La necessità di esplorare il contesto in cui sono maturate le idee di Josef Popper obbliga a non tralasciare di trattare la più famosa delle polemiche contro tutta la scuola degli
empiriociriticisti.
Innanzitutto vorrei far notare al lettore che l'impostazione del testo si richiama a quella del noto
"Anti-Dühring", che Engels aveva scritto parecchi anni prima. Anche
nell'"Anti-Dühring" vi è una feroce (anche se bonaria) critica al modo di pensare di un accademico tedesco; anche lì vi è contestualmente l'illustrazione delle più recenti scoperte della scienza naturale del tempo alla luce di una interpretazione materialista dialettica.
Ma qui si ferma la similitudine; giacché, la critica di Engels a Dühring è, come dicevo prima, bonaria, egli canzona l'avversario, condannandolo ad un giudizio non molto lusinghiero: ma Engels è molto al corrente degli sviluppi della scienza, e la critica è sempre puntuale, anche se lui stesso modestamente riconosceva di non essere talvolta all'altezza come divulgatore scientifico. E' dunque quella
dell'"Anti-Dühring" una lettura piacevole e utile.
La differenza che salta agli occhi leggendo "Materialismo ed empiriocriticismo" è il tono nient'affatto bonario;
ciò che vedremo in seguito. Un'altra differenza è il metodo di critica usato
da Lenin - lui critica
una intera scuola di pensiero tutta insieme, ogni empiriocriticista che conosce, contemporaneamente: cita la frase di uno, di seguito la frase di un altro, giustappone la frase di un terzo, e così via. Così facendo, ha buon gioco nel sistemare i pezzi in modo da farli aderire alla interpretazione che lui stesso ha già dato a priori.
Ben altro valore scientifico avrebbe avuto il libro se avesse preso il pensiero di
uno solo dei suoi avversari - poniamo proprio Ernst Mach, il capo indiscusso della scuola degli empiriocriticisti, e lo avesse posto a severa critica.
Ma non era - credo - quello lo scopo del libro; l'obiettivo era quello di dividere tra
buoni e cattivi, qui i materialisti dialettici ortodossi e lì gli iconoclasti del
materialismo, e fare apparire rispettivamente gli uni come unici veri marxisti e gli altri dei meri agenti reazionari della borghesia.
Uno degli obiettivi principali è sicuramente Aleksandr Bogdanov, che troviamo
membro bolscevico del comitato centrale del partito socialdemocratico russo al tempo della fallita rivoluzione del 1905 e
poi espulso dal comitato centrale nel 1909, per aver propagandato le
sue idee incompatibili con il marxismo ortodosso. E del quale - prescindendo dall' effettivo ruolo politico - troviamo
oggi generalmente accettata la sua primogenitura nella formulazione della teoria generale dei
sistemi. Medico, istituì nel 1926 a Mosca il
primo centro trasfusionale al mondo, e morì nel 1928, tentando su di sé un esperimento scientifico.
Dalla lettura del testo di Lenin, si potrebbe pensare che Bogdanov sia stato
mandato come minimo in Siberia per vent'anni in un campo di rieducazione. Così non fu, ed è
in effetti straordinario come all'asprezza inammissibile delle sue parole si
accompagnasse tolleranza e rispetto personale.
Leggiamo infatti
"Bogdanov personalmente è un nemico giurato di ogni reazione ed
in particolare della reazione borghese. La sostituzione di Bogdanov e la teoria dell'identità di essere sociale e coscienza sociale,
servono questa reazione. Questo è un fatto triste, ma è sempre un fatto."
[Lenin, Complete collection of works. V.18. p. 346]
Nonostante i dissidi, Bogdanov riteneva la rivoluzione d'ottobre la più
grande conquista sociale, e fu proprio Lenin a sostenere il suo progetto del
centro trasfusionale a Mosca, negli ultimi anni delle loro vite.
