Il "Principe
di Homburg" foto
I costumi di una bassanese nel "Principe di Homburg" faranno il giro
del mondo
Sul set assieme a Bellocchio anche Francesca
Sartori
Il flm
parteciperà al festival di Cannes. Adesso la costumista è
impegnata con il regista Virzì a Livorno per a Cecchi Gori.
Grazie a Ipotesi
Cinema è entrata in questo mondo dopo aver seguito l'Accademia a
Roma.
"Il principe
di Homburg" il film di Marco Bellocchio che uscirà nelle sale
cinematografiche nei prossimi giorni e per il quale ha lavorato,
come costumista, la bassanese Francesca Sartori, 35 anni, verrà
presentato anche al prossimo festival di Cannes. Saranno così
apprezzate anche a livello internazionale l'abilità e la
capacità creativa della nostra concittadina, che nei giorni
scorsi è stata consacrata tra le cinque migliori costumiste
italiane del '96. Per questo Francesca Sartori, ha partecipato
alla serata, presentata da Milly Carlucci e trasmessa in diretta
dalla Rai, in occasione della quale sono stati assegnati i David
di Donatello.
Francesca non ha conquistato
il primo premio, ma la soddisfazione di essere riuscita ad
emergere, tra un'ottantina di costumisti, rimane un punto fermo
per il futuro di una donna come lei che ha deciso di
intraprendere una professione tutt'altro che semplice.
In questi giorni Francesca è a
Livorno dove lavora con il regista Paolo Virzì alla
realizzazione di un film autobiografico ambientato tra gli anni
'60 e '90 e prodotto dalla Cecchii Gori. Virzì è alla sua
seconda esperienza come regista, ma il gran successo del suo
primo lavoro, "Ferie d'agosto", ha convinto i produttori ad
assegnargli un'altro film.
"E' un film che punta
moltissimo sui colori ‑ ha spiegato Francesca Sartori ‑ e nel
quale lavorano lo scenografo ed il direttore della fotografia
che hanno realizzato anche "Nirvana".
E' una cosa pazzesca, ma il
lavoro sta procedendo bene".
Tornando, alla segnalazione
per il David di Donatello, la costumista bassanese, ha
osservato: «E' un punto di partenza dopo dieci anni di studio e
di gavetta. Quando sono arrivata a Roma, 12 ami fa, non
conoscevo nessuno ed ho lavorato molto. In questo settore per
sfondare sono necessarie anche delle circostanze
favorevoli, per esempio quella di lavorare in film di qualità.
Non esiste Inoltre un albo professionale dei costumisti, ma i
nuovi registi puntano sulla qualità del prodotto».
Dopo aver conseguito Il
diploma magistrale al S. Cuore, Francesca ha frequentato Ipotesi
cinema di Olmi e si è iscritta all'Accademia di belle arti a
Venezia, ma ha quindi deciso di completare gli studi a Roma,
nell'unica accademia specializzata anche nei costumi che esiste
in Italia. Ha iniziato a lavorare a 22 anni come assistente
volontaria ed è stata quindi chiamata da Olmi per "Lunga vita
alla signora".
Non sono stati anni facili: «Di
notte studiavo ‑ ha affermato la costumista ‑ la mattina
frequentavo l'università ed il pomeriggio mi recavo sul set come
assistente volontaria».
I sacrifici sono poi maturati
con i riconoscimenti per il film "Il Principe di Homburg"
ambientato nell'800.
«E' un film particolare ‑ ha
detto Francesca ‑ che non mira alla cassetta. Per studiare i
costumi ho impiegato tre mesi ed ho anche fatto delle ricerche.
Bisogna essere attenti ad ogni minimo particolare. Per
realizzare uno dei vestiti della protagonista, la bravissima
Bubulova, ho trovato un sahari dell'800. Sono stata anche a
palazzo Pitti a Firenze, dove è allestita una mostra di costumi
e sono riuscita a toccare con mano i vestiti, anche per capire
come venivano tagliati all'epoca. Ho studiato la Prussia per
capire i posti nei quali era ,ambientato il film».
Tra i compiti del responsabile
nei costumi in un film, c'è pure quello del manager.
