INQUIETANTI SIMMETRIE

La musica strumentale composta da Mozart durante la maturità costituisce per la nostra cultura l' emblema del bello.
Non si può pensare a lui senza pensare alla bellezza, e non si può parlare di bellezza senza fare riferimento alla sua  musica.
Penso che ciò non dipenda necessariamente dal fatto che sono più belle di quelle di altri compositori (anche se forse è proprio così) quanto piuttosto dal fatto che egli ha creato - o, meglio, ha portato alla ribalta della coscienza estetica - un particolare tipo di bellezza musicale, che da allora è divenuta il modello dell'idea stessa di bellezza suprema.

Vi sono molti momenti belli anche nelle precedenti opere di Mozart ma, salvo qualche eccezione (come l'inizio della Sinfonia in la maggiore K. 201/186a), esse mancano di quel tocco struggente che trasforma l' amore in estasi, la grazia in perfezione sublime, il piacere in rapimento.

Divertimento in re maggiore K. 334/320, "Menuetto", bb 1-8 

Momenti di bellezza in Mozart 

Ci sono momenti di rara bellezza soprattutto in quelle composizioni  salisburghesi che derivano dallo stile serenata di Mozart. In queste opere, che abitano un mondo di pienezza, la bellezza è ovunque, a portata di mano.
Così come negli gli ultimi tre concerti per violino di Mozart, il bello succede al bello con una velocità che toglie il respiro e il traboccante susseguirsi di nuovi episodi ci fa capire che non è necessario soffermarsi su ogni singolo momento bello, perché la bellezza abbonda, è "anche qui" e "anche là" bellezza che porta con se un senso di scoperta, rivelandoci ciò che non avevamo visto, e questo elemento di sorpresa si accompagna a un lampo di comprensione, a un'espansione della sensibilità: la scoperta di qualcosa di cui ignoravamo l' esistenza.

Concerto per violino in re maggiore K. 218, "Andante cantabile", bb. 11-14 

Concerto per violino in re maggiore K. 218, "Andante cantabile", bb 21-24 

Concerto per violino in re maggiore K. 218, "Andante cantabile",bb 30-34 

Il nostro respiro rivela che stiamo per aprirci a qualcosa di straordinario, che non vorremmo più lasciar andare finché il silenzio non ci avrà restituiti al mondo normale.
Nello stile serenata il bello agisce in accordo con il principio di piacere, o forse è sordo agli imperativi del principio di realtà, perché la realtà è esclusa dalla geografia affettiva del mondo pastorale che, secondo la poetica formulazione della Allanbrook, è "sognante, sereno, privo di limiti o conseguenze, scevro di vergogna e incurante del mondo."

Una bellezza inquietante 

Nonostante le forti correnti sotterranee di tristezza (dopotutto, la bellezza è l'immagine della caducità, simbolo di perdita oltre che di desiderio), questa "bellezza inquietante" di Mozart non è seriamente intaccata dal pessimismo; lo stile amoroso  al contrario, se non rivela appagamento, parla sempre di speranza e di attesa.
Con le sonate parigine di Mozart e la Sinfonia concertante K. 364 del 1779 assistiamo a uno spostamento verso un'idea di bellezza decisamente inaspettato, che ora trasmette un senso di inquietudine e instabilità, nonché di pericolo e mistero. Nelle opere composte dopo il soggiorno parigino, invece, si delinea un tipo di bellezza inconfondibilmente mozartiano, venato di morte, malinconia, dolore, con un misto di rinuncia e di affermazione.

Cercando sollievo dal dolore, queste opere guardano alla morte come a una soluzione del dilemma dell'esistenza. Adesso, momenti di estrema bellezza abbracciano stabilità in pericolo, mentre Mozart percorre le diverse strade che dalla frammentazione conducono alla reintegrazione.
Nelle sue ultime opere, infine, c'è una bellezza che non si può definire a partire da singole caratteristiche o in rapporto a leggi formali di carattere universale, quanto piuttosto in base alla somma dei suoi esempi unici, ognuno dei quali è incommensurabile rispetto agli altri.
È una bellezza che nasce dalla ridefinizione delle regole anziché dalla loro applicazione, e che ci fa conoscere cose rimaste finora senza nome, perché questa bellezza esprime sentimenti ineffabili: elusivi, vaghi, ambivalenti, fantastici.

L'esempio della sinfonia concertante K. 364

Per dire cosa c'è di "nuovo" nella concezione mozartiana della bellezza non possiamo far altro che offrire qualche esempio di questo campionario del bello. 