Tuttavia è difficile non restare impressionati dell'intento classificatorio di "Materialismo ed empiriocriticismo";
se da un lato non è possibile parlare di inquisizione - giacché repressione
non ci fu sotto Lenin -, dall'altro mette paura perché si intravede
perfettamente la possibilità da parte di altri di usare le sue parole per
giustificare ben più tragiche conseguenze.
E in ogni caso non è possibile non riconoscere che il richiamarsi continuamente alla purezza di una dottrina - perché altrimenti è la barbarie - è, volenti o nolenti,
un metodo foriero di sventura.
Nel seguito non proverò neanche ad inseguire Lenin nella sua caccia a tutti
i piccoli borghesi reazionari che si annidano dentro gli empiriocriticisti (ci
provi chi ne è capace); mi limiterò a ritagliare il suo testo in modo
da mettere in evidenza solo uno dei suoi attacchi a Ernst Mach e a
discutere relativamente ad esso.
Leggiamo un brano di "Materialismo ed empiriocriticismo":
Il "principio dell'economia del pensiero" e la questione dell' "unità del mondo".
"Il principio del 'minor consumo di forza', posto da Mach, Avenarius e molti altri, a base della teoria della conoscenza, è... indubbiamente una tendenza 'marxista' in gnoseologia".
Così asserisce Bazarov nei Saggi (p. 69).
Marx tratta di "economia". Mach tratta di "economia". E' davvero "indubitabile" che fra l'uno e l'altro vi sia anche solo l'ombra di un legame?
Nell'opera di Avenarius La filosofia come pensiero del mondo secondo il principio del minor consumo di forza (1876), questo "principio" è applicato, come abbiamo visto, in modo tale da dichiarare in nome dell' "economia del pensiero" che la sensazione è l'unica cosa esistente. La causalità e la "sostanza" (termine che i signori professori impiegano volentieri per "darsi delle arie", invece del termine più preciso e più chiaro di materia) sono dichiarate "eliminate" in nome di quella stessa economia e si ottiene in altri termini la sensazione senza la materia, il pensiero senza il cervello.
[Lenin, p.166]
[...]
Mach, come al solito, crea confusione e i machisti contemplano e adorano questa confusione!
In Conoscenza ed Errore, nel capitolo Esempi di metodi di ricerca, leggiamo:
"La 'descrizione completa e più semplice' (Kirchhoff, 1874), la 'rappresentazione economica dei fatti' (Mach, 1872), come pure la 'concordanza del pensiero con l'essere e la concordanza del pensiero gli uni con gli altri'
(Grassmann, 1844) esprimono con piccole varianti lo stesso pensiero".
Non è un modello di confusione? [Lenin, p.167]
Per trattare il passo precedente, la difficoltà è che Lenin giustappone tutti e quattro i concetti che avversa: la
rappresentazione economica dei fatti, la fisica fenomenologica come "sensismo solipsistico", la critica alla nozione di
causalità e quella alla nozione di sostanza.
E' necessario affrontare i diversi aspetti separatamente.
La scienza come "rappresentazione economica dei fatti" e la critica allo spazio
assoluto
E' sufficiente aver studiato un pò di meccanica per sapere che da un certo punto di vista tutta
la questione della "rappresentazione economica" può essere connessa in modo chiarificatore alla questione se sia ad esempio
verità obiettiva che il sole giri intorno alla terra, oppure che sia la terra a girare su se stessa, generando un moto apparente.
E' chiaro che noi siamo legittimati ad asserire che la terra qui e ora è il mio sistema di riferimento, e a dire dunque che è il sole a girare. Ma se facciamo qualche esperimento sul moto, scopriremo l'esistenza di forze (dette di
Coriolis) che tendono a spostare la traiettoria di un corpo che si muova lungo un meridiano, forze che si spiegano agevolmente con la rotazione terrestre. Sono quelle stesse forze che fanno sì che quando l'acqua cade giù per il buco del lavandino, le fanno formare un vortice in senso antiorario (per l'emisfero nord); perché il punto centrale del vortice ha una velocità lineare maggiore rispetto ai punti più vicini al polo, e minore rispetto a quelli più vicini all'equatore (quando si è esattamente all'equatore, l'acqua scende dal buco senza formare vortice alcuno!).