«Alle nostre dipendenze ‑ ha
spiegato Francesca Sartori ‑ ci sono cinque o sei persone ed il
costumista deve svolgere la sua mansione rimanendo entro il
budget stabilito dai produttori per le spese dei costumi. Noi
possiamo esprimere un parere, una volta valutate le reali
necessità del film, ma quando tutto viene definito a tavolino,
non possiamo più uscire da quelle cifre».
Lucio
Zonta
Una
bassanese in corsa per “David”
È la costumista Francesca Sartori
Francesca
Sartori, costumista bassanese in corsa per il David di Donatello
La passione per
il disegno dapprima e per i costumi poi hanno lanciato
nell’orbita del mondo cinematografico la bassanese Francesca
Sartori, 35 anni, che domenica sera sarà tra le protagoniste
della consegna dei David di Donatello per il cinema nel corso
della cerimonia che, presentata da Milly Carlucci, sarà
teletrasmessa su Rai Uno a partire dalle 22,40.
Francesca
Sartori è stata votata, da una giuria composta da un centinaio
di persone, come una delle migliori cinque costumiste del ’96
per il film, non ancora uscito sugli schermi, “Il principe di
Homburg”, prodotto e diretto da Marco Bellocchio e da suo figlio
Piergiorgio. Il film è tratto da un romanzo dello scrittore
Heinrich von Kleist ed è ambientato nell’800. È stato girato
anche in Bulgaria.
Francesca
Sartori si è proiettata verso il cinema dopo aver conseguito la
maturità magistrale al Sacro Cuore e dopo aver collaborato per
qualche tempo con il padre nell’azienda di famiglia. Attratta
dal mondo della celluloide si è quindi iscritta a Ipotesi
Cinema, la scuola aperta in città, a Villa Serena da Ermanno
Olmi e si è successivamente trasferita a Roma dove ha
frequentato per quattro anni l’accademia d’arte e di costume.
Proprio durante questo corso lo stesso Olmi, che evidentemente
aveva intravisto in Fratesca delle doti non comuni, l’ha
chiamata per collaborare al film “Lunga vita alla signora”, che
ha vinto un Leone d’argento alla mostra di Venezia.
Roberto Benigni
l’ha voluta come assistente costumista in “Jonny Stecchino”. Un
lavoro dopo l’altro e per Francesca è arrivata la scelta della
giuria nel concorso organizzato dall’Ente David di Donatelllo,
del quale è presidente Gianluigi Rondi.
Per “Il principe
di Homburg” Francesca Sartori ha lavorato mettendo a frutto
tutta la sua esperienza ed il suo studio. Per vestire la
principessa ha cercato e trovato un tessuto antico, ricamato in
oro zecchino.
Il film è
interpretato da Andrea De Stefano, Barbara Bobulova, Toni
Bertorelli. Dovrebbe uscire sul circuito nazionale tra qualche
mese.
Probabilmente
non vincerà il David, come ha spiegato la mamma, ma per
Francesca il traguardo raggiunto è di assoluto prestigio. E già
altre porte significative si stanno spalancando per la
costumista, che disegna con le proprie mani i vestiti che
verranno realizzati in un secondo tempo dai sarti. Ed anche le
acconciature degli interpreti rappresentano il frutto dei
disegni di Francesca. Oltre che nei set cinematografici, la
costumista ha lavorato anche per alcuni programmi della Rai:
Linea verde con Federico Mazzuoli e Luna Park. Per Francesca il
tempo da dedicare alla famiglia che abita in entro è poco. Un
salto dai genitori a Natale e ad agosto e poi via in giro per
l’Italia ed anche per i paesi esteri per lavorare e far fruttare
una passione innata.
Lucio Zonta
Consegna del ciak
d'oro
Copertina
Il mestiere delle
vesti
elle incontra francesca
sartori di silvia locatelli
IL MESTIERE DELLE
VESTI
La casa di Francesca è luminosa come lei. Quarto
piano senza ascensore nel centro storico di Roma, con le stanze
aperte sul corridoio lungo. In fondo, il salotto/studio. Un
divano bianco e una scrivania con quel che serve: agenda,
telefono e una penna. Superata l'invidia per il rigore, e
superata la libreria metallica piena di libri, ecco l'angolo più
suggestivo: una terrazza verde sui tetti della Capitale.
