La gloriosa "Unione sportiva Torinese Victoria-Ivest" trae le sue origini dal Circolo Ricreativo "Tabor" fondato nel  all'associazione "borgo Vittoria", avviene il primo passo importante sul piano sportivo.Nel 1967 nasce la denominazione definitiva "Victoria ivest".Da allora ad oggi è legittimo dire che i successi sono stati veramente numerosi, super-oscar, titoli provinciali e regionali; ma è nel 1986/87 che l'ascesa del sodalizio biancoblu tocca il vertice assoluto. Infatti al termine di una stagione straordinaria arriva lo Scudetto Nazionale Allievi, considerato come il     "gioiello" di gran vanto della società, fino ad arrivare all'anno 1996 con la consegna da parte del C.O.N.I. della stella d'argento, attestato di merito per le società che si sono distinte per il loro lavoro non solo teorico-sportivo

 

 

 

STELLA D'ARGENTO PER MERITI SPORTIVI 1996

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Victoria Ivest: sport per passione

Cronaca vera di cinquant’anni di calcio dilettantistico

 

In molte occasioni, nello schematizzare progetti, vittorie esaltanti, sconfitte rimediate e storie di ordinaria, cocciuta passione, possiamo cadere nel banale. Rischiamo di farci leggere con malcelata sopportazione, con l'annoiato zelo di coloro che pensano ai soliti, scontati lustrini da mettere in vetrina. Per l'Ivest, meglio, per l'Unione Sportiva Dilettantistica Victoria Ivest, no!

E sì, perché se si desidera parcheggiare la propria visuale su una solida struttura organizzativa, se si pensa di ottenere risposte positive sul modo di fare calcio e, soprattutto, di far fare calcio ai più piccini, allora non occorre sorvolare montagne ed oceani, pianure e grandi laghi, basta trasferirsi al Borgo Vittoria di Torino è si potrà essere esauditi.

All’inizio della storia che stiamo per narrare, la Borgata Vittoria era una realtà sportiva anomala; un quartiere popoloso con oltre ottantamila cittadini torinesi censiti, con rare strutture per fare sport e quasi inesistente lo spazio per il calcio, la disciplina che interessa in queste cronache.

I grandi lavori edilizi e urbanistici che, grazie ai fondi statali per il Centenario dell’Unità d’Italia, avevano consentito alla città, verso la fine degli anni Cinquanta e nei primissimi Sessanta, di ottenere una decina di campi da fulbal (erano i tempi in cui il calcio subiva ancora, dal dialetto locale, i termini più significativi!), costruiti con poco raziocinio e con dimensioni decisamente ridicole, tanto che nelle stagioni di questo inizio millennio sono stati quasi tutti dismessi. Ma era stata la “Città” ad ottenere quei campi, quasi tutta la città, mentre Borgo Vittoria era stata ignorata. C’era, si, un bel rettangolo di gioco in via Casteldelfino angolo corso Grosseto ma era proprietà privata delle industrie Michelin e, lì sopra, ci giocavano solo i dipendenti: manco a provarci a chiederne l’affitto, anche parziale, pareva un’eresia! Molti anni dopo, quando le grandi industrie furono costrette e cedere terreni e interi caseggiati, in pratica scambi di “favori” con le istituzioni, ci fu un impiego del campo anche per i dilettanti, ma, oramai, all’Ivest avevano fatto da sé e di quella struttura, bella, ampia, comoda non fregava più niente ad alcuno tanto che, di questi giorni, è finita per diventare una… discarica abusiva in attesa che…

Per la verità c’era un altro “buco” di campo sportivo in zona ed era quel poco più che un campo da tennis situato in via Reiss Romoli angolo via Scialoia, costruito verso la fine degli anni Sessanta ai confini della borgata ed a fianco di un gruppo di case popolari che presero il nome dalla cooperativa che aveva edificato il tutto: gestione strana, quasi nascosta ai più e, comunque, con un campo non omologabile.

Tralasciando, quindi, queste due realtà sportive inavvicinabili per i più vari motivi, chi voleva fare calcio nel quartiere doveva arrangiarsi, episodicamente e pioneristicamente, su alcuni dei terreni non ancora occupati dall’edificazione che avrebbe stravolto il borgo come ogni altra zona cittadina: è il “progresso, bellezza”, dicevano i sapientoni che ci governavano. Ma un progresso senza consentire alcun sfogo alla gioventù, che progresso è?

