|
|
La Magia
Bianca
La Magia Bianca è quella esercitata dalla
fazione del Bene, nella fattispecie Gandalf, gli Elfi e
Tom Bombadil. Essa appartiene allambito della Luce,
che costituisce uno degli estremi mitici verso cui la
narrazione oscilla. È una magia funzionale alla
creazione, alla creatività, nonché
alla preservazione di ciò che è buono e positivo.Gandalf
appare nelle vesti classiche del mago fattucchiere, e la
sua figura ricorda molto quelle di Mago Merlino e di
Odino padrone delle Rune. Ma, già allinizio del
romanzo, vediamo che la sua magia è assai lontana da
quella del mago onnipotente. Egli appare come un bravo
prestigiatore, abile nel fare girandole e fuochi dartificio.
Sul monte Caradhras sarà in grado di far scaturire fuoco
da una fascina bagnata; e quando Frodo sarà salvato,
grazie agli Elfi, dal secondo attacco dei Cavalieri Neri,
travolti da un fiume in piena, aggiungerà qualche
tocco alla magia elfica, facendo apparire le onde
in forma di cavalli bianchi con brillanti cavalieri
bianchi. Tuttavia, egli non potrà opporsi alla
violenta tempesta che respinge la Compagnia giù dallo
stesso Monte Caradhras allinizio del suo cammino.
Nelle Grotte di Moria si orienta con difficoltà, dopo
aver con altrettanta difficoltà scoperto la parola
magica per entrarvi. Nello scontro con il Balrog,
dispiegare il potere del suo bastone non gli garantisce limmediata
vittoria: lo scontro è fisicamente e psicologicamente
pesante quanto un accanito torneo di cavalieri, e
sappiamo già come questo scontro significherà, per il
mago, una sorta di morte iniziatica. Anche dopo la sua
resurrezione da Moria, nelle vesti del più
potente Gandalf il Bianco, non lo vedremo mai compiere
incantesimi strabilianti o magiche trasformazioni ad
effetto. Il suo potere appare semmai concentrato
nella sua forte personalità e nella sua profonda
saggezza, nonché nella sua conoscenza della storia e
della tradizione della Terra di
Mezzo, la conoscenza e il rispetto della natura, nonché
nella sua capacità di leggere negli animi umani come in
se stesso. La sua non è mai una magia in grado di
cambiare il corso degli eventi, ma solo, con la buona
volontà anche di altri personaggi, di aiutarli verso la
migliore direzione. Tolkien stesso scrisse che il ruolo
di Gandalf in quanto Wizard era
quello di
incoraggiare e guidare i poteri
nativi dei Nemici di Sauron. Questo suo ruolo
magico, in un certo senso limitato, è
apparentemente in netto contrasto con la vera natura di
Gandalf, che è in realtà un Maia, una
sorta di angelo inviato dagli dèi demiurghi della
mitologia tolkieniana a proteggere la Terra di Mezzo.
Egli dirà più volte di essere tanto potente da poter
diventare perfino pericoloso (da qui il motivo per cui
egli rifiuterà sempre di portare lUnico).
Evidentemente, la sua limitatezza è una
scelta derivata dalla necessità di rispettare la libertà
degli abitanti della Terra di Mezzo. Il Bene, come diceva
anche Tolkien nelle sue lettere, è quello che non
esercita imposizioni né pressioni, a differenza del
Male, che impone invece legami e fardelli. La
magia degli Elfi è invece più che altro rappresentativa
del potere della Natura al suo stato primordiale,
raffinato però attraverso una lunga tradizione che ha
reso la magia della Creazione Naturale una forma dArte,
secondo la concezione di Tolkien. Gli Elfi sono tra gli
esseri più vicini a Madre Natura, e serbano inoltre
memoria di tutta la più antica tradizione della Terra di
Mezzo. La lontananza dal resto della civiltà, nonché laura
di mistero che si è creata intorno a loro, li rende
esseri magici agli occhi degli ingenui Hobbit come a
quelli di certi Uomini. Tuttavia loro per primi negano
che esista una magia elfica, quasi schernendosi con un
questo è ciò che il vostro popolo chiama
magia
E, in effetti, neanche gli Elfi se ne
escono con trucchi mirabolanti, da baraccone: la loro
magia è una commistione di antiche conoscenze e
compassata saggezza, che elargiscono solo a chi ritengono
degno. Moltissimi dei loro oggetti magici,
dai manti che rendono invisibili al lembas, possono
trovare una spiegazione logica e naturale, o, al massimo,
simbolica, pur mantenendo una innegabile qualità
superiore ad ogni creazione umana. I manti rendono invisibili
perché sono di un colore grigio cangiante che, in certe
situazioni, aiuta la mimetica, più che linvisibilità;
il lembas è un pane molto
sostanzioso, ma gli stessi Hobbit riconosceranno che non
sazia lo stomaco come un vero pasto (sebbene sia
sempre meglio che niente). Gli oggetti che trovano più
difficoltà ad inserirsi in una logica razionale sono la
Fiala di Galadriel e la scatola con i semi che la stessa
regina degli Elfi dona a Sam. Tuttavia entrambi possono
essere inquadrati in un ambito simbolico funzionale alla
narrazione: la Fiala di Luce è infatti niente altro che
la rappresentazione fisica e concentrata di
quella luminosità che deve abbattere loscurità di
Mordor, ove Luce e Buio hanno, ovviamente, palesi
riferimenti al dualismo etico presente nel romanzo. I
semi rappresentano invece il potere rigenerativo della
Natura, che Sam dovrà sfruttare sulla devastata Contea.