Francesca Sartori, 42 anni, negli ultimi anni è
diventata la costumista di fiducia di Ermanno Olmi. Dopo
Lunga vita alla signora, Lucia di Lammemoor e Il mestiere
delle armi ora ha vestito l'ultimo film,
Cantando dietro i paraventi.
Come è iniziata la sua carriera? Con una domanda
semplice e diretta, caso vuole, proprio a lui, al "maestro",
durante un gruppo di studio sul cinema in quel di Asiago, da
anni la "base" del regista bergamasco: «Come si diventa
costumisti?». Risposta: «Provandoci». Francesca, che vive a
Bassano del Grappa e studia Belle Arti a Venezia, si trasferisce
a Roma e si iscrive all'Accademia di Moda e Costume. Nel tempo
libero, fa la volontaria nei laboratori sui set: «Ho tinto
chilometri e chilometri di stoffa plissettata a mano nel Quo
Vadis di Franco Rossi ... », ricorda. Una volta diplomata,
vince una borsa di studio e inizia a lavorare come assistente di
Gianna Gissi (Johnny Stecchino, E ladro di bambini...),
finché, un giorno, arriva la telefonata di Olmi: «Non so come
riuscì a trovarmi... Ero così emozionata che quando mi chiese:
"Ti va di fare un film con me?" risposi: "Be', dipende...". Non
mi sembrava vero. "Come dipende?"... Insomma, una figuraccia!».
Il film è Lunga vita alla signora. La troupe è piena di
giovani promesse. «Eravamo tutti alle prime armi, ricordo
Maurizio Zaccaro alla macchina... Ermanno è molto generoso con i
giovani, ha un talento nel creare armonia tra le persone e nel
tirar fuori il meglio da ognuna». Lavora con Belloccio, Virzì,
Mazzacurati, e ancora con Olmi a teatro.
È il '98: una versione moderna di Lucia di
Lammermoor di Gaetano Donizetti, secondo Francesca una sorta
di "prova" per Il mestiere delle armi («come immagini si
assomigliano»). «Ricordo quelle sartine bergamasche disperate,
chine sul vestiti di repertorio da sistemare... Non era
un'interpretazione classica e Ermanno odia il "costume", quindi
non voleva che i vestiti fossero troppo realistici. Allora, li
abbiamo tutti ricoperti di tarlatana (una garza rigida),
spazzolata e tinta a mano in sfumatura... Un lavoro
allucinante!».
Con Olmi la sintonia è perfetta. Spesso basta
un'immagine per intendersi... Per Il mestiere delle armi
le fece vedere una statua in legno corroso che non si capiva
neppure se fosse un uomo, una donna, una Madonna, e le parlava
continuamente di "freddo”... «"Ecco, i vestiti devono essere
così, mi disse». A lei fu tutto chiarissimo, sin dal principio.
Cosa poteva dare quelle stesse sensazioni? Le pelli. il cuoio, i
materiali pesanti tipo broccato... «E, soprattutto, non ci
doveva essere alcuna definizione di nulla. Nessuna linea
spezzata, ma un integrarsi di tessuti, trame, linee. Decisi di
abolire ogni tipo di passamaneria, tutto ciò che era dettaglio o
impreziosimento». Per Cantando dietro i paraventi gli
input sono diversi: luce, luminosità, trasparenza. Una Cina che
non è Cina. La Cina vera, non quella immediatamente
riconoscibile dei dragoni, l'oro e i fioroni. Francesca
si documenta, ma non ci sono moltissimi ritratti del periodo
Ching. L'ispirazione? Una volta decodificati i desideri del
regista, la folgorazione può scattare da un momento all'altro:
«Stavo passeggiando per Roma e nella vetrina di un antiquario ho
visto la borchia di un mobile cinese: era l'idea che cercavo! Mi
son detta: "Ecco! Vedi che c'è qualcosa di diverso dalla
leziosità cinese che conosciamo!". Era lavorata, ma non
pettegola». Francesca si alza e apre la porticina di una piccola
mansarda a cui si accede dalla terrazza. Esce dalla "stanza dei
segreti" con un pacco. Dentro: uno spillone in corallo e ambra,
una fascia con applicazioni in metallo dorato, un fermacapelli
