Le
scandalose donne dei Cesari
Livia, Messalina, Agrippina. E poi Giulia e Domizia Longina.
Avide di potere e di uomini, crudeli e spietate, pronte a tutto pur di
conquistare il soglio imperiale. Nell’ultimo libro di Luca Canali
"Scandali e vizi privati delle donne dei Cesari", una
stupefacente galleria di “dark ladies” dell’antichità
di
Luigi Chiavarone
1/12/2000
Giulia
aveva solo quattordici anni quando andò sposa a suo cugino Marcello di quattro
anni più anziano. A deciderlo fu suo padre, l'imperatore Augusto. Stessa sorte
toccò a Messalina, giovanissima moglie del futuro imperatore Claudio,
cinquantenne, claudicante e balbuziente. Sposa sedicenne fu, invece, Agrippina,
madre di Nerone. Tappe che si ripetono nelle storie delle donne dei Cesari,
indagate, ricostruite, narrate con grande padronanza e semplicità da Luca
Canali.
Sposate
alla “ragion di stato”
A
queste si aggiungono le storie di Fausta (moglie successivamente di Clodio,
Curione e Antonio), Livia, moglie di Augusto (e prima di Tiberio Claudio
Nerone), Domizia Longina, consorte di Domiziano. Donne usate come strumenti,
attraverso le nozze, per tessere alleanze e cementare il potere. Da padri e
mariti. Fratelli e amanti. Ma loro stesse, una volta entrate nell’agone, non
si tiravano indietro. E’ tutto raccontato da Svetonio, Tacito, Cassio Dione,
Eutropio, gli storici dell’antichità, da cui Canali ha attinto, intersecando
con grande capacità, fatti, storie e personaggi dei loro racconti. Ed essere
donne dei Cesari le rendeva estremamente ambiziose. Tutto, dunque, veniva loro
in soccorso per conservare e aumentare il potere: intelligenza, volontà ferrea,
mancanza di scrupoli e sesso. Che usavano come merce di scambio. Come Livia, che
procurava al marito Augusto (63 a.C.-14 d.C.) giovinette vergini da deflorare. E
così l’imperatore, se all’esterno si atteggiava a austero moralizzatore,
tra le mura domestiche si abbandonava a una lussuria insaziabile. Ma era capace
di passare su qualsiasi affetto se questo avesse intaccato il suo potere. Come
fece con le due Giulie, la figlia e la nipote. La prima, bellissima e ambiziosa,
usata dal padre per fini politici (dandola in moglie a uomini scelti da lui), si
circondò di amanti pericolosi, che appartenevano a una fazione avversa
all’imperatore. E suo padre, la punì in modo spietato. Esiliandola nell'isola
di Pandataria, odierna Ventotene e poi a Reggio. Giulia condusse un’esistenza
misera. Seppe della morte dei suoi figli e di suo padre in esilio. E venne a
conoscenza anche di un particolare nefando: Augusto le aveva interdetto la
sepoltura nel Mausoleo che raccoglieva le spoglie della famiglia. Il marito
Tiberio le tolse le sovvenzioni. Lei morì sola, in grande povertà, all’età
di 50 anni (11 d.C.), dopo 15 anni di relegazione. Ancora la terribile sorte
dell’esilio toccò a Giulia Minore (19 a.C.-28 d.C.), figlia della prima,
anche lei protagonista e (poi vittima) di una vita dissoluta.
Messalina,
meretrice augusta
Vera
campionessa di ginnastica da letto e per questo, meritatasi il soprannome di
“meretrix augusta”, fu Messalina, la prima moglie di Claudio. Preda di un
desiderio irrefrenabile, viene descritta nella sesta Satira di Giovenale come
un’autentica mangiatrice di uomini che nottetempo, si prostituiva nei
postriboli cittadini e una volta superò in una sfida la più famosa cortigiana
di Roma, riuscendo ad avere 25 amplessi in una sola notte. Ma gli autori antichi
ricordano anche la crudeltà di questa donna, causa di innumerevoli morti,
ordite con la complicità dei potentissimi liberti, per neutralizzare rivali e
pretendenti. Teatro di crudeltà, congiure e assassini fu quello che animò
Agrippina, seconda moglie di Claudio. Il suo scopo? Spianare la strada al trono
di suo figlio Nerone, che poi, per liberarsi dell’ingombrante presenza della
madre, la fece uccidere. Ma Agrippina, con grande forza d’animo, di fronte ai
sicari, indicò di essere colpita al ventre. Come a dire: colpite il luogo che
aveva generato il “mostro” di suo figlio.
Stragi
di palazzo
E
a rileggere, grazie all’aiuto di Canali (docente universitario, grande
latinista e traduttore), le fonti classiche, la dinastia Giulio-Claudia (I sec.
d.C.) si profila come periodo di grandi crudeltà, di sanguinose congiure di
palazzo. “Era forse per la grande novità costituita dall’Impero” spiega
lo scrittore “cioè il passaggio dalla Repubblica a un regime, quello augusteo,
che era una vera e propria dittatura militare e burocratica, in cui
l’imperatore era la massima autorità statale e divina”. Tanto da
solleticare l’ambizione di molti, tra cui le donne che “si sentivano
finalmente liberate dall’immagine tradizionale di donna romana che le voleva
bravi madri e massaie. Erano proiettate nella grande, altissima politica
dell’impero, in quanto madri, figlie, sorelle di uomini di potere”. Dunque
una rivincita, una rivendicazione tutta al femminile che mirava a sottomettere
l’uomo e a regnare per mezzo di lui. Soprattutto in età Giulio-Claudia, in
cui la successione al trono era legata a fattori di sangue. Un grande libro,
scritto in stile divulgativo, nel pieno rispetto della “verità” delle
fonti, verificate attraverso riscontri incrociati e che conferma appieno il
talento narrativo e di studioso che vuole farsi capire e che non dà nulla per
scontato di Luca Canali.