXX
Panzer Corps advanced from Krasnoarmeyskoye to seize the river crossings
at Isyum and Andreyevka, thus cutting the last line of retreat for Popov’s
Mobile Group and the remnants of Sixth Army. During the next 72 hours,
XXXX, XXXXVIII, LVII, and SS Panzer Corps not only defeated the desperate
attempts of the encircled Soviet forces to break out, but also halted a
rescue thrust from the east, in addition to mopping up the last pockets of
enemy resistance west of the Donets. In these hard-fought engagements, the
German armoured troops found that the recently delivered Hummel had an
immediate impact on the battlefield; the ‘Bumble Bee’ heavy self-propelled
gun mounted the 15cm s.FH 18/1 howitzer in a lightly armoured
superstructure on top of the hybrid Panzer III/IV chassis. From early 1943
six of these vehicles had been introduced to equip one battery within each
panzer division’s armoured artillery. The mobility of the Hummel enabled
it to keep pace with the rampaging panzers and half-track APCs far better
than towed 15cm howitzers. In addition, its longer range and heavier shell
made it a useful tactical addition to the 10.5cm SdKfz124 Wespe (Wasp)
self-propelled gun, which had entered panzer division service in late
1942. |
|
|
|
|
|
Ma cosa succedeva o era successo quel
17 febbraio 1943. La campagna russa si era risolta in un disastro
non c'era armata tedesca che non stesse facendo bagagli. Più che le
sconfitte era il pessimismo a preoccuparli. Von Kleist e Manstein
fuggivano dal Caucaso e fortuna loro che Paulus da Stalingrado
questa opportunità non l'aveva più da 16 giorni. Ma proprio in quei
giorni i tedeschi avevano toccato il fondo e si preparavano
impercettibilmente a risalire. Prima del colloquio con Guderian
Hitler era segnalato al Q.G di Manstein sotto tiro si, ma l'uomo era
tranquillo. La ritirata di Russia si chiudeva li, anche se per
strada c'erano ancora 100.000 italiani che aspettavano un trasporto
per casa e non s'aspettavano ancora agguati dalle parti di Karkov.
La ritirata vera e propria si svolse nell'arco di 200/250 km gli
altri 1.200 erano sempre gli stessi fatti a piedi all'andata.
Il 22 febbraio 1943
scattò la controffensiva di Manstein con varie divisioni corazzate
tra cui da ricordare le due Panzergrenadiere SS ”Leibstandarde” e
”Das Reich” (non erano ancora Panzer) più la ”Gross
Deutscheland”; queste divisioni disponevano tutte di un battaglione
pesante di Pz VI Tiger. Il 48° Panzerkorps mosse da Barvenovka e
sorprese lo schieramento avversario con una mossa rapidissima; la
17a Panzerdivision sfondò l’intero schieramento avversario mentre lo
SS Panzerkorps raggiunse Losovaya ricongiungendosi con il
distaccamento Kempf che aveva iniziato l’attacco più a Ovest. La 1°
armata Guardie e il Gruppo corazzato Popov rimasero intrappolati e
furono distrutti; entro il 6 marzo le unità di Hoth e il
Distaccamento Kempf presero tra due fuochi la 3° e 69° armata
sovietica distruggendo 615 carri armati. Il 15 marzo le unità del 2°
SS Panzerkorps entravano nuovamente a Charkov e tre giorni dopo Hoth
rioccupava Belgorod. Non era stato solo merito della fortuna, di
una migliore riorganizzazione e men che meno di Guderian che convocò
la prima riunione il 9 marzo vedendosi contraddetto da tutti, ma
anche del Panzer VI Tiger I che ritornava in linea dopo le
deludenti prestazioni di Leningrado di qualche mese prima e di altri
mezzi speciali. I tedeschi erano ancora lontani dai T34/76 panzer.
