GLI
ULTIMI GIORNI DI
RUSSIA
DEL 3°
BERSAGLIERI
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MESKOFF E TCERKOWO
da "I FIGLI DEL VENTO E DELLA VITTORIA"
di F. Mandelli pubblicato da ANB Desenzano
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Il 3° costituisce l’ala destra
della Celere, a fianco ha il 6° poi la legione croata. Le segnalazioni
fatte al comando che in linea si vedono sempre più spesso facce
asiatiche, pescate nel grande calderone dell’Asia centrale e siberiana
non destano in questo preoccupazione. Nei reparti invece è l’indice che qualcosa è
cambiato. Maggior controllo su questi compagni di fede mussulmana, da
sempre oppositori del governo centrale russo e maggiori armamenti a
disposizione (o forse il fondo del barile raschiato). All’alba dell'11 dicembre
1942 il nemico attacca a Krassno Orechovo. Più
a nord le divisioni Pasubio, Ravenna, Cosseria sono già impegnate con numerose
perdite. Devono intervenire anche le CCNN ad Ogolew. La sera del 12
nessun progresso è stato ottenuto. L' intento dei russi si evidenzia il 13
quando cercano di creare un corridoio attraverso il quale far passare le
colonne corazzate che avvolgeranno tutto il settore. L’aviazione nemica,
notte esclusa e col beltempo è padrona incontrastata dei cieli. Qualcuno
ravvisa anche una guerra illegale con falsi tedeschi, falsi prigionieri
che coprono armati. La lotta va avanti col grosso delle armate che passano
il Don. Ora non esiste più la trincea di divisione e neanche di
reggimento. |
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Arbusow il
«Vallone della morte»
Un episodio leggendario circa l’ardimento dei militari dell’Arma, si ebbe
il 22 dicembre 1942 (tre giorni prima di un altro Natale di guerra).
All’epoca i superstiti della Divisione Torino, durante la ritirata si
trovarono completamente accerchiati, nella conca di Arbusow (Russia
Bianca) dove, in un mare di ghiaccio e continue tempeste di neve, la
temperatura spesso raggiungeva i 50 gradi sotto lo zero. Tutto concorreva
a suscitare un’impressione orribile di scompiglio e di morte. In un
contesto tanto drammatico, non per niente i nostri militari chiamarono
Arbusow: «Vallone della morte», improvvisamente dal blocco dei soldati
italiani all’addiaccio, partirono al galoppo due cavalieri che, come
«Valchirie», invitavano gli altri a seguirli contro il nemico. Uno dei due
era il
Carabiniere Giuseppe Plado Mosca, di anni 24, l'altro
Mario Iacovitti. In
una mano stringeva il nostro Tricolore che divenne subito simbolo di
riscossa per tutti. Su questi due intrepidi militari si scatenò il fuoco
nemico, ma intanto il loro gesto aveva rianimato le energie superstiti di
tutti i soldati che, combattendo anche all’arma bianca, riuscirono a
rompere l’accerchiamento. Placatasi la furia della battaglia «riapparve»,
tra lo stupore di tutti, il cavallo del Carabiniere «trascinatore». Era
ferito ed aveva la groppa macchiata con il sangue del suo cavaliere. Alla
memoria del Carabiniere Giuseppe Plado Mosca, fu concessa una Medaglia
d’Oro al Valor Militare. |
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I russi sono infiltrati fra compagnia e compagnia. Il 17 è
il crollo Il colonnello Felici del 3°, ferito, viene sostituito da Longo.
I nostri valorosi artiglieri del 120°, i mortaisti dell'88°, la
Legione croata, i bersaglieri del LXVII corazzato e del XLVII
motociclisti, gente che ha vissuto per mesi e mesi la gloriosa epopea
dello CSIR assaporando l'ebbrezza dei successi, oggi sa di non poter
abbandonare il posto e forse di morire. L'11ª Compagnia del XXV/3° è attaccata
all'alba dalle forze russe. Il comandante Federico Imbriano reagisce
furiosamente e dopo quattro ore respinge i russi penetrati nei
camminamenti; 40 morti con i sottotenenti Ragucci e Rizza;
qualcuno tiene ancora il fucile imbracciato. Sulla sua postazione
Ragucci aveva disegnato un elmo con il piumetto e scritto: di qui non si
passa finché siamo vivi! Tutti hanno tenuto fede a quelle parole!
