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 Istituto Karatedo Shotokan Italia

                             

                             

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Storia delle Arti Marziali

 

Il Karate a Mani Nude

 

Gli esperti sono concordi nel legare la storia e 1'evoluzione del karate con la storia dell'isola di Okinawa. Ciò permette di comprendere come I'influenza cinese abbia formato quest'arte e come si sia poi sviluppata sotto la denominazione giapponese. Okinawa era la maggiore delle isole dell'arcipelago delle RyuKyu (gruppo di isole prospiciente il mar cinese orientale, che si stendono dal nord di Formosa sino al sud del Giappone). L'arte marziale in Okinawa, per lungo tempo privilegio dei nobili, si sviluppò come un'arte tenuta segreta, prima di diffondersi

ad altri strati della società. Il popolo di Okinawa viveva della pesca e di agricoltura. Le continue incursioni da parte del Giappone a partire dal VI secolo favorirono la creazíone di gruppi

di villaggi organizzati con singoli capi; intorno al 1340 in Okinawa esistevano tre Regni rivali, il più grande di questi stabilì contatti con 1'Imperatore cinese.

Ciò portò nel 1372 all' ufficializzazione delle relazioni, ed aprì ai giovani nobili le porte delle scuole per stranieri di Pechino. Nel 1429 con 1'unificazione di Okinawa sotto la sua prima dinastia (Sho), incominciò per l' isola un periodo d'oro, fatto di ricchi scambi commerciali. Nel secolo XV il re di Ryukyu, proibì di portare armi. I nobili si riunirono in un movimento, ed imparano a sviluppare 1'arte del combattimento a mano nuda (te), di cui nell'isola, narra la leggenda, dal V1 secolo si tramandavano alcuni rudimenti; sicuramente gli scambi commerciali, i contatti con nuovi popoli, lì hanno portati a conoscenza di nuove tecniche di combattimento subito tra" sformate ed amalgamate ai principi del combattimento a mani nude. Dopo aver invaso il paese, nel secolo XVII, i signori giapponesi di Satsuma mantennero 1'interdizione delle armi istituita dal re di Ryukyu e giunsero a stabilire saldamente il loro dominio sull'isola. Integrato nel regime feudale giapponese, il sistema gerarchico di Ryukyu diventò più rigído. Venne stabilita una gerarchia interna che si diversificherà ancora in seguito: nobiltà in tre gradi, vassalli in due gradi, contadini in due gradi. L'arte del combattimento a mano nuda praticata dalla nobiltà sembrava avesse più che altro il senso di una manifestazione simbolica del suo rango. Poco per volta si formarono nei vari strati sociali delle reti di trasmissione dell'arte marziale. Questo dipendeva da una parte dal fatto che, da lunga data, quest'arte marziale veniva praticata segretamente nella cerchia ristretta dei nobili, dove era concepita come il segno di un privilegio, e dall'altra dal fatto che la dominazione del Giappone controllava 1'armamento della popolazione. L'arte cinese del combattimento ha ricoperto : un ruolo d'importanza primaria nella formazione del karate. Da documenti storici si deduce che 1'arte cinese - del karate - è stata introdotta ad Okinawa attraverso tre canali parallelì:

 - Il contributo di viaggiatori venuti dalla Cina;

 - La diffusione da parte dei cinesi residenti nell'isola;

 - Dagli abitanti di Okinawa che fecero il viaggio in Cina.

 

IL KARATE A MANI NUDE

L'arte del combattimento

IL CONTRIBUTO DEI VIAGGIATORI

Dal XV al XIX secolo, una delegazione dell'imperatore della Cina si recò decine di volte a Ryukyu, si pensa che questo abbia avuto un ruolo importante nella trasmissione dell'arte del combattimento. I contatti dei membri della delegazione con gli abitanti di Ryukyu non figurano in nessun documento, ma sarebbe inconcepibile che centinaia di persone delle varie missioni che si sono succedute, abbiano vissuto per parecchi mesi senza incontrare mai nessuno.

 

L'ARTE DEI CINESI DI OKINAWA

L'arte del combattimento praticata dai cinesi che abitavano dal XIV secolo ad Okinawa e stata verosimilmente comunicata sotto il vincolo del segreto ad alcune famiglie nobili. Quest'arte, praticata segretamente, costituiva uno dei privilegi di questo gruppo di famiglie cinesi, che hanno avuto dal secolo XIV un ruolo importante negli affari del regno di Ryukyu, questa comunità non era isolata dal suo paese d'origine, con il quale intratteneva regolari contatti tramite i membri della delegazione del1'imperatore della Cina. Costoro comunicavano ogni volta, insieme ad dal altre tecniche, un'arte del combattimento arricchita di nuove conoscenze.

