Una farsa inutile

parte quinta

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Parte quinta

Notti

Tutto è cambiato, dalla notte della festa, e niente è cambiato. Non sono più la stessa eppure non riesco ad essere diversa. Non riesco a dire quello che sento, in certi momenti non riesco neanche a pensare. E non voglio pensare, perché quando lo faccio sento solamente dolore, e una grande rabbia.

Quando sono rientrata a casa quella sera, dopo la festa, ero confusa, e triste. Avevo voglia solo di dormire. E invece ora non dormo più. Sono già molte notti che non riesco a dormire, che il pensiero di quello che sta succedendo, di quello che stava succedendo sotto i miei occhi senza che lo vedessi, non mi fa dormire. Mi addormento, stremata, solo quando intravedo i primi tenui segni che la luce, il giorno sta per tornare. Come se temessi il buio della notte. Come se temessi lo stesso buio che stai affrontando tu. Come se il buio fosse ancora più nero, come deve sembrare a te, André, giorno dopo giorno. Quando quella notte ti ho sorpreso e ho capito che stai diventando cieco, mi è sembrato di impazzire. Non ci credevo, non volevo crederci, cercavo nel tuo sguardo, nella tua voce, in qualsiasi cosa, una disconferma. Qualcosa che mi dicesse: non è vero, Oscar, non è vero, non sta succedendo, sei solo stanca… E invece, nel tuo sguardo, ho visto sorpresa all’inizio, e poi solo tristezza, solo un’infinita tristezza. La silenziosa e dolorosa certezza che quello che avevo visto e sentivo corrispondeva alla verità. Non sono riuscita a dirti niente, non riesco a dirti niente.

Perché per parlare dovrei gridare prima, gridare al vento tutta la rabbia e tutto il dolore che sento, e la paura, e questo senso di angoscia che mi porto dentro. E io non riesco nemmeno a fare questo. Quella sera sono riuscita solo a correre via, spaventata, incredula, eppure dolorosamente consapevole, consapevole delle mie colpe, per rinchiudermi nella mia stanza, nel mio letto. A piangere le mie lacrime, tanto inutili quanto irrefrenabili. Quelle che in silenzio piango ogni sera, ogni notte, fino quasi a perderne consapevolezza. Ma a te, che di parole avresti bisogno, che di gesti avresti bisogno, non riesco più nemmeno a rivolgermi. Ti evito, persino, evito il tuo sguardo, quando sono di fronte a te, perché di fronte a me, se ti guardo, non riesco a vedere l’amico, il compagno… vedo solo la mia colpa, il mio e il tuo dolore, e il buio, il buio progressivo del tuo sguardo. E non ce la faccio. Non ce la faccio. Così la vita è tornata ad essere quella che era prima. In apparenza. Per mio padre, per mia madre, per tua nonna, per i soldati che comando. Per tutti, tranne che per me e per te. Custodisco il tuo segreto, che ora è anche il mio. Era stato così anche un’altra volta, ricordi? Un’altra maledetta notte. Ho custodito anche allora il tuo segreto, il mio segreto. Ho paura della notte, ora, ho paura di ogni notte, André, perché può fare tanto male la notte… Sono stata dal medico il giorno dopo la festa, e lui mi ha tolto anche l’ultima illusione. l’ultima speranza, l’ultimo tentativo di scacciare l’ombra dalla tua vita, dalla mia vita. Quanto tempo fa ti ha detto quello che ora so anch'io? Quand’è stato che dalla sua voce hai capito che speranze non ce n’erano più, André?

Mi ha detto che ti aveva visto… proprio pochi giorni prima… di quell’altra notte… Era questo dunque il tuo pensiero quella notte, André? Era questa la tua angoscia?. Era questo il tuo dolore? Quando salisti da me, e io ti feci quel discorso che voleva farti uscire dalla mia vita, erano quelli i tuoi sentimenti? I tuoi pensieri? Quanto dolore c’era nei tuoi occhi mentre ti dicevo che volevo essere “indipendente” da tutti, anche da te? Quanta paura c’era? Quanto dolore c’era?

Perdonami, perdonami André, perdonami. Perdona quella notte, e quella di pochi giorni fa. Perdona il mio silenzio. E’ che non riesco, ancora, ad affrontarti. Non riesco ancora ad affrontare tutto quello che significa per me il fatto che tu stia perdendo la vista. Non riesco. Non riesco ad abituarmi… come se ci si potesse abituare… non è possibile. No, non lo è. Non lo è per me, come può esserlo per te?