Ciò ci autorizza a dire che è la terra a girare su se stessa?
Il fatto è che non è quello il punto, dipende dai nostri scopi; è certo che, se vogliamo mantenere il centro del nostro sistema di riferimento ancorato alla superficie terrestre, dovremo introdurvi le forze apparenti - tra cui le forze di Coriolis - per descriverlo accuratamente; sarà il nostro sistema
(detto non inerziale) dunque più complesso rispetto all'ancorare il sistema di riferimento - poniamo - al centro del sole, con la terra che gira intorno a se stessa e al sole. Entrambi i modi potranno dare risultati corretti, ma la teoria sarà più semplice se poniamo il sole al centro.
Solo in questo senso possiamo dire che è la terra a girare, ma in alcun modo non possiamo dire che questa è la verità obiettiva -
giacché stiamo ponendo il sole fermo, ma il sole cade verso un'altra stella, e quindi avremmo bisogno di considerare come sistema di riferimento le "stelle fisse", che fisse non sono.
Ma dire che è la terra a girare, è di certo una rappresentazione più economica dei fatti.
Vediamo dunque che già con la meccanica classica - e il relativismo classico - possiamo mettere in discussione la nozione di verità obiettiva, a meno di non spostare la nostra attenzione
a relazioni funzionali tra gli enti considerati, che siano invarianti indipendentemente dal sistema di riferimento. Diventerebbero esse
una "verità obiettiva", con fondamento; anche se ciò non aiuterebbe purtroppo Galileo nel suo processo davanti agli inquisitori del suo tempo.
Non è possibile affrontare la questione come fa Lenin:
E' più "economico" "pensare" che l'atomo è indivisibile oppure che è composto di elettroni positivi e negativi? E' più "economico" "pensare" che la rivoluzione borghese in Russia è diretta dai liberali oppure contro i liberali? Basta porre la questione per vedere fino a qual punto è assurdo e soggettivo applicare qui la categoria dell' "economia del pensiero". Il pensiero dell'uomo è "economico" quando riflette esattamente la verità oggettiva, e la pratica, l'esperimento, l'industria servono da criterio della sua esattezza. Soltanto negando la realtà obiettiva, cioè i fondamenti stessi del marxismo, si può parlare seriamente dell'economia del pensiero nella teoria della conoscenza!
[Lenin, p.166]
Perché, come si mostrava prima, ci sono esperimenti che possono confutare una teoria che non preveda i loro risultati, ma ci sono teorie diverse - più e meno semplici - che possono prevedere risultati identici; esse possono prevedere ogni risultato possibile identico, e quindi saranno equivalenti; oppure divergere in qualche aspetto.
Parafrasando Lenin: è più economico pensare che il sole gira intorno alla terra o che la terra gira su se stessa? La risposta è che è egualmente possibile pensare le due cose, ma che è più economico pensare che è la terra a girare su se stessa,
giacché non avremo bisogno di inserire le forze di Coriolis come immanenti al sistema di riferimento. Tutto qui.
Tutte le masse, tutte le velocità, quindi tutte le forze sono relative. Non esiste differenza fra relativo e assoluto, che noi riusciamo a cogliere coi sensi. D'altra parte non c'è ragione che ci costringa ad ammettere questa differenza, dato che l'ammissione non ci porta vantaggio né teorico né di altro ordine. Gli autori moderni che si lasciano convincere dall'argomento newtoniano del vaso d'acqua
[ndA: analogo a quello che ho mostrato poc'anzi] a distinguere fra moto assoluto e moto relativo, non si rendono conto che il sistema del mondo ci è dato
una sola volta, e che la teoria tolemaica e quella copernicana sono soltanto
interpretazioni, ed entrambe ugualmente valide. Si cerchi di tener fermo il vaso
newtoniano, di far ruotare il cielo delle stelle e di verificare l'assenza delle forze centrifughe.