con un fiore azzurro... Quegli accessori, tutti cinesi, comprati
in negozi di antiquariato, sono stati la sua fonte
d'ispirazione. Francesca ha accesso al materiale di repertorio
de L'Utimo imperatore, che è ricchissimo. Ma è "troppo
Cina". «Per tre quarti non lo potevo usare. Abbiamo incominciato
a tagliare vestiti, con le stoffe giuste, ma il risultato era
bizantino, non cinese... Mi sentivo come un eschimese che deve
fare un film sul Tirolo». Chiede alla produzione di poter andare
in Cina: «Mi hanno supportata, hanno capito che era un viaggio
necessario». A Pechino, c'è un mercato dove tutte le minoranze
etniche ogni sabato e domenica, portano i loro prodotti: «Una
meraviglia! Ho passato ore a frugare tra montagne di vestiti
strappati, tessuti finti, gioielli rotti... Sotto, sotto, con
molta pazienza, ho trovato vestiti bellissimi. tessuti di
stendardi che abbiamo trasformato in giacche, questa stoffa a
palloni ... ». e mostra una foto scattata sul set. "È orientale,
ma è un suggerimento "sottile” della Cina». Compra chilometri di
tessuto, vestiti, gioielli in metallo rivestiti in foglia oro e
decorati con piume di martin pescatore. Una tecnica di
lavorazione della dinastia Ching, utilizzata fino a poco tempo
fa: le piume azzurre del petto dell'uccellino venivano incollate
a mano, una a una.
Negli studi dove è stato girato L'Ultimo
imperatore, a Pechino, Francesca "scopre" un magazzino
dimenticato, un sottotetto di larmiera zeppo di vestiti veri dei
cinesi primi '900, pieni di rattoppi, fatti a mano, con
l'attaccatura laterale: «Dei capolavori!», racconta. «È stata
una vera caccia al tesoro! Per loro, nuovo è sinonimo di bello,
vecchio di brutto: il materiale di sartoria che mi mostravano
era nuovissimo, con ricarmi brillanti... Ho chiesto "i vestiti
dei poveri” e si sono offesi: "Qui non ci sono poveri!" Alla
fine, stremata, ho buttato lì: "Vorrei roba rotta" e allora, un
po' increduli mi hanno accompagnato in quel sottotetto con 40
gradi ... ». In dieci giorni, nel laboratorio degli studi, le
confezionano 200 paia di scarpe in cuoio naturale con suola
cucita a mano e punta leggermente all'insù.
Una volta tornata in Italia, inizia a tagliare,
cucire, produrre, con l'aiuto di una decina di assistenti. Non
solo vestiti, ma elmi, corazze di lamelle, armature fatte di
quadrelli saldati. 250 i vestiti creati ex novo, una cinquantina
quelli noleggiati, circa 500 quelli comprati in Cina e
riadattati. Olmi è molto pignolo e attentissimo al millimetro,
Francesca accorcia, allunga, aggiunge balze... Ma il vero dramma
sono i bottoncini dei costumi: «Sono nodini di stoffa che i
cinesi fanno in due secondi con un movimento strano, ma
difficilissimo. Eravamo disperati, ero tentata di andare in
piazza Vittorio, comprare i vestiti cinesi sulle bancarelle e
staccare i bottoncini! Ma sono di raso sintetico, non si possono
invecchiare Hanno continuato a costruire anche sul set. Per
mimetizzare le figurazioni locali, che non avevano certo g occhi
a mandorla (il film è stato girato in Montenegro), Francesca e i
suoi collaboratori hanno costruito 300 camauri di cuoio (delle
maschere protettive che storicamente utilizzavano i comandanti
dell'esercito). All'ultimo momento si è pensato a un mantello
per l'imperatore e Francesca ha cucito a mano, a pieghine,
strisce di seta in varie sfumature di giallo. Il problema più
grosso è stata la pioggia che danneggiava le scenografie e i
costumi. «Le donne avrebbero dovuto indossare le scarpe col
rialzo, tipo coturni, che slanciano molto la figura, ma Olmi
aveva paura che scivolassero nel trasbordo dalle barchette alle
barche grandi dove si sarebbero effettuate le riprese». Le hanno
