Teorici del pensiero politico ed economico | SETTEMBRE 2011 | Prima edizione,
maggio 2010 | ||
L'Autrice |
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A partire
dal secondo dopoguerra, la comunità mondiale ha iniziato a finanziare lo
sviluppo dei Paesi dell'Africa. L'intento era lodevole: dopo decenni di occupazione
militare e di colonizzazione, i Paesi ricchi decidevano di aiutare le ex colonie
in modo da sollevarle dalla povertà. Dopo la pars destruens, che è servita a rivelare la scomoda verità e ad aprire gli occhi al lettore, l'Autrice introduce la propria teoria, che contiene un ripensamento radicale del "modello di dipendenza". Lo scopo è dimostrare che i Paesi africani possono crescere economicamente anche senza ricevere direttamente aiuti finanziari dall'estero. L'Autrice illlustra un'ampia gamma di alternative di finanziamento: commercio internazionale, investimenti di Paesi esteri, obbligazioni, rimesse degli emigranti, microfinanza (sul modello Yunnus) e risparmi. La prima idea è quella di emettere obbligazioni sul mercato internazionale. L'hanno fatto il Ghana, seguito dal Gabon, nel 2007 [forse questa opzione oggi non appare attraente per noi europei, ma in verità nel 2011 è l'euro che è stato posto sotto attacco dai mercati: le altre economie proseguono la loro corsa]. L'Africa è, attualmente, il continente che ricorre di meno a questa forma di finanziamento. Ghana e Gabon, pur avendo un grado di fiducia basso (rating BB-), hanno raccolto grosse cifre. Anche Paesi considerati inaffidabili, come il Togo (troppo piccolo) o il Mali (troppo a rischio) potrebbero avere una possibilità. L'idea è quella di condividere il rischio: paesi simili possono mettersi in gruppo ed emettere un prestito come un unico soggetto (curiosamente, l'idea coincide con quella degli eurobond di cui si è tanto discusso in Europa nel 2011. "Ogni paese otterrebbe il vantaggio del denaro raccolto dall'emissione di obbligazioni, ma si accollerebbe il danno nel caso in cui uno o più degli altri appartenenti al gruppo fossero inadempienti. Dovrebbe cioè restituire il prestito a nome del paese o dei paesi contravventori". Pag. 150). Come attenuare il rischio di insolvenza? Individuando una forma di assicurazione del pagamento. Un esempio viene dall'America Latina: l'Argentina ha emesso obbligazioni in parte garantite dalla Banca Mondiale. La struttura di garanzia funzionava in modo molto semplice: una prima tranche era garantita per intero dalla Banca Mondiale. Poi, una volta che l'Argentina avesse ripagato la prima, la garanzia si spostava sulla seconda, e così via su ogni successiva emissione. Seconda modalità di finanziamento: gli investimenti esteri diretti (IED). Il paese che investe le somme più ingenti in Africa è oggi la Cina. La Cina ha un approccio diverso da quello dei Paesi occidentali. Invece di adottare la strategia (fallimentare) che hanno adottato gli Occidentali (dare denaro in prestito ai governi, che ha fatto sprecare colossali risorse negli ultimi trent'anni), costituisce delle società compartecipate direttamente in loco. In altri termini: invece di dare denaro senza pretendere niente in cambio, il gigante asiatico pretende di guadagnarci. Tale strategia ha avuto un successo che ha stupito e indispettito i Paesi occidentali, sia nelle dimensioni sia nei tempi entro i quali è stato ottenuto. Un secondo fattore che indispettisce l'Occidente è che la Cina non fa differenza tra stati democratici e "stati canaglia", stringendo accordi sia con questi che con quelli. Ma cos'ha fatto l'Occidente per liberare lo Zaire dalla trentennale dittatura di Mobuto, oppure l'Uganda dalla quarantennale dittatura di Idi Amin? Gli investimenti esteri diretti cinesi hanno sì avvantaggiato il paese asiatico (che ha trovato materie prime a basso costo), ma hanno anche permesso la costruzione di strade e di case in muratura, quando decenni di aiuti internazionali