Il Pantera panzer V vedrà la luce nell'estate 43. |
|
LE PERDITE |
|
|
caduti e dispersi feriti e congelati
Cosseria 2400 1590
Ravenna 4000 1750
Pasubio 3160 6210
Sforzesca 7180 450
Celere 5540 810
Torino 7740 2780
Tridentina 7730 4070
Julia 9790 2560
Cuneense 13470 2180
Vicenza 6840 920
Truppe cda 16980 6460
Totale 84.850 29700
|
|
Maggiore Guido
Fortunato
Medaglia di Bronzo per i combattimenti di Pavlograd del 18 febbraio 1943 -
6° Reggimento
"Durante una lunga serie di sanguinosi ed accaniti combattimenti per la
difesa di una importante posizione, partecipava più volte ad episodi nei
quali raccoglieva reparti ripieganti sotto la preponderante pressione
nemica, li rianimava e li riconduceva a vittoriose reazioni dando esempio
di energia e di ardimento" Pavlograd Snamenka 15/18 febbraio 1943 |
|
|
|
Ten. Cappellano Gherardi Edoardo
Medaglia di Bronzo per i combattimenti di Pavlograd del 10-17 febbraio
1943 - 6° Reggimento
"Cappellano di un reggimento bersaglieri, si distingueva per la sua
azione pia e guerriera ad un tenpo. Durante le operazioni per la difesa di
una città con eccezionale valore e sangue freddo soccorreva i feriti sulla
linea di fuoco e stimolava alla resistenza e all'attacco i combattenti. In
una critica circostanza, vista in pericolo da violenti attacchi di forze
avversarie una importante posizione, assumeva direttamente il comando dei
bersaglieri presenti rimasti privi di ufficiali e li conduceva al
contrattacco riuscendo a fugare ed inseguire il nemico ed a salvare la
posizione".
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Serg. Maggiore Golinelli Bruno
Medaglia di Bronzo per i combattimenti di Pavlograd del 17 febbraio
1943 - 6° Reggimento
"Sottufficiale di contabilità di una compagnia bersaglieri impegnata in
aspro combattimento per la difesa di un importante centro abitato,
assumeva il comando di un plotone rimasto privo di comandante, resistendo
per più ore, sotto un intenso bombardamento di artiglieria e di mortai
avversari. Minacciato di accerchiamento e ricevuto l'ordine di ripiegare
lo eseguiva con calma e sereno coraggio mantenendo la coesione dei propri
uomini, reagendo continuamente al fuoco avversario e contenendo l'impiego
del nemico incalzante". |
|
|
|
|
|
Serg. Maggiore Luciani Mario
Croce di Ferro Germanica di 2a classe per i combattimenti di Ossikova
Fronte Russo 22/23 gennaio 1943- 6° Reggimento
(ne aveva già due di bronzo e tre croci italiane)
Sottufficiale addetto al comando di un battaglione bersaglieri, già
distintosi in precedenticruenti combattimenti in azioni di ripiegamento di
reparti italiani e germanici, dava ulteriori prove di sagacia e di
spiccata preparazione professionale conducendo a reiterati contrattacchi
uomini rimasti sbandati e privi di comandanti contribuendo col suo
personale valore a ristabilire una critica situazione.
|
|
|
|
Bers. Magnani Ebro
Croce di Guerra al V.M. Fronte Russo Ossipovice 26/27 marzo 1943
"Soldato di scorta ad un trasporto, che veniva assalito da partigiani, si
prodigava incessantemente nella difesa di esso, accorrendo sempre dove
maggiore era il pericolo e distinguendosi tra gli altri per il suo
contegno e l'alto senso del dovere" |
|
|
|
...
e tante altre
croci, croci di ferro e bronzi
segnarono l'ultima gloria sui petti del
bersagliere Savini, dei tenenti Rossi Sabatini ed Eibenstein, di Briganti e di Casati, di Grieco, di Bucchi e Siniscalchi,
di Nelli e di Mascagni, del Cap. medico Dell'Aquila
... nei mesi di febbraio e marzo
43 fino a che anche l'ultimo uomo del 6° Bersaglieri ritornò a casa
invitto |
|
|
|
|
|
Torna |
|