ALESSANDRO
MANZONI, I promessi sposi Il
personaggio di Lucia viene introdotto da Alessandro Manzoni nel II capitolo. La
sua presentazione, quasi tutta in termini spirituali, non manca però di una sua
evidenza, affidata alla descrizione del costume tradizionale scelto per il
matrimonio : i lunghi spilli d’argento, il vezzo di granata
(collana di pietre rosse), i bottoni d’oro a filigrana, il busto di
broccato a fiori, la gonnella di filaticcio di seta ( di seta
grezza), le calze vermiglie e le pianelle (le ciabatte) a ricami. La
sua età non viene rivelata, ma si intuisce che Lucia è nel fiore degli anni (i
neri e giovanili capelli). La sua modesta bellezza, che trae il
proprio fascino dal suo volersi nascondere, pur non avendo nulla di eccezionale,
trasmette al lettore un effetto di singolare freschezza (... lunghi e neri
sopraccigli... Lucia aveva quello [l’ornamento] quotidiano
di una modesta bellezza... rilevata allora e accresciuta dalle
varie affezioni che le si dipingevan sul viso: una gioia temperata da un turbamento
leggiero, quel placido accoramento che si mostra di quand’in quando sul volto
delle spose, e, senza scompor la bellezza, le dà un carattere particolare...)
e nello stesso tempo la concretezza fisica di una sana e ritrosa robustezza (...la
modestia un po’ genuina delle contadine...). Lucia
è orfana del padre e vive con la madre Agnese. Lavora in casa o alla filanda (quel
giorno era l’ultimo della filanda ... raccontò come, pochi giorni
prima, mentre tornava dalla filanda...). Ella appartiene, come Renzo,
al popolo e la sua condizione economica è modesta, ma decorosa (...aveva
quella casetta un piccolo cortile... ed era cinto da un murettino...). Mentre
Renzo racconta il suo colloquio con Don Abbondio, nell’animo della
protagonista si susseguono il terrore, lo smarrimento e l’angoscia. Non è per
fragilità di carattere che Lucia sembra volersi chiudere in se stessa, ma perché
ha orrore del male. All’irruenza
di Renzo si oppone la sua mitezza e la sua volontà di conservare un certo
"controllo pratico". Ella capisce, ad esempio, quali pericoli
potrebbero derivare da una sua confessione immediata alla loquace madre (...non
metter a rischio di viaggiar per molte bocche una storia che voleva
essere gelosamente sepolta...) La
nota distintiva di Lucia è la purezza, una castità delicata che cela nel
profondo i sentimenti più puri. Il
suo pianto (...asciugandosi gli occhi col grembiule... con voce rotta
dal pianto... violento scoppio di pianto...) rivela una profonda
ricchezza di sentimenti, quelli che Lucia, per sua scelta, è abituata a
controllare. Le
parole della protagonista sono poche, semplici, ma esprimono fermezza interiore
e speranza, fede e rassegnazione nella Provvidenza: "No, no, per amor
del cielo! Il Signore c’è anche per i poveri; e come volete che ci
aiuti, se facciam del male?" (cap. III) Lucia
si affida con le preghiere alla misericordia divina, anche e soprattutto nei
terribili momenti del rapimento. L’onestà è la sua forza, quella che le
permette di affrontare il terribile colloquio con l’Innominato e di operare la
conversione di quell’uomo universalmente temuto, lei, povera contadina
ignorante. La sua fiducia in Dio è tanto grande che, appena pronunciato il voto
nella stanza del castello in cui è prigioniera, Lucia si addormenta "d’un
sonno perfetto e continuo (cap. XXI). Ella si abbandona alla Provvidenza:
"E’ il Signore che ha voluto che tutto andasse così: sia fatta
la sua volontà" (cap. XXVI) Lucia
è incapace di menzogne e di sotterfugi: "per far questa cosa, come dite
voi, bisogna andar avanti a forza di sotterfugi, di bugie, di finzioni.
