LA SECONDA 

GUERRA MONDIALE  

 

 

UMBERTO BORDONI: Colonnello comandante del 9° 
RAPPORTO SULLA BATTAGLIA DI SIDI REZEGH

Bersaglieri e carabinieri in azioni di guerriglia dietro il fronte inglese in Cirenaica 

dal suo rapporto: «..Il grosso del nemico era in marcia su più colonne su Sidi Rezegh ( ... ) il 9° bersaglieri schierò i suoi battaglioni XXVIII (rnagg. Togni) e XXX (ten. col. Chierico) rinforzati dalla compagnia mortai (cap. Carella), dal marabutto di Sidi Rezegh 'alla Trigh Capuzzo, tenendo come riserva parte del XL battaglione (rnagg, Moro). Il II gruppo del 21° artiglieria (rnagg. Baglione) prese posizione a sud del marabutto vicino al comando di reggimento. Sul posto passarono agli ordini del comando del 9° due gruppi di artiglieria italiana e uno tedesco. Il gen. Bottcher, comandante del gruppo misto italo-tedesco, impartì al col. Bordoni l'ordine di resistere a oltranza sul posto, per dar modo alla 15a divisione tedesca, in azione verso Sollum, di raggiungere Sidi Rezegh. Alle ore 1,10 del 26 novembre ebbe luogo un attacco di reparti arditi neozelandesi appoggiati da autoblindo contro il fianco sinistro della 5a compagnia; attacco che dopo alterne vicende venne sanguinosamente respinto. Durante la notte attaccò l'intera divisione neozelandese, appoggiata da un massa imponente di fuoco. Gli attacchi si susseguirono poi senza tregua, sempre respinti dai nostri reparti che non esitarono a uscire dalla linea per il contrattacco. L'oscurità e 1a scarsa conoscenza dei luoghi resero in certi momenti la nostra situazione veramente drammatica, perché i reparti, nell'ardore del contrattacco, si erano portati oltre la linea nemica, mentre elementi nemici erano penetrati nel nostro schieramento. Le prime luci dell'alba permisero finalmente di chiarire la situazione.
I concentramenti di fuoco ordinati dal comando del 9° bersaglieri avevano validamente sostenuto le azioni notturne di contrattacco dei reparti, ma il nemico, malgrado le perdite, si preparava all'attacco finale. Preceduta da un violentissimo fuoco di artiglieria, la 2a divisione neozelandese avanzò con tutti i suoi mezzi corazzati. Il 9° bersaglieri, appoggiato da otto carri armati tedeschi e dall'artiglieria, dimostrò in questa azione di possedere le più elette virtù e il più alto grado di addestramento. Dopo cinque ore di continui attacchi e contrattacchi il nemico venne definitivamente fermato e respinto sulle posizioni di partenza. Alle ore 1l del 26 il gen. Bottcher sistemò il suo comando vicino a quello del 9° bersaglieri e con il gen. Piazzoni giunto in quel momento con il XXXII battaglione motociclisti (rnagg. Pece), in considerazione del successo ottenuto dal reggimento, iniziò lo studio di un'azione offensiva per eliminare definitivamente la minaccia nemica in direzione di Tobruk. Ma proprio mentre si svolgeva tale colloquio, si verificò il cedimento di una parte del fronte di Tobruk e lo schieramento del reggimento venne preso alle spalle dal fuoco di artiglieria e di carri inglesi (usciti dalla piazzaforte ).
Il momento fu veramente tragico. Il comandante del 9° bersaglieri ordinò ai due gruppi da 105 di rovesciare il fronte e sostenere I'azione del XXXII battaglione lanciato immediatamente al contrattacco. Il rombo dei motori si unì a quello delle artiglierie. La massa ondeggiò un attimo e poi filò velocissima nel polverone della piana. Il nemico, sottoposto al preciso tiro dei gruppi da 105 e sorpreso dall'improvviso nostro intervento, non resistette all'urto del XXXII battaglione, sostenuto da quattro carri armati tedeschi, e dopo breve combattimento si ritirò. La breccia fu subito dopo tamponata dalle truppe italiane che assediavano Tobruk ( ... ). La 2a divisione