[Mach, p. 246]
E Lenin sembra in effetti fare questo inutile sforzo erculeo...
La fisica contemporanea, egli dice, conserva l'idea di Newton
del tempo e dello spazio assoluti, del tempo e dello spazio come tali. Questa
concezione "ci" sembra assurda, continua Mach, senza sospettare,
evidentemente, l'esistenza dei materialisti e della teoria materialistica
della conoscenza. [Lenin, p. 175]
Ma vediamo un altro passo di Mach:
Eppure anche Newton deve essere sottoposto a critica. Non c'è differenza alcuna fra il riferire le leggi del moto allo spazio assoluto e l'enunciarle in forma astratta, cioè senza indicare in modo esplicito il sistema di riferimento. Questo ultimo metodo è pratico e non porta danno, poiché ogni studioso di meccanica, quando tratta un caso particolare, prima di ogni altra cosa cerca un sistema di riferimento che sia utilizzabile. Ogni volta che è stato possibile, il primo procedimento è stato inteso proprio in questo modo, e appunto perciò l'errata idea newtoniana dello spazio assoluto ha prodotto poco danno in così lungo tempo.
[Mach, p. 288]
E come si arrabbia Lenin:
Questa ingenua osservazione sull'innocuità della concezione materialistica si rivolge contro Mach! [...] Una simile "innocuità" è sinonimo dell'esattezza. "Nociva" è la concezione idealistica di Mach relativa allo spazio e al tempo, poiché, in primo luogo, essa spalanca le porte al fideismo, e, in secondo luogo, induce lo stesso Mach a conclusioni reazionarie. [Lenin, p.175]
Il lettore potrebbe chiedersi dove sia il fideismo e dove la conclusione
reazionaria: non li troverà nel testo di Mach, bensì in quello di Lenin, come conseguenza logica
necessaria. Sembra proprio una citazione di Lupus et agnus...
Il metodo di Lenin in tutto il libro è sempre lo stesso: essendo "errati" i
fondamenti della teoria della conoscenza di Mach - secondo Lenin idealistici e
fideistici, in realtà fecondamente critici -,
allora le conclusioni (e ogni azione conseguente) non possono che essere
reazionarie.
Uno sarebbe portato naturalmente a scusare Lenin per non essere un fisico -
ignoranza mascherata da una quantità di letture enorme -, se non fosse per gli insulti:
La filosofia dello scienziato Mach è per le scienze naturali quello che fu per Cristo il bacio del cristiano Giuda. Allo stesso modo Mach tradisce le scienze naturali per il fideismo, schierandosi sostanzialmente con l'idealismo filosofico. Quando Mach rinnega il materialismo delle scienze naturali, compie un atto in tutti i sensi reazionario: lo abbiamo visto con sufficiente chiarezza parlando della lotta degli "idealisti fisici" contro la maggioranza degli scienziati che restano fedeli alla vecchia filosofia. Lo vedremo ancora più chiaramente confrontando il celebre scienziato Ernst Haeckel
[ndA: un critico di Mach] col celebre (tra i piccoli borghesi reazionari) filosofo Ernst Mach.
[Lenin, p.342]
[...]
Ma Willy [ndA: a sua volta un critico di Haeckel] non può non vedere che centomila lettori di Haeckel significano centomila sputi diretti alla filosofia di Mach e
Avenarius. [...] La "guerra" contro Haeckel ha dimostrato che questo nostro modo di vedere corrisponde alla realtà obiettiva, cioè alla natura classista della società moderna e alle sue ideologie di classe.
