Ciò che era successo alla musica colta europea dalla fine del 800 (Mahler) su fino alla rivoluzione dodecafonica di Schoenberg, ora stava accadendo al jazz, con l'aggiunta di una componente rivoluzionaria di matrice politica, evidentemente collegata con la propria condizione sociale anche se, in Europa, assumerà altro ruolo. Atonalità, dissoluzione del metro ritmico, suono che sconfina nel rumore e improvvisazione collettiva (un ritorno alle origini) sono gli ingredienti di questa musica aspra e difficile che sarà il free-jazz i cui più importanti esponenti sono: Coleman, Dolphy, Coltrane, Taylor, Sun Ra, Mingus, Ayler, Cecil, Shepp ecc.
"L'america è profondamente radicata nella cultura negra: i suoi colloquialismi, lo humor, la sua musica. Quale ironia che il negro, che più di ogni altro può reclamare come propria la cultura americana, venga perseguitato e represso; che il negro, il quale ha esemplificato le umanità nella sua stessa
esistenza, venga trattato con inumanità" con queste parole il geniale sassofonista Sonny Rollins, nel 1958, presenta "Freedom suite" e sarà chiaro a tutti il ruolo di protesta politica che i musicisti jazz si vogliono assumere. Negli anni '60 le distanze tra bianchi e neri sono ancora enormi (reddito e occupazione); più della metà degli afroamericani vive nelle megalopoli del nord nella speranza di vedere migliorata la propria condizione. Invece sono sistematicamente negati i diritti civili. La situazione diventa esplosiva. Alle marce pacifiste di Martin Luther King seguono le posizioni più forti assunte da Malcom X o quelle sicuramente rivoluzionarie, della nascente Black Power. A questi movimenti di protesta, pacifici e non, parteciparono
anche molti studenti dei campus americani. In Europa la protesta si svilupperà
nelle università a partire dal maggio del 1968 e rimarrà legata ai movimenti
studenteschi. Il free-jazz, con la sua musica, vuole essere l'interpretare di questa protesta.
Ornette Coleman, nel 1960, registrò l'album "Free Jazz": due facciate di libera improvvisazione che definiranno e daranno l'avvio al nuovo
stile. L'album fu concepito da Coleman in modo del tutto nuovo. Vi presero parte due quartetti costituiti da doppia batteria e basso e da quattro fiati collocati ai limiti dei due canali stereofonici. Le indicazioni date ai musicisti (Coleman, Cherry, Higgins, LaFaro e Hubbard, Dolphy, Haden, Blackwell) erano ridotte al minimo: nessuna precisazione armonica solo momenti in cui doveva intensificarsi l'improvvisazione per ciascun
musicista. Il jazz è liberazione, libertà d'espressione attraverso l'assolo: il percorso di rottura degli schemi melodici, già avviato dal bop, qui si completa. La concatenazione e la successione degli accordi (armonia) è ritenuta un vincolo da superare si preferiscono agglomerati di suoni liberi. Uno dopo l'altro sono abbattuti tutti gli elementi caratteristici della musica jazz e primo fra tutto il ritmo. Quel tempo oscillante, swing, non è più un beat costante ma libera improvvisazione ritmica. La rottura con la tradizione è evidente come lo è la rottura con la società. Le industria discografiche si interessarono poco al nuovo stile e quando il pubblico, in particolare quello dei giovani, preferì con decisione il pop (Beatles) le orchestre di free persero
i locali dove esibirsi. Sarà l'Europa, in particolare Francia, Germania e Italia, a favorire la diffusione del genere, qui affrancatosi ad una politica di protesta giovanile che di lì a poco sarà il '68.