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  Gli oggetti magici della Terra di Mezzo


Il mezzo magico è spesso il fulcro attorno al quale ruota una vicenda fantastica tradizionale, sia essa una fiaba, un’epica cavalleresca o un romanzo
fantasy. Vi è solitamente un oggetto magico principale ed altri che sono secondari o addirittura solo di contorno, per arricchire la storia. La figura dell’oggetto magico nasce probabilmente da una concezione mitica, se non religiosa, che questo stesso oggetto rivestiva in una data cultura. Esso era qualcosa la cui natura appariva superiore rispetto a quelli dei suoi “simili”. Da lì all’attribuirgli poteri magici il passo era breve. L’interpretazione della funzione e della natura dell’oggetto magico dipende molto anche dall’atteggiamento che i personaggi hanno nei confronti di tale oggetto e della magia in generale. Inoltre, lo strumento magico rappresenta spesso anche la necessità di dare corpo ad un’idea, ad una potenzialità o potere astratti, come accade nel caso della figura dell’Anello. Questo è vero soprattutto per quegli oggetti che, senza il loro ruolo magico, sarebbero del tutto inutili, come, ad esempio, una sfera di cristallo o una bacchetta.Per quanto concerne The Lord of the Rings, nella Magia Bianca tali oggetti rappresentavano una concezione della magia come “naturale”, una permanenza degli antichi poteri di un popolo mitico, e perciò perfettamente integrati nella loro civiltà. In opposizione a questa presenza, abbiamo la rielaborazione di oggetti tradizionalmente magici che nel romanzo mantengono solo una certa eccezionalità mitica. Nel complesso, quindi, anche la mappa degli oggetti magici della Terra di Mezzo si presenta interessante ed intricata. Gli Anelli sono gli oggetti magici principali dell’opera. Con tutto il loro bagaglio metaforico, simbolico e semantico, essi costituiscono il perno del romanzo, il quale, da qualunque punto di vista venga esaminato, vede nel gioiello circolare il motore primo, nonché l’elemento risolutivo, delle sue vicende. La profondità del loro significato all’interno del romanzo è tale che spesso sorpassa perfino il loro valore magico puro e semplice: più Frodo avanza attraverso Mordor col suo carico legato al collo e più, anche ad una lettura superficiale, noi lettori ci accorgiamo come in fondo i poteri magici dell’Anello siano ben poca cosa in confronto alla devastazione morale che esso è in grado di provocare. Il suo ruolo tradizionale di oggetto magico viene in pratica ribaltato: non è più il mezzo magico che aiuta l’eroe a portare a termine la sua missione, ma diventa lo scopo della missione stessa; e perde anche l’altro suo ruolo classico, quello di oggetto di una prima ricerca, perché qui l’Anello non deve essere trovato (già c’è), ma distrutto. Il mezzo magico, originariamente aiuto benefico e positivo per l’eroe, diventa uno strumento di distruzione e morte: infatti, con l’eccezione dei Tre Anelli Elfici, la figura dell’Anello è sempre legata a poteri malefici. Del folklore e dei miti ritroviamo un altro strumento magico assai comune e diffuso: la spada. Numerose sono le spade importanti della Terra di Mezzo: Pungolo, appartenuta prima a Bilbo e poi ceduta da questi a Frodo; Narsil, o “La spada che fu rotta”, la mitica spada della stirpe reale di Nùmenor, ora in mano a Aragorn, che dopo la sua riforgiatura l’ha ribattezzata Andùril; Glamdring, impugnata da Gandalf; e altre appartenenti a personaggi minori. In conformità con la tradizione germanica riguardo alle armi, ognuna di queste spade ha un suo nome proprio. Il loro peso magico è tuttavia ridotto e relegato a certe precise situazioni: Pungolo riluce all’approssimarsi degli Orchi; Andùril non dimostra alcun potere magico vero e proprio, come invece ci aspetteremmo; Glamdring è una spada elfica che, similmente a Pungolo, balugina in prossimità di malefiche presenze. Esse sono spade di valore, valore che si ricollega al mitico significato attribuito alle spade nell’antichità, quando le armi erano cosa rara e quindi preziosa. Se poi erano di metallo, erano quasi automaticamente considerate magiche, proprio perché forgiate nelle fucine di quei fabbri a cui si attribuivano anche i magici anelli creati dai magici metalli con l’aiuto del magico fuoco. Ma il ruolo delle spade, magiche o meno, in questo racconto, è più che altro coloristico. Sappiamo come, alla fine, la missione non si possa concludere certo grazie alle armi (nell’ultima parte del suo cammino verso il Monte Fato, Frodo si rifiuterà addirittura di portare armi), perciò sarebbe stato inutile dare troppo rilievo alla loro natura. Esse sono solo l’accessorio necessario a dipingere un mondo antico e cavalleresco, immagine addirittura indispensabile in certe situazioni eroiche; ma il ruolo principale, anche come arma (sebbene “impropria”), Tolkien l’aveva già affidato ad un altro oggetto: l’onnipresente Anello. Simile alla spada è il bastone di Gandalf, per lungo tempo strumento praticamente innocuo, almeno finché non rivela tutta la sua natura nello scontro contro il Balrog. I pugnali dei Nazgûl hanno invece la caratteristica peculiare di essere avvelenati, ossia di potersi sciogliere all’interno della ferita e creare così un perenne “contatto” tra la vittima e il mondo delle ombre.Essi ribadiscono in pratica l’idea che il Male sia una sorta di infezione che, anche quando non uccide, lascia comunque strascichi perenni. È infatti anche a causa della ferita inferta da uno di questi terribili pugnali che Frodo rimarrà più debole di fronte agli “assalti” della tentazione del Unico e al suo peso, e che il suo malessere permarrà anche dopo che la Missione è stata portata a termine. Ad ogni ricorrenza della data di quella ferita, Frodo peggiora. Solo nel Regno degli Immortali, possiamo supporre, la sua pena troverà sollievo. I palantìri, ultimi oggetti magici di un certo peso, seppur simili nella figura alle sfere di cristallo degli stregoni delle fiabe, hanno una loro importanza “magica” che risiede più che altro nel loro ruolo funzionale all’interno della trama, e poi nel loro valore mitico per la storia della Terra di Mezzo delle origini. I loro poteri sono un potenziamento sovrannaturale delle possibilità comunicative, nonché una rielaborazione dell’idea di telepatia, uno dei poteri che ogni grande mago si vanta di avere. Possiamo considerare oggetto quasi “magico” anche l’athelas, con la quale nella Terra di Mezzo si guariscono molti malesseri. Le piante sono sempre state gli ingredienti primari delle pozioni magiche, tanto che anticamente la scienza dell’erboristeria era considerata una forma di stregoneria. L’athelas mescola nelle sue proprietà il magico e il quotidiano tipico di molta della magia tolkieniana, ovvero si lega molto alla magia delle piante com’era intesa nell’antica tradizione. Pochi sono però quelli che realmente credono nel potere curativo della pianta, Aragorn è tra questi. Non a caso, il suo potere di guaritore si lega alla conoscenza delle qualità di questa pianta di purificare l’aria, trasmettere tranquillità e pace ai malati e disinfettare le ferite. È quindi una pianta strettamente limitata a scopi benefici, e non propriamente magica.

a cura di Tuor



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