NG OPINIONI 20.01.02
DREAM THEATER (nuovo album)
Quanto
qui di seguito è il frutto di tre ascolti più che attenti a questa
ultima fatica di un gruppo che, nel bene e nel male, hasegnato la mia
vita di ascoltatore di musica.
Mi scuserete, allora, per la lunghezza del post.
CD 1:
01. The Glass Prison
I primi nove minuti sono pesanti e rabbiosi. Di tutto il profluvio di
note presenti da 9:43 a 12:51 qualcosa si poteva decisamente eliminare:
qualche giro in meno di 'duello' chitarra - tastiera, inserito
esclusivamente per lasciare libero sfogo alla perizia tecnica, a tutti
nota da anni; qualche ripetizione in meno della solita lunga serie di
unisoni finali... insomma, tre minuti suonati allo spasimo, nella totale
assenza della benché minima concessione dinamica. E' classe questa?
02. Blind Faith
L'inizio crea una buona atmosfera; il ritornello sa di FII; il
tutto si svolge abbastanza armoniosamente fino ai 5 minuti, dove si
ha un'accelerazione alquanto incongrua, per lasciar spazio al solo di
chitarra, anonimo (accompagnato da una doppiocassata di pessimo
gusto); la cosa più bella del brano è a 6:13: l'intermezzo di
piano ed archi di Rudess, ciliegia su una torta mediocre. E si ritorna a
soleggiare: stavolta tocca a Rudess, che ci fa sentire che coi suoni
vitage ci sa proprio fare. A 7:31 di nuovo l'incoscienza: il tempo viene
tagliato e la tastiera prosegue a svolazzare, stavolta meno
gradevolmente di prima. Ed è ancora chitarra, che spara un'altra
trentina di secondi di note, prima che si arrivi fortunosamente verso la
conclusione; l'ultimo minuto del brano è rasserenante, poiché si torna
al bel tema iniziale. Insomma, tanti temi appiccicati senza troppa
medi(t)azione gli uni agli altri.
03. Misunderstood Atmosfere tooliane a
piene mani, per il pezzo migliore del primo cd. L'escalation che porta
l'ascoltatore all'apice è per una volta piacevolmente graduale; il
ritornello è sicuramente riuscito, e il lavoro di chitarra dà il
giusto spessore all'insieme; efficaci e riusciti anche i due soli (tanto
quello di chitarra quanto quello di tastiera), in decisa quanto appopriata
dissonanza. L'unico a stonare un po' è Portnoy, ripetendo per due volte
il medesimo, pesante fill nella medesima posizione (inizio del chorus).
Un brano sulfureo, con un finale che poteva essere tranquillamente
emendato di quei trenta secondi di feedbacks...
04. The Great Debate Buone cose arrivano,
nella sezione in 6/4 (quella della strofa, per intenderci), dalla tastiera,
che con un'armonia 'lunga' crea un bell'effetto. Ai 6:42, mediante una
modulazione stra-usata già in SFAM, si passa a una sezione che nulla ha
a che vedere colla precedente: ecco un esempio del songwriting 'appicciccaticcio'
di cui dirò dopo.
Altra stramberia: da 8:36 a 8:51 (in soli 15 secondi, quindi),
ascoltiamo ben tre tagli di tempo, rapidissimi; a 8:55, improvvisamente,
si torna di nuovo 'lenti': l'effetto se vogliamo è curioso, ma io lo
trovo un altro indice del modo troppo semplicistico di comporre che
viene fuori da 6DOIT. Ma non basta: a 9:26 parte un solo di tastiera
accompagnato da un riff che non c'entra un beato tubo col precedente. E
così avanti, con un altro break da 9:56 a 10:00, appicciccato lì con
apparente noncuranza. E qui parte il buon Petrucci, come al solito
perdutamente innamorato del suo plettrino... Dopo di ciò, un altro paio
di riprese dei temi precedenti, per tornare al tema iniziale (quello in
cui si ascolta un apparente telegiornale). Ennesimo finale
decurtabile. In sintensi, un bel minestrone.
05. Disappear Ballad impreziosita dal
lavoro di Rudess, e resa sgraziata dai cori di Portnoy... ma quando si
deciderà a chiudere quel cesso?
CD2:
01. Overture Pomposo e altisonante inizio
di una sorta di rock opera, è tutto inequivocabile prodotto della mente
e delle mani di Rudess, un signore che ha deciso di prestare la propria
preparazione e la propria grande esperienza ad una causa certamente
fruttuosa per le sue tasche...
02. About To Crash Riff iniziale che
puzza di Kansas e similari; pezzo carino e nulla di più. Bello, quello
sì, il solo di chitarra nel finale (Petrucci s'era scordato il plettro
a casa?).
03. War Inside My Head LaBrie 'velenoso',
che ricorda i momenti migliori di FII. Un intermezzo tutto sommato
piacevole...anche perché corto.
04. The Test That Stumped Them All
Il solito momento lasciato allo spantegonismo puro, che produrrà orgasmi
in qualcuno e solo noia in altri.
05. Goodnight Kiss Una chitarra
liquida introduce questo brano quieto e sospeso, balsamo per le orecchie
dopo tanto baccano. Gradevole ma prolisso il minuto finale.
