Le forze in campo
1° Episodio: Eroi
Dimenticati: Marco Janni
2° “ La morte del Ten. Glauco Frenguelli
4° “
L'operazione " Wintergewitter"
5°____”___L’uccisione
del S.Ten. Broggi
9°
“ Il maresciallo sbaglia
strada
10°
“ Il saccheggio del
magazzino todt di Isola Santa
11°
“ La vera storia del Tenente pilota Lyth
13°
“ L’incubo dei bombardamenti aerei
16° “ Il bombardamento dell’Ospedale Militare
Le forze in Campo
1943
Al momento della costituzione della R.S.I. in Garfagnana c’erano soltanto le caserme dei carabinieri che, quasi tutti, rimasero ai loro posti. Con la costituzione della G.N.R. (Decr.8.12.43-XXII n. 913 (Costituzione) e Decr.Legisl. 18.12.43-XXII n.921 (Ordinamento e funzionamento), anche i carabinieri entrarono a farne parte e ancora, in Garfagnana, quasi tutti rimasero ai loro posti.
Presidi tedeschi
in Garfagnana non risulta ce ne fossero, se si
eccettuano i militari che sorvegliavano i lavori dell’Organiz-
zazione TODT spesso gestiti da imprese italiane.
Operazioni di
polizia venivano però svolte dai tedeschi che erano stanziati a Lucca. Tali
operazioni erano volte, soprattutto, a scoraggiare il fenomeno della renitenza
e, soprattutto, le attività di sostegno ai prigionieri di guerra inglesi e
americani che erano fuggiti dal Campo di concentramento di Fossoli
(MO) e che si erano rifugiati sui monti. Il 19 dicembre, ad esempio, fu
arrestato il prete di Tiglio, Don Sabatini, e il 23 Don Sessi di Sillico,
entrambi con l’accusa di aiutare i prigionieri di guerra fuggiti.
Dan Fausto
Cecchini di Capricchia sfuggì all’arresto
nascondendosi e, dopo un po’, anche gli altri due vennero rilasciati.
1944
Fin dai primi mesi dell’anno alle caserme dei carabinieri (che avevano mantenuto le loro divise) si aggiunsero piccoli presidi di G.N.R. costituiti da volontari spesso del luogo. Questi vestivano in grigioverde.
Oltre a ciò
cominciarono a farsi frequenti gli interventi di reparti tedeschi e di reparti
della X° Flottiglia MAS che risalivano da La Spezia
(Maggio 1944).
Dopo il 4 giugno, caduta di Roma, i lavori di fortificazione sulla linea Gotica si fecero, anche in Garfagnana, più intensi e i tedeschi, dopo le prime azioni di sabotaggio partigiane, cominciarono a presidiare varie località della Garfagnana e ad effettuare frequenti azioni offensive contro i partigiani. Alcuni esempi: Il 1° giugno un reparto tedesco subisce un attacco mentre si stava recando verso Fabbriche di Vallico, un piccolo paese dal quale si raggiunge un passo che mette in comunicazione con la Versilia e che, evidentemente, i tedeschi si preoccupavano di presidiare. Il 10 giugno effettuano un rastrellamento a Mezzana in comune di Careggine. Il 20 i partigiani tendono un agguato a una camionetta della TODT e i tedeschi, che erano a Castelnuovo, attuano un fulmineo rastrellamento che non finisce in tragedia per l’intervento del Commissario Prefettizio Micotti di Camporgiano che convince i tedeschi dell’estraneità di quelle persone. Il 23 giugno un reparto delle SS sventava un tentativo di sabotaggio al ponte di Petrognano uccidendo un partigiano e ferendone un altro. Il 28 i tedeschi sferrano un attacco in forze contro i partigiani di Foce di Careggine che resistono un po’ poi si disperdono. Nello stesso periodo e fino all’autunno, infine, in una selva di castagni presso, Camporgiano funzionò un grosso autoparco dove si riparavano e si tenevano in efficienza mezzi di trasporto di ogni tipo.
