LA
SECONDA
GUERRA
MONDIALE
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La Sagra di Giarabub
http://www.fiammacanicatti.it/multimediali/La Sagra Di Giarabub.mp3
http://www.ilduce.net/mp3.htm |
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QUELLI DI GIARABUB |
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i
1.300 di
Castagna
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Cairo-24 marzo 1941: interrogatorio di un ufficiale
inglese a un soldato italiano superstite. L'inglese all'italiano
“Noi
non concepiamo una resistenza senza i mezzi necessari; a voi non solo
mancava tutto, ma non avevate nessuna possibilità di successo”.
1941 Life (rivista): Jarchè il fotografo americano al seguito -
I morti nemici
erano ovunque nelle trincee, tra le rocce e nelle crepe. Fu un
combattimento breve e selvaggio. Già il vento stava coprendoli con un
sottile strato di sabbia .. sabbia che ormai li
faceva stranamente assomigliare a delle statue di marmo..- |
L’oasi di Giarabub si
trova in Libia, a circa 300 km dalla costa, ed è formata da palme, orti
e pozze d’acqua in una ampia valle nel deserto, più bassa
dell’immenso tavolato giallo di polvere, più bassa del livello del
mare. Giarabub era considerata la mecca dei Senussi, setta sorta fra le
ultime nel mondo mussulmano. Giarabub apparve in sogno a Mohammed Ibn
Ali es-Senusi (1787-1859) sorgente dalle sabbie. Questi, chiamati due discepoli
il mattino seguente,
indicò loro la direzione dei venti e disse con fare deciso: -Camminate, camminate sempre.
Troverete il luogo che ho visto, io vi raggiungerò - |
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Dopo la
sepoltura di Mohammed Ibn
Ali es-Senusi nella Moschea locale nel 1861, la regione venne
scorporata dall'Egitto ottomano
(Costantinopoli) con una
parvenza di autonomia. Il potere non era solo religioso ma
anche economico attraverso le Zauie che comprendevano oltre a beni
materiali diversi, edifici di vario tipo e terreni. A Giarabub si arriva su
incerte piste fino a un crocevia che conduce a Bir el Gobi, Bir Tengeder, Gialo ed Augila e all’oasi di Siwa in Egitto
sua dirimpettaia. La piccola oasi di Giarabub faceva parte del sistema difensivo di confine (reticolato anche se
più a Sud, molto più a sud, c'era ancora Kufra oltre il mare di sabbia):
difficilmente aggirabile era dotata anche di una pista di atterraggio. Il
primo settore di confine, dal mare verso l’interno, era invece occupato dalle
ridotte o fortini di Amseat
(Ridotta Capuzzo) che comprendeva i presidi di Sidi Omar, Sceferzen e
Maddalena. I presidi erano formati da plotoni mitraglieri libici mentre
al comando di settore vi erano due compagnie libiche comandate da
Italiani. Pattuglie su automezzi armati leggeri, dette celeri, erano
adibite al controllo delle piste di collegamento. Allo scoppio della guerra i civili vennero sgomberati. La moschea
e la tomba del fondatore della setta religiosa dei "senussiti",
erano deserte e senza pellegrini. Non un colpo cadrà sugli edifici.
Ovunque erano sorte postazioni di mitragliatrici, fossati anticarro,
reticolati, capisaldi, posti di osservazione ed opere campali. Parimenti
erano stati rinforzati i posti di osservazione e quelli di sbarramento
sulle piste. Il comandante del presidio era il maggiore Salvatore
Castagna. L’oasi venne attaccata per la prima volta il 14 giugno 1940 da un
bombardiere inglese che rimase a sua volta colpito ed abbattuto dal
fuoco contraereo. A questo fece seguito il 16 giugno un attacco
terrestre che fu sventato. Gli attacchi reiterati, con autoblindo e truppe autotrasportate,
vennero sempre sventati grazie all’ammirevole comportamento dei soldati
libici che, privi di armamento anticarro, assalirono i mezzi blindati
con bombe a mano e bottiglie incendiarie. |
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Non vi fu accerchiamento e la situazione rimase quasi tranquilla fino a
Dicembre permettendo di migliorare le sistemazioni difensive. L’8 novembre venne
effettuato dagli italiani un pesante bombardamento aereo sull’oasi di Siwa, in risposta ad un raid britannico contro l’oasi di Augila, e
questo diradò i raids aerei inglesi. Quando gli Inglesi
iniziarono l’offensiva a Sidi el Barrani ( 10 dicembre 1940),
tutti i posti di frontiera vennero investiti ma le puntate delle
autoblindo, che tendevano ad isolare l’Oasi, furono respinte. La
situazione stava però degenerando. Il 16 dicembre venne disposto il
ripiegamento dei presidi di frontiera a sud di Sceferzen su Giarabub.