Eppure cerco di comportarmi come se niente fosse successo, sono tornata alla vita della caserma, delle esercitazioni e dei doveri, come se nulla fosse successo. Mentre tutto è cambiato. Un mondo intero dentro di me è cambiato. E per la prima volta non so che direzione prenderà la mia vita. Devo trovare, devo cercare una soluzione, eppure mi lascio vivere, il più delle volte, guardandoti da lontano, mentre ti eserciti con gli altri soldati, quando il mio sguardo non può incrociare il tuo. Devo trovare una soluzione, per te, e per me. Pensavo che la farsa fosse finita, con la mia messinscena di qualche giorno fa… e non mi accorgevo che la vera farsa era appena iniziata. La farsa del comandante Oscar de Jarjayes e del suo attendente André Grandier che per amore di lei perse la vista e ogni possibilità di essere felice… La vigliacca Oscar, la meschina Oscar, che interpreta magnificamente il ruolo della donna forte, sprezzante, mentre dentro di lei non sa più realmente cosa fare, né ha il coraggio di chiedere a te, André, cosa dovrebbe fare. Il comandante deve fare il suo dovere stasera, e andare a ringraziare Bouillet per il suo intervento in favore di Lassalle. Potrebbe essere l’occasione per parlare, se ci riuscissi, stasera, con te…

 

Persa. E’ come se ti avessi persa. Sei lontana da me. Così lontana e così vicina. I nostri sguardi non si incontrano da giorni. Non c’è una parola, che non sia un comando, tra me e te. Non c’è affetto nei tuoi occhi per me. Io non riesco più a vederlo. Nemmeno quello di una infanzia passata insieme, di una vita intera passata insieme. Eppure so che non ti sposerai. E quella che avrebbe dovuto essere la notizia più bella, la consolazione al mio dolore, impallidisce e scompare di fronte alla tua indifferenza verso di me, e alle conseguenze di quello che hai fatto.

Ho saputo quello che hai fatto. Era necessario farti del male fino a quel punto? Era necessario esporti così alla vergogna? Per che cosa? Per chi? Nel mio egoismo avrei potuto persino gioire di questa tua trovata, del saperti ancora con me, se non ti avessi persa quella stessa notte, se non ti avessi vista, spaventata, scioccata, fuggire via. Da allora non ci siamo parlati. Né colpe, né domande. Avrei preferito mille volte sentirti urlare contro di me, sentirti accusare me per non avertelo detto, e invece, solo silenzio, solo silenzio tra me e te. Un silenzio, come un muro che nemmeno io riesco ad abbattere. Perché cosa mai potrei dirti? Niente che tu a questo punto non sappia già. E così rimango in silenzio anche io. E cerco di ritrovare nei meandri della mia mente il tuo sguardo, il tuo calore, il ricordo del tuo sorriso. Eppure eri… così vicina a me… sotto il salice, pochi giorni fa. Mi abbracciavi. Avevi bisogno di me, per qualche motivo che non conosco. Ora sono io ad aver bisogno di te. Ho sempre avuto bisogno di te… sempre… se almeno tu mi guardassi… Persa, sì ti ho persa. E vorrei portarti io sotto quel salice, ora e stringerti, e confondere il mio viso tra i tuoi capelli e perdermi io, per sempre.

 

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La carrozza è partita, il percorso è deciso, Bouillet è all’Opéra, bisogna attraversare mezza Parigi per arrivare laggiù. Ci scambiamo solo poche parole mentre vorrei che fossero mille. Vorrei prenderti per mano e non lo posso fare, nelle mie mani solo i miei guanti. E’ notte, ma la luna rischiara il cammino. E tu sei con me. Solo questo conta, Oscar. Solo questo.