Nel luglio la presenza tedesca si fece ancor
più massiccia. Esistevano presidi a Varliano, a Minucciano, Gambarotta, Col di
Favilla, Careggine, Camporgiano,
Poggio, Filicaia,Castiglione...
E dure azioni repressive furono condotte, il
13 luglio, contro i partigiani del “Valanga”.
Intanto il 18 agosto il Generale Frido Von Senger und Etterling pone il Comando del XIV Corpo d’Armata (al quale,
evidentemente, appartenevano tutte le truppe tedesche di cui abbiamo parlato
fin qui) a Villa Collemandina in Garfagnana.
Egli controllava tutto il settore fra gli appennini e
il mare.
Dalla fine di giugno, inoltre, è attiva ed
operante la 36° Brigata Nera “Mussolini”, costituitasi, prima in assoluto,
sotto l’impulso di Pavolini, avendo per comandante Idreno Utimperghe. Essa, in
settembre, si ritirerà in Garfagnana, prima di trasferirsi
a Nord.
Il 4 settembre gli americani sono a Lucca e i
tedeschi si ritirano piano piano, per assestarsi
sulla linea Gotica che dividerà a metà la Garfagnana.
Essi hanno bisogno di bonificare il terreno alle loro spalle per cui, dopo una
riunione a Barga presieduta dal Generale Kesserling, cui parteciparono anche Senger
e Crisalli, in cui, presumibilmente, si studiarono le
necessarie strategie, il 15 settembre fu operato un grande rastrellamento in
tutta la Garfagnana che portò alla cattura di 170
uomini.
Finalmente il 28 settembre si delinea la
linea di resistenza: Il II Btg del 25° Rgt della 42° Divisione Jager si
ritira a Castelnuovo lasciando un reparto a Fosciandora a difesa della sponda sinistra del Serchio, il I Btg si dispiega dall’Alta Versilia alle Panie e giù fino a Vergemoli, mentre reparti
della 40° Divisione si schierano da Vergemoli
fin a cavallo del fiume Serchio.
Il fronte è predisposto e si attendono gli
alleati che stanno risalendo la valle con esasperante prudenza.
E Von Senger il 29
lascia Villa Collemandina e trasferisce il comando ad
Albinea in provincia di Modena.
In ottobre il fronte si stabilizza nei luoghi
detti senza che accadano fatti di rilievo. Le truppe che fronteggiano i tedeschi appartengono al F.E.B., Corpo di spedizione brasiliano.
Intanto le divisioni della R.S.I. addestrate
in Germania hanno fatto ritorno in Italia e si decide di mandare alcuni reparti
a dare il cambio ai tedeschi della 42° Divisione sul fronte della Garfagnana.
A fine ottobre le truppe italiane della R.S.I.
arrivano. Sono:
Della DIVISIONE ALPINA
“MONTEROSA”:
Il Comando di Divisione, il
Comando del 1° Rgt, il Btg
INTRA, il Btg
BRESCIA con, aggregata, la 1° Cmp del Btg AOSTA, il Comando Rgt
Artiglieria con i gruppi Mantova e Bergamo, il Gruppo Esploratori “Cadelo”, il Btg Pionieri, il Btg Collegamenti, l’intendenza, la Sanità, la Cmp controcarro divisionale. (1)
Della Divisione di Marina “SAN MARCO:
Il 2° Btg (Battaglione Uccelli)
del 6° Rgt.
Queste forze, fra il 26 e il 28 ottobre prendono posizione sul fronte:
Sulla sinistra del Serchio
si attesta, dal fiume fin oltre Treppignana, la 1° Cmp del Btg AOSTA, che è in
contatto, sulla sua sinistra, con 2 Btg tedeschi del
235° Rgt (poi sostituiti da due Btg
del 285° Rgt), che controllano la linea fin sugli
Appennini, avendo, ancora alla loro sinistra, la 232° Divisione tedesca che
arriva fino a Sestola.
Sulla destra del Serchio
sono tutti italiani:
Dal fiume fino a Campo regge il fronte il Btg BRESCIA, che ha il comando a Palleroso,
da Campo a Grottorotondo c’è il Btg. Uccelli della
SAN MARCO, e da qui al Monte Altissimo, sulle Apuane, c’è il Btg.INTRA che, alla sua destra, ha la 148° Divisione
tedesca che regge il fronte fino al mare.