L’oasi raccoglieva ora tutti gli italiani in un raggio di 200 km. Le
persone presenti erano circa 2.000 per metà libici. Feriti e
civili venivano via via allontanati, mentre incominciavano a farsi
sentire i problemi di viveri, acqua e munizioni. Per il personale
operativo strettamente necessario l’ultimo rifornimento via terra era
giunto il 4 dicembre. |
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Anche a Natale, fanterie mobili inglesi appoggiate da autoblindo,
artiglierie ed aviazione, attaccarono i posti di sbarramento. Le posizioni furono perse
e riconquistate grazie all’intervento di nostre colonne celeri armate
con cannoni da 47/32 e mitragliere da 20 mm. Furono infittiti i campi
minati con bombe di aereo adattate, essendo il presidio privo di mine.
Si doveva evitare la perdita della pista di aviazione, unica fonte
di rifornimento del presidio dal cielo. Un sergente della 6a australiana,
catturato con documenti, non poté smentire l’entità
delle forze contrapposte agli italiani: una divisione rinforzata da
autoblindo ed artiglieria. Il rifornimento ora era assicurato solo per via aerea con le
batterie inglesi che opportunamente ubicate colpivano il campo.
L’ultimo aereo arrivò e ripartì da Giarabub il 9 gennaio 1941 quando
ormai lungo la costa era iniziata inarrestabile l’avanzata inglese.
Volantini lanciati da aerei inglesi dicevano "I vostri capi vi
tacciono che abbiamo fatto 115.000 prigionieri... ogni vostro sacrificio
è quindi inutile, vi tratteremo bene... poi.. volete essere
schiacciati dai nostri carri da 80 tonnellate!? l'impero non perdona
arrendetevi. (I carri da 8 tonnellate, con uno zero aggiunto,
erano diventati da 80 ma intanto non venivano avanti). Il 31 gennaio,
dopo aver trasmesso un messaggio di plauso al maggiore Castagna per
l'eroica resistenza, Graziani ordina la ritirata generale. Ai problemi
dei rifornimenti si aggiunse l’isolamento radio che colpì in alcuni
periodi l’Oasi. |
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Questo il messaggio inviato dal Comando di
Tripoli:
"…Non abbiamo più
possibilità di rifornirvi. Resistete fino a quando avrete viveri, e
dopo arrendetevi chiedendo l’onore delle armi….non potrà esservi
negato…" |
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Il messaggio ebbe chiaramente
effetto negativo sul morale delle truppe ma l’attimo di scoramento fu
superato per far fronte alla realtà.
“Avevamo viveri fino al 20 e
questi erano costituiti da una scatoletta di carne e 100 grammi di
galletta al giorno. C’eravamo mangiati muli e cammelli. Anche le palme
(midollo) cominciavano a sparire. Lo zucchero, fin che c’era,
era stato destinato ai libici che non potevano farne a meno per il tè.
Nei messaggi mi si diceva che avevano mandato di tutto. In effetti a
Benghazi verificarono che sotto una tettoia c’era un carico con un
cartello -Viveri per Giarabub- e lì rimasero”
Castagna. |
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I tentativi australiani di perforare la linea di
resistenza esterna continuarono e si rinnovarono. Gli attacchi ai posti
di sbarramento furono di nuovo dissipati con il deciso intervento delle colonne
celeri che, con il loro fuoco, fecero sempre indietreggiare il nemico.