neozelandese intanto, ricevuti rinforzi, intensificò le sue azioni con grande appoggio di artiglieria, ma ogni velleità nemica venne infranta dalla reazione dei bersaglieri, che appoggiati dal II gruppo del 21° artiglieria contrattaccarono con grande impeto facendo numerosi prigionieri. Larghi vuoti si vennero però a creare anche nelle nostre file e più gravi nella 5a compagnia (cap. Longobardi) del XXX battaglione. Data la situazione, il colonnello comandante impiegò allora la riserva del reggimento (magg. Moro), che ristabilì prontamente !la situazione sul fronte della 5a compagnia, facendo prigionieri i reparti neozelandesi infiltratisi fra i capisaldi e che invano avevano cercato di congiungersi con i reparti usciti da Tobruk. «Davanti alle nostre linee centinaia di caduti avversari e alcune decine di mezzi corazzati, fra i quali alcuni carri Mark II, nonché camionette inutilizzate e bruciate, testimoniavano la tenace resistenza opposta dai valorosi bersaglieri del 9° e dai magnifici artiglieri del II gruppo del 21° artiglieria ( ... ).
Alle 22,30 circa (del 26) il nemico sferrò nuovamente l'attacco in forze a cavallo della direzione già seguita all'inizio dell'azione e, benché contrastato con accaniti corpo a corpo dai bersaglieri e battuto efficacemente dall'artiglieria, riuscì ad aprirsi un varco in corrispondenza della 5a compagnia, ormai decimata, e un nucleo di arditi neozelandesi puntò sul comando di settore che si dispose a caposaldo, con il plotone arditi di reggimento, una sezione mitragliere da 20 mm e due pezzi da 47/32. La lotta si risolse all'arma bianca e parecchi bersaglieri e artiglieri vennero pugnalati. La breccia aperta nello schieramento della 5a compagnia fu tamponata dallo spostamento della 2a compagnia del :XXVIII battaglione. Il comandante di reggimento comunicò ai comandanti di battaglione che nel caso di altri cedimenti, i rispettivi reparti dovevano ripiegare sulla linea del marabutto e continuare alla difesa a oltranza.
Il gen. Bottcher, che seguiva da vicino le vicende del 9° bersaglieri, alle ore 2 del 27, ritenendo pienamente assolto dal reggimento il compito assegnatogli di trattenere il nemico fino all'arrivo delle divisioni corazzate tedesche, ordinò di ripiegare a cavallo della Trigh Capuzzo, sulla linea compresa fra quota 151 di En Nsalat e quota 134 di Sghifet el-Escat. Il difficile ripiegamento per scaglioni, iniziato alle ore 3, venne eseguito ordinatamente e alle ore 9 il reggimento raggiungeva la nuova zona di impiego. Ultimo a muovere dalle posizioni cosi duramente contrastate fu il serg, magg. Masucci il quale con la sua squadra mitraglieri tenne testa al nemico fino alle prime ore del pomeriggio, riuscendo a portarsi dentro la nuova linea con poche perdite. »
Il sacrificio di sangue di quelle tre giornate può essere riassunto in queste cifre: 61 caduti (5 ufficiali), 127 feriti (5 ufficiali), 80 dispersi dei quali solo pochi risultarono in seguito catturati dal nemico. L'avversario aveva lasciato sul terreno centinaia di morti; caddero nelle nostre mani tre ufficiali, di cui uno superiore, e 310 uomini di truppa; furono distrutti 19 carri armati e 60 camionette.
Il gen. Bottcher rese omaggio al valore dei bersaglieri e degli artiglieri italiani: «Attendevo molto da Voi» egli scrisse « ma avete superato ogni mia aspettativa. Vi ringrazio di quanto avete fatto e spero di avervi ancora ai miei ordini per altri combattimenti ». Il comandante, diversi ufficiali e bersaglieri del 9° furono decorati da Rommel della croce di ferro. Tra le tante prove di valore fornite dai fanti piumati emergono quelle del ten. Giuseppe Regazzo e del bers, Settimio Di Battista, entrambi decorati di medaglia d'oro alla memoria.
 