Nel mese di novembre,
poi, il fronte verrà rinforzato con l’inserimento, fra il 2° Btg. Della SAN
MARCO e il Btg. INTRA, il Gruppo Esploratori “CADELO” che, impiegato per
respingere un attacco americano, dalla metà di novembre rimarrà sul fronte fino
all’arrivo della Divisione ITALIA. Quest’ultima invierà alcuni reparti già il
19 dicembre (pare che alla Wintergewitter, la famosa
battaglia di Natale, abbiano partecipato anche piccoli reparti della Divisione
ITALIA).
1945
Ed ora arrivano in
forze anche i Bersaglieri della Divisione ITALIA. Il 31 gennaio arriva il III Btg del Cap. Bruniati e da il
cambio al “Cadelo” fra Sassi. Eglio
e la Pania Secca.
Il 1° febbraio
giungono:
Il 2° Btg del 1° Rgt (Cmp dalla 6° alla 10°) del Cap.Lucchesi Palli che da il cambio al 285° tedesco da Treppignana in su, verso l’Appennino. (2)
Il 1° Btg (Cmp
dalla 1° alla 5°) che da il cambio al Btg. BRESCIA.
Il comando di Reggimento col Col.
Zelli che sostituisce il Col. Pasquali a Torrite.
Il Btg Pionieri, il Btg Collegamenti, la Cmp
divisionale contro-carro e i servizi.
E il 15 febbraio
giungono ancora:
Il 2° Gruppo artiglieria ippotrainato che da il cambio al
Gruppo MANTOVA della MONTEROSA.
Il 1° Btg del 2° Rgt, del Cap. Ferrario, che ha
per motto “Non ho tradito”.
Il 2° Btg del 2° Rgt, che
indossa la camicia nera ed ha per motto “Non mai secondo per virtù e valore”.
E così, a fine febbraio, se ne va anche il Btg. “Uccelli”
della SAN MARCO.
E fino alla fine
non ci saranno altri avvicendamenti.
NOTE:
(1) Avrebbe dovuto esserci anche il Btg VESTONE che, però, si era dissolto al rientro dalla Germania.
(2) Tuttavia anche in seguito ci saranno i tedeschi del 266° Btg.
1° EPISODIO
EROI DIMENTICATI : MARCO JANNI
Erano gli ultimi giorni di guerra , i tiepidi
giorni primaverili dell’aprile 1945, e per le valli della Garfagnana
echeggiava una canzone. Era la canzone dei bersaglieri, che evocava luoghi,
episodi e camerati caduti di quella durissima guerra.
Si intitolava “Castelletto”, a ricordo di un
famoso avamposto che, insieme a Ca’ di Matteo, rappresentava, in quei giorni, il
punto più avanzato dello schieramento della Divisione “Italia” della R.S.I.
Castelletto e Ca’ di Matteo ( detta anche Ca’
de Mattei) erano posti lungo il costone che dal crinale di Monte Perpoli degrada verso Gallicano e il fondo valle, ed erano
molto esposti, non avendo ripari di montagne o colline fra loro e il nemico.
Qui era facile morire e, infatti, qui molti morirono.
E la canzone parlava anche di loro.
Una strofa diceva:
Marco Janni,
Marco Janni
Volontario prode e fiero,
Immolasti la tua vita
Per la Patria e per l’onor
Dei bersaglier
Chi era Marco Janni,
per meritare una citazione così onorevole nella canzone dei bersaglieri ?
Era, anzitutto, un giovanissimo volontario,
che aveva lasciato la casa e la famiglia per correre in aiuto di quella Patria
che sentiva minacciata da eserciti stranieri.
Era nato al Alassio, in provincia di Savona,
il 16 giugno 1926. Suo padre l’architetto Marco, era uno stimato professionista
ed egli , unico figlio, era uno studente di liceo poco più che adolescente
quando, animato da un forte spirito patriottico, si arruolò volontario
nell’esercito della R.S.I.
