MEDAGLIERE DI RUSSIA 1941 |
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Don Mazzoni era decorato anche di una Medaglia argento: Zebio 1916 e due bronzi Monfalcone 1916 e Carso 1917. Dalla motivazione del 26 dicembre 1941-.Medaglia d’Oro per la guerra 1915 - 18, dopo avere fieramente chiesto ed ottenuto l’assegnazione ad una unità di prima linea impegnata in aspra lotta, dava continua e chiara testimonianza del suo fervore di apostolo e della sua tempra di soldato, fuse nella esplicazione più nobile delle attribuzioni sacerdotali e nell’ascendente del più schietto ardimento e di ineguagliabile abnegazione. In giornate di cruenti combattimenti divideva, con raro spirito di sacrificio, gli eroismi di un reggimento bersaglieri, portando a tutti, pur tra i maggiori pericoli, le parole infiammate della fede e la voce trascinante del suo coraggio. In una alterna vicenda dell’accanita lotta, accortosi che un ferito, rimasto isolato, invocava aiuto, e nonostante che altri tentativi fossero rimasti soffocati nel sangue, con ammirevole temerità e consapevolezza, si lanciava per soccorrere il dipendente, né desisteva dal suo nobile intento pur quando il piombo lo colpiva ad un fianco. Ferito di nuovo e mortalmente, alle estreme risorse vitali affidava la sublimità mistica della sua intrepidezza, raggiungendo l’agonizzante, e spirando al suo fianco. Esempio mirabile delle più elette virtù, e di sublime coscienza dell’ideale patrio. Rassypnaia - Petropawlowka (Fronte russo), 1 -26 dicembre 1941. dalla motivazione del 1917: Quantunque dispensato dal presentarsi alle armi, allo scoppio della guerra vi accorse volontariamente dalla Siria, dove stava esercitando apostolato di religione e di italianità, e fu, nel proprio reggimento, costante e fulgido esempio del più puro amor di Patria e del più straordinario coraggio. Già tre volte premiato per distinte azioni di valore, primo fra i suoi soldati nel compimento della sua opera, non conobbe ostacoli e tenne il dovere mai come un limite da raggiungere, ma sempre come una meta da oltrepassare. In una speciale circostanza, messosi risolutamente alla testa di un manipolo di militari privi di comandante, nel momento più grave della lotta li trascinò arditamente contro il nemico, più forte di uomini e di armi, e, con irresistibile impeto, lo debellò e lo costrinse alla resa, facendo prigionieri e catturando materiale. Ferito, rimase al combattimento finchè non ebbe visto assicurata la vittoria. Già distintosi, per elette virtù militari, in numerosi combattimenti, sempre impavido nelle zone più fortemente battute dal fuoco avversario, sempre intrepido di fronte ai più gravi pericoli. Carso, 23 maggio - 5 giugno; Comarie (Carso), 30 agosto 1917. |
DON
GIOVANNI MAZZONI nasce a Chiassa
(Arezzo) nel 1886. Frequenta la scuola dei Carmelitani Scalzi e viene
ordinato sacerdote nel 1909. Partecipa alla Guerra di Libia come
Cappellano anche se l’assistenza religiosa era svolta da Padri
Cappuccini mobilitati dalla Croce Rossa e da quei sacerdoti in
servizio come soldati o graduati presso gli ospedali da campo. I
capi militari guardavano con rispetto questo prete che si era guadagnato
l'affetto dei soldati e che teneva alto il morale. Allo scoppio della
grande guerra è cappellano al 226 fanteria coi quali condivise la
trincea, le ferite sempre impavido quando si spingeva a recuperare i
morti e i feriti nella terra di nessuno. Nel dopoguerra viene nominato
arciprete a Loro Ciuffenna e combatte ogni giorno contro gli eccessi
dell'una e altra parte politica. Sfrutta la sua posizione di Medaglia
oro, a cui nessuno chiude la porta, per far rinascere il paese e le sue
istituzioni,(costruì un asilo e costituì dopo gli scouts il primo
nucleo di Azione Cattolica in Vald'Arno. Il fascismo (che aveva le sue
organizzazioni giovanili) e l'azione cattolica non potevano che
scontrarsi con esiti irreparabli. Don Mazzoni venne isolato
politicamente e coinvolto in un mezzo scandalo per aver aiutato un
imboscato, che risultò poi essere persona di gravi perfidie. Ne uscì
arruolandosi nel 3° bersaglieri in partenza per la Russia. All'età di
55 anni, Don Mazzoni era di nuovo sul campo...