Ancora più magici sono lo Specchio, anchesso
tuttavia assai sminuito rispetto ai poteri
che avrebbe avuto in un racconto più tradizionale (le
immagini che mostra sono relative, dipendono molto dalla
natura di chi vi guarda dentro) e lAnello di
Galadriel, Nenya. Qui Tolkien si lascia trascinare dalla
sua invenzione storico-leggendaria e indulge
piacevolmente in quella magia che trova difficilmente
spiegazione al di fuori di se stessa. Infatti, il valore
simbolico attribuibile ai due oggetti non ne annulla il
fascino magico. Eppure lo scopo di tanta meravigliosa
presenza è, alla fine, solo quello di offrirci lultimo
assaggio di un potere che sta per scomparire. Con il
passaggio dalla Terza alla Quarta Era, infatti, si
presagisce la scomparsa di gran parte della magia della
Terra di Mezzo: gli Elfi e Gandalf emigrano, gli
Anelli hanno perso il loro potere
Rimane solo il
carisma degli eroi, come Aragorn, decisamente più
uomini coraggiosi e saggi che maghi. Tom Bombadil è,
e questo suo essere è la fonte
primaria della sua magia. Anche lui deve i suoi poteri al
suo legame con il naturale-primordiale, espresso nel suo
caso anche attraverso il linguaggio. A lui si
attribuiscono più formule magiche, seppur in
forma di canzoni, che a Gandalf stesso. Il limite
della magia di Tom e del suo mondo è quello di essere
eminentemente legato alla Natura e al suo potere
vegetativo, interpretato su un piano mistico
e animistico, come accadeva nelle civiltà antiche. Tom,
che ci appare come il sacerdote di questo antico potere,
sancito dal simbolico matrimonio tra cielo e terra, è
tuttavia assai ingenuo rispetto a tutto ciò che va oltre
il semplice cerchio vegetativo della vita: ce lo dimostra
il fatto che egli non solo è intoccabile dal potere dellAnello,
ma è anche incapace di percepirne il reale peso
per il futuro della Terra di Mezzo. Latteggiamento
dei personaggi più ordinari, quali gli Hobbit, nei
confronti di tutta la Magia Bianca è di iniziale
meraviglia ma finale accettazione. Questo perché la loro
meraviglia non nasce dal credere che la magia sia
impossibile, bensì dal ritenerla solo un fattore leggendario
che loro non avevano mai avuto modo di sperimentare.
Tuttavia, la loro mentalità non è chiusa alla possibilità
della magia: basta loro vederla una sola
volta per crederci definitivamente. Si crea così quelloscillare
tra magico e quotidiano che rende tipica e particolare la
narrazione del romanzo. Esiste anche una zona di
confine, dombra, tra la netta
definizione di Magia Bianca e quella altrettanto decisa
di Magia Nera. Ne abbiamo già avuto sentore con le
figure di Gandalf e Galadriel, quando essi rifiutano il
possesso dellAnello, sapendo bene, dal profondo
della loro saggezza, come il Bianco possa facilmente
rovesciarsi nel Nero, quando sia in gioco lidea di
un potere smisurato quale quello magico. È una piccola
traccia dinquietudine che Tolkien lascia lungo
tutto il romanzo, in accordo con la già sottolineata
idea che Bene e Male non siano poi due entità così
nettamente separate.
a cura di Tuor
<< Indietro
|