 BRONZO AL V.M. Marmarica e Sirtica 19 novembre 1941 – 8 febbraio 1942 al 9°  “fedele al proprio motto di guerra ed alle centenarie tradizioni di gloria e di sacrificio del Corpo in 60 giorni di passioni e di fede, superando i duri disagi del deserto, teneva valorosamente testa agli attacchi nemici,  superiori di numero e di mezzi, respingendo e contrattaccando talora le truppe corazzate nemiche con le bombe a mano e con la sola fede della patria. A Sidi Rezegh si opponeva per tre giorni consecutivi all’irrompente urto di una intera divisione avversaria, infliggendo ad essa sanguinose perdite. A bir Belafaà, alle quote 204 e 211di Breghisc riconfermava le sue doti di valore e di ardimento, fermando con largo sacrificio di sangue i reiterati attacchi di numerosi carri. Nella ripresa offensiva i superstiti, primi fra i primi, preceduti dallo spirito eroico dei caduti, riconquistavano dopo dura lotta le sacre terre già bagnate dal generoso sangue dei compagni”  

I reduci hanno sempre contestato nel dopoguerra che per gli scontri della Marmarica venisse concesso solo il Bronzo, dopo il contributo dei caduti, medagliati in oro. Si riteneva e si ritiene che fosse più consona l’assegnazione dell’argento , anche a distanza ormai di anni.

DIVISIONE MOTORIZZATA TRIESTE*
65 - 66° REGGIMENTO FANTERIA

 

9° REGGIMENTO BERSAGLIERI
XXXII Btg moto (Puce)
XXVIII (Togni)
XXX (Chierico) autoportato
XL (Moro) armi accompagnamento controcarro e contraeree. (aa.ac)
DVIII Btg divisionale aa.ac -  LII Btg misto Genio
*riceverà in tempi successivi in sostituzione del 9°,  l'VIII Btg BERSAGLIERI autoblindato su Ab41 e l'XI Btg carri M13
21° Artiglieria - sanità, sussistenza e autoreparto. 

Bersaglieri e Carabinieri in azioni di guerriglia dietro il fronte inglese in Cirenaica   

