Costumista

 

   

Recensioni

 

 
 

ANNO

TESTATA

TITOLO

 

1996

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Il "Principe di Homburg" foto

 

1997

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I costumi di una bassanese nel "Principe di Homburg" faranno il giro del mondo

 

1997

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Una bassanese in corsa per  “David”

 

1998

Ciak

Consegna del ciak d'oro

 

1999/2000

The Scenografer

Copertina

 

2003

Elle

Il mestiere delle vesti

 

2003

Ciak

Foto

 

2004

Il Gazzettino

Dopo il “David” arriva il Premio Cultura

 

2005 Il Giornale di Vicenza

Nel lutto brillano i costumi della pluripremiata Sartori

 

2005 Il Giornale di Vicenza

Sartori e il fascino del cinema

 

Il "Principe di Homburg" foto

I costumi di una bassanese nel "Principe di Homburg" faranno il giro del mondo

Sul set assieme a Bellocchio anche Francesca Sartori

 

Il flm parteciperà al festival di Cannes. Adesso la costumista è impegnata con il regista Virzì a Livorno per a Cecchi Gori.

Grazie a Ipotesi Cinema è entrata in questo mondo dopo aver seguito l'Accademia a Roma.

  "Il principe di Homburg" il film di Marco Bellocchio che uscirà nelle sale cinematografiche nei prossimi giorni e per il quale ha lavorato, come costumista, la bassanese Francesca Sartori, 35 anni, verrà presentato anche al prossimo festival di Cannes. Saranno così apprezzate anche a livello internazionale l'abilità e la capacità creativa della nostra concittadina, che nei giorni scorsi  è stata consacrata tra le cinque migliori costumiste italiane del '96. Per questo Francesca Sartori, ha partecipato alla serata, presentata da Milly Carlucci e trasmessa in diretta dalla Rai, in occasione della quale sono stati assegnati i David di Donatello.

 Francesca non ha conquistato il primo premio, ma la soddisfazione di essere riuscita ad emergere, tra un'ottantina di costumisti, rimane un punto fermo per il futuro di una donna come lei che ha deciso di intraprendere una professione tutt'altro che semplice.

 In questi giorni Francesca è a Livorno dove lavora con il regista Paolo Virzì alla realizzazione di un film autobiografico ambientato tra gli anni '60 e '90 e prodotto dalla Cecchii Gori. Virzì è alla sua seconda esperienza come regista, ma il gran successo del suo primo lavoro, "Ferie d'agosto", ha convinto i produttori ad assegnargli un'altro film.

 "E' un film che punta moltissimo sui colori ‑ ha spiegato Francesca Sartori  ‑ e nel quale lavorano lo scenografo ed il direttore della fotografia che hanno realizzato anche "Nirvana".

 E' una cosa pazzesca, ma il lavoro sta procedendo bene".

 Tornando, alla segnalazione per il David di Donatello, la costumista bassanese, ha osservato: «E' un punto di partenza dopo dieci anni di studio e di gavetta. Quando sono arrivata a Roma, 12 ami fa, non conoscevo nessuno ed ho lavorato molto. In questo settore per sfondare sono necessarie anche delle circostanze favorevoli, per esempio quella di lavorare in film di qualità. Non esiste Inoltre un  albo professionale dei costumisti, ma i nuovi registi puntano sulla qualità del prodotto».

 Dopo aver conseguito Il diploma magistrale al S. Cuore, Francesca ha frequentato Ipotesi cinema di Olmi e si è iscritta all'Accademia di belle arti a Venezia, ma ha quindi deciso di completare gli studi a Roma, nell'unica accademia specializzata anche nei costumi che esiste in Italia. Ha iniziato a lavorare a 22 anni come assistente volontaria ed è stata quindi chiamata da Olmi per "Lunga vita alla signora".

Non sono stati anni facili: «Di notte studiavo ‑ ha affermato la costumista ‑ la mattina frequentavo l'università ed il pomeriggio mi recavo sul set come assistente volontaria».

 I sacrifici sono poi maturati con i riconoscimenti per il film "Il Principe di Homburg" ambientato nell'800.

 «E' un film particolare ‑ ha detto Francesca ‑ che non mira alla cassetta. Per studiare i costumi ho impiegato tre mesi ed ho anche fatto delle ricerche. Bisogna essere attenti ad ogni minimo particolare. Per realizzare uno dei vestiti della protagonista, la bravissima Bubulova, ho trovato un sahari dell'800. Sono stata anche a palazzo Pitti a Firenze, dove è allestita una mostra di costumi e sono riuscita a toccare con mano i vestiti, anche per capire come venivano tagliati all'epoca. Ho studiato la Prussia per capire i posti nei quali era ,ambientato il film».

