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Eccettuati gli abitanti di Cagliari, di Sassari e di qualche altro maggior centro i Sardi hanno potuto approfittare ben poco,e non tutta per colpa loro, del ''incivilimento moderno”. Della stessa origine dei Corsi, essi sono seri, gravi, inclini alla malinconia sicché il loro carattere contrasta con la vivacità, e il contrasto appare incominciando dalla foggia di vestire. La moda non è rimasta estranea del tutto all'isola, ma gli abiti tradizionali vi resistono, passando di generazione in generazione.
Sardi hanno poi conservato molti usi antichi, e particolarmente quelli relativi
ai più importanti avvenimenti della vita. Per dare un esempio: nelle loro
cerimonie funebri si trova una grande analogia
con le nenie delle prefiche romane. Quando uno muore, si pone
il suo corpo in mezzo alla camera, con il viso rivolto verso la porta.
Allora i parenti, gli amici spesso anche le donne pagate, vestiti dei loro abiti
da lutto tenendo in mano un
fazzoletto bianco,entrano nella stanza, nel più profondo silenzio, avendo aria
d'ignorare esse stesse la morte della persona che vengono a piangere. Tutto d'un
tratto gettano grida di sorpresa e di dolore, che sono seguiti da pianti da
singhiozzi e da gemiti: danno segni della più violenta disperazione.
Alcune
si strappano i capelli, altre si rotolano per terra, altre sembrano coi loro
gesti minacciare il cielo .Ben presto una calma momentanea succede a questa
dimostrazione di grande dolore: una donna di esse si alza come inspirata, il suo
viso si colorisce ed essa improvvisa versi di elogio ad onore del defunto
avendo cura di finire
ciascuna strofa con questi gridi " ahi ahi, ahi ", che le sue compagne
in coro coscienziosamente ripetono. E naturale che, dopo un buon pasto rimetta
loro il fiato perduto.
Magnifico, nelle sue varietà, il vestiario degli isolani: piuttosto serio, severo, quello dell'uomo ;
generalmente
vario, appariscente, pittoresco, di stoffa antica, quello della donna, adorno di
frange d'oro, di rabeschi, perle, aperto sul petto, che si mostra nudo quasi
sempre o appare adombrato da leggerissimi veli.
Le
donne portano busti o corsetti di sciamito o damasco, a colori smaglianti, a
rabeschi o ricami, spesso d'oro o d'argento, allacciati davanti con fettucce di
seta di vario colore, e sopra un farsetto corto, tagliato all'albanese, per lo
più scarlatto o cremisino, anch'esso a ricami, aperto davanti, che lascia
vedere la camicia, a minutissime pieghe, e il busto. Le maniche sono anche esse
aperte in parte davanti e di dietro, alla spagnolesca, e dagli sparati escono le
biancherie a rigonfiature; bottoni e bottoncini pendono da ogni parte, sui lembi
del farsetto e alle maniche, in fittissime file, o d'argento o dorati con fine
lavoro, attaccati a brevi catenelle.
ora
dietro,ora su una spalla, spesso davanti sulla fronte, a difendere in parte gli
occhi dai raggi solari, e allora prende la foggia di berretto frigio. Solo nel
territorio d'Oristano e su parte della costa occidentale, codesto berretto è
scarlatto o color caffè; qualcuno porta un cappello in forma di cono mozzo,
assai alto, a larga tesa, fatto di una specie di giunco o paglia, coperto di
tela cerata nera.
Tutti usano larghi calzoni di grossa tela greggia fino al ginocchio, e la gamba coperta d'uose, agganciate con molti bottoni. Il busto è coperto da un giubbetto spesso ricamato; le maniche strette; i bottoni grossi rotondi, d'argento o di metallo bianco, detto mas trucca, di solito fatto con pelle di daino o d'altri animali.
Sotto al giubbetto poi, una specie di gonnella come gli
Scozzesi o gli Albanesi, di solito di panno nero. Sopra tutta questa roba hanno
una gran casacca con cappuccio, che rialzano spesso sul capo e che chiamano
gabbanella. I fianchi hanno ricinti da una larga cintura di pelle nera, con una
cartucciera e un coltellaccio (dagu).Quando sono a cavallo, e i sardi lo sono
spesso, portano anche un fucile, con una canna assai lunga e lucida.
Anche
le donne vanno spesso a cavallo, ma si siedono in groppa dietro l'uomo. Questi,
oltre il fucile, tiene spesso con l'altro braccio, un bambino, mentre con la
stessa mano regge le redini; viaggiano così tutti insieme, con una sicurezza,
con una tranquillità completa, meglio che se fossero in carrozza.
Molto
varia l'acconciatura del capo: nella Gallura, nel monte Acuto e in altre
regioni, le donne usano, generalmente, tirare sul capo una seconda gonnella,
ricoprendo tutto così; gli uomini della provincia di Sassari tengono i capelli
corti; quelli della provincia di Cagliari, invece, li portano lunghi, o cadenti
sulle spalle o in vere trecce annodate fra loro e ripiegate sotto al berretto.
Sincero,
ospitale, incapace d'ingannare, il sardo non, vuol essere ingannato. Al
forestiero che arriva, tutti cedono l'unico letto, anzi molte volte l'unico
letto non si adopera, ma si lascia incolume all'ignoto ospite, di là da venire.
