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Alla fine del mese di
agosto del 1993 i mass media annunciarono con grande risalto
che la sonda spaziale americana Mars Observer, giunta
proprio in quei giorni nei pressi di Marte, aveva improvvisamente
e inspiegabilmente interrotto i contatti con la propria
base sulla Terra (Pasadena, California). Ogni tentativo
di ripristinare la comunicazione si era rivelato inutile;
la sonda doveva considerarsi definitivamente perduta.
Mars Observer era costato 980 milioni di dollari ed avrebbe
dovuto mappare la superficie marziana,
grazie ad apparecchiature sofisticate, capaci di rilevare
fino ad un metro e mezzo di grandezza. Tutto ciò
in preparazione dello sbarco umano sul pianeta. Gli esperti
della Nasa dichiararono di non capacitarsi della improvvisa
interruzione di contatto. Qualcuno parlò di guasto
di un transistor di bordo, altri di esplosione, altri
ancora di collisione con un corpo siderale (meteorite).
Ma il fatto che fece più scalpore fu la presa di
posizione di alcuni autorevoli studiosi di Marte quali
per esempio Mark Carlotto (specialista in elaborazioni
fotografiche), Tom Van Flandem (astronomo della Yale University),
David Webb (membro della commissione spaziale presidenziale),
Richard Hoagland (Direttore del Mars Mission, associazione
di scienziati indipendenti).
Questi ed altri studiosi accusarono pubblicamente
la Nasa di aver sabotato la missione di proposito, o di
far finta che la missione fosse finita, allo scopo di
nascondere al grande pubblico quello che la sonda avrebbe
potuto rilevare sulla superficie del pianeta rosso. I
segni e delle vestigia di un'antica civiltà marziana,
già individuati nel 1976 dalle sonde Viking, e
cioè un'enorme faccia o sfinge scolpita nella roccia,
ed alcune piramidi. Nonostante la Nasa avesse a suo tempo
liquidato quei reperti come banali giochi di luci e ombra,
i predetti studiosi erano invece arrivati alla conclusione,
sulla base di accurate analisi e simulazioni computerizzate,
che i reperti stessi non fossero di origine naturale,
bensì artificiale. "Se l'Observer avesse confermato
ciò che da anni sosteniamo - ha detto Mark Carlotto
- e cioè che si tratta di monumenti artificiali,
la reazione dell'opinione pubblica avrebbe potuto risultare
imprevedibile. Ed è proprio questo che teme la
Nasa". Quando la sonda Viking 1 sorvolò in
lungo
e in largo il pianeta rosso nel 1976, riprese l'immagine
di una roccia che raffigurava un volto umano visto frontalmente.
Tale misura 2.5 km di lunghezza, 2 km di larghezza ed
è alta 400 metri. La foto venne scattata il 25
luglio 1976 nella regione di Cydonia Mensae, nella parte
settentrionale di Marte. La NASA rivelò l'immagine
definendola una "insolita struttura a forma di faccia"
e dichiarò di ritenerla frutto di un'illusione
ottica. Tuttavia, i primi esami computerizzati dell'immagine,
effettuati nel 1980, permisero di evidenziare la probabile
struttura dell'orbita relativa all'occhio visibile oltre
alla presenza della pupilla, della linea dei capelli,
del mento nonché dello zigomo destro.Di fronte
all'incalzare degli eventi la Nasa pensò di contrattaccare
e fu lo stesso direttore della missione Viking, il dottor
Gerald Soffen, che ebbe a dichiarare come il successivo
passaggio al di sopra di Cydonia, avvenuto "poche
ore dopo non aveva rivelato nulla". Pertanto la faccia
era una illusione. Alcuni ricercatori, fra cui gli italoamericani
Vincent Di Pietro e Gregor Molenaar, controllarono quelle
asserzioni appurando che l'area in questione era stata
sorvolata per la seconda volta dallo stesso Viking non
poche ore, bensì trentacinque giorni dopo il primo
passaggio. Si era dunque in presenza di una seconda fotografia,
nella quale si ripresentava l'immagine della stessa faccia
con gli stessi particolari. Risultavano presenti anche
tutte le strutture di contorno, prime fra le quali le
maestose piramidi. La più alta di queste raggiungeva
i 1600 metri.
L'esistenza di due fotografie rendeva ora difficile l'opera
demolitrice della Nasa. Tra l'altro, l'esistenza di due
immagini, riferite allo stesso oggetto, ripreso sotto
differenti condizioni di luce, dava la possibilità
di realizzare un modello tridimensionale computerizzato.
Inizialmente gli esperimenti vennero condotti dal dottor
Mark Carlotto, di origine veneta, il quale dichiarò
che l'oggettività delle immagini in questione risultava
confermata "in modo scientificamente ineccepibile
da una rigorosa analisi computerizzata". Nonostante
l'inutile tentativo di negare l'attendibilità delle
riprese fotografiche, la Nasa rilanciò la stessa
tesi in occasione del fallimento della missione Mars Observer
del 1993, mostrando due foto della stessa area nella seconda
delle quali l'immagine in causa non era più visibile.
Quanto esposto fin qui ci consente di ricavare i seguenti
dati di fatto:
a) Dall'epoca dei Viking in poi, vale a dire dal 1976,
tutte le missioni per Marte sono fallite.
b) I fallimenti sono stati ufficialmente imputati a guasti,
errori umani o collisioni con meteoriti.
c) Dopo i Viking, la NASA ha atteso ben 16 anni prima
di inviare una nuova sonda.
d) Su alcune foto del 1976 compaiono oggetti strani, quali
una roccia dall'aspetto umano e delle piramidi.
e) Non risulta che la NASA abbia compiuto studi e analisi
di queste foto.
f) Alcuni scienziati indipendenti hanno analizzato tali
foto, concludendo che potrebbero essere artificiali.
g) La sonda sovietica Phobos 2, prima di perdere i contatti
con la Terra nel 1989, ha trasmesso immagini di un'ombra
ellittica regolare e netta, proiettata sullo sfondo marziano.
h) Dapprima inspiegabile, tale ombra è stata ufficialmente
spiegata come un difetto della telecamera...
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