Ah Renzo! Non abbiam cominciato così..... Io voglio esser vostra moglie,
ma per la strada diritta, col timor si Dio, all‘altare." (cap. VI) ed
è proprio per la sua incapacità a proferire con prontezza la formula che il
matrimonio fallisce (cap. VIII) Lucia
usa le parole soprattutto per pregare: ... pregò qualche tempo con la mente;
poi, tirata fuori la corona, cominciò a dire il rosario, con più fede e
con più affetto che non avesse ancora fatto in vita sua (cap. XX) ... Prese
di nuovo la sua corona, e ricominciò a dire il rosario... S’alzò, e si mise
in ginocchio, e tenendo giunte al petto le mani, dalle quali pendeva la corona,
alzò il viso e le pupille al cielo, e disse: " O Vergine santissima
...aiutatemi! Fatemi uscire da questo pericolo, fatemi tornar salva con mia
madre, Madre del Signore; e fo voto di rimaner vergine; rinunzio per sempre a
quel mio poveretto, per esser mai d’altri che vostra (cap. XXI) Da
vera cristiana Lucia prega anche per il suo persecutore: "preghiamo
piuttosto Dio e la Madonna per lui: che Dio gli tocchi il cuore." (cap.
XXIV) Il
suo personaggio incarna un ideale femminile particolarmente caro alla borghesia
sette-ottocentesca: la vergine che con la sua assoluta purezza redime dal
peccato le anime corrotte ed offre loro l’occasione della salvezza. Lucia
esercita il suo potere purificatore e redentore soprattutto su Renzo, vigilando
su di lui, presente o assente, come un angelo custode e liberandolo da quanto di
ribelle e violento egli cova nel fondo della sua anima, nonostante la sua natura
di campagnolo, che è buona per essenza. In secondo luogo Lucia esercita il suo
potere su Gertrude, la monaca corrotta e lussuriosa , che vicino a lei sente
nostalgia dell’innocenza perduta, ma per debolezza non riesce a cogliere
l’occasione di salvezza che il cielo le manda. Infine, Lucia offre
un’occasione di salvezza, sfruttata in questo caso, all’Innominato. Nell’incontro
con Gertrude vengano esaltate dal Manzoni la santità e l’innocenza che
caratterizzano l’animo di Lucia. Ella, a differenza della monaca di Monza,
mantiene il voto con forza e costanza e la sua fede e la sua modestia si
oppongono all’orgoglio inculcato nella figlia del principe perfino attraverso
un’educazione religiosa stravolta. Lucia è abitata dalla Grazia mentre
Gertrude rappresenta il Male, non solo perché le sue colpe sono gravissime, ma
anche perché rifiuta la via di scampo offertale dalla religione. Gertrude
rappresenta l’altra faccia di Lucia, è l’esempio di ciò che Lucia sarebbe
potuta diventare se avesse ceduto alle profferte di don Rodrigo: questo suo
ruolo specifico nel romanzo giustifica l’ampiezza e l’accuratezza
dell’analisi che le è dedicata. L’incontro
con la monaca fornisce la possibilità del confronto tra due rossori di opposta
motivazione: "Oh certamente", disse in fretta la signora,
arrossendo alquanto. Era verecondia? Chi avesse osservata una rapida espressione
di dispetto che accompagnava quel rossore, avrebbe potuto dubitarne; e tanto più
se l’avesse paragonato con quello che di tanto in tanto si spandeva sulle gote
di Lucia. (cap. IX) I
discorsi strani di Gertrude fanno stupire e arrossire Lucia (cap. X), che alle
confidenze della monaca ed alle sue domande opporrà sempre il suo mite
silenzio: "perché alla povera innocente quella storia pareva più
spinosa, più difficile da raccontarsi , di tutte quelle che aveva sentite, e
che credesse di poter sentire dalla signora." Lucia è il
simbolo della rassegnazione cristiana, sperimenta il negativo dell’azione storica nel campo morale ma
attraverso l’esperienza del negativo si compie anche la sua maturazione.
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