 

IL VIAGGIO IN CINA DEGLI ABITANTI DI OKINAWA

Dall'inizio del secolo XVII, alcuni abitanti di Okinawa cominciarono a recarsi in Cina per commerciare e vi restavano spesso per lunghi periodi. Questi riportarono senza dubbio a Okinawa delle tecniche di combattimento a mani nude a loro utili. Tuttavia, queste non potevano essere che frammentarie, perché era impossibile se non dopo lunghi anni di studio, imparare nel suo insieme il metodo dell'arte marziale cinese. L'acquisizione di tecniche frammentarie poté costituire una pratica, alla quale la ricerca di un'efficacia immediata dà una certa logica. Verosimilmente si pensa che le corte sequenze tecniche rispondenti a una semplice applicazione in combattimento siano state rielaborate dagli abitanti di Okinawa, adattandole alle loro conoscenze. Non esiste traccia di

scuola di –te- a Okinawa prima di quella di Sokon Matsumura,all’inizio del secolo XIX.

L'arte trasmessa da Matsumura, che è pervenuta fino a noi, si è formata a partire probabilmente dall'integrazione di tre elementi:

- le conoscenze tecniche maturate naturalmente

- la pratica dell'arte giapponese della spada

- l'arte cinese del combattimento.

Le scuole tradizionali di te risalgono all'insegnamento di Matsumura e dei suoi contemporanei.

A partire dal secolo XIX nei villaggi di Shuri, Naha e Tomari distante tra loro pochi chilometri si sviluppano tre scuole di combattimento:

          Shuri-te     Tomari-te        Naha-te

In ogni parte del Mondo, sotto ogni latitudine, è nata un'Arte Marziale; ogni popolo

prescindendo o meno dall'uso delle armi, ha ideato, sviluppato e adattato alle proprie esigenze delle tecniche guerresche in cui, anticamente, bravura equivaleva a sopravvivenza. I paesi con clima freddo, i cui abitanti erano ricoperti di vestiti pesanti e quindi insensibili ai colpi ed impacciati nei movimenti, hanno prodotto tecniche di corpo a corpo in cui non si colpisce l'avversario, ma lo si afferra e lo si scaraventa a terra immobilizzandolo; i paesi con temperature miti, i cui abitanti non avevano il corpo protetti da vestiti pesanti e che quindi potevano muoversi con facilità hanno prodotto tecniche di atemi, cioè colpi.

La vecchia Europa ha, così , visto nascere la Glima islandese (temibile lotta corpo a corpo), il pugilato inglese, le varie ramificazioni della tecnica francese Savate. Nel bacino del Mediterraneo sono fiorite tecniche le cui gare avevano nientemeno che l Alloro di Olimpia; l'Italia ha contribuito allo sviluppo della lotta greco-romana e dell'antichissimo Pancrazio, una specie di pugilato in cui erano consentiti anche calci e strangolamenti e in cui eccelse proprio negli antichi Giochi Olimpici il crotoniate Milone. La nostra penisola ha poi fatto nascere il Bastone italiano ed il Coltello italiano, un unico ed efficacissimo stile che cambia nome a seconda dell'arma usata riconoscibilissimo per avere l'arma in mano e la giacca o il mantello avvolto a mo di scudo intorno al braccio più avanzato. In Africa hanno visto la luce la lotta Animale, che imita il combattimento delle varie bestie, e la Capoeria, nata in Angola e poi trapiantata in Brasile. In America del Nord, recentissima è l'esplosione di sistemi nuovi come la KicK Boxing; nuovo è pure l'enigmatico Kray Maga, praticato dagli agenti segreti isralieliani. Spostandoci in Asia troviamo in Thailandia il brutale Muay Thai; nelle Filippine spadroneggia l'Escrima, una sapiente tecnica di coltello.