Dopo l’8 dicembre 1941 l’armata corazzata Italo tedesca iniziò la ritirata verso la Tripolitania, combattendo metro per metro con le retroguardie e parando i colpi delle colonne mobili che per vie interne (piste minori del deserto) cercavano di tagliare la strada litoranea. Proprio per la loro mobilità erano forze minori, in genere autoblindo o camion armati, che al contatto con reparti ordinati e organizzati soccombevano sempre. Più facile per loro era assalire colonne di rifornimento e piccole unità. Tutti i reparti delle retrovie che svolgevano pattugliamento, controllo del territorio e delle coste vennero messi in preallarme per costituire posti di blocco sulle rotabili e centri di fuoco sulle piste. Di creare una nuova linea di difesa, mentre la fiumana di uomini e mezzi defluiva, non si parlava. L’importante in quel momento era avere il serbatoio pieno. Quello che non si riusciva a trasportare veniva incendiato e distrutto. E’ in questo momento (14 dicembre) che il 1° battaglione Carabinieri paracadutisti, al comando del maggiore Edoardo Alessi, riceve l'ordine di attestarsi sul bivio di Eluet el Asel, a sud di Berta, e di resistere ad oltranza. Sono solo 400 uomini, rinforzati da 6 cannoni controcarro da 47/32 mm dell'8° bersaglieri 9° compagnia del ten. Coglitore, dotati di bombe Passaglia e di una settantina tra fucili mitragliatori e mitragliatrici. (Ci vuole arte e fegato per usare le Passaglia. Bisogna correre verso il tank sferragliante, che distribuisce morte tutt’intorno, evitare di finire sotto i suoi cingoli, lanciare la bomba sul vano motore e buttarsi a terra. Quando l'ordigno penetra dentro il carro, succede l'ira di Dio: le fiamme divampano, il liquido idraulico schizza rovente per ogni dove e le munizioni saltano, se ci arrivi!!!). Il battaglione è rinforzato anche da guastatori e da un plotoncino di paracadutisti libici (20 uomini). Un plotone della 9° di Coglitore viene distaccato al “battaglione provvisorio” Barce, costituito con uomini delle retrovie che si posiziona a Est del dispositivo di difesa. Il grosso dell’Ariete stava transitando sulla Balbia per portare in salvo i pochi mezzi rimasti. A sera il battaglione Barce viene ritirato inaspettatamente, così come vengono ritirati i genieri che dovevano approntare le opere campali di difesa. Il Genio oltre che demolire costruiva anche. Nella notte sul 19 il tenente dei carabinieri Fanelli comunicava che sulla pista di Chaulan, a circa 2 chilometri dalle posizioni, si era attestato uno scaglione inglese composto da circa venti automezzi, molti cingolati e alcuni carri armati; altri mezzi erano in movimento a distanza imprecisata. Si trattava dei mezzi della 5 Brigata della IV Indiana di fanteria. Alle 5,55, mattina del 19, i cannoni controcarro inquadrano il facile bersaglio di cinque camionette cingolate. E’ l'inizio di uno scontro violentissimo, che si apre con il tambureggiante fuoco di preparazione dell'artiglieria inglese. Fallito lo sfondamento, gli inglesi attaccano, subito dopo, da Sud e Sud-Ovest, (ala destra dello schieramento). Alle 15,15 il nemico lancia un attacco da zona pianeggiante, ma il maggiore Alessi li ha preceduti piazzando due dei suoi cannoni. Il 47/32 aveva tutte le migliori qualità, ma il difetto che gli italiani se lo trascinavano a spalla non avendo mezzi a cui agganciarlo o caricarlo. Il combattimento si sviluppò accanito, fra attacchi e contrattacchi, per oltre tre ore. Nel frattempo due Compagnie inglesi iniziavano un ampio movimento aggirante verso destra, puntando sui rovesci di quota 639. Si imponeva necessariamente una contromanovra in grado di parare la minaccia di aggiramento alle spalle che avrebbe precluso il successivo sganciamento. I Carabinieri irruppero sulle due Compagnie avanzanti e, sfruttando ogni utile appiglio del terreno, le investirono con le bombe a mano e col preciso tiro dei fucili mitragliatori e delle armi individuali. L'azione fu così immediata e violenta che gli inglesi, sorpresi e sconcertati, dovettero arretrare. Da quel momento, il crepitio delle armi automatiche inchiodò i fanti inglesi sul terreno costringendoli a regredire di roccia in roccia, progressivamente, fino al fondo dell'uadi dal quale erano saliti. Lo sganciamento, dopo aver distrutto le armi pesanti sul posto, venne attuato col buio (alle 18,30 del 19), lasciando 40 carabinieri coi Tenenti Mollo, Solito e Grilli sul posto. L’ordine era di tenere la