 

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Guardo dal finestrino la città che scorre via davanti ai miei occhi, come portata via dalle ruote della carrozza. Sei al mio fianco, André, ma sembri così lontano… lontano…

Pensavo che sarei riuscita a parlarti, ora che siamo così vicini e non ci riesco. C’è solo uno strano imbarazzo tra noi. Inusuale. E silenzio. Assurdo. Doloroso. Per due persone che sono state insieme tutta una vita. Abbiamo giocato insieme… e bisticciato… riso, pianto, e scoperto il mondo insieme… abbiamo vissuto insieme, ogni attimo, ogni momento, ogni singolo istante. E ora solo un silenzio pesante come un macigno. Posso sentire persino il tuo respiro… ma non riesco a dirti niente. Guardo scorrere il mondo dietro al finestrino, le vecchie case di Parigi, e il tuo respiro accompagna il mio viaggio come una musica, una musica cadenzata, triste… ma di cui ho bisogno, per vivere.

Non siamo lontani dalla nostra meta. E’ il quartiere di Saint Antoine quello che vedo dal finestrino?

 

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Riapro gli occhi nel buio, la testa mi fa male da impazzire, c’è un viso accanto a me, occhi… che non sono i tuoi… che cosa? … che cosa è successo? … la folla… Axel, sei tu Axel? Nel dolore e nel sangue il tuo bel volto, Axel… ma i tuoi occhi, i tuoi occhi non sono i suoi, il tuo respiro non è il suo, le braccia che stringono le mie non sono le sue. DOVE? DOVE SEI? DOVE SEI ANDRE’? CHE COSA TI HANNO FATTO? Devo andare via di qui, devo trovarlo, devo salvarlo. Queste maledette braccia non mi lasciano, lasciami!, lasciami! Axel! Io devo andare da lui. Devo, perché se lui morisse…

 

“Lasciatemi andare, il mio André è in pericolo!!! Lasciatemi andare, il mio André è in pericolo!!!”

 

Non sento più la stretta delle tue braccia, Axel, ma mi guardi all’improvviso con occhi stupiti, quasi scioccati, come se avessi detto un’assurdità, un’eresia. Cosa ho detto mai? Certo che io devo salvare  André, io devo salvare il mio André. Non deve succedergli niente. Non deve soffrire. Non deve morire… perché morirei anch'io… perché non potrei vivere senza di lui…

 

Axel, continui a guardarmi come se quello che ho detto fosse assurdo… ma non lo è… il mio André… mi guardi come se io avessi detto qualcosa di strano… come se… avessi detto di… amare André… amare André… amare…

Sì, io… io… lo amo… io LO AMO… io AMO ANDRE’, più di ogni cosa, più di ogni persona, più di tutto, e solamente lui.

 

Axel mi sorride, ed è un sorriso strano quello sulle sue labbra, quasi triste, e, allo stesso tempo, felice. Mi lascia nel buio di questo vicolo… sta andando a salvare lui André, per me. La testa mi gira… mi gira… André…

 

 

 

E’ sceso il silenzio, la folla è lontana, devo radunare le mie forze, dove sei? Dio, fa' che Fersen l’abbia trovato… ti scongiuro… fa' che l’abbia messo in salvo! … Devo andare… Devo…

 

Dove sei? Dove sei? La testa mi fa male da impazzire… Dove sei André? Dove? Che cosa ti hanno fatto? Dio, fammelo ritrovare, non mi importa di nient’altro al mondo. Di nient’altro. Adesso lo so, lo so con certezza. Quando ti ho visto portare via da me, quando la folla ci ha separato, quando quella marea di rabbia e furore, terrore e sangue ci ha separato, ho capito cos’è veramente il dolore, ho capito cos’è veramente la paura. E ora capisco cos’è veramente… l’amore. Gridavo, cercavo di proteggerti con la mia voce, perché ero troppo già troppo lontana per difenderti con la spada, urlando che tu non sei un nobile, che tu non dovevi, non devi, morire, mentre mi portavano via da te, mentre cercavano di  prendermi, di uccidermi. Ma a quel punto non mi importava più vivere, non mi importa più di vivere, ora, se non posso saperti al sicuro. La tua voce, ho un bisogno disperato di sentirla, ora. La tua voce si faceva lontana, sempre più lontana mentre ci separavano… Dove, dove sei? André dove sei? Fersen deve aver disperso la folla. Fersen. Chi l’avrebbe detto che sarebbe stato lui, proprio lui il testimone della mia confessione, della mia disperazione, del mio… amore. Dio, toglimi tutto, tutto quello che ho, persino il respiro, persino la vita, persino l’anima, se ne ho una, ma fammelo trovare.