Onestissima la donna, nella sua semplicità primitiva, franca e senza sospetti;
offesa, sia pure con uno sguardo o una parola, ricusa la sua opera e più non
offre il pane dell'amicizia. L'uomo poi non pronuncia tanti discorsi, né si
logora il cervello colle leggi e coi codici. Appena il traditore ha posto i
piedi fuori della soglia, un colpo d'arma da fuoco, una pugnalata
e giustizia e fatta. Nessuno si meraviglia, e nessuno accusa. E cosa
provata che i processi in Sardegna, massime e penali, vanno innanzi a stento,
per mancanza di prove. Tutti ricusano la testimonianza, sinonimo di delazione;
costretti, rispondono invariabilmente: " Non so!".
Vivendo,
per lo più, una vita tutt'altro che lieta, il sardo ha nondimeno il cuore
esuberante di poesia, a incominciare dal modo col quale, generalmente, si
intrattiene in una relazione amorosa. Quando questa sia ristretta nei limiti
dell'idealità, si fa all'amore, anzitutto, dai balconi, e all'uopo quasi vi è
casa che abbia balcone ad ogni
finestra. Quella che ne mancasse sarebbe dalle brune fanciulle guardate come una
casa diseredata, e nessuna ci vorrebbe stare. Si fa all'amore di pieno giorno,
nelle pubbliche vie; si fa di sera, di notte, quando più acuta è la brezza
marina, quando il silenzio è solo interrotto dal roco fischio di un bastimento
che arriva. Ma l'innamorata coppia è abilitata alla brezza, e non si scuote a
quel saluto, che viene dai lontani oceani. Ravvolta in veli leggieri, la donna
sta languidamente appoggiata alla ringhiera e guarda in giù; il giovane sta
ritto nella strada e guarda in su. Eppoi si parlano, i più felici si toccano,
gli infelici sì guardano soltanto: questa felicità è relativa al piano delle
case.Nessuno apre bocca: questi amori sono puri e rispettati.Quando cade un
fiore, le imposte si chiudono e il convegno è finito. All'amore, poi, si
associa la poesia popolare, che è molto coltivata e dà per lo più, canti
ispirati da una melanconica severità. A questa, corrisponde poi la natura del
linguaggio (in buona parte della provincia di Sassari, e nelle isolette
circostanti è il dialetto, quasi toscano, dei Corsi, nel resto il sardo
propriamente detto), che ha conservato molte forme e molte parole latine
scomparse dagli altri vernacoli italiani.
Dimorando
per qualche giorno in un villaggio sardo, è facile arrivarvi un povero cieco, o
un povero sfiancato con un pacco di carte a tracolla, con un organetto tra le
braccia, condotto a mano da un fanciullo, o da una donna, il quale si mette in
un cantuccio di piazza o di via e canta le canzoni di cui egli è sempre
l'autore.E' l'Aedo, l'Omero, che va di paese in paese e vende le proprie canzoni
dopo averle cantate alla gente che fa crocchio.Di solito questi canti sono meste
e tragiche storie d'amore, o argute o glorificazioni di banditi e qualche volta
anche racconti di storie patria
Interessanti
anche gli improvvisatori, e ve ne sono in ogni villaggio; costoro, in occasione
di feste campestri, si radunano sotto la tenda del milese a bere la vernaccia e,
tra la religiosa attenzione del pubblico, cantano a volta a volta un'ottava.Il
canto alterno è una vera tenzone poetica, nella quale i cantori s'ingiuriano
spesso e atrocemente. Il merito maggiore consiste nel sapersi dire le cose più
sconce con facilità e bellezza di rima; mentre un coro, alla fine dell'ottava,
in tono basso, fa "booooh"!
Come
i Toscani, hanno gli stornelli, i Friulani, le villotte, i Siciliani, i ciuri'
mutteti, etc., i Sardi hanno i mutos, di svariatissima forma metrica: sono
componimenti brevi, composti di due parti; la prima detta "isterrimenta",
serve soltanto a dare il "la" di ciò che il poeta vuol dire
nell'altra parte della breve poesia, detta "ammuntadolzu". Ecco un
esempio:
Deris
sa turturellas
apo
intesu cantare
in
s' albure 'e s'olia.
la
deven saludare
a
sa columba mia
su
mare e sas istellas
Questi
versi si cantano alternati in questo modo:
Deris
sas turtullellas.
La
deven saludare
a
s 'amorada mia
su
mare e sas istellas
Apo
intesu cantare:
A
s 'amorada mia
su
mare e sas istellas
la
deven saludare.
In
s'albure 'e s'olia.
Su
mare e sas istellas
la
deve saludare
a
s' amorada mia.
I
"mutos" nascono spontanei e fioriscono rigogliosi finche perdurano il
sentimento e le cause che li hanno originati, che poi cadono e si trasformano in
una perpetua vicenda, in un perpetuo alternarsi tumultuoso e vario come il
fiotto delle passioni popolari. Poesie che scattano improvvise dall'animo, esse
potrebbero dirsi delle fotografie istantanee che ci mostrano la schietta vita
popolare nei suoi molteplici aspetti, e come tali sono preziose e hanno valore
di documenti demografico-storici.