Caduta anche l'oasi di Cufra (1/3), si potevano ricevere messaggi solo di notte da
Tripoli. Il 25 febbraio erano rimasti viveri per una giornata ma il 27
arrivarono paracadutati via aerea viveri e posta, il che allietò non
poco il morale della guarnigione. C’erano anche lettere di attrici e
scolari per gli ufficiali che ormai erano diventati una leggenda in
Italia. La mancanza della posta, di notizie a volte è peggiore di
quella del cibo. Scriveva un capitano dalla Libia:
A tutto ti rassegni,
poca acqua, o magari nessuna comodità ecc. ma quella della posta
che sogni la notte, che alle prime luci dell'alba dici subito al tuo
compagno: speriamo che almeno oggi sia arrivato l'aereo, rappresenta
tutta la tua vita.
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"Per
noi la corrispondenza è tutto", ribadiva un soldato dal fronte
tunisino. Il suo mancato arrivo contribuiva - aggiungeva un altro dalla
Russia - a deprimere ulteriormente il morale dei militari: "Altra
cosa importante, la posta, siamo da 24 giorni fermi e posta non ne
arriva, questo è anche lui un fattore che mette il morale a terra, caro
mio, essere sinceri, il morale è basso, anzi bassissimo". La posta
rappresentava per chi era al fronte l'unico collegamento con quanto si
era lasciato in patria: essa era - sottolineava un colonnello,
lamentandosi anch'egli del disservizio per cui arrivava
"prima la
lettera che ti annuncia il battesimo e dopo quella che ti annuncia la
nascita!" - "il pensiero fisso del soldato. Il rancio
spirituale più atteso. |
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Gli inglesi ad intervalli
regolari intimavano la resa. Il 17 marzo arrivò da Rommel un messaggio :
"Invio il mio saluto ed i sensi della mia stima e ammirazione agli
eroici difensori di Giarabub. Continuate a lottare strenuamente, tra
pochissime settimane saremo tra voi"!!!.(Contemporaneamente
alle righe sopra, Rommel scrive pure le note che invia a Berlino) "Gli
italiani, qui in Africa, sono degli ottimi camerati e dei bravi e
valorosi soldati. Se avessero i nostri mezzi e la nostra disciplina,
potrebbero gareggiare con le nostre migliori truppe. L'episodio di
Giarabub (allego un dettagliato rapporto sul fatto e sulla figura del
Maggiore Castagna, di cui il Ministero della Propaganda potrebbe
servirsi benissimo) rivela le doti di coraggio degli italiani"
La fine invece era
vicina. Il 18 marzo tutti i posti di osservazione furono attaccati e le
artiglierie battevano tutti i movimenti delle colonne celeri. Vennero
tolte le limitazioni all’uso delle ultime munizioni e a tutti gli
uomini fu richiesto, nell’ora decisiva, il supremo sforzo.
"…Non ammetto nessuna resa. Lotteremo, se sarà necessario, sino
all’estremo sacrificio. A Giarabub si vince o si muore". Così si
espresse Castagna. Ovunque gli Australiani si avvicinavano alla linea di
difesa interna dell’oasi e, in un tratto, dove il reticolato si era
insabbiato, entrarono temporaneamente nel perimetro difensivo. Solo
il ghibli* si frapponeva all’azione con continui inceppamenti delle
armi e sconvolgimento delle opere campali. Il 21 marzo verso le 5.00 si
riversò sui difensori un intenso fuoco d’artiglieria e 45 minuti dopo
ebbe inizio un furioso assalto di fanteria.
Tutti i difensori lottarono
aspramente sino ad opporsi agli attaccanti con la baionetta ma ad uno ad
uno i capisaldi caddero.
