ISOLE VULCANICHE

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Le origini e la storia di queste misteriose isole



CANÀRIE (spagna. Islas Canarias). Arcipelago dell’Oceano Atlantico, a ca. 100 km dalla costa del continente africano, a cui è strutturalmente collegato, fra 27° 40’ e 29° 25’ di lat. N e fra 13° 25’ e 18° 16’ di long. O. Si innalza, come le isole Salvagens, Azzorre, del Capo Verde, da fosse oceaniche di 3500-4000 metri. E composto di 13 isole, delle quali 7 sono abitate (Gran Canaria, Tenerife, La Palma, Lanzarote, Fuerteventura, Gomera, Hierro o Ferro) e 6 pressoché deserte (Alegranza, Graciosa, Montana Clara, Rocca dell’Est, Rocca dell’Ovest, Isola dei Lupi), e ha una superficie complessiva di 7273 km2. Caratteristica precipua dell’arcipelago è il vulcanesimo che, attraverso fasi successive di modellamento, soccorse da forti azioni erosive specie sul lato prospiciente il continente africano, ha conferito alle isole un aspetto tipico: coste in genere scoscese e scogliose, altopiani basaltici con declivi interni o marginali spesso incisi da strette e brevi vallate laviche con piccoli specchi lacustri, oppure conche lussureggianti di vegetazione spontanea o coltivata. Le maggiori isole di Tenerife, La Palma e Gran Canaria, debbono la loro forma e il loro paesaggio geografico appunto a un grande vulcano monogeno (Gran Canaria) o a uno (La Palma) o più (Tenerife) vulcani monogeni associati a vulcani poligeni. Classiche sono le manifestazioni del vulcanesimo nelle isole di La Palma con la caldera di Taburiente, e di Gran Canaria, con l’imponente vulcano monogeno Cumbres (km3 1487, Etna km3 1120) sorto sui resti di vulcano primitivo, con un accumulo complessivo, a cominciare dalla profondità di 2000 m, di km3 9800. Nell’isola di Tenerife si eleva il Pico de Teide, altro grande apparato vulcanico del periodo neolitico e massima quota altimetrica dell’arcipelàgo (3718 m). Singolari esempi di morfologia vulcanica nelle C. sono ancora: il barranco (solco vallivo) che si origina dalla caldera di Taburiente, il tavoliere vulcanico in Tenerife, e le grotte di Lanzarote, dette jameos, forse dovute a fughe di vapore acqueo.
Il clima delle C. è del tipo subtropicale marittimo, con forti e frequenti perturbazioni dovute al regime delle correnti aeree (media annua +21 °C). Le precipitazioni sono scarse, tuttavia l’addizione di umidità per mezzo di un buon sistema di irrigazione (campos regadios) consente al suolo delle maggiori isole, quelle abitate, già fertile per sé stesso, una notevole produzione agricola. Nelle zone più basse, nonostante l’aridità estiva, prosperano la vite, il banano, gli ortaggi, gli agrumi, la canna da zucchero, il cotone e il tabacco; più in alto, oltre a mantelli spontanei di tipica macchia mediterranea, si ha una discreta cerealicoltura sufficiente al consumo locale e un buon raccolto di patate e pomodori primaticci. Questi ultimi e le banane costituiscono le più importanti esportazioni e il commercio è abbastanza attivo soprattutto con la Spagna. Altre risorse economiche rappresentano la pesca, lo sfruttamento del patrimonio forestale (conifere, cedri, querce, ecc.; ca. 94.000 ha), zuccherifici, una raffineria di petrolio (a Santa Cruz) e l’industria turistica che va registrando un notevolissimo incremento.
Gli abitanti, poco più di un milione (1966) e in gran parte concentrati a Tenerife e a Gran Canaria, si definiscono canari e sono di origine prevalentemente spagnola o comunque europea, ma esiste tuttora una minoranza risultante da incroci fra Berberi e GUANCI o fra questi e gli Europei. Lingua ufficiale è lo spagnolo, ma pure largamente diffuso è un dialetto locale di derivazione guancia. La religione predominante è la cattolica. Le C. appartengono alla Spagna (che vi esercita la sua sovranità per mezzo di un governatore residente nella città di Las Palmas), e ne costituiscono due province che, alla valutazione del 1964, davano i seguenti indici: Las Palmas (Gran Canaria, Fuerteventura, Lanzarote e altre minori), 4065 km2 e 483.555 abitanti; Santa Crurz de Tenerife (Tenerife, La Palma, Gomera, Hierro), 3208 km2 e 517.357 ab.; la densità complessiva era quindi di 137,6 ab. per km2.
I centri urbani di Las Palmas e di Santa Cruz de Tenerfe, rispettivi capoluoghi di provincia, dispongono di basi aeree e di porti atti anche allo scalo di traffici internazionali, e assicurano, con servizi di navigazione locale, le comunicazioni a tutto, l’arcipelago.

Notizie Storiche: La presenza di antichissimi stampi di terracotta (pintaderas), rinvenuti nella Gran Canaria e, parimenti, in caverne preistoriche della Liguria, ha in passato suggerito la possibilità che le C. siano un relitto della favolosa Atlantide, basata anche su accenni di Platone a navigazioni compiute dagli Atlantidi; tale teoria, già non sorretta dall’accertamento scientifico dello scomparso continente, verrebbe anche confutata dal fatto che i Guanci, prima della colonizzazione europea, conoscevano poco l’arte della navigazione. Comunque, l’arcipelago, già vagamente noto ai Fenici e ai Greci, i quali ultimi vi collocavano il «giardino delle Esperidi» e i «campi elisi », fu visitato nel 40 a.C. da Giuba, re di Mauritania, il quale narrò dell’esistenza di cani giganteschi e feroci; la fantastica versione fu poi ripresa da Plinio che, oltre alla denominazione mitica di Insulare Fortunalorum, di indubbia ispirazione greca, inaugura anche il nome di Canaria. Dopo un lungo oscuro periodo le C. furono toccate dagli Arabi (sec. XII), dai fratelli U. e G. Vivaldi negli ultimi anni del sec. XIII e da navigatori francesi nel 1334. Così, la carta nautica del Dulcert (1339), abbandonata la identificazione, adottata per qualche tempo dalla geografia medievale, con le leggendarie Instdae Sancti Brandani sive puellarum, accoglie di nuovo il classico Canaria e nomi italiani, quali Lancelotto dei Malocelli (navigatore genovese, da cui deriverebbe l’odierno Lanzarote), La Palma, Forteventura e Allegranza, nome, quest’ultimo, di una delle navi dei Vivaldi. Rivendicate dal Portogallo (1341), le C. furono da papa Clemente VI assegnate alla Castiglia (1344), che ne intraprese la conquista solo nel 1404 valendosi del francese Jean de Béthencourt, e determinarono anche la fine della civiltà dei Guanci; in parte sterminata, in parte amalgamata ai coloni, disperso il patrimonio artistico e culturale, la popolazione indigena si estinse del tutto verso il secolo scorso. Nel 1498, dopo altri contrasti con il Portògallo, l’arcipelago fu compreso definitivamente nel dominio coloniale spagnolo.

Antonietta Vanessa Giordano


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