Probabilmente si era arruolato in un reparto
di “Fiamme bianche” , i giovanissimi volontari delle classi 1926,1927,1928 e
quasi certamente non sarebbe stato inviato in prima linea. Ma egli non voleva
combattere contro altri italiani per cui, temendo di essere impiegato in azioni
anti-partigiane, chiese insistentemente di essere inviato al fronte. Lo ottenne
e venne trasferito alla Divisione “ITALIA”.
Liberato Iannantuoni,
un sergente suo amico, che era con lui al momento della sua morte, dice che Janni gli confidò : ” Io mi sono arruolato volontario per
combattere il nemico che calpesta il nostro suolo, non per fare la guerra
fratricida. Non odio i partigiani, né voglio imporre loro la mia idea. Essi
sono italiani come noi e se non fossero stati traviati dai rinnegati e
traditori, sarebbero qui con noi a combattere per la salvezza di questa nostra
infelice e martoriata patria”.
Il suo comportamento in combattimento fu tale
che lo impose subito all’attenzione dei suoi camerati. Era un buon ragazzo,
affabile e gentile, amico di tutti e da tutti ammirato per il suo coraggio. Le
azioni più rischiose lo vedevano volontario. Generoso fino al sacrificio, si
offriva spesso di sostituire i commilitoni che dovevano affrontare compiti
pericolosi.
Iannantuoni lo
descrive così: “Studente, di squisiti sentimenti umanitari e patriottici,
cattolico convinto, volenteroso, d’una bontà ammirevole e coraggioso fino alla
temerarietà.” (1)
E infatti, non pago di essere sul fronte di
guerra, chiese e ottenne di essere costantemente utilizzato negli avamposti,
ove il contatto col nemico era più diretto.
Profondamente consapevole del suo compito di
soldato d’Italia, era orgoglioso di essere un combattente e, col suo animo
entusiasta, scriveva ingenue poesie da adolescente con titoli come IL MARINAIO,
LA BAIONETTA, SALVA L’ITALIA…., nelle quali esprimeva
tutto il suo amor di Patria e il suo dolore per quella che, poi, avremmo
chiamato “la morte della Patria”:
………………….
Ha udito il fievole lamento
Della Patria che in sé molto soffriva
E’ corso veloce come il vento
Pensando ch’Ella muore.
……………………
Il primo giorno d’aprile era Pasqua e Marco Janni , come sempre, si trovava in un avamposto molto
avanzato, Ca’ di Matteo, con il compito di sorvegliare le mosse del nemico e
con l’ordine di difendere la postazione ad ogni costo.
Quel giorno di Pasqua trascorse serenamente
malgrado il continuo cannoneggiamento degli americani contro la postazione di
Ca’ di Matteo, particolarmente esposta. I soldati ebbero un buon rancio,
sigarette e viveri di conforto. Dice Iannantuoni che
avevano ricevuto recenti notizie da casa e, questo, contribuiva a rasserenarli.
(2)
Ma il giorno dopo, due aprile, il lunedì in albis, il fuoco americano si intensificò: fitto
cannoneggiamento e scariche di mitragliatici pesanti martellavano le nostre
postazioni e i nostri bersaglieri si riparavano alla meglio dentro le trincee
che, a Ca’ di Matteo, erano state scavate in una vigna.
Ed è sempre Iannantuoni
che racconta quei momenti e dice che, a un certo punto, Janni
gli fece promettere che, se gli fosse capitato di morire, lui, il più caro
amico, avrebbe subito avvertito i suoi genitori e lo avrebbe ricordato nelle
sue preghiere. Iannantuoni
promise ma lo invitò con asprezza a non avere certi pensieri. E aggiunse che,
in fondo, la mala sorte avrebbe potuto capitare a lui. Al che Janni insorse dicendo:
“ Non sia mai ! Il Signore
non lo permetterà. Tu hai moglie e figli !”.
E, subito dopo il rancio di mezzogiorno, fu
lui che si assunse il compito di vigilare sulle mosse del nemico, forse
accollandosi il compito del camerata Iannantuoni che,
ritiratosi “nel cantuccio più remoto della trincea”, scriveva una lettera.
