Il bambino è la prima vittima della società di mercato, perché porta in sé la promessa di una vita il cui slancio è spezzato dalla legge del profitto.
Non essere redditizio è il suo crimine, diventarlo in fretta è il solo modo che ha per espiarlo.
Emancipato - perlomeno in Europa - dalla famiglia patriarcale in cui era solo un oggetto sottomesso al potere arbitrario e quasi assoluto del padre, eccolo, sin dalla culla, destinato a consumare il tempo non finalizzato al guadagno, in attesa dell'età in cui avrà il dovere di produrre.
La menzogna dell'umanitarismo è mascherare con un volto umano un sistema che non è nient'altro che sfruttamento dell'uomo.
L'essere umano è nato per creare e per realizzarsi nel godimento di sé e del mondo, non per lavorare. Finché il progetto di una civiltà radicalmente nuova non si fonderà su questa certezza, l'infanzia non avrà nemici peggiori di coloro che l'hanno uccisa in se stessi, preferendo il denaro alla felicità.
Com'è possibile denunciare coloro che maltrattano i bambini senza denunciare l'inumanità che l'accumulazione di un capitale speculativo e non socializzato fa prosperare?
La paura e il disprezzo della vita stillano come umori malsani dal linguaggio politico, economico e sociale dominante. La barbarie che regna in Pakistan, in India, nel Nepal, in Colombia, in Argentina, in Russia ha i suoi sostenitori più fedeli nei mafiosi dell'affarismo mondiale, negli aggiotatori dei mercati finanziari e negli omuncoli della jet society pedofila, portati in palmo di mano dalla vigliaccheria quotidiana della stampa, della radio, della televisione.
I negrieri sono ovunque. Se li tolleriamo in Europa, dove i giornali li esaltano in base alla loro quotazione in Borsa, come intervenire contro quelli che imperversano nei Paesi la cui povertà è sfruttata dal Fondo monetario internazionale e che ricorrono, per giustificare il lavoro dei bambini, ad argomenti economici e filantropici in voga tra i proprietari di miniere nell'Inghilterra dell'Ottocento ?
Philippe Godard lo sottolinea opportunamente: il boicottaggio mondiale dei prodotti ottenuti con il lavoro dei bambini ha senso solo a patto di preparare anche delle associazioni locali capaci di assicurare al bambino delle strutture di accoglienza e di vita. E sia chiaro che noi vogliamo sostenere l'autonomia dei bambini, non legarli a istituzioni d'assistenza e di dipendenza.
Se desideriamo veramente che il bambino giochi, perché la vita insegna a giocare e il gioco prepara alla vita, dobbiamo allo stesso tempo creare delle scuole di tipo nuovo e abolire un insegnamento da allevamento
industriale, esposto ai pericoli dell'epizoozia e alle follie della violenza. Non possiamo più tollerare un sistema educativo programmato per produrre schiavi informatizzati. Dobbiamo mettere fine a un sistema di formazione aberrante in cui il corpo, ridotto a due mani che battono sulla tastiera di un computer davanti alla finestra di un mondo virtuale, finisce per imbizzarrirsi e, disconnesso da ogni sensibilità umana, arriva a distruggere e uccidere tutto quello che gli capita sotto mano.
L'infanzia, in quanto manifestazione della vita in tutta la sua esuberanza, è inconciliabile con l'economia. Imparare a sopravvivere nella giungla del mercato non è imparare a vivere. Noi rifiutiamo un insegnamento per cui la competizione, la concorrenza, il diritto del più forte e del più furbo trasformano in un gioco di guerra, di odio, d'aggressività e di morte il gioco dei verdi paradisi dell'infanzia, dove germoglia la passione del conoscere.
Il diritto al lavoro è una macabra barzelletta. Il lavoro è sempre stato una maledizione. Non salva dalla miseria, nasce dalla miseria e la genera, perché è sottomesso a un profitto che la scarsità accresce.
La sottomissione al denaro produce una ricchezza astratta che impoverisce la vita, tanto da mettere in pericolo la sopravvivenza del pianeta.
L'emergenza non consiste nell'attenuare la barbarie, ma nel sopprimerla. La lotta contro lo sfruttamento dei minori è una lotta internazionale e assoluta. Al cuore della battaglia contro il gulag mondiale creato dall'economia dello sfruttamento, c'è la consapevolezza che la creatività propria di ogni individuo deve prevalere ovunque, e ovunque è in grado di tagliare i nodi inestricabili dell'alienazione del mercato.
Per questo, nessuna impresa sinceramente interessata a far emergere e sviluppare l'umanità dell'infanzia trascurerà di favorire l'istituzione di scuole nuove e di collegare tra loro, a livello locale e internazionale, dei luoghi di produzione in cui la qualità dei prodotti si accordi con la qualità del trattamento garantito al produttore.
La creazione del sé e di un ambiente favorevole permetteranno di abolire la più antica delle maledizioni, quella che nega il semplice e naturale piacere di vivere a chiunque sia costretto a guadagnare del denaro.
A così che un progetto di vita sociale fondato sulla qualità dei rapporti umani e su sistemi di produzione che impiegano risorse naturali rinnovabili e non inquinanti può inserirsi e forzare -fino a distruggerla - una società in cui la noia, l'assenza di immaginazione, la rassegnazione aggressiva, la mancanza di creatività sono peggiori della fame, perché impoveriscono in nome del profitto quanto potrebbe essere arricchito in nome delle capacità degli esseri umani.
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