Tecnologie dell'informazione e della comunicazione | OTTOBRE 2012 | Prima edizione, 2000 |
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L'Autore
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Avevo iniziato a leggere questo libro come testo propedeutico ad un'altra opera. Leggevo qualche pagina, partendo dall'indice dei nomi. Dopo poche pagine mi sono accorto che l'autore è una persona di grande spessore. Negli anni ottanta è stato uno sviluppatore di videogiochi. Ha messo da parte un gruzzolo e lo ha investito nella realizzazione di qualcosa di totalmente nuovo: la realtà virtuale. Dopo anni in cui è stato molto dentro alla tecnologia, oggi guarda al mondo digitale a distanza, con il distacco che un esperto della sua levatura si può permettere. E va anche controcorrente. Una delle idee che oggi va per la maggiore e che sta acquisendo sempre maggiori consensi è che in rete stia emergendo la nuova superintelligenza. Lanier la chiama "mente alveare", o noosfera, e afferma di non crederci per niente. L'Autore contesta anche l'idea, che fa da corollario al concetto di noosfera, di mettere assieme tutti i libri del mondo, di linkarli l'uno con l'altro per formare un unico grande libro. Tale idea ha preso forma con il world wide web. Per molti è un obiettivo da raggiungere. Lanier, invece, non è per niente convinto. E spiega perché: "L'economia dei contenuti liberi, le dinamiche della folla e principali aggregatori incoraggiano chi li usa a produrre frammenti al posto di espressioni o argomentazioni complete e ponderate" (p. 64). Altra tematica: oggi, al posto di leggere libri, tantissime persone vanno sui motori di ricerca. Dopo aver scorso velocemente i risultati, leggono la pagina che a loro interessa, senza curarsi dell'opera completa. Ma cos“ facendo perdono di vista l'opera originale e utilizzano solamente conoscenza di second'ordine. Lanier scrive: "L'espressione di primo ordine si dà quando qualcuno presenta un tutto organico, un'opera capace di integrare in un tutto unico la propria visione del mondo e la propria estetica. In questo caso si tratta di una vera novità. L'espressione di secondo ordine è composta da reazioni frammentarie a un'espressione di primo ordine". E conclude: "La distinzione tra espressione di primo ordine ed espressione derivata sembra sfuggire ai devoti della mente alveare". In altre parole, il Web 2.0 produce espressioni di secondo ordine (p. 160). Fabio Metitieri ha espresso sostanzialmente lo stesso concetto ne Il grande inganno del Web 2.0 (libro del mese di aprile 2010). "Gli adepti della cultura open sono convinti che il comportamento umano possa essere modificato solo tramite mezzi involontari. Per loro è logico, dato che non hanno una grande fiducia né nel libero arbitrio, né nel valore della personalità individuale" (p. 141). Al contrario, l'Autore crede nell'intelligenza individuale e ritiene che questa sia da promuovere. Lanier lancia un allarme: c'è il rischio che gli autori (scrittori e giornalisti), i musicisti e gli artisti trattino i frutti del loro intelletto come frammenti da consegnare gratuitamente alla mente alveare (= da scaricare gratis da internet), in cambio di maggiore visibilità: io do un link a te e tu dai visibilità a me. Ma se accettano questo tipo di scambio con logica autopromozionale, la cultura non diventerà altro che pubblicità (p. 111). è per questo che Lanier sostiene la necessità che il diritto d'autore mantenga un valore economico, in un 'epoca in cui si punta a far trovare sulla rete tutto a zero. Davvero controcorrente! In sostanza, la noosfera (dove l'informazione è libera e non costa nulla) non ha prodotto un nuovo modello di conoscenza poiché i contenuti che girano sul web sono un rimescolamento di opere già esistenti nel mondo pre-digitale. E nel mondo pre-digitale era vigente il copyright. Bisogna scongiurare il pericolo dell'"appiattimento digitale" (p. 64), che al suo interno nasconde un pericolo più grande: che le opere dell'intelletto perdano la loro paternità. Nel capitolo "Prospettive per un'economia umanistica della cloud", l'Autore presenta una possibile alternativa alle idee che attualmente riscuotono maggiore successo. Lanier fa sua la proposta di Ted Nelson: si rendano le opere originali accessibili a chiunque a prezzi ragionevoli. Ciascun autore (o musicista o artista) verrebbe pagato per i suoi bit, non per il numero di copie scaricate. In questo modo le "raccolte di bit" (cioè le opere digitali) anziché venir offerte come prodotto, sarebbero presentate come servizio. "Questo patto esalterebbe al massimo grado l'individualità, perché conferirebbe valore all'espressione personale" (pp. 134-5). |