Non si sa da chi sia stato fondato il paese e neanche in
quale periodo storico, in quanto sono stati ritrovati scavi
che contenevano materiale insignificante; come ad esempio
scheletri quasi sempre spogli, qualche moneta (che di moneta
aveva solo la forma) e numerosi frammenti di antiche tegole
a Sa Iddazza, Coros, Occhilla, Giunchi
e Cannedu.
A Cannedu, nel fondo a valle
della strada, sotto un grande masso sono stati ritrovati
numerosi avanzi di scheletri umani, quasi si trattasse di
una fossa comune. Più a valle si potevano ancora
vedere le tracce di un'antica via lastricata, oltre ad alcune
tombe scavate nella roccia.
FoDomus
de Janas
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Anche l'origine del nome Ittiri
non si sa da dove provenga; poiché il paese è
chiamato anche Ittiri Cannedu, si è affermato
che Ittiri è derivato dalla migrazione degli abitanti
dell'antico villaggio di Cannedu, verso la zona in cui sorge
attualmente il paese. Si dice anche che Ittiri provenga
dal latino iter (strada) e quindi iter in cannetum.
Riprendendo il discorso sulle
origini del paese, è certo che sia esistito un Ittiri
Preistorico, come attestano i numerosi nuraghi sparsi
nel territorio del paese. In una nota del p. Angius del
1835 ne sono elencati nove: Tuvura, de frades
Alas, Luros, Irventi, de Santu Zippirianu,
Maiore, de coas Pidda, de Fenughedda.
Non sono, però, gli unici monumenti della civiltà
preistorica ittirese, perché numerose sono le domus
de janas, che qui prendono il nome di coroneddos,
mentre è scomparsa ogni traccia dei dolmen.
Oltre questi monumenti, nient'altro
rimane dei popoli neolitici delle genti nuragiche. Si sa
solo che i primi abitanti siano stati i Coracenses,
di cui parlano Tolomeo d'Alessandria in una descrizione
della Sardegna del II secolo e Antonino La Marmora nel suo
Itinerario. Su tale popolo abbiamo due opinioni: La Marmora
afferma che un luogo detto Crax (Coros) ha dato il
nome al popolo, mentre altri affermano che i Coracenses
non erano indigeni sardina di stirpe orientale, e l'origine
del loro nome è da ricercare nell'antica città
della Cilicia Coracim o Coracesio (oggi
Alanja). Qualunque sia l'origine, è certo che questo
popolo occupava gran parte del territorio che si estendeva
dalla località di Coros fino all'antico villaggio
di Carbia (Calvia), presso Alghero. Ad essi si unirono
altri popoli che invasero la Sardegna negli ultimi secoli
dell'era pagana e nei primi dopo cristo: Libici,
Galati, Etruschi, che cacciarono gli indigeni,
Fenici, che vi stabilirono scali e colonie, e Cartaginesi,
che assorbirono le colonie Fenicie.
Tra la prima e la seconda guerra punica, Roma si impadronì
della Sardegna, sostituendosi ai Cartaginesi che dell'Isola
fecero il fulcro della loro espansione nel Mediterraneo
occidentale. I conquistatori romani toglievano agli indigeni
le terre e le concedevano ai coloni chiamati a stabilirvisi
o ai cavalieri e senatori che le facevano coltivare dagli
schiavi. Per tutta l'isola vengono costruite delle colonie
di veterani che insieme all'agricoltura dovevano badare
a frenare i nemici.
Accanto alla prima casa colonica romana sorgono altre abitazioni
e si formano così i Vici e le Ville,
paragonabili agli stazzi galluresi; in questo
periodo a Ittiri si ebbe un grande sviluppo agricolo ed
economico per la vicinanza della strada ausiliaria romana
che portò movimento di civiltà e benessere.
Ai romani la Sardegna fu tolta
dai Vandali, tra il 456 e il 466 (Sardegna Medievale)
e in questo periodo i vici furono abbandonati dagli abitanti
che si riunirono negli agglomerati più vicini; è
da ritenersi, infatti, che Ittiri si sia formato dall'unione
di questi agglomerati.
Dopo la battaglia di Tricamerone (535), l'Isola entrò
a far parte dell'Impero Romano d'Oriente, ma le invasioni
non terminarono, infatti, infatti l'Isola venne invasa dai
Longobardi. Durante il periodo bizantino si ebbero
le prime invasioni arabe, e i sardi organizzarono la difesa
militare; in questo modo la Sardegna fu divisa in quattro
giudicati, regni indipendenti retti ciascuno da un Giudice;
i giudicati erano organizzati in Curadorie, amministrate
da un Curadore e formate da un numero variabile di Ville
(Ittiri faceva parte della Curadoria di Coros).
La Sardegna nel 1015 fu liberata dai Mori con l'aiuto dei
Pisani e dei Genovesi .
Chiamati dai Pisani e dai
Genovesi, giunsero in Sardegna i primi monaci. Nel
territorio ittirese fondarono i Monasteri e le Chiese di
Paulis e Coros, i Vallombrosiani, il
Monastero e la Chiesa di Santa Maria di
Cea.
Nel 1323 la Sardegna passò
al dominio aragonese. Le lotte si conclusero nel
1478 con la battaglia di Macomer, che segnò
la definitiva conquista della Sardegna da parte degli aragonesie
la completa sottomissione ad essi. Essi erano generosi con
il clero e con la parte del popolo che li aveva favoriti
nella lotta, quindi affidarono loro in feudo le antiche
colonie, e con la parte rimanente erano tiranni e li assoggettarono
al vassallaggio col sistema feudale importato dalla Spagna
che mortificò l'economia e le coscienze sarde.
Questo fu il periodo più triste della storia sarda,
non solo per quanto riguarda l'agricoltura, ma anche per
la scuola pubblica,infatti, si pensava che la scuola serviva
per distrarre i villici dall'agricoltura, a criticare l'opera
del governo,ecc.
La sopportazione dei vassalli giunse al limite, infatti,
nel 1575 ci fu un assalto a magazzini del Conte di Ittiri,
distruggendo porte e spargendo il grano; la rivolta antifeudale
si estese anche a Sassari dove i vassalli di Ittiri e Uri
assediarono la città. La ribellione si chiuse con
un "atto di redenzione", che i vassalli
di Ittiri e Uri inviarono a Cagliari, col quale si chiedeva
l'abolizione del regime feudale e si proclamava la soggezione
del paese al re. I moti fallirono; Angioj, che ne era divenuto
l'anima, dovette fuggire e nell'isola si ebbero sanguinose
reazioni da parte dei feudatari, che ripristinarono i tributi
e la giurisdizione feudale. I diritti giuridici non potevano
essere aboliti con atto unilaterale dello Stato, in quanto
tutelati da convenzioni con la Spagna e con l'Austria.