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Il potere emotivo dell’Anello mi ha fatto piangere

Da “The Advertiser” (www.theadvertiser.news.com.au)


John Noble, attore di Adelaide

31/01/04

QUELLA mattina di febbraio del 1999, quando suonò il telefono, non potevo immaginare che era l’inizio di un’avventura che avrebbe segnato la mia vita.
Era il mio agente che mi proponeva un’audizione per un film intitolato “Il Signore degli Anelli”.
“Certo, perché no? Mandami il copione via fax”.
Il personaggio da interpretare si chiamava Denethor. Dovetti fare una rapida acculturazione perché non avevo letto il libro. (…) Che racconto mi si dispiegò davanti! Questa specie di Re Lear mi fece divorare le pagine e stimolò profondamente la mia natura di attore. Feci l’audizione, ma non ne seppi più niente fino a luglio, quando arrivò un’altra chiamata. Peter Jackson e Fran Walsh venivano a Sydney e volevano sentirmi ancora sia per la parte di Denethor che per quella di Saruman. Seguì un altro silenzio di tre mesi.
Leggevo su Internet che il ruolo di Saruman sarebbe stato affidato a Christopher Lee, e che per quello di Denethor erano in ballottaggio Donald Sutherland e Sean Connery.
Finalmente, il 16 ottobre, mi fu offerto il ruolo. Dodici mesi dopo entrai nello stupefacente mondo della Terra di Mezzo. Ero l’ultimo protagonista a entrare in ballo. Sentii raccontare degli incredibili legami che si erano formati fra i membri del cast, e mi sentii tutto trepidante la prima mattina, quando entrai nel mio trailer (…). Passarono solo pochi momenti prima che bussassero alla porta. Era Aragorn (Viggo Mortensen) che mi veniva a salutarmi vestito in gran pompa. Fu l’inizio di una processione di attori che vennero a salutarmi e darmi il benvenuto. Ero ormai parte della famiglia!
La mia prima e durevole impressione del lavoro fatto per il film fu la passione con cui tutti i membri del cast e della troupe affrontavano il lavoro. Questa gente all’epoca lavorava insieme già da 12 mesi, in luoghi difficili, con tempo inclemente, mesi di riprese notturne, con ritmi di lavoro stressanti, e nonostante tutto si appassionava ancora. Due ore dopo, ammantato con una stupenda parrucca fatta a mano, una maglia di ferro che pesava una tonnellata, una magnifica spada e vestiti lunghi a molti strati, entravo nel set per la prima volta. Salutato dal regista e dal leggendario primo assistente regista, cominciai la creazione di Denethor.
Era un ruolo difficile: un uomo solo, senza amici; i suoi rapporti con Gandalf, Faramir e Pipino sono drammatici e emotivamente violenti; sta sprofondando nella follia e infine conclude la sua esistenza in modo tragico.
Quello che il film non mostra è che Denethor era stato un nobile e saggio sire, che però aveva fatto l’errore di guardare in un Palantir. Dopo ciò la sua capacità di giudizio era stata distorta dal potere di Sauron.
Il 23 dicembre finii le riprese. Appena finito, la magnifica sala del trono dove avevamo girato fu inondata da centinaia di persone. Peter Jackson fece un discorso commovente, io ero senza parole. Ritornai in Nuova Zelanda 18 mesi dopo per girare una bella scena con David Wenham (Faramir) e Sean Bean (Boromir), quella che avete visto nella versione estesa de “Le Due Torri”.
Probabilmente l’aspetto più insolito del mio coinvolgimento è il tempo che ho dovuto aspettare per vedere il terzo film. Aspettavo anonimo mentre il mondo era affascinato sempre di più da questo fenomeno cinematografico che è “Il Signore degli Anelli”. (…) Ho assistito alla prima del primo film a Wellington nel 2001. Fu una cosa stupefacente, ma niente in confronto a quella del “Ritorno del Re” lo scorso dicembre.
È stato un giorno di festa nazionale. Il ricevimento con il Primo Ministro nella sede del Parlamento; la parata per la strada con più di 100.000 fans acclamanti; il tappeto rosso a perdita d’occhio; la trionfale prima; l’opulento party dopo la proiezione. Non dimenticherò mai quest’esperienza. La festa è poi continuata a Los Angeles, Berlino e Londra. L’accoglienza è stata ovunque senza precedenti. La parte più spiacevole è stata trovarsi di fronte a cacciatori di autografi professionisti, (…) disposti a tutto pur di avere autografi e foto, per poi venderli su eBay. E poi i giornalisti: oltre 60 interviste al giorno, fra stampa e televisione. (…) La domanda più gettonata: “Che effetto fa lavorare con Peter Jackson?”
PJ è unico. È molto intelligente, si appassiona al lavoro e non si arrende facilmente. Ha la capacità di condurre masse di gente a fare esattamente quello che vuole. Un vero leader! Nei tre film non c’è un fotogramma che lui non abbia pianificato. La sua più grande sofferenza è stata scegliere le scene da omettere, specialmente per la versione cinematografica. La versione estesa del Ritorno del Re conterrà almeno un’altra ora di filmato che ci mostrerà ulteriormente la sua padronanza della regia. Sarà stupendo vedere la sua opera completata.
Un’altra domanda ricorrente: “Qual è la tua scena preferita nel terzo film?”
La scena in cui Sam si offre di portare Frodo a spalla è così forte che mi ha fatto piangere. Mi sono piaciute anche altre scene: il discorso di Aragorn davanti al Cancello di Mordor; la scena in cui Gandalf invita Pipino a non temere la morte; e la scena in cui Pipino canta mentre Denethor si ingozza e Faramir si lancia in una carica suicida verso Osgiliath.
Forse la domanda più interessante è questa: “Per quale motivo, secondo te, la trilogia ha colpito l’immaginazione della gente di tutte le età e in tutto il mondo?” La risposta è semplice. Prendi un narratore di talento, J.R.R. Tolkien, metti la sua magnifica parabola in mano a un regista visionario come Peter Jackson, e il resto è storia.

traduzione a cura di Fastolfo Strafficapiede



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