06. Solitary Shell Il miglior
pezzo del secondo cd: confesso di averla ascoltata alla noia. Ritmo
coinvolgente, arrangiamento fresco e dinamico, melodia che cattura
istantaneamente. Una splendida ruffianata, ma davvero ben riuscita. Petrucci
stranamente ottimo sulla chitarra acustica, un Portnoy una volta tanto
nemmeno troppo invadente, un Myung che tira su il pezzo in modo egregio,
e un Rudess al solito eccellente. Sembra quasi venire da un altro
gruppo, tanto è il distacco rispetto al relativo piattume circostante.
07. About To Crash (Reprise)
Finalmente un po' di rock 'n' roll! :) Non c'è coerenza con tutto il
resto, ma tant'è. Verso metà è efficace la sezione trainata da un
Myung qanto mai in evidenza.
08. Losing Time: Grand Finale. Siamo
giunti alla fine, ormai prostrato: mi rasserena un po' il buon uso che
Myung fa del fretless all'inizio. Ultime considerazioni: se LaBrie si
mantenesse sui toni medi sarebbe davvero un buon cantante; purtroppo
talvolta, per esigenze di copione, deve spingersi più in su...e son
dolori.
Ultima nota: il 'gong' finale ariva ai 4:10... che senso ha tirare il fade
out in lungo fino ai 5:59!?!?
Considerazioni:
1) CONFERME
a) Positive: - le eccezionali e mai
discusse doti esecutive del quintetto, capace di pregevolezze tecniche
che tutti riconoscono;
- la produzione (ad altissimi livelli, per quanto discutibile in qualche
scelta: un esempio per tutti, la batteria ultrainvadente).
b) Negative: - la cronica carenza sotto
l'aspetto dinamico, consistente nella sistematica rinuncia a passare con
gradualità da un livello di volume ad un altro;
- la antipatica presenza di lunghe sezioni di mera esibizione
strumentistica, mal amalgamate (perché mal amalgamabili) col resto, e
per nulla funzionali allo sviluppo del discorso musicale;
- l'indomito horror vacui (leggasi overplay), di Petrucci e Portnoy
soprattutto, che appesantisce inutilmente l'ascolto in più punti.
2) NOVITA':
a) Positive: - l'ingresso finalmente massiccio di Rudess in fase
compositiva: le capacità, l'esperienza e il talento del suddetto, di
gran lunga superiori a quelli risultanti dalla somma delle capacità dei
suoi compagni d'avventura, connotano il primo disco, sottoforma di
arrangiamenti mai banali, di interventi brillanti, e di assoli tanto
impressionanti quanto intelligenti. Il secondo disco è, invece, quasi
interamente poggiato sulle sue spalle: gli altri si limitano a far da
comprimari in una architettura orchestrale davvero notevole.
Verrebbe a questo punto quasi spontaneo constatare come, in definitiva,
le svolte nella storia dei Dream Theater siano coincise coi vari cambi
di tastierista, gli unici elementi che siano riusciti a dare spirito e
corpo ad una creatura asettica e sterile, se lasciata in mano ai soli
Petrucci e Portnoy;
- il sentire finalmente un Myung presente e dinamico, anche grazie ad un
mixaggio e a una scelta di suoni che lo pongono maggiormente in luce;
b) Negative: - l'abnorme lunghezza, che
minaccia la fruibilità del lavoro: in quasi cento minuti diventa
difficile per chiunque essere all'altezza della situazione, e numerose
sezioni potevano venire tranquillamente espunte senza che il complesso
ne venisse a risentire. Non voglio minimamente pensare che i cinque di
New York abbiano ceduto a tentazioni commerciali, sicuri di vendere lo
stesso anche con un album a prezzo aumentato...
Conclusivamente, molto rumore per nulla. I
Dream Theater tentano di fare il gruppo 'totale', senza averne le
possibilità.
Il songwriting è approssimativo, non c'è amalgama fra i vari episodi,
così come all'interno dei brani. Come già accennato, Rudess è con
tutta evidenza il pilastro su cui si regge l'intero lavoro: gli altri
non gli stanno dietro. Non basta rubacchiare qualche atmosfera a Tool
e Radiohead, compresi i soliti richiami ai seventies, per svecchiare un
sound ormai (si direbbe) irrimediabilmente avviluppato su se stesso,
sul tecnicismo esasperato e su strutture compositive usurate e
fragili. Personalmente, ho ascoltato il disco con impegno, ma con
grandissima fatica. Quello che, se non erro, dovrebbe essere un concept,
non può lamentare un equilibrio tanto precario fra le sue parti. Non
dovrebbe esistere, in altre parole, quella netta soluzione di continuità che
ascoltiamo fra il primo e il secondo cd. Se fosse durato una
mezz'oretta in meno, con l'eliminazione dei tanti momenti deboli, quasi
certamente ne sarebbe uscito un buon disco, di certo migliore di SFAM
(I&W e Awake, e anche FII, rimangono assai distanti); così, invece,
è l'episodio peggiore della loro carriera.
Fra tutto quanto sopra ho scritto, molto va considerato mia opinione
personale; altri, di contro, sono fatti concreti sui quali mi pare difficile
discutere.
E ora lascio tutto lo spazio che si conviene ai tanti fan entusiasti,
a quelli magari un po' delusi, ai 'detrattori' invidiosi e colla puzza
sotto il naso come il sottoscritto, e anche ai Petrucci colle loro
recensioni 'musicologiche', che ci renderanno edotti sulle mirabilie
tecniche dei nostri beniamini...dimenticando forse di domandarsi se i DT
sappiano ancora scrivere buoni pezzi.
Ciao
Pietro