Verso le due del pomeriggio l’infernale
pioggia di granate continuava senza sosta, mentre Marco Janni,
ligio al dovere e ardimentoso come sempre, sorvegliava attentamente le mosse
del nemico dalla posizione più esposta, rintuzzando efficacemente col suo
fucile mitragliatore i tentativi di attacco.
Fu quella l’ora segnata dal destino. Una
granata, sibilando sinistramente, si schiantò sulla trincea, proprio nel punto
dove si trovava Marco Janni, “riducendolo un ammasso
informe di carni fumanti”.
La notizia della sua morte si diffuse
rapidamente e impressionò profondamente. Iannantuoni
parlò della conversazione avuta al mattino col giovane e parve che si fosse
trattato di una premonizione.
Era conclusa la sua avventura terrena, ma
stava nascendo la sua leggenda. Di lui si parlava come di un giovane eroe, e si
raccontavano le sue gesta e il suo coraggio.
Di lui si parlò nelle canzoni e ci fu
l’immediato conferimento sul campo della Medaglia d’Oro al Valor Militare alla
memoria con questa motivazione:
REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA
MINISTERO DELLA GUERRA – COMANDO
DELLE FF.AA.-
DIVISIONE “ITALIA”
M O T I V A Z I O N E
DELLA MEDAGLIA D’ORO AL
VALOR MILITARE CONCESSA SUL CAMPO ALLA MEMORIA AL BERSAGLIERE MARCO JANNI.
Volontario di guerra, giovanissimo, dopo ripetute
domande ottenne di essere inviato in prima linea per la difesa del patrio
suolo. Intrepido, temerario, cosciente, trascinatore con l’esempio, già
distintosi in precedenti azioni di guerra, sempre primo a correre dove la
battaglia si svolgeva più cruenta. Ferito
da
schegge di mortaio, rifiutava recisamente di abbandonare la postazione. Rimasto
a difendere un’importante posizione durante un violento attacco nemico, con
perizia pari ad indomito valore, conteneva l’avversario superiore di numero e
di mezzi, seminando strage nelle file nemiche col fuoco ben diretto della
propria arma. Colpito mortalmente da granata nemica che stroncava la sua
ardente giovinezza, spirava col grido d’Italia sul labbro.
Esempio luminoso e fulgido di alte virtù
militari, indomito coraggio, sublime amor di Patria.
Valle del Serchio – Ca’ de Mattei 2 aprile 1945
Per IL MARESCIALLO D’ITALIA
R.Graziani
Firmato IL GENERALE DELLA DIVISIONE
M.Carloni
Sulla Medaglia d’
Oro, fra due fronde di alloro, compare
la scritta:
BERSAGLIERE MARCO JANNI – VALLE DEL
SERCHIO 2.4.45
Erano gli ultimi giorni di guerra, ma,
evidentemente, il Generale Carloni non volle che il
sacrificio del giovane bersagliere rimanesse senza un adeguato riconoscimento.
E la medaglia d’oro con la motivazione del conferimento fu consegnata in tempi
brevissimi al genitori dell’eroe.
Attualmente medaglia e motivazione sono
gelosamente custoditi dalla Signora Raffaella Marco, cugina in secondo grado di
Janni.
I suoi resti furono tumulati nel piccolo
cimitero di Montatissimo, ma non trovarono qui il riposo definitivo.
A fine guerra, infatti, tutti i caduti del
fronte della Garfagnana furono raccolti nel cimitero
di guerra di Pontardeto e anche i resti di Marco Janni furono portati in quel cimitero. Sulla sua tomba,
davanti alla austera croce di legno, fu posta una lapide che diceva:
AL DISOPRA DEGLI ODI E DELLE VENDETTE
STRAZIANTI IL CORPO DELLA
PATRIA
MARCO JANNI
MEDAGLIA D'ORO
FIAMMA ARDENTE D'AMORE E
GIOVINEZZA
SI SPENSE SULL'ARA DELLA
PATRIA IN ARMI
IL SUO PIUMETTO RIMANE SUL
BALUARDO
DELL'ULTIMA BATTAGLIA E DICE
AI VIVI
LA PATRIA NON MUORE MAI
Alassio (Genova) 1926 - Val di Serchio 1945
E quella tomba fu meta di pellegrinaggi non solo di
ex commilitoni, ma anche di gente del luogo. Anche Don Palmiro Pinagli, autore di quell’interessante diario dei giorni di
guerra, la visitò e ne rimase profondamente colpito, tanto che, a conclusione
del suo diario, ritenne di trascrivere integralmente questa bella epigrafe.