sostituite con delle pantofoline di velluto e hanno dovuto
accorciare tutti i vestiti. «Ma perché avete voluto intervistare
me e non Ermanno?», chiede a bruciapelo, Le sembrerò retorica se
le dico che la poesia del Mestiere delle armi è anche un
po’ merito suo? Il complimento non se lo tiene tutto per sé:
«Per fare un prodotto di un certo tipo non basta un'idea buona,
ci vogliono persone come Ermanno che sappiano valorizzare il
lavoro degli artigiani... E in Italia ne abbiamo di bravissimi:
sarti, lavoratori del cuoio, del ferro... E ci vogliono
produttori che capiscano quant'è importante la cura nel
realizzare un progetto». Dopo Prendimi l'anima di Roberto
Faenza, ora Francesca sta lavorando al nuovo film di Verdone e a
quello di Negrin su Bartali. Quando vinse il David di Donatello
per Il mestiere delle armi, Olmi spezzò l'emozione
scherzando: «Certo che ho avuto un bel coraggio a chiamarti!»,
le disse. Ha un talento nel cogliere l'anima delle persone dice
Francesca. Jun, la protagonista di Cantando dietro i
paraventi, era andata agli studi solo per una prova
acconciature e lui, da una polaroid, l'ha "riconosciuta”. «E in
effetti: è lei, così come Tristo Jivkov era Giovanni dalle Bande
Nere E così come Francesca Sartori (nomen omen) è la sua maga
dei costumi.
Silvia Locatelli,
Foto
Dopo il “David”
arriva il Premio Cultura
LA CITTÀ
RICONOSCENTE Per Francesca Sartori, costumista anche del regista
Ermanno Olmi, un altro grande alloro
La professionista bassanese è la terza donna
insignita del titolo: le altre sono state Gina Fasoli e Renata
Bonfanti
Francesca Sartori, 43 anni, (qui a sinistra)
l'affermata costumista di Olmi e Benigni, ma anche di Verdone e
Bellocchio, sarà insignita il prossimo 19
gennaio dell'ambito premio "Cultura". Lo speciale premio "Città
di Bassano” verrà consegnato al ministro per i Beni
Culturali Giuliano Urbani (qui a destra
aIl'inaugurazione della mostra del Canova).
Tra i "Benemeriti" della città quest'anno riconoscimenti al
maestro Giorgio Vianello
(nella foto a lato, in alto a destra) e Mario Lorenzato,
presidente del Centro Aiutoalla
Vita
Il Premio “Città di Bassano delGrappa" è stato
assegnato al ministro Giuliano Urbani “grande amico” della
nostra terra
Dopo Gina Fasoli nel 1980 e Renata Bonfanti nel
1995, sarà un’altra donna, Francesca Livia Sartori, a potersi
fregiare quest’anno del “Premio Cultura Città di Bassano",
riconoscimento tradizionalinente assegnato a quanti tra
bassanesi di nascita o d'adozione, "abbiano onorato la città nel
campo delle scienze e delle arti”.
Dal 1978, data d'istituzione del premio, ad oggi
Francesca Sartori è appunto la terza donna ad avere l'onore
dell'ambito riconoscimento che le verrà consegnato la sera del
19 gennaio 2005, ricorrenza di san Bassiano. È stato lo stesso
sindaco ad annunciare ieri il nome di quello che è il più
giovane Premio Cultura della storia cittadina: “Siamo sicuri di
aver compiuto la scelta giusta – ha esordito Gianpaolo bazzotto
– per tutte le grandi cose che Francesca ha dimostrato di saper
compiere in carriera”, e “perché ancora una volta – ha fatto eco
l’assessore alla cultura Luciano Fabris – si tratta di un premio
assegnato a chi porta nel mondo il nome della nostra terra”.
Francesca Sartori attualmente in Spagna per le riprese di un
nuovo film, si sarebbe detta “onorata di riceere il
riconoscimento che gratifica e mi fa sentire ancor più legata
alle mie origini bassanese”. Nata a Bassano il 28 agosto del
1961, Francesca Sartori si è laureata a pieni voti all’Accademia
di moda e di costume di Roma, avvicinandosi per la prima volta
al mondo del grande schermo grazie al progetto “Ipotesi Cinema”
di Ermanno Olmi.
