D'annunzio,
Il piacere
NelPiacere, il primo romanzo della trilogia della "Rosa", viene
presentato un personaggio femminile, Elena Muti, a cui D'Annunzio attribuisce
tratti da donna fatale non solo o non tanto perché Elena riesce a sottomettere
il protagonista maschile, il raffinato esteta e uomo di mondo Andrea Sperelli: "...Ella
saliva d'innanzi a lui, lentamente, mollemente, con una specie di misura. Il
mantello foderato d'una pelliccia nivea come la piuma de' cigni, non più retto
dal fermaglio, le si abbandonava intorno al busto lasciando scoperte le spalle.
Le spalle emergevano pallide come l'avorio polito, divise da un solco morbido,
con le scapule che nel perdersi dentro i merletti del busto avevano non so qual
curva fuggevole, quale dolce inclinazione di ali; e su dalle spalle svolgevasi
agile e tondo il collo; e dalla nuca i capelli, come ravvolti in una spira,
piegavano al sommo la testa e vi formavano un nodo, sotto il morso delle forcine
gemmate. Ella
parlava con qualche pausa. Aveva la voce così insinuante che quasi dava la
sensazione d'una carezza carnale; e aveva quello sguardo involontariamente
amoroso e voluttuoso che turba tutti gli uomini e ne accende d'improvviso la
brama.
Ella
metteva anche negli spiriti più ottusi o più fatui un turbamento,
un'inquietudine, un'aspirazione indefinibile. Chi aveva un cuore libero
immaginava con un fremito profondo l'amore di lei; chi aveva un amante provocava
un oscuro rammarico sognando un'ebbrezza sconosciuta, nel cuore non pago; chi
recava entro di sé la piaga d'una gelosia o d'un inganno aperta da un'altra
donna, sentiva ben che avrebbe potuto guarire. "Qual
era dunque la vera essenza di quella creatura? Aveva ella percezione e coscienza
della sua metamorfosi costante o era ella impenetrabile anche a se stessa,
rimanendo fuori del proprio mistero? Quanto nelle sue espressioni e
manifestazioni entrava d'artificio e quanto di spontaneità? Chi
era ella mai? Era
uno spirito senza equilibrio in un corpo voluttuario. A similitudine di tutte le
creature avide di piacere, ella aveva per fondamento del suo essere morale uno
smisurato egoismo. La sua facoltà precipua, il suo asse intellettuale, per dir
così, era l'imaginazione: una imaginazione romantica, nutrita di letture
diverse, direttamente dipendente dalla matrice, continuamente stimolata
dall'isterismo. Possedendo una certa intelligenza, essendo stata educata nel
lusso di una casa romana principesca, in quel lusso papale fatto di arte e di
storia, ella erasi velata d'una vaga incipriatura estetica, aveva acquistato un
gusto elegante; ed avendo anche compreso il carattere della sua bellezza, ella
cercava, con finissime simulazioni e con una mimica sapiente, di accrescerne la
spiritualità, irraggiando una capziosa luce d'ideale. Ella
portava quindi, nella commedia umana, elementi pericolosissimi; ed era occasion
di ruina e di disordine più che s'ella facesse pubblica professione
d'impudicizia. Sotto
l'ardore della immaginazione, ogni suo capriccio prendeva un'apparenza patetica.
Ella era la donna delle passioni fulminee, degli incendi improvvisi. Ella
copriva di fiamme eteree i bisogni erotici della sua carne e sapeva trasformare
in alto sentimento un basso appetito. Accadeva in lei un fenomeno a lui ben
noto. Ella giungeva a creder verace e grave un moto dell'anima fittizio e
fuggevole; ella aveva, per dir così, l'allucinazione sentimentale come altri ha
l'allucinazione fisica. Perdeva la coscienza della sua menzogna; e non sapeva più
se si trovasse nel vero o nel falso, nella finzione o nella sincerità."
Ma soprattutto perché nella
donna Andrea sembra aver trasferito una parte della propria personalità, e in
particolare il proprio principio unificante, la capacità del proprio io di
strutturarsi in maniera unitaria: ..Ne'
baci di Elena era, in verità, per l'amato, l'elisire sublimissimo. Di tutte le
mescolanze carnali quell pareva loro la più completa, la più appagante.
Credevano talvolta che il vivo fiore delle loro anime si disfacesse premuto
dalle labbra, spargendo un succo di delizie per ogni vena insino al cuore; e,
talvolta, avevano al cuore la sensazione illusoria come d'un frutto molle e
roscido che vi si sciogliesse. Tanto era la congiunzione perfetta, che l'una
forma sembrava il natural completamento dell'altra."
La separazione da Elena, che è il momento centrale del romanzo, provoca nel
protagonista la rottura di un precedente equilibrio, la perdita della propria
unità e la dispersione del suo essere in una molteplicità di frammenti: "...Nè
primi giorni, gli assalti del dolore e del desiderio furono così crudeli
ch'egli credeva di morire... Anche, talvolta credeva di non desiderarla più, di
non amarla più, di non averla mai amata; ed era in lui un fenomeno non nuovo
questa cessazione momentanea d'un sentimento..... Ma quegli oblii non
duravano... Alle
incitazioni che gli venivano dalla nuova bellezza di Roma, quanto in lui
rimaneva del fascino di quella dona nel sangue e nell'anima, ravvivavasi e
riaccendevasi. Ed egli era turbato, fin nel profondo, da invincibili angosce, da
implacabili tumulti, da indefinibili languori...." (libro I,V)
Di conseguenza, dopo l'abbandono di Elena, Andrea cerca di replicare con altre
donne la precedente esperienza amorosa, nel vano tentativo di recuperare in
altre amanti quel principio unificante che egli sente di aver perduto con Elena,
fino ad arrivare, nel finale del romanzo, alla sovrapposizione
"erotica" di due donne, la sensuale Elena Muti e la spirituale Maria
Ferres, alla quale il giovane, nella prima notte d'amore, si rivolge chiamandola
con il nome di Elena. "Si
compiacque, in ispecie, della maniera elegante e singolare con cui Elena aveva
dato sapore al caproccio. E l'imagine del boa suscitò l'imagine della treccia
di Donna Maria, scuscitò in confuso tutti gi amorosi sogni da lui sognati
intorno a quella vasta capellatura vergine che un tempo faceva langiur d'amore
le educande nel monastero fiorentino, di nuovo, egli mescolo i due desideri;
vagheggiò la duplicità del godimento; travide la terza Amante ideale" "Per
un fenomeno di depravazione sensuale, egli era quasi giunto a credere che il
real possesso di Elena non gli avrebbe dato il godimento acuto e raro datogli da
quel possesso imaginario. Egli era quasi giunto a non poter più separare,
nell'idea di voluttà, le due donne." |