Ma la storia
di Marco Janni non era ancora conclusa. Nel 1965,
infatti, tutte le salme del cimitero di Pontardeto
furono traslate al Cimitero Lupi di Livorno, in una apposita sezione. E
nell’elenco delle salme traslate figura anche il nome di Marco Janni.
Se non che,
dopo quasi venti anni, nel 1994, alcuni operai che rimuovevano della terra nel
luogo che ospitò il cimitero di Pontardeto,
rinvennero delle ossa umane insieme ai frammenti della lapide di marmo di Marco
Janni.
Il sindaco
di Pieve Fosciana, uomo di destra sensibile e
scrupoloso, ordinò che i resti, presumibilmente una parte del corpo del
bersagliere Marco Janni, venissero tumulati nel
cimitero di Pieve Fosciana, il che accadde il
13.11.1994 con una solenne cerimonia cui parteciparono anche ex combattenti
della R.S.I.
Sulla tomba
il sindaco Tognarelli fece apporre, sfidando
l’incredibile indignazione dell’Istituto storico della resistenza, la seguente lapide:
QUI RIPOSANO
I RESTI MORTALI DEL
SOLDATO
presunto MARCO JANNI
N.16.6.1926 M. 2.4.1945
M.O.V.M.
BERSAGLIERE
DIVISIONE ITALIA
RIESUMATO DAL
CIMITERO
DI GUERRA DI PONTARDETO
IL RICORDO DI TUTTI I CADUTI
CI
STIMOLI OGNI GIORNO
A LAVORARE PER LA
PACE
13-11-1994
L'Amm.Comunale
E così il
giovanissimo bersagliere Marco Janni ha ora due tombe
che lo ricordano e riposa, presumibilmente, per metà a Livorno e per metà a
Pieve Fosciana, nel bel mezzo della Garfagnana.
Qualcuno trova che questo sia un particolare
un po’ macabro e che le vicissitudini di questi poveri resti siano una triste
storia.
Io trovo, invece, che questa sia una bella e
degna conclusione della leggenda di Marco Janni.
Egli, che aveva avuto la premonizione della sua morte, ha voluto che una parte
del suo corpo rimanesse a riposare in quella terra di Garfagnana
che aveva visto il suo eroismo e aveva bevuto il sangue della sua ardente
giovinezza..
E questa terra di Garfagnana ne sarà
orgogliosa e gelosa custode.
NOTE:
(1) Tutte
le citazioni fra virgolette sono tratte dal libro di Liberato Iannantuoni CAMPI SPINATI – Dal fronte della Garfagnana ai reticolati in quel di Pisa – Edito in Belgio
.
(2) Vedi
nella sezione DOCUMENTI la lettera che Janni scrisse
al padre proprio il giorno di Pasqua, cioè il giorno prima della sua morte.
(3) Questo
articolo è stato pubblicato, con qualche taglio, su ACTA, il bollettino
dell’Istituto Storico della R.S.I. nel numero 2 del Maggio-Luglio 2000.
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2°
EPISODIO
LA MORTE DEL TENENTE FRENGUELLI
Le truppe italiane avevano appena preso
posizione sul fronte (fra il 26 e il 28 ottobre). Ed ecco che subito il giorno
28 una pattuglia brasiliana riesce a catturare due alpini nella zona di Treppignana (1) e i brasiliani hanno l'impressione di avere
davanti soldati senza esperienza di combattimento, nuovi dell'ambiente e
alquanto disorientati. Così il Gen. Zenobio della 1ª
Divisione chiede al Gen. Crittemberg l'autorizzazione
a tentare un attacco. Quest'ultimo chiede
al Gen. Mascarenhas il quale, dopo molte
esitazioni e senza entusiasmo, la concede. In realtà i brasiliani erano alla
ricerca di un successo che tonificasse il morale delle truppe e desse
soddisfazione ai comandanti.