Già assistente ai costumi in pellicole di
successo quali "Iohnny Stecchino" di Roberto Benigni e “Ladro di
Bambini" di Gianni Amelio, tra i suoi lavori cinematografici si
ricordano “L'amore è eterno finchè dura" di Carlo Verdone,
“Cantando dietro i paraventi” ed “Il Mestiere delle Armi” di
Ermanno Olmi, “Baci e Abbracci” e “Ovosodo” di Paolo Virzì,
accanto alle collaborazioni con registi del calibro di Carlo
Mazzacurati, )Marco Belloccio e Piergiorgio gay. Oltre che al
grande schermo, la Sartori ha contribuito con la9 propria
professionalità anche alla realizzazione di rappresentazioni
teatrali, disegnando i costumi della “Lucia di Lammermoor” di
Olmi e de “La signora omicidi” di Sofia Scandurra e a numerosi
lavori televisivi.
Consulente del Museo Pitti per la sezione Costume
e styling per OlivieroToscani, ha lavorato anche in importanti
spot pubblicitari, al fianco di registi del calibro Gabriele
Salvatores. Nell'anno ormai al termine ha ottenuto tutti i
principali riconoscimenti nazionali assegnati per la
realizzazione di cositumi cinematografici dal Nastro d'argento,
al David di, Donatello fino ai Diamanti al Cinema al Festival
di Venezia; tutti per gli abiti di "Cantando dietro i
paraventi”. In carriera, oltre ad un altro David per “Il
mestiere delle armi” di Olmi e a numerose nomination in
manifestazioni di valore, ha ottenuto nel 2002 il Premio
Tirelli, attribuito ai costumisti dalle più grandi sartorie
italiane.
Al fianco di Francesca Sartori, tra i premiali
della serata di San Bassiano, anche un "grande amico della
città di Bassano", com'è stato definito da Bizzotto: il
ministro per le Attività e i Beni Culturali, Giuliano Urbani.
A lui l’amministrazione ha voluto consegnare la nuova edizione
del Premio Cittá di Bassano, per “L’amore da sempre dimostrato
per la nostra cittá ‑ parole del sindaco ‑ come espresso
dalla sua presenza alle mostre più importanti (Ezzelini e
Canova), e dall'aiuto datoci più volte, per ultimo in occasione
dell'acquisizione del bozzetino delleTre Grazie". Il ministro
Urbani ha garantito la sua presenza in occasione della
cerimonia programmata all'Astra.
Da scempre, le celebrazioni della festa del Santo
patrono della città, prevedono anche l'assegnazione di tre
importanti riconoscimenti a persone o associazioni capaci di
distinguersi per le loro attività in campo sociale, sportivo,
culturale. Un tempo costituiti da targhe, quest'anno i premi,
denominati per la prima volta “San Bassiano”, saranno
rappresentati da riproduzioni in terracotta del vescovo di Lodi,
create dalle preziose mani di Domenico Poloniato. Anche
stavolta saranno tre i riconoscimenti assegnati. Il primo al
Bassano Hockey 1954, per i successi sportivi ottenuti nel corso
del suo cinquantesimo anno di vita, che ha visto l'arrivo in
città di una Coppa Italia ed uno storico scudetto tricolore.
"Con loro ‑ ha sottolineato il sindaco ‑ intendiamo premiare
tutte quelle società sportive che quotidianamente si occupano
dei nostri giovani e che da anni portano alto nel mondo il nome
della nostra città". Premio San Bassiano, poi al Centro Aiuto
alla Vita presieduto da Mario Lorenzato che da 25 anni opera nel
territorio, nella promozione della cultura e del rispetto della
vita e al pianista Giorgio Vianello. Formatosi artisticamente a
Venezia, dove ha collaborato anche con il Teatro La Fenice,
Vianello risiede in città dal 1960. Assieme a Renato Fasano ha
portato nei più importanti festival del mondo le
rappresentazioni di opere liriche del 1700 italiano. Attualmente
è direttore artistico degli Amici della Musica di Bassano.
Barbara Todesco
Nel lutto brillano i costumi della pluripremiata Sartori
Ha appena ultimato
un kolossal storico in Spagna
Vicenza. (n. m.) Uno
dice: sarà in sartoria. E la sartoria dov'è all'Olimpico? Nel
bugigattolo
che collega i camerini. Una macchina per cucire che non riposa
con la brava sarta prestata dai Tirelli, due paia di forbici
molto contese, fili sparsi e lì a fianco c'è Francesca Sartori
che cuce una garza preziosa con la modestia di una figurinista.
