ITIS "F. MORANO"
Area progetto della CLASSE 5 Cn: Il Card. Francesco Morano

Il modulatore di corrente

 

Francesco Morano lavorò per la costruzione del modulatore di corrente, in qualità di corrispondente della Pontificia Accademia dei Nuovi Lincei, dal 1903 in poi.
Dieci anni dopo depositò all’Ufficio di proprietà intellettuale presso il Ministero di Agricoltura, Industria e commercio, domanda di privativa industriale per il Reostato modulatore.

Gli studi di Morano aspirano a trovare una soluzione alle molte questioni relative alla telecomunicazione, dedicano maggior attenzione alla riproduzione sonora.
La qualità del segnale elettrifico circolante in numerosi cavi delle compagnie telefoniche non soddisfaceva gli utenti, che particolarmente nelle lunghe distanze, sentivano negli apparecchi riceventi un suono metallico, indice della cattiva sensibilità delle membrane microfoniche e degli altoparlanti.
Di conseguenza, gli studiosi da una parte, si spingevano verso la realizzazione di microfoni sempre più sensibili, dall’altra cercavano di perfezionare la macchina modulatrice, che stampa elettronicamente le parole ricevute dal microfono sul segnale elettrico continuo che circolava nei cavi.

La stampa elettrica si otteneva modulando il segnale portante e variando l’intensità della corrente elettrica in conformità di fatti e fenomeni agenti sulla membrana microfonica, quest’ultima opponeva resistenza al segnale portante, cambiandone l’intensità.
Il segnale portante, quindi, si comportava come un trasportatore di notizie rilevate al momento della trasmissione.

Morano facendo tesoro dell’esperienza maturata nel 1978 da Hughes, inventore del microfono a granuli di carbone, si dedicò alla realizzazione di un sistema a resistenza con la causa fisica che aveva determinato la vibrazione della membrana microfonica; a quest’ultima, il sistema resistivo, o reostato variabile, era strettamente collegato.

Morano affermava nei suoi documenti che "Il reostato modulatore è una resistenza, che offre il vantaggio di poter variare il suo valore per effetto di cause fisiche o meccaniche che agiscono sopra di esse.
È chiaro che un simile apparecchio, interposto in un circuito elettrico, farà variare l’intensità della corrente, in modo corrispondente all’azione delle cause modulatrici".
Egli sfruttava la resistenza variabile dei contatti imperfetti del reostato modulatore in modo da poter essere costruito da gran numero di contatti, tra conduttori metallici.

Il vantaggio dell’uso dei conduttori permetteva di compensare le anomalie nei singoli contatti che dovevano avere tutti la stessa tensione meccanica e il medesimo valore di resistenza elettrica.
Un altro vantaggio era quello di conferire all’apparecchio una resistenza elettrica convenientemente alta. Ciò permetteva il funzionamento con correnti ad alta energia.
L’elemento singolare del reostato era però il "contatto a sospensione o ad aggrappamento".
In questo modo si otteneva una superficie di contatto piccola e tale da garantire la formazione di resistenze elettriche alte.

Per la natura dei materiali conduttori risultava utile usare sostanze deformabili, elastiche tali da produrre allungamento o accorciamento, sotto l’effetto di trazione o pressione.
Il fine per il quale dovevano essere scelte queste caratteristiche dipendeva solo dalla necessità di eliminare la disuguaglianza dei contatti e di ridurre la dispersione termica.
Quest’ultimo problema poteva essere risolto avvicinando di molto i contatti oppure ricorrendo alla disposizione in derivazione con la quale ogni gruppo di contatti era percorso da una corrente uguale ad un mezzo, ad un terzo, ecc., dell’intensità della corrente totale.
Quindi, la modulazione del segnale portante diveniva molto piccola.

Per ovviare a questo inconveniente si poteva costruire il reostato con piccoli elementi. Una rappresentazione schematica dell’apparecchio è data in figura 2, dove "E" è la mina vibrante, "C" sono i gruppi di conduttori metallici, "S" i serrafili da dove entra l’onda portante e da dove poi esce dopo aver percorso i conduttori, "R" invece è un sistema per aumentare la tensione statica dei contatti.

Il modulatore di corrente fu brevettato prima in Francia e poi in Inghilterra, giacchè aggiunse le specifiche di un "microfono normale".
La designazione "reostato modulatore" fu cambiata in "modulatore di corrente".

Le esperienze fatte su apparecchi validi permisero a Morano di risolvere i vari inconvenienti del modulatore. Essi nascevano tutti da errori di costruzione, dalla rigidezza del sistema.
Le principali cause di perturbazioni erano tre:

Morano capì che il suo apparecchio poteva funzionare anche con onde portanti ad alta frequenza, e lo si poteva costruire con un gran numero di conduttori raccolti sotto una piccola superficie vibrante.

Nel maggio 1915, Morano fece stampare gli estratti degli atti depositati nell’Accademia Pontificia dei Nuovi Lincei. Il titolo del libretto fu "Modulatore di corrente".

Il Ministero delle Poste e dei Telegrafi e quello della Marina appoggiarono largamente le iniziative di Morano, rendendosi disponibile verso un esperimento del ritrovato di Morano.
Solo il Ministero della Guerra si dimostrò riluttante al riguardo.

In seguito, Morano depositava un’altra domanda di completiva di privativa.
Scopo del completivo era quello di sviluppare, ancora più ampiamente, la forma del contatto. Il contatto ad aggrappamento poteva ottenersi anche con due elementi rettilinei, disposti trasversalmente in modo che quando la lamina non vibrava il contatto era teso, quando vibrava, il contatto era allentato.
Ciò garantiva una grande stabilità e sicurezza di funzionamento.

Una menzione merita il "microfono normale" con il quale in Italia chiese l’attestato di privativa industriale.
Lo scopo era quello di realizzare una particolare forma di imboccatura che eliminasse la dispersione microfonica e la conseguenza dispersione telefonica.

Morano considerò che i raggi vocali presentavano maggiore intensità in particolari direzioni.
Con l’uso di un imboccatore microfonico capì che alcuni raggi vocali incidevano perpendicolarmente la lamina, altri la incidevano obliquamente ed infine altri cadevano fuori dell’area microfonica (fig.8).
I vari suoni che formano la parola giungevano sulla lamina, alcuni con piena intensità, altri indeboliti.

Un modo per risolvere il predetto inconveniente stava nell’uso di "specchi acustici" a riflessione naturale.
Un secondo modo di fare incidere normalmente sul sistema vibrante i raggi vocali consisteva nell’uso del "sistema vibrante normale".
Nel "microfono normale" non si usava più l’imboccatura ad imbuto, ma l’imboccatura radiale.

Nel 1917 Morano pubblicò l’estratto degli atti dell’Accademia dei Lincei. L’opuscolo era intitolato "il modulatore di corrente" ad uso di microfono metallico.

Un apparecchio del genere fu in grado, con un segnale portante di 6 Volts, di trasmettere la parola in modo chiaro a distanza di circa Km 50.
Il principio scoperto da Morano non ebbe adeguata applicazione ed utilizzazione perché il livello tecnologico di allora era basso e vi era indifferenza da parte dell’industria che costruiva apparecchiature poche costose e qualitativamente scadenti. Negli studi del Morano vi sono principi scientifici, cioè universali.

Per la vastità della sua conoscenza, il Morano fa parte di quella larga schiera di "profeti disarmati" i quali hanno inciso sul progresso dell’umanità.

 

Disegni relativi al modulatore di corrente

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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