Di queste teorie, affermazioni, cervellotiche considerazioni filosofiche non tennero conto alcuni appassionati (la passione per lo sport giovanile e dilettantistico sarà, d’ora in avanti, il filo conduttore dell’intera nostra storia) che cominciavano ad intravedersi nel borgo, a ritrovarsi su un pezzo di prato spelacchiato, a organizzare partitelle, prima, di sei contro sei, poi, addirittura, vere sfide undici contro undici. D’accordo, non era certo lo stadio comunale, manco il campo del Cenisia o dello Spartanova, società in auge in quelle stagioni, tuttavia c’era da divertirsi. Pian piano, domenica mattina dopo domenica mattina, mentre venti ragazzi sgambettavano, qualche adulto cominciò ad impossessarsi, letteralmente, di quel prato alle spalle di via Veronese e di via Massari, un prato, ci si era informati, di proprietà comunale. Alle due porte da gioco, costruite con legno rozzo ma subito colorato di bianco, venne aggiunta una baracca, proprio una baracca con pareti e tetto in lamiera, che doveva fungere da spogliatoio, poi venne chiesto un permesso per l’allacciamento dell’acqua e si tirò una recinzione, di sola rete metallica, intorno al campetto: era nata la Società Calcistica Victoria che si iscrisse in uno degli enti di promozione sportiva in cui le norme per fare calcio erano prese con molta elasticità e intelligenza, tanto che anche quella sorta di campo sportivo andava bene per le loro gare che chiamiamo di campionato perché anche a queste latitudini, pur se non si è dei “milord”, sempre di scontri con un punteggio in palio si trattava.

Contemporaneamente a queste vicende sportive si evolveva e si sviluppava nella Borgata Vittoria un’industria che segnerà e identificherà in modo indelebile la società di calcio di cui stiamo scrivendo: è l’industria di vernici IVEST che la famiglia Furnari aveva fondato e stava avviando alle migliori fortune commerciali. I fratelli Piero, Baldassarre e Nino Furnari saranno a capo anche di un’impresa sportiva che consentirà di ottenere ottimi risultati nei quarant’anni susseguenti.

Per la verità è Nino Furnari che si impegna in prima persona nell’Ivest calcio, dapprima allestendo un'attività sportiva all'interno del gruppo aziendale, poi, seguendo il suo istinto, andando a “dirigere calcio” dentro i rettangoli di gioco (a far l’arbitro, insomma!) e, infine, nel 1965, a fondare l’Unione Sportiva Ivest, subito in FIGC con qualche addentellato nell’UISP, altro ente di promozione sportiva di grande spessore.

A questo punto ci pare giusto e giustificato tracciare un profilo veloce dell’uomo che ha “inventato” l’Unione Sportiva Ivest.

  Nino Furnari non è nato “imparato”, come si potrebbe pensare, non è arrivato sul proscenio della vita, così, d'improvviso, uno dei tanti self-made-man che sbocciano quando le fortune ti colpiscono in faccia. No, no di certo. Furnari, già a Torino con la sua famiglia pochi anni dopo la fine della guerra, aveva iniziato a frequentare le scuole salesiane di Valdocco, formidabile scuola di vita e, per certi versi, di sport, e a quindici anni, maturando il seme di un'esuberanza che dimostrerà di possedere per tutta la sua esistenza, passerà al liceo D’Azeglio ma non si accontenterà degli studi classici e pertanto riuscirà anche a diplomarsi in ragioneria ben sapen­do che tutto questo impegno lo potrà mettere in gioco sul lavoro, sorretto dalle capacità dei due fra­telli.

La società di calcio, intanto, raccoglie quanto ha seminato e le iscrizioni al club aumentano esponenzialmente. Ci sono i primi approcci con quel “Victoria” che già giochicchia nel borgo e nel 1967 le due realtà si fondano dando vita all’U. S. Victoria Ivest. Furnari ha pensato bene che quel sostantivo, Victoria, sia beneaugurante oltre che ad identificare il sodalizio nel quartiere periferico di Torino e non se ne staccherà mai più. Occorre dire che, più che una fusione, è un accorpamento in quanto il direttivo è formato da Furnari e dai suoi amici più stretti, come avverrà poco dopo con l’acquisizione della società Tabor. Per correttezza Furnari manterrà il nome nell’intestazione della società, “Victoria Ivest Tabor” salvo ritornare, dopo la costruzione del nuovo campo, a quel imperdibile Victoria Ivest.