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“..Avrei potuto trattare la resa …ma
volli dimostrare al nemico che con la sua superiorità doveva pagare
ancora un duro prezzo…la bandiera che sventolava sulla ridotta
Marcucci venne abbassata e bruciata al cospetto del nemico che sparava
ormai da distanza ravvicinata su quegli uomini…”
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Primo Aviere Rino Santarossa
Il nostro compito
consisteva nella difesa della ridotta. Dal gennaio del 1941 eravamo
assediati e gli aerei S 79 di base a 500 km circa, ci rifornivano di
viveri sganciando dei sacchi confezionati in modo che l'imballaggio di
fieno ne proteggesse il contenuto all'impatto con il suolo. Nonostante
queste precauzioni, riuscivamo a recuperare solo una piccola parte di
quegli approvvigionamenti. Venivano sganciati anche sacchi contenenti
farina di grano. Quei viveri che riuscivamo a salvare, impregnati di
sabbia, venivano distribuiti una volta alla settimana. La farina invece
veniva conservata alla ridotta. Dopo diversi rifornimenti fatti in questo
modo, la farina accumulata era sufficiente per fare del pane una volta per
tutti, e il comandante Castagna diede ordine ai fornai di panificare. Il
destino volle che quel giorno l'artiglieria inglese concentrasse il fuoco
sulla ridotta e verso le undici il cannoneggiamento si fece ancora più
violento e dovemmo rifugiarci nel " Fifaus ". Anche i fornai
vennero nel rifugio perché erano
caduti alcuni proiettili anche sul forno. I fornai erano quindi
preoccupati perché il pane già cotto poteva andar distrutto mentre
quello ancora infornato si sarebbe certamente bruciato. Malgrado i
proiettili che continuavano a cadere, io decisi di uscire dal "
Fifaus " e, arrivato al tomo, iniziai a sfornare il pane. Dopo
qualche minuto arrivò anche il tenente Rosset e, assieme, riuscimmo a
recuperare tutto quel prezioso alimento. Il giorno 20 marzo 1941 alle ore
17 circa, gli inglesi scatenarono una forte offensiva, ma, a tarda sera
erano stati respinti. Alle ore 4 del giorno successivo il nemico riprese
però i combattimenti con maggiore violenza della sera prima. Poco dopo si
sollevò un forte ghibli* alzando un turbine di sabbia che certamente
favori gli attaccanti. Alle ore 10 circa, il comandante Castagna fece
pervenire al centralino radio, tramite un soldato, un telegramma che
ricordo cosi concepito: " Dalle ore 4 il nemico ha sferrato una forte
offensiva con molti mezzi meccanizzati. Molti morti anche da parte nemica.
Sono ferito. Viva l'Italia ". |
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*Il Ghibli è il vento che proviene
dall’interno del deserto. Rovente e asciutto aumenta di intensità di
notte e al mattino. Dura a volte poche ore, ma ritorna con continuazione
implacabile accecando tutto e tutti. I 47 gradi all’ombra fiaccavano
chiunque. Gli unici ad essere contenti erano gli arabi che vedevano i
datteri maturare più in fretta.
DIARIO
DI ROMMEL
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2 MARZO
1941: Ieri ho passato in
rassegna le truppe italiane giunte di fresco dalla Patria. Al termine il
Comandante mi ha fatto dono di un magnifico carro-abitazione da campo.
Di ciò sono molto felice, perché esso mi sarà molto utile nelle
prossime settimane".
In data 5 marzo, manda un
rapporto a Roma e a Berlino sulle deficienti condizioni dell'artiglieria
"L'antiareea
è costituita da vecchissimi Skoda da 75 mm., ancora della guerra
1914-18; ho visto perfino mortai di bronzo antiquati, già nell'esercito
austro-ungarico... Gli aerei sono logorati e non hanno ricambi.
I piloti
fanno miracoli. Gli aerei da ricognizione, mi dice Zecht, sono
vecchi Caproni, inermi e lenti, micidiali per chi vola... l'unica cosa
viva è il valore e il coraggio dei piloti; un nostro aviatore
rifiuterebbe di decollare con quegli apparecchi che qui chiamano a
ragione "Totebahren" ("Casse da Morto").
Come diceva la canzone, la fine (così sembrava) dell'Inghilterra iniziava da qui,
dall'impossibilità di opporsi ai tedeschi e dall'assoluto bisogno di
far intervenire gli Usa che del colonialismo avevano tutt'altra idea e concezione.
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