E veniamo all'area nippocinese. Vuole la leggenda che qualche migliaio di anni fa il santone Dharma (o Daruma) sia giunto in un antico monastero buddista. Anni di privazioni avevano ridotti i monaci in condizioni pietose e Dharma pensò di rinvigorirli con qualche ora di sana ginnastica. Quell'esercizio fisico, chiamato poi le diciotto mani di Lohan, secondo alcuni era la mitologica Arte Marziale detta Kalaripayt, nata nella notte dei tempi e prodigiosa. Il Monastero in questione era l'oggi leggendario Tempio di Shaolin; l'arte del combattimento , evolse come gia immaginiamo e divenne quello che oggi conosciamo come il fierissimo Kung-fu shaolin. Dai movimenti degli animali vennero tratti i cinque stili principali. Ma tutto il kung fu shaolin rimase nel monastero. Una branca se ne staccò e se ne andò ramingo per l Asia in cerca di una Casa e di un nome. Ma quasi ogni luogo aveva già in suo stile. Forse ci saremmo dimenticati di questo stile se non fosse sbarcato su Okinawa, la maggiopre delle isole dell'arcipelago giapponese. Qui nacque il Karate e nel Maestro Funakoshi trovò il suo creatore e massimo divulgatore. Fu proprio Funakoshi ad aprire il suo primo Dojo a Tokio ed il suo stile prese il nome da lui, o meglio, dallo pseudonimo con cui il grande Maestro firmava le poesie: Shoto ovvero “Alberi nel Vento”, da cui deriva appunto il nome Shotokan dato al suo stile.

 

Le Arti Marziali vengono annoverate dalla stampa tra ì cosiddetti "sport minori". Orribile definizione che marchia alcune attività sportive come discipline di secondaria importanza, relegandole ai margini dell'informazione giornalistica che finisce col dedicare ad esse spazi sempre minori. Ecco, quindi, avvertire in maniera irresistibile la necessità dì dare voce a tutte quelle professionalità che dedicano parte della propria vita alle Arti Marziali, o alle varie discipline da combattimento e agli altri sport, insegnando e praticando anche agonisticamente,  quelle professionalità, dicevamo, che non trovano spazio sulla scena nazionale. Tutti quei maestri e atleti, cioè, che operano nella provincia italiana e su cui i riflettori dei media non puntano mai la loro attenzione. E allora, dopo averla pensata e ripensata, studiata e riflettuta, finalmente è nata: è Dojo Kun, la prima rivista calabrese di Arti Marziali e sport da combattimento.

Dojo Kun, è infatti, il primo giornale del settore che vede la luce in Calabría. Ma, ve lo confessiamo, siamo ambiziosi, nell'accezione più positíva del termine, e speriamo di varcare ben presto i nostri confini rendendo partecipi di questo progetto editoriale anche altre regioni del Paese. E se 1'adagio latino "audaces fortuna iuvat" ha un suo fondamento nella realtà, allora...

Dojo Kun nasce, però, anche con un altro intcnto dccisamente più profondo e, forse, anche più importante.Come si evince dalla testata, protagoniste indiscusse della nostra rivista, sono le Arti Marziali a cui, per quanto ovviamente ci sarà possibile fare e consci dei limiti che abbiamo, intendiamo ridare quel valore spirituale che molti, forse, stanno trascurando. Non v'è dubbio alcuno sull'efficacia di queste forme di combattimento come sistemi di difesa personale, ma "artista" è colui che, oltre ad imparare la tecnica (Waza), ha cura di coltivare innanzitutto lo spirito (Shín). Spirito, Tecnica e Corpo (Tai) devouo restare uniti. La loro perfetta unione crea l’azione giusta: così il M.° Taisen Deshimaru.

È a questo punto che si rivela fondamentale il dojo. Il nome dato alla nostra rivista, infatti, non nasce da una mera casualità. Esso è indicativo di ciò che ci siamo prefissi. Dojo in giapponese vuol dire "luogo del risveglio" e Kun signifíca "regola". Ecco, quindi, svelato 1'arcano. Nel dojo (per traslato in Occidente con lo stesso termine si indica la palestra), esistono norme, norme morali e dì comportamento, che è necessario conoscere prima ancora di apprendere la tecnica. Norme utili alla crescita spirituale di ogni "artista". Sono le regole che ci educano ad un giusto atteggiamento interiore, che va applicato alla vita di tutti i giorni, per dirla ancora con Deshimaru. Il dojo deve, dunque, essere 1'ambiente in cui Shin e Tai, in simbiosi, si rigenerano e si sviluppano originando così il vero "artista".Molto umilmente è ciò che cercheremo di fare anche attraverso le pagine del nostro giornale. Per concludere, con Dojo Kun ci assumiamo 1'onore e 1'onere di promuovere e divulgare. Di far conoscere un'arte propedeutica alla formazione dell'uomo e alla costruzione della propria identità. Perché, in fondo, questa è la finalità cardine delle Arti Marziali.