Una parentesi, per definire meglio la nuova acquisizione, è doverosa, non fosse altro per presentare un personaggio, Luigi Riffo, che sarà per tante stagioni uno dei tecnici più validi della società. Il “Tabor” giocava sul campo del Parco Sempione, proprio ai confini tra Borgata Vittoria e Barriera di Milano, attuale “casa parziale” del BarcanovaSalus, ma faceva fatica a condurre le sue squadre giovanili e l’accordo con l’Ivest aveva fatto trovare la quadratura del cerchio sia all’uno che all’altro dei due sodalizi sportivi.

Siamo nel 1971 e se aumentano atleti e squadre, è la struttura sportiva che deve ospitarli a latitare. Un sabato da una parte, una domenica dall’altra, il proprio impianto per gli allenamenti o poco altro non sono più sufficienti a far crescere il club. Così ci si muove per tempo, si chiedono i vari permessi e, mattone su mattone, sacrificio su sacrificio, si provvede a dotarsi di una propria struttura. Viene costruito, da Furnari e da un gruppo dirigen­ziale di prim'ordine, l'attuale impianto sportivo di via Paolo della Cella, a fianco del vecchio “prato”, e… si comincia a pensare in grande.

Nel mondo del calcio, quello planetario che racchiude tutti i club professionistici, sono le Organizzazioni mondiali o europee a stilare classifiche che determinano, o definiscono, quali società capeggiano o sono nei primi posti di una certa classifica, nel settore giovanile e o nei dilettanti le nostre Organizzazioni non stilano classifiche di sorta e, sovente, è la partecipazione a quel determinato campionato a stabilire se una società è da ritenersi valida, importante, qualificata. Ma non sempre funziona così, in quanto i genitori, i parenti (il pubblico!) e, a volte, anche qualche intenditore vero hanno dei propri punti di vista e pertanto ottenere un settore giovanile, o, addirittura, una scuola calcio di prim’ordine con partecipazioni importanti e organizzazioni interne eccellenti, consente di affermare o, di far affermare che quella determinata società è da ritenersi molto qualificata e pertanto essere considerata importante nel panorama non solo cittadino ma, come nel caso dell’Ivest, pardon, del Victoria Ivest, anche regionale.

Tutte le condizioni appena accennate non si ottengono con una o due stagioni ad alto livello, ma con decenni di pratica calcistica insegnata da bravi istruttori e organizzata da ancor più bravi dirigenti, condotta con oculatezza, mirando in alto più che altro per quell’inclinazione a far bene che non è di molti. Sono anni di accordi con società professionistiche di calcio (per quel famoso do ut des che non guasta mai!) atti a rinforzare non solo la base, vedere alla voce “propaganda”, ma anche le squadre agonistiche, ovviamente del settore giovanile.

Sono gli anni in cui si evidenziano le capacità di vari dirigenti sportivi, come Scala, ad esempio, sempre presente sul campo e punto di riferimento dei frequentatori dell’impianto, come Crosetto, Allais, Simonato, Oberti, tutta gente che ha contribuito al “riempire” il blasone del sodalizio.

Nel 1982, dopo alcuni risultati eclatanti a livello regionale e grazie al prestigio che viene ad assumere la scuola calcio con l’arrivo di un personaggio carismatico e molto qualificato come Oberdan Ussello (già attivo e sperimentatore nel Torino Calcio), oltre ad altri tecnici e dirigenti sportivi come Salvatore Iacolino, Gin Palmesino e Guido Mattei, il primo tentativo di… arrivare sulla vetta intesa come titolo italiano giovanile, si infrange in quel di Bari, luogo ove il Victoria Ivest va a disputare la finale nazionale, per la categoria Allievi, contro una squadra siciliana che si aggiudica il titolo.

La delusione è grande, ovviamente, ma le condizioni per ripetersi ci sono e con l’arrivo di Gigi Fantinuoli, un tecnico capace e preparato, la Grande Vittoria, come in più occasioni ha chiamato quel risultato sportivo Nino Furnari e come la stampa dell’epoca aveva titolato, giunge finalmente anche in via Paolo della Cella, Borgata Vittoria, Torino, nel giugno del 1987.

