Home

I Libri

Dizionario

J.R.R.Tolkien

Popoli della Terra di Mezzo

Approfondimenti

Linguaggi

Immagini

Genealogia

Cronologia

Quiz

Links

Contattaci

  La Canzone di Eriol


Composta, si suppone, a Easington nel periodo 1917-1918, La canzone di Eriol è secondo me uno dei più belli esempi della poetica Tolkieniana. Inutile commentarla qui, sarebbe troppo lungo e complesso, in ogni caso una completa analisi e spiegazione della storia di Eriol of Æelfwine si trova nei Racconti Perduti, per cui vi rimando alla lettura di questi ultimi.
Qui di seguito riporto semplicemente l’originale testo in inglese con la traduzione italiana presente, appunto, nei Racconti.

 


“The song of Eriol”

In unknown days my fathers’ sires
Came, and from son to son took root
Among the orchards and the river-meads
And the long grasses of the fragrant plain:

Many a summer say they kindle yellow fires
Of iris in the bowing reeds,
And many a sea of blossom turn to golden fruit
In walled gardens of the great champain.

There daffodils among the ordered trees
Did nod in spring, and men laughed deep and long
Singing as they laboured happy lays
And lighting even with a drinking-song.

There sleep came easy for the drone of bees
Thronging about cottage gardens heaped with flowers;
In love of sunlight goodliness of days
There richly flowed their lives in settled hours-
But that was long ago
And now no more they sing, nor reap, nor sow,
And I perforce in many a town about this isle
Unsettled wanderer have dwelt awhile.


II
Wars of great kings and clash of armouries,
Whose swords no man could tell, whose spears
Were numerous as a wheatfield’s ear,
Rolled over all the Great Lands; and the Seas

Were loud with navies; their devouring fires
Behind the armies burned both fields and towns;
And sacked and crumbled or to flaming pyres
Were cities made, where treasuries and crowns,

Kings and their folk, their wives and tender maids
Were all consumed. Now silent are those courts,
Ruined the towers, whose old shape slowly fades,
And no feet pass beneath their broken ports

There fell my father on a field of blood,
And in hungry siege my mother died,
And I, a captive, heard the great seas’ flood
Calling and calling, that my spirit cried

For the dark western shores whence long ago had come
Sires of my mother, and I broke my bonds,
Faring o’er wasted valleys and dead lands
Until my feet were moistened by the western sea,
Until my ears were deafened by the hum,
The splash, and roaring of the western sea-
But that was long ago
And now the dark bays and unknown waves I know,
The twilight capes, the misty archipelago,
And all the perilous sounds of salt wastes ‘tween this isle
Of magic and the coasts I knew awhile.
 


“La canzone di Eriol”

I
Vennero in giorni ignoti i miei padri antichi
E di figlio in figlio posero nel suolo
Radici tra i frutteti e gli orli erbosi
Del fiume, e il verde alto della piana fragrante:

Videro molte estati accender gialli fuochi
Di giaggioli fra i bei giunchi flessuosi,
E un mar di fiori mutarsi in aureo stuolo
Di frutti in ogni orto scintillante.

Tra file d’alberi i narcisi in primavera
Ammicavano, ed eran benvenute
Le risa in mezzo ai canti di lavoro;
Tempo era poi di cori e di bevute.

Recavan dolce sonno nella sera
Api ronzanti sulle siepi fiorite;
E in giorni lieti sotto il sole d’oro
Ore tranquille scandivan ricche vite –
Ma ormai quei tempi son distanti:
Più non si getta il seme, non s’intonan canti;
E io per forza in città e villaggi
Ramingo l’isola misuro coi miei viaggi.


II
Guerre di grandi re e d’armerie il clamore
Dove le spade chi avrà mai contate,
E lance come spighe nell’estate
Tutte le Grandi Terre colmaron di fragore.

I Mari risuonaron delle flotte; fiamme voraci
Dietro gli eserciti arsero ogni campo e villaggio;
Al sacco al crollo oppure a fuochi audaci
Le città son consegnate a quel passaggio,

E scettri e tesori, popoli e re, fanciulle e spose
Tutti scomparvero. Ora muta è ogni corte,
E delle torri in rovina le sagome gloriose
Svaniscon lente; piede non varca le crollate porte.

Là mio padre cadde in un campo insanguinato,
E in un famelico assedio mia madre là perì,
E io, prigioniero, udii il richiamo accorato
Dei grandi mari, e il mio spirito impazzì

Per le coste scure dell’ovest, dove un giorno lontano
Vennero gli avi di mia madre, e i lacci infransi,
Viaggiando per valli sconvolte e per deserti immensi
Finchè non bagnai il piede nel mare occidentale,
Finchè non colmai l’orecchio con il frusciare piano,
Con lo sciabordio e col rombo del mare occidentale –
Ma ormai questi tempi son distanti
E le baie scure e le onde ignote ora conosco bene,
I promontori bui, gli arcipelaghi di brume,
E i perigliosi stretti e le acque vuote frapposte
Tra quest’isola magica e le mie antiche coste

a cura di Thangorodrim



<< Indietro









Copyright © Il Fosso di Helm- Tutti i diritti riservati
E' severamente vietata la riproduzione parziale o totale dei contenuti di questo sito
se non dietro autorizzazione del webmaster