avevano lasciato le cose come prima. L'Africa ha grosse opportunità anche nell'ambito del commercio estero. L'Africa scambia soprattutto con Stati Uniti ed Europa: paesi molto protezionisti, che ereggono barriere doganali e fiscali contro l'invasione di prodotti finiti provenienti dagli altri mercati. Nel mondo occidentale gli agricoltori che producono cotone e zucchero, per esempio, sono fortemente sussidiati dai governi nazionali. Di conseguenza l'Africa riesce solamente ad esportare materie prime. Inoltre, la debolezza politica dei Paesi africani fa sì che essi non riescano ad imporre il loro prezzo ai paesi acquirenti. I mercati occidentali rimangono quindi impermeabili ai produttori agricoli africani. Diverse nazioni del Continente Nero hanno fatto appello all'Organizzazione Mondiale del Commercio contro questa palese iniquità. Ma né i negoziati dell'Uruguay del 1994 né quelli di Doha del 2001 (che erano tuttora in corso quando questo libro fu pubblicato) sono stati risolutivi. La conclusione è amara: la quota africana degli scambi mondiali è, da tempo, ferma all'1%: addirittura meno di sessant'anni fa, quando fu raggiunto il picco del 3%. Un altro modello di sviluppo è il microcredito, ideato dal bengalese Muhammad Yunus (libro del mese di marzo 2011). Dov'è stata impiegata, questa tecnica di finanziamento basata sulla fiducia ha sempre riscosso successo, con altissimi tassi di restituzione dei prestiti. La microfinanza introduce nel giro dell'economia gruppi di persone che sono sempre state tenute ai margini. In Africa pochi paesi lo stanno sfruttando. Oltre all'attività economia in senso stretto, soggetta al rischio di impresa, esistono fonti di finanziamento più sicure, come le rimesse dall'estero e il risparmio. Consideriamo le rimesse. Oggi si stima che quasi 33 milioni di africani vivano all'estero. In totale, gli emigranti rappresentano il 5% della popolazione complessiva del continente e costituiscono un'importante fonte di denaro per aiutare lo sviluppo del continente. Queste soluzioni hanno una cosa in comune: si basano tutte sul mercato. Storicamente, solo le teorie economiche fondate sul movimento di capitale e sulla concorrenza sono state in grado di far uscire dalla povertà "il maggior numero di persone nel più breve tempo possibile" (p. 221). Dove il capitale vince sugli aiuti di stato è sulla questione della governance ( com'è regolamentata la gestione, cioè se è sottoposta al diritto pubblico o al diritto privato). L'Autrice osserva: si possono rubare i soldi degli aiuti ogni giorno della settimana, mentre con il capitale privato lo si può fare una volta sola. Lo stesso discorso vale per le emissioni di obbligazioni: i mercati di capitale non ci stanno ad essere truffati due volte da uno stesso soggetto. Esiste un nesso tra la dipendenza dagli aiuti e la cattiva governance. Si potrà avere una buona governance solo se l'Africa si libererà dalla dipendenza dagli aiuti. La formula magica degli approvvigionamenti finanziari di un Paese è la seguente: 5-30-30-10-25 (sono percentuali, il totale deve fare 100). Le due fette più grandi spettano al commercio con l'estero e agli investimenti esteri (IED); il 25% consiste nelle rimesse degli emigranti; mentre le due fette più piccole riguardano i mercati di capitale (10%) e i deprecati aiuti internazionali (5%). Come sta l'Africa oggi? Oggi l'Africa è un continente ricco di opportunità: le prospettive d'investimento sono elevate in ogni settore, dall'agricoltura alle telecomunicazioni. L'Occidente non può più dormire sonni tranquilli: la Cina è vicina ed è in Africa che consoliderà la sua campagna per raggiungere il predominio sugli altri Paesi. In questo stesso mese di settembre 2011 è stato eletto presidente dello Zambia Michael Sata. Il nuovo Capo di Stato ha vinto le elezioni con un programma anti-cinese, accusando il suo predecessore di aver svenduto il paese al Dragone. |