E, all'alba del 29, scatta l'attacco. E’ il
Btg. del maggiore Gross che lo conduce. Piove. Il 1ª
plotone della 1ª Compagnia dell'Aosta, schierato dal fiume a Treppignana regge bene, ma alla sua sinistra il 2ª plotone,
il cui comandante è morto poco prima su una mina, cede. Ancora più a sinistra,
poi, il 3ª plotone, che è incompleto, viene aggirato e si arrende. La
situazione si fa molto pericolosa. La profondità delle nostre linee, infatti, è
modesta e, una volta penetrati, i brasiliani non troverebbero resistenza fino a
Castelnuovo, che è il loro obiettivo. Sul costone ci
sono i nostri mitraglieri rimasti senza ordini, che non sanno che fare.
Il Ten. Glauco Frenguelli
si rende conto della gravità della situazione e, con estrema tempestività,
raccoglie tutti gli uomini della squadra comando (cucinieri compresi) e accorre
sul costone per prendere il controllo del plotone mitraglieri. Impartisce
ordini concitati, poi, nel tentativo di trascinare con l’esempio, afferrata una mitraglia, fa fuoco
disperatamente contro i brasiliani che sono vicinissimi. Ma una granata lo
coglie in pieno e muore eroicamente abbracciato alla sua arma. Sarà insignito
di Medaglia d’Argento al Valor Militare.
Il 1ª plotone continua a resistere, come i due
Btg. del 232ª tedesco, più in alto, ma nella breccia aperta i brasiliani si
incuneano e marciano verso Fosciandora.
Cadono Le Lame e Pian del Rio presso Treppignana.
Accorre il comandante del Brescia con un plotone
e, balzando qua e là contiene alla meglio l'avanzata del nemico (rimase tre
giorni senza dormire. A questo punto il colonnello Shirowski
(che
comanda tutto il settore in attesa che Carloni
ne assuma il comando) richiama il Btg della 42ª
Divisione appena sostituito e che, fortunatamente, si trova ancora a Castelnuovo, e l'avanzata dei brasiliani viene fermata. Nel
pomeriggio, poi, il Gen. Carloni, il Gen. Jost e il Col. Shirowski preparano
il contrattacco. Il Brescia e un Btg del 232ª
attaccheranno alla base del saliente mentre il Btg
della 42ª appena richiamato e gli alpini della compagnia dell'Aosta attaccano
frontalmente. Il 30 parte il contrattacco che ha pieno successo e riporta le nostre
truppe sulle posizioni di prima. Il Gen. Clark parla di "duri colpi"
assestati ai brasiliani (che pochi giorni dopo vedremo, verranno sostituiti).
In effetti ebbero 13 morti (fra cui il Ten.
Jose` Maria Pinto Duarte),
87 feriti e 7 dispersi.(2) Ma anche la
compagnia dell'Aosta, fra morti, feriti e prigionieri perse una ottantina di
uomini.
NOTE:
1)
Si trattava del S.Ten Capovilla e del
maresciallo Zamolo della 13° Cmp
del Btg INTRA, mandati a dare man forte alla 1° Cmp del Btg. AOSTA. Capovilla,
poi, riuscirà a fuggire.
2)
Padre D’Amato, che si trovava nel convento di Migliano,
parla anche di 16 brasiliani prigionieri.