Sinfonia concertante in mi bemolle maggiore K. 364,
"Andante", bb 1-11
 

Sopra il disegno delle viole divise, i violini propongono per tre volte un delicato disegno interrogativo, rispondendo rassicuranti due volte alle domande. Nella battuta sei tuttavia, invece della replica e della chiusura simmetrica che ci saremmo aspettati, uno sforzando sul tempo forte piega un cardine, interrompendo il flusso dei pensieri e portando alla luce una corrente sotterranea di sentimenti soffocati, un misto di ansia e desiderio.
Un sedicesimo dopo lo sforzando, infatti, ecco le viole proporre a loro volta uno sforzando sincopato, a conferma del cortocircuito verificatosi, una frattura che certo non può essere sanata dalle lunghe frasi anelanti delle battute sei e sette, che servono invece a preparare un nuovo, diverso risultato.
Notiamo l'incisiva falsa relazione fa diesis / fa naturale nella battuta sette, che sfocia nella travolgente discesa degli archi e nell' entrata del violino solo; fra poco noteremo anche la struttura a incastro delle due parti soliste, le implicazioni amorose del loro intreccio melodico, il modo in cui manifestano la loro opposizione a una chiusa prematura o insoddisfacente.

A questo punto ci si accorge come la frase iniziale di otto battute dei violini, raddoppiata all' ottava per accrescere il senso di austera malinconia, fosse solo un limitato contorno del tema, riempito ora dal violino solo, che attraverso il fiorire dell' ornamentazione ha il compito di rivelarci ciò che era rimasto chiuso nel cuore dell' orchestra, superando in tal modo quel senso di disagio così repentinamente subentrato a un semplice momento di beatitudine.

Altri esempi 

Quintetto per archi in sol minore K. 516, "Allegro", bb 1-4 

Una domanda e una risposta: un arpeggio ascendente della triade di tonica contrasta con una figura cromatica discendente (una contrapposizione di segnali musicali che indicano desiderio e lamento), seguita da un reiterato motivo singhiozzante che approda a una conclusione sospesa.
Ma qui la tradizionale sequenza discendente (lamento) viene compressa nel più piccolo arco cromatico possibile, che non sale oltre il sesto grado della scala, dove viene lasciato incompleto, in uno stato di sospensione, a significare, come suggerisce Lewis Lockwood, che "anche nel lamento c'è desiderio".

Nell' "Adagio ma non troppo" del Quintetto,  Mozart si spinge ancora oltre nell' esplorazione dell' elemento disgiuntivo, inanellando una serie di splendidi frammenti  -balbettanti, zoppicanti, non conclusivi -, belli proprio perché non suscettibili di articolazione. In qualche modo, prima della fine del movimento arriveranno a unirsi.

Quintetto per archi in sol minore K. 516, "Adagio ma non troppo", bb 1-6  

Una perpetua instabilità 

Nell' «Andante» del Concerto per pianoforte in do maggiore K. 467, una linea melodica straordinariamente lunga, che nasce piano piano, si mantiene in un mondo etereo, molto lontano dalla realtà, per abbandonarsi infine alla quiete.  

Concerto per pianoforte in do maggiore K. 467, "Andante", bb 23-36 

C.M. Girdlestone è stato il primo a sottolineare come la delicata serenità di questo brano nasconda un'intima agitazione, una "perpetua instabilità", nonché un "morboso turbamento", evidenziato dalle costanti modulazioni e dagli improvvisi sussulti cromatici che lasciano intuire, al di sotto del sottilissimo strato superficiale, l' esistenza di turbolenze sotterranee.

L'accompagnamento di terzine ribattute viene delicatamente interrotto dalla semicroma in levare della battuta ventiquattro, dal quattro contro tre dell'ultimo movimento della battuta venticinque, dal due contro tre della battuta ventotto e dalla cadenza della battuta trentasei, che ci prepara ad abbandonare il fa maggiore e che aleggia per un istante sull' abisso del tempo, prima di continuare la sua incessante progressione legata.

L' andamento fluttuante, ascensionale della linea melodica viene bruscamente infirmato da uno stravagante salto discendente di tre ottave e una terza, da un do acuto a un la grave, alla battuta tenta, quasi a simboleggiare un desiderio illimitato.
Con questo tempo, Mozart costruisce un intero movimento di uniforme bellezza, senza tempo, in cui si fondono pathos cromatico e calma misurata e che sostiene una linea di bellezza ineffabile sino alla lontana doppia sbarra, vale a dire poco meno dell' eternità.

La fugacità di Mozart

Spesso nel Mozart maturo i momenti sublimi si concentrano in uno spazio delimitato, in passaggi fugaci, circoscritti, il cui effetto irresistibile è ingigantito proprio dal loro inatteso emergere da un contesto meno magico, dove poi tornano a inabissarsi; aspettiamo che riaffiorino con la stessa impazienza dell'innamorato che cerca lo sguardo dell' amata, chiedendoci se quella che abbiamo vissuto sia stata davvero un'esperienza reale.
Momenti simili attendono di essere scoperti: sono accenni fuggevoli ed effimeri alla bellezza in se, da cogliere un attimo prima che ricadano nel relativamente ordinario.

Sinfonia in mi bemolle maggiore K.543, "Andante con moto", bb 53-60 

Concerto per pianoforte in do maggiore K. 503, "Allegro maestoso", bb 50-58) 

Una variante più esplicita di questo archetipo di caducità si trova nell' «Andante» del Concerto per pianoforte in sol maggiore K. 453.
Qui Mozart apre con un tema, o "motto" , di cinque battute, che lotta eroicamente per sollevare il proprio peso immane e quindi soccombe agli imperativi di una precoce modulazione alla dominante. 