[Lenin, p.346]
Invece dei centomila sputi, diamo un'occhiata alla più pacata riflessione di un uomo sicuramente pacato, Albert
Einstein, che attribuiva a Mach, anziché il
bacio di Giuda, addirittura la paternità delle concezioni che lo avevano portato ad elaborare la teoria della relatività generale:
La verità è che Mach cercò di evitare di dover accettare come reale qualcosa che non è osservabile sforzandosi di sostituire in meccanica un'accelerazione media riferita alla totalità delle masse dell'universo al posto di un'accelerazione riferita allo spazio assoluto. Ma la resistenza inerziale opposta all'accelerazione relativa di masse distanti presuppone un'azione a distanza; e dal momento che il fisico moderno non ritiene di poter accettare questa azione a distanza, si ritorna un'altra volta, se si segue Mach, all'etere, che deve servire come mezzo per gli effetti dell'inerzia.
Ma questa concezione dell'etere, a cui siamo portati dal modo di pensare di Mach, differisce essenzialmente dall'etere così come concepito da Newton, da
Fresnel, e da Lorentz.
L'etere di Mach non solo condiziona il comportamento delle masse, ma è anche condizionato nel suo stato da esse.
L'idea di Mach trova il suo pieno sviluppo nell'etere della teoria generale della relatività. Secondo questa teoria, le qualità metriche del continuum spazio-temporale differiscono nell'ambiente di punti diversi dello spazio-tempo, e sono in parte condizionati dalla materia esistente al di fuori del territorio preso in considerazione.
[da Einstein: L'etere e la relatività - 1920]
E' da notare che Einstein ricordò sempre anche in tarda età il debito che lui stesso attribuiva a Mach, da lui definito
lo scettico incorruttibile.
Causalità
Sulla causalità, Mach aderiva essenzialmente alla posizione scettica di Hume.
Pur non essendo possibile ovviamente affermare la paternità di Mach anche sulla meccanica quantistica, è curioso che di lì a pochi anni il principio di causalità sarebbe stato messo in discussione.
Heisenberg, l'inventore del famoso principio di indeterminazione, come esempio di crisi del principio di causalità propone il decadimento del radio
(Fisica e Filosofia, p. 92-93), per cui si può determinare la probabilità che si verifichi un evento di decadimento senza che sia possibile determinarne la causa. Ma l'esempio non è molto calzante, essendo una impossibilità
pratica quella di conoscere tutte le variabili necessarie, senza che l'interferenza da parte dell'osservatore invalidi tutta l'osservazione. Heisenberg dunque nega la possibilità di una legge di causalità posta
a priori, come voleva Kant.
La letteratura sui problemi del principio di causalità nella meccanica quantistica è sterminata e non ho intenzione né i mezzi teorici per approfondire l'argomento in questa sede. Basti sapere che i più grandi fisici sono stati per tutto il XX secolo in aspro disaccordo sulla questione se a livello quantistico valga o meno il principio di causalità, e del resto tutta la meccanica quantistica si fonda su funzioni di ampiezze di probabilità.
Citiamo questo simpatico aneddoto sul grande fisico americano Richard Feynman, premio Nobel per aver inventato l'elettrodinamica quantistica:
Trent'anni fa Dick Feynman mi parlò della sua versione "somma sulle storie" della meccanica quantistica. "L'elettrone fa qualsiasi cosa che gli piaccia", disse. "Va in qualsiasi direzione a qualsiasi velocità, avanti o indietro nel tempo, comunque gli piaccia, e dopo tu sommi le ampiezze e lui ti dà la funzione d'onda". Gli dissi: "Tu sei pazzo", ma lui non lo era.
[Freeman Dyson]
Considerare elettroni che vanno indietro nel tempo come una parte normale nel calcolo fisico - oltre a verificare una mente anticonformista - indica che il principio di causalità può essere anche negato (sia pure a livello microscopico e localmente) e
pur tuttavia esistere ancora una scienza, capace di fornirci transistor, circuiti integrati, lettori CD e computer.
Sostanza - fisica fenomenologica e "sensismo
solipsistico"
Nel brano citato in apertura, Lenin afferma
[...] e la "sostanza" (termine che i signori professori impiegano volentieri per "darsi delle arie", invece del termine più preciso e più chiaro di materia) sono dichiarate "eliminate" in nome di quella stessa economia e si ottiene in altri termini la sensazione senza la materia, il pensiero senza il cervello.