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Il marò e le bombe
Il
mese di novembre è un mese caldo: gli attacchi si susseguono a breve distanza
l'uno dall'altro. Già il 4 i "Buffalo" tentano un attacco che viene
agevolmente respinto. Una decina di giorni di calma, poi un altro attacco più
consistente nella zona fra Grottorotondo e il
paese
di Montaltissimo. Dopo una forte preparazione con artiglieria
e bombardamenti aerei, al mattino del 16 scatta l'attacco dei
"Buffalo"(il giorno prima il 370ª Rgt aveva
avuto di rinforzo il III Btg.
del 371ª) contro i reparti del San Marco e del Cadelo,
attaccati anche alle spalle da partigiani il solito successo iniziale e,
sopraffatti i difensori fra Grottorotondo e Brucciano, puntano su Eglio e
Sassi. Poi c'e` la sosta notturna. E all'alba del 17 l'attacco riprende. Ma le
riserve locali riescono a contenerla. I pionieri del San Marco,guidati dal loro
comandante costringono l'avversario a retrocedere con un assalto alla baionetta
(uno dei rarissimi episodi del genere in tutta la guerra). Anche quota 913 (o,
forse,619) dove è un osservatorio d'artiglieria del San Marco,resiste
tenacemente. Oltre ai marò ci sono due squadre del 2ª Squadrone dei bersaglieri
del Cadelo ed elementi della compagnia controcarro
reggimentale. Da due giorni sono sotto il fuoco dei mortai ed hanno subito
gravi perdite.Verso sera sono allo stremo. I Buffalo
sono ormai vicinissimi e le bombe a mano sono finite. All'ultimo momento si
vede un marò (1) che arranca per la salita balzando qua e là fra le cannonate.
Ha un sacco in spalla. Arriva in postazione esausto e apre il sacco. Sono bombe
a mano O.T.O., non molto potenti ma sufficienti a far
desisterei Buffalo che stavano per tentare l'assalto decisivo. Le perdite sono
gravi (le due squadre del Cadelo sono ridotte a pochi
uomini) ma la posizione è salva.
Purtroppo non è noto il nome del marò che, con il suo tascapane di bombe a mano, consentì di respingere
l'assalto.
NOTE: (1) Si chiamava ALLEGRETTI e fu ferito gravemente alle gambe tanto che gli furono amputate
L'operazione " Wintergewitter"
Esattamente cinque
giorni dopo l'inaspettata visita al Btg INTRA sul
fronte del Maresciallo Graziani e del Generale Carloni
scatterà l'operazione "Wintergewitter",
meglio nota come "Battaglia di Natale", diretta dal generale Fretter Pico.
Il giorno 4 novembre
1944 a Foce di Careggine viene ucciso il S.Ten.
Paolo Carlo Broggi della 13ª Cpg
del Btg. INTRA della Divisione Alpina MONTEROSA.
NUOVE NOTIZIE : Il
recente reperimento di nuovi documenti porta nuove informazioni sul fatto qui
descritto. Si tratta di due lettere - o, forse, due parti della stessa lettera
- scritte dalla madre del Ten. Broggi, Rosa Broggi. Essa, che amava appassionatamente questo figlio, e
ne condivideva l'ardente amor di Patria, fu sconvolta dalla sua morte. Venne in
Garfagnana mentre infuriava la guerra e, incurante
del pericolo che lei stessa stava correndo, andò in mezzo ai partigiani per
avere notizie sulla sorte del figlio (riuscì a recuperare la salma) e per
smentire con appassionata energia le accuse con le quali si cercava di
giustificare l'uccisione del figlio stesso. E anche dopo la fine della guerra
continuò questa sua crociata, cercando di parlare con i partigiani che le
avevano ucciso il figlio e chiedendo a loro stessi di aiutarla a smentire
quelle accuse (di rastrellamenti e sevizie certamente mai accaduti: il 30
ottobre, quando Broggi fu catturato, era in Garfagnana da solo due giorni). Questi documenti sono di
grande interesse perchè riportano il contenuto di
suoi colloqui con partigiani della zona e, soprattutto, con un alpino che era
con Broggi e che fu catturato con lui. La pattuglia
comandata dal Ten Broggi al momento dell'aggressione
era composta dal Ten. Broggi, dall'alpino Bruno
Rigoni, dall'alpino Delio Fabbri e da un altro alpino
di cui non è noto il nome. I documenti
si trovano nella sezione DOCUMENTI AL N. 8