24 DICEMBRE 1941. Vigilia di natale. Alla mensa avevo visto per la prima volta Don Giovanni Mazzoni, da poco al 3°. Dopo aver visitato tutti i reparti era venuto al Comando da Caretto. Il colonello se ne era un po risentito di essere stato messo in fondo alla lista, ma conoscendo il personaggio...Chiese di visitare nelle retrovie i feriti a Karsiak. Fui io ad accompagnarlo, prima di tornare al comando dove per la notte era previsto il cenone !! e una messa. Io timido sottotenente e l'anziano cappellano col petto pieno di nastrini. Non ci fu pranzo perchè i russi iniziarono a sparare e la messa venne celebrata in fretta in un corridoio, poi anche gli scritturali andarono a comporre una linea di difesa. Don Mazzoni aveva chiesto di tornare fra i bersaglieri per celebrare il Natale, che si preannunciava difficile, e il maggiore Cini - Stando alle disposizioni, come ufficiale e per di più di notte, dovrei farti scortare da un plotone, ma date le circostanze devi accontentarti di una squadra, ridotta. - Don mazzoni aveva chiesto di andare solo ma Cini - In assenza del colonnello qui conado io, quindi partirai con la scorta. E' un ordine - Don Mazzoni dopo un chilometro, oltre le ultime casupole si era rivolto alla scorta dicendo-Ora questa pattuglia la comando io, quindi rientrate ai vostri reparti. E' un ordine !. Solo, col suo attendente e il conducente della slitta, era sparito nel buio. A.C. Don Mazzoni, non era più giovane per noi ventenni, un pò appesantito, sempre alla mano sapeva conquistare subito la fiducia e la simpatia. Aveva due (3) nastrini azzurri, era uno che ci sapeva fare. Il fatto di non essere in prima linea, di ascoltare la messa il giorno di Natale e ricevere la posta da casa aveva creato una atmosfera famigliare. Da lontano venivano rimbombi di colpi che si avvicinavano sempre più. Già molti dei nostri dovevano essere sotto pressione. Il maggiore Tarsia mandò qualcuno in avanscoperta per capire la situazione. La pianura s stava infittendo di colonne che marciavano nella nostra direzione. Il XVIII e il battaglione moto erano già circondati. Rimanemmo tutto il giorno inchiodati a terra, con una scatoletta di carne e gallette. I tedeschi avevano fatto capolino sul fronte con alcuni parà giovanissimi e un carro armato, poi tutto era ritornato tranquillo. Il giorno dopo alle 5 muovemmo verso Petropawlowka. Don Mazzoni aveva l'ordine di restare a Stoshkowo e di raggiungere il battaglione solo ad azione ultimata. ma non ci fu modo di farlo desistere, lo vedemmo oltrepassare la compagnia di riserva portarsi sulla 5a al fuoco col suo parabellum sulle spalle. Di snidare i russi dal bosco, non c'era verso. I nostri cannoni si erano impantanati in una balca e i tedeschi a corto di carburante avevano tenuto indietro i pezzi. Di mortai neanche a parlarne, non li avevamo mentre i russi li avevano e li usavano molto bene. Ripiegare sulle prime case. I primi a ripiegare furono quelli in retroguardia, lui che era davanti fù l'ultimo a raggiungere le case. Un terzo del paese era ancora occupato dai russi. Dove le isbe erano raggruppate, fummo accolti a colpi di fucile e molti bersaglieri caddero. In un avvallamento non lontano un bersagliere ferito al ventre rantolava fra indicibili sofferenze. Pochi istanti, solo pochi minuti di vita lo separavano dalla morte. A lui sacerdote, l'uomo morente che invocava i