 

Mio, mio, mio André.

Caro, infinitamente caro, André.

Niente altro conta al mondo.

Niente e nessuno.

Mio, mio, mio André.

Amore.

Amore mio.

 

Quell'ammasso di legna bruciata che vedo… è la mia carrozza… quel che resta delle vestigia e del lusso della mia famiglia. Un pezzo dello stemma, solo un pezzo di legno dorato, che non vale più nulla, ora… Dio, è questo il nostro destino? Il destino di coloro che hanno vissuto alle spalle di altra gente, per una differenza che in realtà non esiste? Cosa sarà di noi tutti? … cosa sarà? Un pezzo di legno… un pezzo di legno dorato… brucia… brucia, allora… brucia tutto quello che ero e che sono ancora… ma restituiscimi André, restituiscimelo, ti scongiuro. Non avrò bisogno di altro… posso bruciare anch'io se lo vuoi, ma restituiscimelo, ti prego, è il mio compagno, è il mio uomo, è tutta la mia vita, e la mia sola e unica ricchezza. Bruciami come questo legno… ma restituiscimelo.

 

Dove sei? Non mi reggono nemmeno più le gambe, dove sei André, dove sei?

 

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Una forca…..quella è una forca!!!! La mia vita è finita, è finita, pochi istanti ancora e sarà tutto finito, vogliono uccidermi. Non voglio morire… non riesco a muovermi… aiutatemi… E’ tutto inutile… la forca è lì… Oscar… amore mio… Signore… accogli la mia ultima preghiera… perdona le mie colpe… e salvala… non deve morire anche lei. NON DEVE. Ti scongiuro. Mi stanno sollevando, non posso muovermi. Eccola, la morte… eccola… Oscar… non abbandonarmi… vedo il tuo volto… i tuoi occhi… sorridimi… ti prego…amore…

 

Uno sparo… delle urla… la gente fugge intorno a me… mi calpesta… non riesco a muovermi… che succede? …

 

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Sono ancora vivo. VIVO! Non c’è più nessuno. Nessuno. Non riesco a muovermi, mi sento come paralizzato, non so quante ferite ho addosso. Oscar, dove sei, dove sei… non riesco ad alzarmi… non riesco nemmeno a vedere cosa c’è intorno a me. Dove sei, Oscar, dove? Ho le mani legate ancora, ma sono solo, e vivo. Devo riuscire ad alzarmi, devo riuscire a trovarti. Devo salvarti, io devo… devo… raggiungerti, in qualche modo.

Le gambe mi reggono a malapena. Devo trovarti. Signore, dammi la forza!

Cos’è, cos’è quell’ombra che si muove veloce verso di me? Dio, aiutami. Aiutami.

E’ lei! È lei! Oscar!!!

André! André! Cosa... cosa ti hanno fatto? Sei ferito? Oddio!!!"

“Oh, Oscar, sei viva, SEI VIVA… nient’altro conta… nient’altro conta… e sei così… bella… così meravigliosamente bella… e viva… pensavo che non ti avrei vista mai più… non guardarmi così… non voglio vedere più la paura sul tuo viso, sul tuo bel viso… sorridimi… Ti prego… sto bene ora… ora che sei con me…”

“ANDRE’, COSA? Cosa volevano farti? … hai le mani legate… Volevano… ucciderti?”

“Ho chiuso gli occhi, mentre mi avvicinavano alla forca… ma non ero solo, sai… c’era il tuo volto, c’erano i tuoi occhi… e il tuo sorriso… non ero solo, Oscar, non ero solo…!”

“André!!”

“No, Oscar, ti prego, non piangere… non piangere… siamo insieme… ora.”

 

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Non riesco a credere a quello che è successo. Non posso crederlo. Come si fa a provare tanto dolore e tanta gioia nello stesso tempo?. Eppure è quello che sto provando io adesso. Ho il corpo pieno di ferite, e allo stesso tempo sono immensamente felice. Sono vivo, lei è viva. Siamo sfuggiti alla morte. E questo sarebbe sufficiente a rendere felice chiunque.