Attraverso i vuoti dei Battaglioni, guardati dalle pattuglie mobili, il
nemico avanza risalendo la valle Tichaja e punta velocemente su Meskoff
dov'è il comando Divisione. Il 18, il 19 e il 20 la città resiste
magnificamente. Il 20 sono ancora li, almeno quelli che restano, mentre
gli altri del II e XXXV cda sono già in ripiegamento dopo gli ordini
ricevuti. Invece dei tedeschi a Meskoff troviamo i russi che hanno uomini e
carri armati in abbondanza! Bisogna cacciarli. La Legione croata
attacca con gli uomini del tenente Braccia ed è uno spettacolo eroico.
Molti cadono ma altri continuano come se la morte fosse un fatto a loro
estraneo; la bella legione slava è interamente distrutta. Attaccano
quelli del XVIII già mal ridotti nei giorni precedenti e il loro strazio
dura tutta la giornata e la notte seguente. Assalti e contrassalti. Le
mitragliere da 20 mm del tenente Grosser cercano i carri armati russi che
sono appena accarezzati dai colpi. Nidi di mitragliatrici fanno strage
di bersaglieri nei tratti scoperti. Imbriano alla testa dell'11ª
compagnia compie
prodigi di valore attorno alla chiesa di Meskoff avvolta dalle fiamme.
Carlo Garau, fratello della medaglia d'Oro Giovanni, e il sottotenente
Martelli, gravemente feriti in ripetuti attacchi sono ricoverati nella
chiesa che brucia e nelle poche ore che precedono l'annientamento del
Reggimento sono di conforto e di esempio a tutti i feriti. Della loro
fine nulla si saprà come di quella di tutti i ricoverati in quel luogo
santo. Il caporal maggiore Stroppa scompare con la sua mitraglia e con
l'intera sua squadra. Il tenente Parmeggiani ferito e catturato non
rivedrà più la Patria e il bersagliere Mandrini che lo aiuta nella
tragica odissea verso i reticolati non avrà miglior fortuna: anche di
lui non si saprà più nulla.Tata e Squadroni, fidi collaboratori del
colonnello Longo e valorosi comandanti di Battaglione morranno durante
l'allucinante marcia del Davai verso la prigionia. |
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Anche Giuliano Fanucchi, sempre
ardente di fede e di azione cederà durante quella feroce marcia;
abbandonato febbricitante in una isba alle cure di una ucraina
scomparirà per sempre. Il siciliano Stefano Cattafi di Barcellona,
ferito ad Arbusow non desiste dall'attacco fino a quando non riesce a
vincere il nemico e su di esso cade: medaglia d'Oro. Il capitano Matteo
Marciano con i suoi superstiti assalta cinque volte l'avversario prima
di morire. Mario Ciotti all'ordine di ripiegare urla selvaggiamente che
cento italiani valgono tremila russi e non si muove: rimane là, per
sempre, nella neve di Meskoff. I pochi superstiti abbandonati
nell'immensità della neve che circonda i fili spinati dei campi di
prigionia saranno confortati da Don Bonadeo degno continuatore
dell'opera di Don Mazzoni e Don Davoli.
La notte del 22 dicembre è un incubo di scoppi, di lamenti di feriti, di
disordinate corse nell'oscurità e di ricerche affannose dei compagni
scomparsi nella mischia. Giunge l'ordine di ripiegare alle prime luci e Longo
tenta di riordinare i sopravvissuti.
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Iacovitti Mario, nato nel 1921 a
Tufillo (Chieti)Esperto
meccanico si arruolò volontario a 18 anni presso l’auto-centro a Torino e
nel maggio 1940 fu destinato al btg. chimico militare. Dopo la breve
parentesi delle Alpi occidentali nel luglio 1941 partiva con la prima
compagnia del primo btg. Chimico “A” d’armata destinato a far parte del
Corpo di spedizione italiano in Russia rimanendovi per oltre un anno e
mezzo. Durante il ripiegamento del dic. 1942 Iacovitti fu protagonista, ad
Arbusow, il cosiddetto “Vallone della morte” di un singolare atto di
valore. |
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Il 70% manca
all'appello! Kalmikoff è una conca e tutt'intorno sui suoi crinali vi è
una miriade di sagome nemiche, di carri armati e di mortai ed una
pioggia di bombe e di proiettili a non finire. Così il 3° reggimento
bersaglieri è stato visto
per l'ultima volta attorno alla collina di Meskoff e nella conca di
Kalmikoff; così per l'ultima volta sono stati visti i volti di questi
grandi uomini!. Il capitano medico Rossi abbandona l'ospedale ormai colmo
di morti e anche lui va a morire nella mischia. Pallavicini e Bertacchi
pure medici del Reggimento organizzano gli infermieri ed i servizi
dell'ospedale da campo e corrono alla battaglia. Il Generale Russo a
Longo fatto prigioniero “Non si rammarichi, non sareste passati neppure
se foste stati in 10.000, del resto anche superando Meskoff vi sareste
perduti nella steppa gelata” Il 3°
chiude qui la lunga campagna con l’ultimo oro.