suoi cari sembrò ancor più bisognoso e gettato il parabellum che non gli era mai servito volle portare il conforto del morente. Mi chiese due bersaglieri per tentare di soccorrerlo, ma io glielo sconsigliai, ci stavano sparando a vista. Mentre insisteva due volontari gli si affiancarono erano il trombettiere Gadda e il caporale Falcettone. Se ne andarono e lui a testa alta si lanciò nel fosso. A testa alta, senza ascoltare chi lo esortava ad aspettare. Sollevò il capo al bersagliere morente gli impartì la benedizione mentre il distendersi del suo viso testimoniava che la sua anima si era già alzata in volo. Poi fu uno schianto. Una bomba di mortaio centrò il fossato e quando il fumo si diradò Don Mazzoni giaceva esanime accanto al morto, così pure Gadda. Falcettone si salverà nonostante le ferite. |
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LUTRI
SANTINO ALFREDO
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CASSANELLI
GUIDO
Nato a Modena da famiglia contadina, venne chiamato alle armi il 3 gennaio 1941 e destinato al 6° come portamunizioni alla 172a compagnia cannoni 47/32. Nell'aprile la compagnia veniva aggregata al 3° in previsione di un possibile impiego futuro sul fronte balcanico, che al dunque si rivelò essere la Russia. Il 25 dicembre 1941 a Nowo Petropawlowka, rimasto solo e circondato con la sua arma persisteva nel combattimento e veniva trovato il giorno dopo circondato da 7 soldati russi uccisi. L'eroico sacrificio galvanizzava la resistenza dei superstiti consentendo di ristabilire la situazione. |
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VIDOLETTI
ANGELO
Nasce a Vercelli nel 1920. Studente della Cattolica, si iscrive ai corsi ufficiali di Pola e viene nominato sottotenente al 3°. Pur avendo il padre sotto le armi, che nel frattempo è caduto prigioniero in Africa Settentrionale, e quindi dispensato dal prestare servizio in territori lontani, è deciso a seguire il terzo nella sua prima campagna. E' in Jugoslavia poi in Russia col XVIII battaglione. Il 25 dicembre 1941 a Iwanowskij...ferito una prima volta alla gola persisteva nell'azione. Colpito nuovamente al petto.... continuava ad incitare i superstiti. Catturato dal nemico, di fronte ad un commissario che cercava d'individuare l'ufficiale, declinava la sua generalità. Minacciato con la rivoltella, abbassava la mano armata per mostrare le ferite e seguiva a fatica il commissario fuori dall'Isba che fatti pochi passi lo giustiziava... Le spoglie di Vidoletti sono rientrate dalla Russia nel novembre 1999 a Pellio d'Intelvi. |
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I 21 DI VIDOLETTI: Ventun feriti intrasportabili del XVIII erano stati lasciati in una isba, sperando che i Russi avessero potuti soccorrerli. I primi soldati russi arrivati fecero quel che poterono, per le attrezzature che avevano e per la situazione precaria del momento. Poco dopo sopraggiunse un commissario politico che dopo essersi scagliato contro gli stessi russi, fece trascinare fuori oltre a Vidoletti tutti i feriti. Un plotone d'esecuzione improvvisato s'occupò di giustiziarli lasciandoli insepolti nella neve. Sotto al mucchio di cadaveri un bersagliere, il caporale Rigo non era morto. A sera riuscì a trascinarsi verso una isba dove una contadina lo nascose nel pagliaio. Il giorno dopo nel contrattacco verrà recuperato dai compagni. | ||