Gli Allievi guidati da Fantinuoli battono i laziali del Montesacro allo stadio “Adriatico” di Pescara per 1-0 e mai risultato è stato così avaro in quanto la gara è stata un vero dominio dei biancazzurri: L’Ivest è Campione d’Italia. Il risultato dell’Adriatico non lascia dubbi sulla legittimità di questa affermazione maturata minuto per minuto in una partita stupenda per l’impegno e la tensione che l’importanza del match imponeva”. Sono le parole con le quali inizia l’articolo dell’inviato di “Piemonte Sportivo” a Pescara in quella domenica di fine primavera.

I protagonisti, oltre a Fantinuoli, sono stati i dirigenti Giovanni Ferraris e Franco Mottola e, soprattutto, i sedici ragzzzi scesi in campo: Lanfranco, Goria, Mosso, Mazzini, Marchisio, Fanton (autore dell’unica rete della giornata!), Drago, Carbone (il Benny Carbone che veleggerà verso alte mete del professionismo!), Albino, Spinelli, Ferina, Sabatini, Accardi, Trinchero, Mancini e Pulcina. Dopo questo risultato e dopo questa squadra, con i dovuti ricambi sempre dettati dai limiti d’età, ci saranno altri momenti felici, come poter verificare il passaggio al professionismo di elementi del vivaio ivestino: Roberto Rambaudi, Marco Rossi, Giorgio Albino, Franco Ferina, il già citato Benny Carbone e Daniele Graziani.

Al Victoria Ivest, comunque, non si pensava soltanto al proprio orticello e la dimostrazione ci viene dall’aver constatato che Nino Furnari sia stato anche uno degli artefici della costituzione di una importante associazione fra i sodalizi di calcio, l’ASPICALCIO appunto, formata per portare in FIGC proposte interessante e far conoscere il pensiero della base, quasi sempre ignorata dai vertici romani: e quale segno abbia lasciato l’organizzazione fra club di quel tempo, e purtroppo di “quel” tempo, ancora oggi appare indelebile.

Nel 1995, per un cambio che oseremmo dire generazionale del proprio lavoro, Nino Furnari dovette lasciare la parte attiva nel Victoria Ivest, assumendo la carica di Presidente Onorario che tutt’oggi mantiene e gli subentrò Cesare Ghezzi.

Quasi a suggellare il “cambio della guardia”, nel 1996 il CONI assegnò al Victoria Ivest la Stella d’Argento per meriti sportivi, un riconoscimento che solo in pochi si sono meritati in questi ultimi cinquant’anni, a dimostrazione dell’impegno, della passione sportiva, del gran lavoro non solo sul campo che la società aveva compiuto. E quando si parla di “lavoro” fuori dal campo, si intendono i tanti corsi interni, per dirigenti, per segretari, per istruttori che il Victoria Ivest ha organizzato negli anni e che hanno dato la possibilità di far nascere una vera schiera di persone qualificate nello sport. Indice assoluto di quanto appena scritto rimane la dispensa sul “Dirigente Sportivo” che Furnari e l’Ivest avevano preparato negli anni ottanta e che rimane ancora oggi un punto di riferimento per coloro che intendono conoscere e addentrarsi nell’organizzazione sportiva dilettantistica.

Con il presidente Ghezzi, si era affacciato nel direttivo del Victoria Ivest anche Pierino Specchio, da tempo dirigente e da sempre grandissimo appassionato. Con lui Gaetano Ceglia, mentre alla segreteria si affaccendavano Bruno Sabba e Roberto Rattazzi. Direttore generale era stato nominato Germano Avenati che rimarrà in società per decenni. Mario Goffo era il responsabile del settore tecnico, con oltre trecento ragazzi e quasi un centinaio di dirigenti da “amministrare”.

Nel 2005 nuovo avvicendamento, questa volta proprio sostanziale, alla presidenza del club: arriva a coprire la massima carica Pierino Specchio, cuore ivestino, uomo lontano dall’apparire quanto vicino all’essere pragmatico e con un carattere “robusto” ma colmo di quell’ironia che si fa apprezzare da colleghi e collaboratori. Nei “tempi eroici” della sua gioventù, Specchio era stato un atleta di ottimo rilievo che aveva giocato quale attaccante nei massimi campionati dilettantistici e questa esperienza la metterà al servizio della, ormai, “sua” società.