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Dalla menzione della medaglia d’oro: Volontario in
durissimi
combattimenti difensivi, mentre l’unità di cui faceva parte, completamente
circondata, era premuta da soverchianti forze nemiche, sfinito da più
giorni di combattimento e con gli arti inferiori menomati da principio di
congelamento, in un disperato ritorno di energie, riusciva a montare su di
un cavallo e, tenendo alto sulla destra un drappo tricolore, si lanciava
contro il nemico, trascinando con l’esempio centinaia di uomini
all’attacco. Incurante della reazione avversaria, attaccava ripetutamente.
Alla quinta carica,rimasto miracolosamente illeso, dopo che una raffica di
mitragliatrice gli aveva abbattuto il cavallo, si trascinava ancora
avanti, carponi, verso una postazione di arma automatica nemica, della
quale, con fredda astuzia e straordinario coraggio, riusciva a d
impadronirsi con lancio di bombe a mano. Nel prosieguo della lotta
disperata, travolto dalla marea nemica veniva catturato. – Arbusow
(Russia), 22 dicembre 1942.
Sopravvissuto alla prigionia, anche perché aveva imparato il russo, giunse
a Milano fra i primi rientri, il 26 novembre 1945. |
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Messaggio di Mussolini
ai superstiti della Russia in data 1 marzo 1943
“Nella dura lotta sostenuta al fianco delle armate germaniche e alleate
sul fronte russo, voi avete dato innumerevoli, decisive prove della Vostra
tenacia e del vostro valore. Contro le preponderanti forze del nemico, vi
siete battuti sino al limite del possibile e avete consacrato col sangue
le bandiere delle Vostre divisioni. Dalla Julia, che ha infranti per molti
giorni le prime ondate dell’attacco bolscevico, alla Tridentina che ,
accerchiata si è aperta un varco attraverso 11 successivi combattimenti,
alla Cuneense che ha tenuto duro fino all’ultimo, secondo la tradizione
degli alpini d’Italia, tutte le divisioni meritano di essere poste
all’ordine del giorno della nazione. Così sino al sacrificio vi siete
prodigati voi, combattenti della Ravenna, della Cosseria, della Pasubio,
della Vicenza, della Sforzesca, della Celere, della Torino la cui
resistenza a Cerkovo è una pagina di gloria e voi camicie nere dei
raggruppamenti 23 marzo e 3 gennaio, ce avete emulato i vostri camerati
delle altre unità. Privazioni, sofferenze, interminabili marce hanno
sottoposto a prova eccezionale la vostra resistenza fisica e morale. Solo
con un alto senso del dovere e con l’immagine onnipresente della patria,
potevano essere superate. Non meno gravi sono state le perdite che la
battaglia contro il bolscevismo ci ha imposto, ma si trattava e si tratta
di difendere, contro la barbaria moscovita, la millenaria civiltà europea |
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Un altro elemento che ha avuto dannose ripercussioni sul
morale è stato il problema degli avvicendamenti. Ai primi di novembre si
era appreso che i militari che da un anno erano in Russia dovevano
rientrare in Italia sostituiti dai complementi. Gli avvicendamenti, in
certi casi, potevano annullare la capacità operativa di interi reparti,
composti tutti di veterani se sostituiti in blocco da eterogenei
complementi; le operazioni andarono poi molto a rilento e la
battaglia sorprese gran parte dei veterani ancora nei ranghi delle unità
combattenti; Tutti questi fattori ebbero negative ripercussioni sul morale
dei reparti; ne seguì il preoccupante fenomeno, segnalato dovunque, della
larga percentuale di militari di ogni ordine e grado che recatisi in
licenza in Italia non fecero ritorno. |
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