posizione fino alle 22 simulando ancora la presenza dei carabinieri poi sganciarsi. Il battaglione Barce già la sera precedente sulla Litoranea era incappato, nel movimento retrogrado, in un blocco a Lamluda. La fila dei camion (10) all’incrocio con la litoranea svoltò a Ovest verso Bengasi. Alle 20,30 il primo blocco a Lamluda. Questi blocchi erano attuati a trappola, poiché superato anche facilmente il primo, ci si trovava subito davanti al secondo e si era finiti in mezzo a una sparatoria in testa e coda. Il magg. Alessi, sui primi camion, impegnò subito combattimento e il frastuono raggiunse anche la coda dov’era Coglitore (i camion viaggiavano molto distanziati). Dopo 2 ore per superare l’ostacolo la colonna si rimise in marcia. Fatti 800 metri ecco il terzo blocco. Erano ormai le 22,30. I primi camion passarono ai lati della boscaglia, poi il quinto saltò su una mina bloccando il resto della colonna. I quattro camion superstiti (91 uomini) raggiunsero la sera del 20 Agedabia dopo aver fatto rifornimento in una Bengasi abbandonata. Dei 40 carabinieri lasciati a Eluet, 23 non riuscirono lasciare la posizione in tempo per il ricongiungimento e dovettero mimetizzarsi con gli italiani della fattorie circostanti il villaggio Berta. Il ten Coglitore sbarcati dai camion Bersaglieri e Carabinieri si diresse verso nord, verso Apollonia. Marciarono tutta la giornata del 20, evitando accuratamente le pattuglie inglesi, sostando solo alcune ore nella notte affranti dalla stanchezza. All’alba del 21 erano ad Apollonia dove un colono li informò che era impossibile ormai giungere alle linee italiane. Non restava che mimetizzarsi fra i coloni del villaggio Luigi di Savoia poco lontano sulla Balbia. Con le colonne inglesi che vi transitavano, non ebbero molte difficoltà a raggiungere le fattorie. Erano 150 uomini, dei quali 60 Carabinieri vestiti in borghese che si preparavano a vivere alla macchia, seminascosti. Per 43 giorni attesero la nuova zampata di Rommel che arrivò puntuale il 6 febbraio 1942. Gli arabi nomadi, in mancanza di una forza di Polizia, si erano scatenati contro i coloni e solo l’aiuto e le armi dei soldati valsero a salvarli. Caddero in azione alla fine di gennaio Mario Benna Zenit e il colono Luigi Romano. Rimase ferito il Carabiniere Giulio Amadei. Sempre da questo nucleo vennero attuate operazioni di sabotaggio a strutture militari inglesi. I carabinieri nell’intera operazione avevano perso 31 uomini, 37 feriti e 250 dispersi (fra prigionieri e scampati alle fattorie). A fine febbraio, coi superstiti del battaglione, si costituirono i nuclei delle Caserme dell’Arma che,  anche dopo El Alamein, continueranno ad operare con funzione d’ordine pubblico sotto il comando inglese . Il ten. Coglitore ebbe di nuovo un suo reparto (cannoni controcarro da 47/32) il 12 marzo. Il Battaglione Carabinieri Paracadutisti per lo splendido comportamento guadagnò all'Arma una Medaglia d'Argento al Valor Militare assegnata il 14 giugno 1964. 5 Medaglie d'Argento al V.M., di cui 4 alla Memoria, sei Medaglie di Bronzo al V.M., di cui una alla Memoria ai singoli, fu il consuntivo delle decorazioni concesse. I 5 Argenti ai carabinieri Amadei Giulio, Benna Zenit Mario, Caravaggi Mazzon Luca, Celi Antonio e Madau Alfredo. 

 

  L'elefantino da 47/32

   

carabinieri a Eluet el Asel

 

"I Carabinieri si sono battuti come leoni; mai i reparti inglesi avevano incontrato in Africa una così accanita resistenza".

 Diceva la sera del 28 dicembre 1941, Radio Londra, riferendosi ai combattimenti del giorno 19 a Eluet el Asel e a Lamluda http://www.carabinieri.it/arma/curiosita/non_tutti_sanno_che/abbecedario/Eluet%20el%20Asel%20e%20Lamluda.htm  “…. avuto il delicato compito di proteggere unità in movimento su nuove posizioni, sosteneva per una intera giornata ripetuti attacchi di soverchianti forze corazzate nemiche, appoggiate da fanteria ed artiglieria. Nell'impari cruenta lotta, svolta con estremo ardimento, riusciva a contenere l'impeto dell'avversario, al quale distruggeva, con aspra azione ravvicinata, numerosi mezzi blindati e corazzati. Sganciatosi dal nemico con ardita manovra notturna, trovata sbarrata la via di ripiegamento da munite posizioni avversarie, si lanciava eroicamente all'attacco e, dopo violenta epica mischia in cui subiva ingenti perdite, si apriva un varco, ricongiungendosi alle proprie forze”.

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