MEDAGLIERE D'AFRICA 1941

 

FORMIS ACHILLE - 8°

“Comandante in una sezione di cannoni anticarro, nel corso di operazioni di assedio e di attacco ad una munita piazzaforte, dava ripetute prove di ardire e di elevato spirito combattivo. Penetrato il suo battaglione nel cuore del sistema fortificato nemico, e fatto segno a violenti contrattacchi di mezzi corazzati e di preponderanti forze di fanteria, col tiro preciso delle sue armi, contribuiva efficacemente al successo ed al consolidamento delle posizioni conquistate. Resisi, per effetto della violenta reazione dell’artiglieria nemica, inefficienti due pezzi della sua sezione e caduti quasi tutti i serventi, con ardimento e decisione, pari alla gravità della situazione, continuava da solo a far funzionare l’unico pezzo rimasto efficiente, centrando e fugando alcuni mezzi blindati. Inceppatosi anche l’ultimo cannone, si lanciava alla testa di un pugno di eroi in un impari a corpo a corpo contro le forze avversarie. Ferito da una raffica di pistola mitragliatrice, esortava i superstiti a non preoccuparsi di lui, li incitava con inesausto ardore all’ardua pugna, finchè colpito da una granata a mano cadeva da prode sul campo dell’onore. Fulgido esempio di ardimento e di valore personale, ferrea tempra di soldato e nobile figura di comandante. Bir Scerif, 16/18 aprile 1941 – 2/3 maggio 1941”

 

Cova

TEN. COVA GIACINTO - 8°

Comandante di un plotone bersaglieri motociclisti, durante aspro combattimento, incitava i suoi dipendenti - con spirito sereno, calma e sprezzo del pericolo - ad opporre la più strenua resistenza all'avversario, che con crescente violenza di fuoco reiterava i suoi attacchi. Nell’impari lotta seguitane, conscio della gravità della situazione, accorreva, instancabile animatore dei suoi uomini, ove la pressione nemica, sempre più intensa, mirava a travolgere i difensori. Accortosi che l'avversario sostenuto da carri armati, era riuscito ad annientare la resistenza del suo reparto, già decimato da gravissime perdite, ed infieriva sui feriti, si lanciava con eroico slancio e spirito di sacrificio, al contrattacco coi pochi superstiti. Nel corpo a corpo seguitone, sopraffatto dal numero e dai mezzi, cadeva fulminato, stringendo nella destra una bomba che stava per lanciare. Fedele al proponimento manifestato ai suoi bersaglieri, di non arretrare di un passo, anche di fronte al più irruente attacco nemico, chiudeva nobilmente la vita dedita al culto del dovere e della Patria. - Quota 186 Ridotta Capuzzo (Africa settentrionale), 15 maggio 1941 XIX.

DI BATTISTA SETTIMIO - 9°

“Nel corso di un attacco di mezzi corazzati, con due bottiglie incendiarie affrontava un primo carro che andava in fiamme. Gravemente ferito, con un supremo slancio, ne affrontava un secondo, ma dopo averlo immobilizzato veniva travolto da un terzo. Il suo eroico comportamento galvanizzava i suoi compagni di lotta che riuscivano a stabilire la situazione. Magnifico esempio di eroico ardimento e di supremo sacrificio per la Patria. Sidi Rezegh 25/26 novembre 1941”. 

PADOVANI GIOVANNI  - 8°

“Comandante di una compagnia bersaglieri, nel corso di operazioni di assedio e di attacco contro munita piazzaforte, dava luminose prove di audacia e di valore personale: Primo tra i primi, con impetuosa e travolgente azione, conquistava al nemico due ridotte, strenuamente difese. In un successivo contrattacco sferrato di notte dall’avversario con inaudita violenza di fuoco e con preponderanti forze blindate e di fanteria, veniva ferito ad una gamba, mentre incitava i dipendenti alla resistenza su una posizione avanzata particolarmente colpita e minacciata. Con fierezza d’animo rifiutava ogni soccorso e dava la precedenza ad un collega anch’esso ferito. Conscio della grave situazione delineatasi per effetto delle perdite subite dal suo reparto, con fiera decisione e sprezzo del pericolo si trascinava ove più ferveva la lotta, incitando i superstiti alla resistenza ad oltranza. Nel generoso tentativo di scagliare contro gli aggressori l’ultima sua bomba a mano, cadeva da prode ripetutamente colpito da arma bianca. Fulgido esempio di eroismo, di sublime virtù militare e di cosciente sacrificio. Bir Scerif, 16 aprile 1941 – Ras el Medauar 1/3 maggio 1941”. 

 

REGAZZO GIUSEPPE - 9°

“Chiesto ed ottenuto di assumere il comando di un reparto nella imminenza di operazioni di guerra, si offriva volontariamente di stabilire il collegamento con un reparto, di cui non si aveva notizia e, per quanto fosse notte e violenta l’azione delle artiglierie avversarie, riusciva nel generoso intento. All’alba rientrato nelle nostre linee dopo aver assolto il difficile compito, mentre apprestava i lavori di difesa di una importante posizione assegnatagli, veniva fatto segno di un attacco da parte di una forte colonna moto-carrozzata avversaria che muoveva velocemente, minacciando di travolgere e sommergere il nostro schieramento avvolgendolo di fianco. Incurante della sproporzione del numero e dei mezzi avversari, sprezzante del pericolo, allo scoperto, si prodigava nella difesa, dirigendo il preciso fuoco delle armi automatiche e sostituendosi ai capi-arma tiratori per meglio colpire il nemico. Ferito in più parti del corpo da raffiche di mitragliatrici non desisteva dalla lotta animando, con il suo atteggiamento, una leonina, efficace resistenza. Colpito a morte, al sergente che accorreva a sorreggerlo consegnava la pistola ed il binocolo per indicare che lo sostituiva nel comando ed ordinava: “Siamo Bersaglieri, resistete!” proprio mentre il nemico, dominato e battuto, ripiegava senza speranza di porre piede sul posto reso sacro dall’eroico luminoso sacrificio. Sidi Rezegh, 25/26 novembre 1941”. 

