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The Lord of The Rings - The Return of the King (Nuova Zelanda - USA, 2003) - Durata: 3h21m

(Traduzione della recensione dell’anteprima di IL RITORNO DEL RE, di James Berardinelli)


Secondo il calendario, Natale è il 25 dicembre. Ma per il cinema è il 17 dicembre: non ci poteva essere regalo migliore di quello che ha fatto agli spettatori PETER JACKSON con il suo The Lord Of The Rings - The Return Of The King. Non è solo il miglior film del 2003, ma è anche il degno coronamento del tour de force cui Peter Jackson si è sottoposto negli ultimi anni. In effetti, definirlo “film” è quasi un’ingiustizia. È un’esperienza di portata epica, dal coinvolgimento emotivo impressionante e di una forza senza pause.

La storia del cinema è piena di casi in cui una trilogia è crollata miseramente nel film conclusivo: Il ritorno del Jedi [qui dissento fortemente dal critico. FC], il Padrino III, Matrix Revolutions [qui concordo pienamente!], e così via. Jackson invece ha fatto molto di più che monetizzare il successo degli altri film. IL RITORNO DEL RE non è solo una degna conclusione per la trilogia, ma è anche meglio dei predecessori. In qualche modo PETER JACKSON è riuscito a sintetizzare ciò che funzionava meglio negli altri due film, eliminando le parti meno riuscite. Il risultato è sbalorditivo: ad oggi, nel mondo del cinema, non c’è niente di paragonabile a “Il Signore degli Anelli”.

Come per LE DUE TORRI, una qualche forma di conoscenza preliminare è necessaria; tuttavia, con i film precedenti disponibili su VHS e DVD non è un problema. IL RITORNO DEL RE inizia dove è finito LE DUE TORRI, con gli hobbit Frodo e Sam e la creatura Gollum in cammino verso Mordor. Nel frattempo, la compagnia formata da Gandalf il mago, Aragorn il ramingo, Legolas l’elfo e Gimli il nano si riunisce ai loro amici hobbit Pipino e Merry sulla scena di Isengard. Da qui il film segue due percorsi paralleli: Frodo, sempre più affaticato e tormentato dall’Anello, tenta di aprirsi la strada verso il Monte Fato; durante il cammino dovrà fare i conti con il tradimento e la follia, e dovrà fronteggiare Shelob, il mortifero ragno gigante. Intanto Gandalf e Pipino si dirigono a Minas Tirith per avvisare gli abitanti di Gondor dell’imminente invasione da parte degli eserciti di Sauron, mentre Aragorn si prepara a presentarsi come il Re erede di Isildur.

Il film è lento all’inizio, quando PETER JACKSON ripresenta i personaggi. Da lì in poi è un continuo crescendo, leggero ma costante, fino a un apice entusiasmante. (…) Quando il film è finito non riuscivo a credere che fossero passate 3 ore e 20. Non sarebbe giusto descrivere il film come un’insieme di belle scene, perché è un tutto unico gestito magistralmente da PETER JACKSON, ma se Gene Siskel disse una volta che un gran film richiede la presenza di tre scene memorabili e l’assenza di scene malriuscite, allora IL RITORNO DEL RE supera largamente questo criterio.

Perché questo film è meglio dei due precedenti? Penso per tre motivi. Il primo è che è la conclusione, la risoluzione di una vicenda che abbiamo seguito per due anni. Il secondo è che Jackson, come Tolkien, ha lasciato il meglio alla fine. Per quanto la battaglia del Fosso di Helm fosse impressionante, diventa una scaramuccia in confronto all’assedio di Minas Tirith e alla battaglia dei Campi di Pelennor. E le lotte interiori di Frodo diventano enormi; Jackson vede la sua sofferenza come un dramma teatrale (e la musica di Howard Shore lo asseconda con brani corali). Infine, c’è il fatto che ormai conosciamo i personaggi, dopo che ci hanno accompagnato per due anni e sei ore di spettacolo (sette per chi ha visto le versioni estese).

Per chi detesta le conclusioni improvvise, PETER JACKSON ha in serbo un regalo: IL RITORNO DEL RE finisce con un epilogo di 20 minuti che, narrando gli eventi nei 4 anni successivi alla Guerra dell’Anello, chiude ogni possibile vicenda. Il film (che finisce esattamente con le stesse parole del libro), pur lasciandoci completamente soddisfatti, genera in noi un vago senso di malinconia quando appare il “The End”, perché significa che è finito tutto.

I puristi di Tolkien saranno scontenti di questo film come lo sono stati degli altri due, ma il film non è stato fatto per loro. La trilogia di film è la saga di Tolkien filtrata attraverso la fertile immaginazione di PETER JACKSON, non un pedissequo adattamento. Chi vuole una rigorosa aderenza al testo vada a vedersi il prossimo Harry Potter. È difficile criticare le scelte del regista. Alcune omissioni (la morte di Saruman, le Case di Guarigione) sono dei tagli necessari ma appariranno nella versione estesa. L’epilogo nella Contea (“Percorrendo la Contea”) non è neanche stato filmato: è adatto a un libro, ma non è da film.

Il cast, meglio che negli altri film. Elijah Wood è bravo nel ruolo di un Frodo che è l’ombra dell’allegro hobbit di una volta; Sean Astin trasforma Sam in un fiero cavaliere che lo protegge contro le insidie di Gollum, la terribile Shelob e le forze di Mordor. Viggo Mortensen ci offre un ritratto di Aragorn a tutto tondo. Ma un gradino sopra gli altri stanno Ian McKellen e Andy Serkis. Gandalf ha per la prima volta una gran parte nel film, e McKellen ce lo presenta come un uomo di grande saggezza, poca pazienza, e grande abilità in battaglia. Serkis è bravo a dare voce e movimenti a Gollum, ma c’è anche un flashback in cui Serkis impersona Smeagol prima di essere corrotto dall’Anello.

Gli effetti speciali hanno stabilito un nuovo standard di qualità: i soldati creati al computer sembrano attori veri, non pupazzi da cartoni animati. E la colonna sonora è perfetta: Howard Shore sa essere, a seconda delle circostanze, epico o dolce.

Adesso Peter Jackson è atteso per il remake di King Kong, e già l’idea mi esalta. Non ha escluso del tutto l’idea di tornare alla Terra di Mezzo per filmare “Lo Hobbit”, se la complicata storia dei diritti d’autore lo permetterà. Nel frattempo ci ha comunque dato una trilogia di film da ricordare, una pietra miliare del cinema. IL SIGNORE DEGLI ANELLI ha legittimato il film di fantasia come nessun altro aveva fatto prima, e ha dimostrato che una casa di produzione può fare grossi guadagni se si assume grossi rischi (se avesse fallito, la New Line Cinema avrebbe chiuso i battenti). La storia ci dirà se il successo di IL SIGNORE DEGLI ANELLI sarà duraturo; il presente ci mostra le sue qualità e il suo successo: per molti l’uscita di IL RITORNO DEL RE è l’evento dell’anno. E per una volta un film molto atteso regge il confronto con il battage pubblicitario. Questo anello è veramente d’oro.



© 2003 James Berardinelli

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