La costumista bassanese pluripremiata (David di
Donatello, Ciak d'oro, Nastri d'argento) è stata fortissimamente
voluta dal regista Piero Maccarinelli, per la comune amicizia
con Ermanno Olmi, nella produzione de Le Troiane, per le
quali ha creato ‑ in una tragedia di lutto ‑ dei costumi
stupefacenti.
«Non tutto è colore, ma certo le donne in scena
sono le stesse che la sera prima a Troia hanno festeggiato la
vittoria e al momento di essere deportate indossano ancora
quegli abiti» osserva Sartori. Stoffe etniche che non grondano
lusso, costumi vagamente balcanici, di foggia anche orientale,
tuniche e veli senza tempo dove l'elemento davvero
prezioso sono i gioielli antichi che appartengono alla personale
collezione di Francesca Sartori, prestati alle protagoniste per
l'occasione.
La vicentina ‑ che ha raggiunto fama mondiale
come costumista de Il Mestiere delle armi di Olmi ‑ si
conferma abilissima nella ricostruzione di ambienti storici: non
a caso l'hanno chiamata quest'anno per il film "Alatriste", dal
romanzo dì Arturo Pérez Reverte, il
più
grande kolossal storico girato in Spagna,
una coproduzione franco‑iberico, per la quale ha creato in 15
settimane di riprese ben 10.500 costumi del XVII secolo.
Protagonista Viggo Mortesen (l'Aragorn de Il Signore degli
anelli), unico italiano nel cast Enrico Lo Verso. «Una bella
fatica ‑ garantisce ‑ ma creare questi grandi inganni
documentati resta sempre la mia passione».
Intervenuta al
Belvedere su invito della sorella Anna Chiara fondatrice del club
cittadino
La costumista dei film di Olmi ha aperto l’anno di
Soroptimist
Di Maria Pia Morelli
I suoi vestiti hanno fatto sognare platee di spettatori. Lei
crea costumi soprattutto per personaggi di epoche lontane dalla
nostra che rivivono sul grande schermo e sui palcoscenici
internazionali. Una professione, la sua, che trasformata in
arte, le ha consentito in anni di attività di vincere premi e
riconoscimenti ambitissimi. L’elenco sarebbe lungo: Ciak d’Oro,
Nastro d’Argento, David di Donatello, solo per citare i
principali. Francesca Sartori, tuttavia pur avendone motivo, non
è tipo da montarsi la testa e fedele al suo ruolo di costumista
che lavora dietro le quinte, preferisce far parlare i fatti alle
parole.
Bassanese d’origine, non ha potuto rifiutare l’invito della
sorella Anna Chiara, socia fondatrice del Soroptimist cittadino,
a venire a parlare della propria interessantissima attività,
durante la cena d’apertura dell’anno sociale nel ristorante
Belvedere. Il racconto di un lavoro così particolare, poco
conosciuto, eppur tanto importante nell’economia di uno
spettacolo, denso di aneddoti e curiosi particolari, ha
catalizzato l’attenzione di tutti. Compreso un gruppetto di
ragazzine affascinate dall’argomento e attratte dalla
possibilità di poter a loro volta intraprendere la stessa
professione.
La sua carriera straordinaria è iniziata al fianco di un
autorevole regista, Ermanno Olmi, il quale le ha dato fiducia
fcendola decollare con il film “Lunga vita alla signora”
riconfermandogliela in una prova ben più impegnativa, “Il
mestiere delle armi”, pellicola di grande successo. “Il cinema è
finzione, - ha detto la Sartori – ma se si vuole riuscire a
costruire l’inganno bisogna partire dalla realtà storica. Per
questo devo studiare e documentarmi con impegno per creare
costumi verosimili, spesso tra mille difficoltà. Questi
insegnamenti li devo a Olmi, per me più che un maestro”.
La serata, interessante e vivacizzata dalla proiezione di
bozzetti e foto, è trascorsa velocemente.
Un buon esordio per Valeria Ferrari, neoeletta presidente, che
verrà affiancata nella gestione dei progetti, dalla nuova
segretaria del club, Sandra Brunetti.
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