ZAMBONI AURELIO - 9°  Nato a Berra Ferrarese nel 1919, da famiglia contadina (Bracciante) viene arruolato nel 1940 e assegnato al 28° Btg del 9 Reggimento. E' sulle alpi francesi per il breve periodo del conflitto poi dal settembre 41 in Africa Settentrionale con il grado di Caporale inquadrato nella divisione motorizzara Trieste. Motivazione della medaglia: Tiratore di mitragliatrice, durante un attacco nemico e sotto violento fuoco di artiglieria, benchè gravemente ferito al capo da una pallottola, non abbandonava l’arma e rifiutando ogni cura continuava imperterrito a sparare.  Ferito una seconda volta da una granata che gli squarciava una gamba e l’addome, con ammirabile stoicismo si faceva amputare, sul posto e con mezzi di fortuna, un braccio quasi stroncato. Visti i compagni contrassaltare l’avversario con lancio di bombe a mano, in un supremo sforzo raccoglieva l’arto amputato e lo scagliava contro il nemico gridando: “Non ho più bombe, ma eccovi la mia carne e che vi possa arrecare danno”. Spirava poco dopo per dissanguamento. Esempio di fulgido eroismo. Sidi el Breghis, Quota 211, 12/15 dicembre 1941”. 

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ZAMBONI - LA GRANDE STORIA

Il padre in una lettera al capo di gabinetto del Min.di Guerra: Mi sento profondamente commosso per la superba motivazione dedicata al mio Aurelio. Ringrazio voi per tutto ciò che avete fatto e vorrete fare per onorare la memoria del mio caro.........sono fieramente orgoglioso che egli sia caduto da eroe: avrei invece il cuore straziato se l'avessi saputo un vile. Viva il re

Riportiamo in sunto quanto disse di lui il Maggiore dei Bersaglieri Mario de Micco dalla zona operativa nel marzo 42 e pubblicato in occasione dello scoprimento del monumento a sua gloria in Berra Copparo:

L’alba del 19 Novembre 1941 si preannuncia infuocata. Il nemico ha il vantaggio della superiorità , dell’iniziativa, della quantità di armi ed armati che può gettare nella battaglia. Li comanda  il Colonnello Bordoni più volte ferito e super decorato. Il sacrificio del 9° inizia presto e ad un certo punto sembra arrestare l’onda avversaria. Ma questa riprende più pesante e instancabile. Ci si ritira su quota 208-211 di Sidi Breighisc. Da questa quota sarà forse più facile controllarlo e dominarlo. La lotta va avanti per giorni fra alterne pause e vicende, mentre nel deserto si consuma la vicenda di Bir El Gobi. Tempeste di sabbia alternano i riposi con gli scontri. Aurelio Zamboni, caporale mitragliere, in quei giorni dal 12 al 15 di dicembre si avvinghia alla sua arma che è diventata rovente.  “ chi l’impugna più non vive di vita mortale, ma sembra assurto nella sfera dell’ideale. E’ un spirito che combatte, non è un uomo. Egli già  più non vive d vita terrena…” I vuoti che si aprono fra le fila inglesi richiamano su di lui la massima concentrazione di mezzi e avversari. La piazzola viene tempestata dai mortai e dalla sua fronte scende un rivoletto vermiglio. Rifiuta il soccorso dei compagni e continua ad imbracciare l’arma “va via adesso ho da fare” dice e continua a sparare. Ma il tiro dei mortai si corregge piano, piano e ad un tratto “ uno schianto terribile, una vampata. Una granata ha colpito in pieno la postazione…groviglio di corpi orribilmente straziati”  Da sotto una voce “coraggio ragazzi i bersaglieri del 9° non hanno mai tremato. Taglia qui.” Quel taglia qui che porge ad un infermiere è quanto resta del suo braccio appena trattenuto da un lembo di carne. Mentre si accende una sigaretta e l’impallidito chirurgo si appresta al taglio dice “ Mi da fastidio”. Zamboni non è ferito solo al braccio ha anche un ginocchio maciullato. Scosta l’allibito l’infermiere “pensa a curare gli altri che sono più gravi”. Gli inglesi desistono, si sono fermati. Zamboni finisce la sua sigaretta  mentre i compagni al grido “Savoia” escono dalla Trincea. Non c’è più tempo per frenare l’emorragia al ginocchio. “.. Sul suo volto una smorfia che è uno spasimo dello spirito per il destino crudele che lo inchioda al terreno, mentre la vita che gli sfugge lo porterebbe ancora nel furore del combattimento. Si erge a stento sul busto…cerca un’arma che non trova….. solo il suo moncherino è li discosto…lo affera e lo lancia Non ho bombe dice ma ecco la mia carne e che vi possa arrecar danno. Viva il 9°".

Adolfo Zamboni nel 70° anniversario della morte di Aurelio Zamboni † 15-12-1941

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