[Lenin, p.167]
Vediamo invece che Mach non pensa affatto che la materia non esiste, piuttosto ne dà una definizione operativa:
Altrove [ndA: nell'Analisi delle sensazioni] ho cercato di chiarire come la stabilità costante della
connessione tra sensazioni diverse abbia portato all'ipotesi di una stabilità assoluta, che è chiamata
sostanza. Il primo e più immediato esempio di una sostanza è offerto da un
corpo in movimento staccato dall'ambiente circostante. Se consideriamo questo corpo divisibile in parti omogenee, ciascuna delle quali abbia un complesso costante di proprietà, perveniamo alla rappresentazione di un'entità sostanziale che varia
quantitativamente e che chiamiamo materia. Ciò che è tolto da un corpo, si presenta in un altro: la quantità di materia nella sua totalità è
costante. Parlando con maggiore precisione dobbiamo però dire che le proprietà sostanziali sono tante quante sono le proprietà dei corpi, e che la
materia ha solo la funzione di rappresentare il legame costante delle varie proprietà,
una delle quali è la massa. [Mach, p. 217]
Qui vediamo che quello che Lenin chiama sprezzantemente "sensismo solipsistico" è in realtà una impostazione della conoscenza
su ciò che possiamo effettivamente conoscere - le proprietà sensibili dei corpi. Non si nega mai (e accusare un fisico del contrario è veramente
bizzarro) l'esistenza di un mondo esterno ai sensi.
Mentre distinguendo gli elementi della conoscenza sensibile della materia si arriva ad una definizione abbastanza chiara - tranne
forse per Lenin? - della massa:
La quantità di materia in sé non è una massa, così come non è capacità termica, né calore di combustione, né valore nutritivo, ecc. La "massa" non ha significato termico, ma unicamente dinamico. La strada da seguire è un'altra. Le diverse grandezze fisiche sono proporzionali fra loro. Due o tre corpi di massa unitaria formano insieme un corpo di massa due o tre volte maggiore grazie alla definizione dinamica, e la stessa proprietà additiva vale per la capacità termica in virtù della definizione termica.
[Mach, p. 280]
In cui non si fa che sezionare analiticamente la materia tra le
sue diverse caratteristiche per poter trattare ciascuna di esse in modo consistente.
Vediamo che in questo consiste in effetti la sua critica al concetto scolastico
di sostanza.
Conclusione.
Il testo di Lenin è duro e sopra le righe.
Non si riesce veramente a trovare (io almeno non sono riuscito a
trovarla) la reazione borghese all'interno della filosofia della
conoscenza di Mach, e ciò è sconcertante.
Le idee di Mach sembrano invece aver contribuito a dare - in un
tempo in cui i fondamenti stessi della fisica sembravano vacillare - degli indirizzi generali su cui poi
altri fisici hanno potuto lavorare proficuamente.
Il più interessante riconoscimento in questo senso è quello di Einstein.
Perché tanto accanimento allora?
Il timore di Lenin sembra essere la considerazione - tutta extrascientifica
- che la critica ai fondamenti delle scienze naturali potesse essere
strumentalizzata dall'establishment borghese, per negare validità scientifica alle teorie
di Marx e indurre così il proletariato in smarrimento; ma con ciò fu reso senz'altro
un pessimo servigio allo stesso Marx in quanto scienziato della storia e
dell'economia, e ha costretto la sinistra marxista a rigettare senza
approfondire una gran quantità di nuovi concetti che si andavano elaborando in
quel periodo fecondo.