(Concerto per pianoforte in sol maggiore K. 453, "Andante", bb 1-5

Mozart romantico?

In un famoso e autorevole scritto, Edward E. Lowinsky discusse un aspetto sorprendente del classicismo di Mozart, rivelando che buona parte della sua musica più grande è costruita a partire da una serie di studiate irregolarità e asimmetrie: nella costruzione tematica, nel raggruppamento delle frasi, nel movimento armonico e nel moto ritmico.
Tali irregolarità danno vita a intensificazioni, squilibri e accumuli di tensione che esigono una risoluzione, un riequilibrio, una chiarificazione.
Una "asimmetria dinamica" cerca una "risposta simmetrica"; un "disordine apparente" spinge la musica "a tornare alla regolarità simmetrica".

Così, la presunta "chiarezza e lucidità [classica] non è che un aspetto del genio di Mozart" e le sue tecniche sono radicalmente diverse dai processi compositivi uniformi e dalla "simmetria meccanica" dei minori suoi contemporanei. Le idee di Lowinsky possono essere tranquillamente impiegate per sostenere la tesi di un'inclinazione dell'ultimo Mozart verso il romanticismo, sebbene Lowinsky -e coloro che da lui sono stati influenzati - non sia disposto a spingersi a tanto; egli ritiene che sia inevitabile giungere a una "risposta simmetrica" , dato il "desiderio di lucidità" quasi nietzscheano, la "forza interiore operante nell'animo di Mozart, che ricostituisce immediatamente l'equilibrio turbato". 

Per esempio, nel primo movimento dell' ultimo quartetto per archi, l'irregolarità del tema d'apertura di tre battute è accresciuta dal forte improvviso della battuta due e "dal curioso vuoto di un battere privo di accenti dopo una corsa impetuosa". Ciononostante, sostiene Lowinsky, la risposta simmetrica nelle battute quattro-cinque sembra ricomporre l' equilibrio ancor prima che la sensazione della rottura sia stata interamente percepita.

Quartetto per archi in fa maggiore K. 590, "Allegro moderato", bb 1-6

Diverse bellezze della classicità di Mozart 

Si potrebbe obiettare che la musica di Mozart rappresenta un delicato punto di equilibrio della tensione tra forma e disordine, una definizione precaria della sottile linea di confine tra familiare ed estraneo.
E sono proprio questa tensione, questa precarietà, queste sproporzioni perfettamente calcolate, queste simmetrie inquietanti ad aggiungere alla bellezza delle opere della maturità di Mozart un tocco di singolarità.   Opere come i concerti per corno, Eine kleine Nacht- musik e le Sinfonie "Linz»"e "Haffner" contengono momenti di grande bellezza, ma non rivelano alcuna traccia di ansia, ne tantomeno di sentimenti inquietanti.

Esse racchiudono semmai bellezze che sono celebrazioni di pura gioia, espressioni di allegria sbocciata nel piacere della creazione; che deliberatamente fuggono il conflitto, incarnazioni di grazia, decoro e altre virtù "classiche", libere dagli imperativi della condizione mortale; che hanno accantonato le modalità conflittuali e riscoperto la quiete armoniosa sfiorata dall'intensità, dal desiderio e da una dolce malinconia, un tempo così naturale nella musica salisburghese di Mozart.

Ma nella sua musica ci sono anche altri momenti di suprema bellezza che non presentano direttamente o immediatamente stranezze o instabilità, elementi inquietanti e distruttivi. Anzi, ciò che vi è forse di inconsueto in essi è proprio la loro compiutezza, l'intrinseco senso di completezza, l'intima resistenza a procedere oltre, essendo già prossimi a uno stato di perfezione esente da quell' instabilità che potrebbe indurli a proseguire e ritardare la prematura conclusione.
Non ci stupisce che i criteri classici del bello, purezza, proporzione, semplicità, compiutezza, simmetria, perfezione, regolarità, uniformità, misura e armonia potessero servire da immagini ideali della vita, della salute, della pienezza.

Sembra possibile, però, che gli aspetti della perfetta bellezza classica avessero anche la capacità di rappresentare svuotamento, disordine e morte.
Sappiamo che in musica l'idea della morte può essere trasmessa con la retorica del cordoglio, del lamento e del dolore, attraverso il convenzionale vocabolario tonale della sofferenza e della consolazione.
Sentiamo che la morte viene evocata allorché la musica esprime emozioni di spavento, paura e terrore.
Associamo la morte anche a rappresentazioni musicali di eroismo e di lotta, poiché essa è implicita in ogni combattimento degno di questo nome.
Ora sembra darsi la possibilità ulteriore che la musica, servendosi di giustapposizioni di elementi formali e non soltanto della sua retorica, sia in grado di rappresentare lotte mortali, in particolare di simboleggiare lo scontro tra forze creatrici e forze distruttive.