 Ma lei… lei… i suoi occhi… la sua voce che tremava mentre mi chiamava, mentre mi chiedeva, impaurita, come stessi, quanto profonde fossero le mie ferite, il suo calore mentre mi abbracciava, con tutto il suo corpo, le sue mani che accarezzavano frenetiche i miei capelli, come per convincersi che ero ancora vivo… le sue lacrime… il suo sorriso nelle lacrime… tutto di lei mi faceva sentire all’improvviso come… amato… E’ questo l’amore? E’ questo?

 Ha continuato ad abbracciarmi finché non siamo arrivati a casa. Come non ha mai fatto… ha continuato a tenermi stretto a lei finché non ha potuto più. Come se quell’abbraccio dovesse restare segreto. Dovesse restare un segreto tra me e lei. Oscar… è questo l’amore? E’ questo il tuo amore? Se lo è, ti prego non smettere di amarmi, Oscar… non smettere… Ti amo anch'io… tanto…

 

 

E’ una notte scura, più scura di tante altre, spero che siano al sicuro ora. Entrambi. Com’è strana la vita, a volte. Per un amore che ha percorso ormai quasi tutto il suo cammino, che ha vissuto i suoi giorni e le sue notti, che non può quasi più vivere, quello mio e di Antonietta, eccone un altro appena nato…

Povera Oscar, povera amica mia, che assurdità… capire di essere innamorata… solo quando il destino sembrava portarle via André. Non riuscivo a credere a quanto stava dicendo, nel vicolo, e nemmeno lei ci credeva. La mia cara Oscar… lo stupore del suo volto… del suo bellissimo volto… Ho provato quasi invidia, gelosia, per André… Quel volto… così bello… potrà contemplarlo lui, lui solamente. E’ fortunato. Siete fortunati. Mia cara Oscar, vivetelo questo amore, combattete per lui. Voi siete coraggiosa e forte, molto più di me, voi sapete combattere. Non avete fatto altro, tutta una vita. Fatelo. Ancora. Ora più di prima. E per una causa giusta. Il vostro amore. Perché sono certo che André ricambia i vostri sentimenti, e saprà amarvi, sa amarvi e lo farà anche per me e meglio di me, che non sono stato capace di farlo, di amarvi, quando, in un angolo del vostro cuore c’ero io. Che non vi lascerà fuggire, vestita di seta e di lacrime, come invece feci io, una notte di tanto tempo fa. Forse invece doveva andare così. Non dovevo innamorarmi di voi perché era già scritto che un giorno mi avreste guardato negli occhi e nella paura e nella disperazione mi avreste detto, urlato l’amore per un altro uomo. Siate felice Oscar, siatelo, e vestitevi di nuovo di seta, ma per lui. Rivolgetegli un sorriso. Il vostro più bel sorriso. E amatelo. Amatevi. Non prendete esempio da me che mi lascio vivere guardando da lontano la donna che ancora amo con tutto me stesso senza riuscire a consigliarla per il meglio, senza riuscire a proteggerla. Vivete Oscar, cara Oscar… che questa sia l’ultima notte scura della vostra vita, che le prossime vi portino amore. Solamente amore.

 

 

E’ molto tardi, ma io non riesco ancora a dormire. Mi avvicino alla tua stanza, sfioro con le mie dita la maniglia della porta. Ma non la apro. Starai dormendo, probabilmente. Non voglio disturbarti… no… non è questo… voglio lasciarmi ancora qualche momento, qualche ora, qualche giorno… non so… perché quello che sento adesso è troppo forte e troppo grande per riuscire ad esprimerlo… faccio fatica anche a pensarlo io stessa… mi è impossibile dirtelo, ora. Ti amo, ti amo, André, con tutto il cuore, con tutta me stessa. Amo il bambino che è cresciuto con me, il ragazzo che ha vissuto tante avventure con me, l’uomo che sei diventato, e qualunque cosa succeda, continuerò ad amarti. Sempre. Avremmo potuto essere felici da sempre, se io mi fossi accorta prima di amarti… posso ancora rimediare? No, non potrò, probabilmente. Non potrò restituirti gli anni perduti, restituirti le carezze che non ti ho fatto… eppure… mi sento felice… come una bambina il giorno del suo compleanno…

Sì, André… noi staremo sempre insieme. Avevi ragione tu, quel giorno di tanti anni fa. Non una ipotesi, ma l’unica, grande, calda, dolce, certezza della mia vita. Amara a volte, come la mia colpa.

 

 

Continua...

mail to: f.camelio@libero.it

 

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