Nel terzo millennio la svolta viene anche data dalle molteplici attività torneali a cui si partecipa e che la stessa Victoria Ivest organizza. Non è che nelle stagioni precedenti ci fosse un vuoto (il SuperOscar, torneo tra le migliori sedici società torinesi, si organizza da trent’anni!), ma il considerevole numero di mini atleti che vanno a comporre la Scuola calcio consiglia di muoversi in quella direzione. Così nasce “Un Pallone per Amico”, attività che coinvolge ben cinque scuole elementari della borgata e oltre trecento ragazzini delle stesse scuole in attività ludiche divertenti con un grosso impegno da parte dei dirigenti e istruttori della scuola calcio. Quella scuola calcio che assume, per meriti precipui, la denominazione di Qualificata e che la stessa FIGC, con il suo Settore Giovanile e Scolastico, ha definito tale in quanto in possesso di requisiti importanti: alto numero di iscritti, staff dirigenziale e tecnico di alta professionalità, settore medico e psicologico sempre presente. Oltre al SuperOscar la società organizza il “Torneo di Natale”, cui fa seguito il “Torneo Gianduja”, il Torneo “Topolino” e, a fine stagione, un Torneo Internazionale con la partecipazione di molte squadre delle nazioni confinanti. Come è facile intuire il “movimento” all’interno della società è sostanzioso, con problematiche legate agli spazi e alle tante squadre attivate.

Proprio il costante aumento degli iscritti e la necessità di ampliare la domanda di spazi e servizi (ricordarsi che sul campo di via Paolo della Cella, si affacciano, ogni anno, circa dodici mila persone che vanno a formare il pubblico e quasi altre seimila tra i componenti delle squadre avversarie che si “scontrano” con le squadre del Victoria Ivest), da qualche stagione si è cominciato a pensare di ottenere un altro impianto sportivo.

Non è certamente una “voglia” quella della nuova struttura sportiva, ma sicuramente una necessità, una necessità impellente.

Da qui i vari contatti, i tantissimi colloqui, le riunioni che si sono susseguite per cercare di individuare l’area possibile nella borgata e, di conseguenza, di ottenere i vari, innumerevoli permessi che servono per portare a buon fine il progetto. Dopo questi primi passi si può intravedere il traguardo, anche se la priorità, da questo momento in avanti, viene data dal finanziamento per la costruzione dell’impianto. Un impianto che si comporrà di un campo regolamentare in erba sintetica (secondo il progetto, a collaudo FIFA), di alcuni campi per il calcio amatoriale (a cinque, a otto), di una palestra attrezzata, di una palestra minore per la riabilitazione, gli spogliatoi, ovvio, i servizi, gli uffici, il bar/ristorante e una tribuna coperta che potrà ospitare quasi 1000 spettatori.

Va da sé che con una struttura di questo tipo, la società sarà a disposizione per qualsiasi organizzazione anche di carattere internazionale ed anche di alto livello.

Gli artefici di questa operazione, come è logico appaia, sono stati gli attuali componenti del direttivo ivestino che rispondono ai nomi di Nino Furnari, presidente onorario, Pierino Specchio, presidente, Leonardo Dell’Aera, vice presidente molto attivo nella presente fase che comporta l’attivazione di pratiche importanti e movimenti politico/sportivi con le istituzioni, Andrea Tarucco, Marco Furnari, Matteo Specchio, Mario Congionti consiglieri e da Adriana Felletti, segretaria, con Fulvio Cocchi, responsabile sportivo del settore giovanile e Antonio Romano, responsabile sportivo del settore dilettanti. I tanti, tantissimi altri componenti del sodalizio non si sentano sminuiti per non averli potuto citare, sarebbe stato un mero elenco di nomi non facile da individuare, ma si sappia che sono ritenuti importanti tanto quanto i loro colleghi che sono ai posti di comando.

Sono quarant'anni e più che la società, frutto di più fusioni tra un club e l'altro della borgata, coglie obiettivi a grappoli e si mantiene in quota con una perfetta organizzazione. Sono trent'anni e più che ha assunto una ben delineata fisionomia d’elite e la conserva tale. Sono ventidue anni esatti che è diventata tricolore. E' da sempre che viene annoverata tra le organizzazioni sportive da imitare. Tutto vero, ora è sufficiente continuare nel nuovo impianto che sta per nascere.