La divergenza nelle posizioni politiche tra Mach e
Lenin è notevolmente evidente nella nota a piè di pagina in cui Lenin parla di
Josef Popper:
Nello stesso spirito Mach si pronuncia per il socialismo
burocratico di Popper e di Menger che garantisce la "libertà
dell'individuo", mentre la dottrina dei socialdemocratici che
"svantaggiosamente si differenzia" da questo socialismo, minaccia
"una schiavitù più generale e più pesante di quella dello Stato
monarchico od oligarchico". Cfr. Erkenntus und Irrtum [Conoscenza ed
errore], 2. ed., 1906, pp. 80-81. [Lenin, p. 316]
Che finalmente ci fa comprendere appieno la motivazione ultima per cui Lenin
scrisse il suo libro.
E non aveva nulla a che fare con la filosofia della conoscenza!
Possiamo dunque immaginare che Lenin sia andato a ritroso: volendo
contrastarne la posizione politica nei confronti dei bolscevichi, cercò di
andare a confutare le basi del pensiero di Mach - la sua filosofia della
conoscenza, ma, come abbiamo visto, con risultati non soddisfacenti.
Se è così - come io penso - si può immaginare che viceversa, affermare la
fondatezza della propria filosofia della conoscenza, implicasse
logicamente confidare in una azione più giusta e meno fallibile.
Questo non detto è ovviamente una speranza vana; avere delle solide
fondamenta non ha mai impedito agli uomini di fare ugualmente cose terribili, o
terribili stupidaggini...
Purtroppo per Lenin, il socialismo dell'URSS non riuscì affatto a non essere
burocratico; e riguardo a Popper, non sappiamo in ogni caso se abbia mai letto
il suo Nährpflicht, che uscì solo nel 1912 (siamo qui ancora nel 1909),
e quindi non sappiamo neanche quanto ne parlasse con cognizione di causa nella
nota citata.
Dal punto di vista della scienza, l'influsso di Materialismo ed
empiriocriticismo fu pesante; nel 1959, aveva buon gioco l'ex nazista
Heisenberg a prendere in giro i fisici sovietici:
"Tra le diverse tendenze idealistiche della fisica
contemporanea la cosiddetta scuola di Copenaghen [ndA: Bohr, Born, Dirac,
Heisenberg, Pauli] è la più reazionaria. Il presente articolo è dedicato
allo smascheramento delle speculazioni agnostiche ed idealistiche di questa
scuola sui problemi fondamentali della fisica dei quanta" scrive
Blochinzev nella sua introduzione. L'asprezza della polemica mostra che qui
abbiamo a che fare non soltanto con la scienza ma con una confessione di fede,
con l'adesione ad un certo credo. Lo scopo viene espresso alla fine con una
citazione dell'opera di Lenin: "Per quanto meravigliosa, dal punto di
vista dell'intelletto umano, la trasformazione dell'etere imponderabile in
materia ponderabile, per quanto strana negli elettroni la mancanza di
qualsiasi cosa che non sia la massa elettromagnetica, per quanto inaspettata
la restrizione delle leggi meccaniche del moto a un solo settore dei fenomeni
naturali e la loro subordinazione alle leggi più profonde dei fenomeni
elettromagnetici, e così via... tutto ciò non è altro che una conferma del
materialismo dialettico". Quest'ultima affermazione sembra rendere
meno interessante la discussione di Blochinzev sulle relazioni della teoria
dei quanta con la filosofia del materialismo dialettico in quanto essa sembra
degradata ad un dibattimento preordinato in cui la sentenza è già nota prima
che esso abbia inizio. [Heisenberg, p.138]
che utilizzavano argomenti pseudoscientifici alla ricerca di una ontologia
materialistica; c'è qui da sottolineare che anche Einstein criticò
l'impostazione di Copenaghen dal punto di vista materialistico, celebre la sua
frase a Born "tu credi a un Dio che gioca ai dadi, ed io in leggi
rigorose in un mondo che esiste oggettivamente", ma non lo si è mai
visto ovviamente accusare un fisico di avere una ontologia reazionaria.
E perché avrebbe dovuto, del resto? Cosa c'entra la meccanica quantistica con
il socialismo?
Nulla, veramente nulla.
A guerra fredda finita, cerchiamo di non perdere nessuna buona idea a causa di
un pregiudizio.
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