 Tra i compiti del responsabile nei costumi in un film, c'è pure quello del manager.

 «Alle nostre dipendenze ‑ ha spiegato Francesca Sartori ‑ ci sono cinque o sei persone ed il costumista deve svolgere la sua mansione rimanendo entro il budget stabilito dai produttori per le spese dei costumi. Noi possiamo esprimere un parere, una volta valutate le reali necessità del film, ma quando tutto viene definito a tavolino, non possiamo più uscire da quelle cifre».

Lucio Zonta

Una bassanese in corsa per  “David”

È la costumista Francesca Sartori

Francesca Sartori, costumista bassanese in corsa per il David di Donatello

La passione per il disegno dapprima e per i costumi poi hanno lanciato nell’orbita del mondo cinematografico la bassanese Francesca Sartori, 35 anni, che domenica sera sarà tra le protagoniste della consegna dei David di Donatello per il cinema nel corso della cerimonia che, presentata da Milly Carlucci, sarà teletrasmessa su Rai Uno a partire dalle 22,40.

Francesca Sartori è stata votata, da una giuria composta da un centinaio di persone, come una delle migliori cinque costumiste del ’96 per il film, non ancora uscito sugli schermi, “Il principe di Homburg”, prodotto e diretto da Marco Bellocchio e da suo figlio Piergiorgio. Il film è tratto da un romanzo dello scrittore Heinrich von Kleist ed è ambientato nell’800. È stato girato anche in Bulgaria.

Francesca Sartori si è proiettata verso il cinema dopo aver conseguito la maturità magistrale al Sacro Cuore e dopo aver collaborato per qualche tempo con il padre nell’azienda di famiglia. Attratta dal mondo della celluloide si è quindi iscritta a Ipotesi Cinema, la scuola aperta in città, a Villa Serena da Ermanno Olmi e si è successivamente trasferita a Roma dove ha frequentato per quattro anni l’accademia d’arte e di costume. Proprio durante questo corso lo stesso Olmi, che evidentemente aveva intravisto in Fratesca delle doti non comuni, l’ha chiamata per collaborare al film “Lunga vita alla signora”, che ha vinto un Leone d’argento alla mostra di Venezia.

Roberto Benigni l’ha voluta come assistente costumista in “Jonny Stecchino”. Un lavoro dopo l’altro e per Francesca è arrivata la scelta della giuria nel concorso organizzato dall’Ente David di Donatelllo, del quale è presidente Gianluigi Rondi.

Per “Il principe di Homburg” Francesca Sartori ha lavorato mettendo a frutto tutta la sua esperienza ed il suo studio. Per vestire la principessa ha cercato e trovato un tessuto antico, ricamato in oro zecchino.

Il film è interpretato da Andrea De Stefano, Barbara Bobulova, Toni Bertorelli. Dovrebbe uscire sul circuito nazionale tra qualche mese.

Probabilmente non vincerà il David, come ha spiegato la mamma, ma per Francesca il traguardo raggiunto è di assoluto prestigio. E già altre porte significative si stanno spalancando per la costumista, che disegna con le proprie mani i vestiti che verranno realizzati in un secondo tempo dai sarti. Ed anche le acconciature degli interpreti rappresentano il frutto dei disegni di Francesca. Oltre che nei set cinematografici, la costumista ha lavorato anche per alcuni programmi della Rai: Linea verde con Federico Mazzuoli e Luna Park. Per Francesca il tempo da dedicare alla famiglia che abita in entro è poco. Un salto dai genitori a Natale e ad agosto e poi via in giro per l’Italia ed anche per i paesi esteri per lavorare e far fruttare una passione innata.

Lucio Zonta

Consegna del ciak d'oro

Copertina

Il mestiere delle vesti

elle incontra francesca sartori di silvia locatelli

 

IL MESTIERE DELLE VESTI

 

La casa di Francesca è luminosa come lei. Quarto piano senza ascensore nel centro storico di Roma, con le stanze aperte sul corridoio lungo. In fondo, il salotto/studio. Un divano bianco e una scrivania con quel che serve: agenda, telefono e una penna. Superata l'invidia per il rigore, e superata la libreria metallica piena di libri, ecco l'angolo più suggestivo: una terrazza verde sui tetti della Capitale.

Francesca Sartori, 42 anni, negli ultimi anni è diventata la costumista di fiducia di Ermanno Olmi. Dopo Lunga vita alla signora, Lucia di Lammemoor e Il mestiere delle armi ora ha vestito l'ultimo film, Cantando dietro i paraventi.

Come è iniziata la sua carriera? Con una domanda semplice e diretta, caso vuole, proprio a lui, al "maestro", durante un gruppo di studio sul cinema in quel di Asiago, da anni la "base" del regista bergamasco: «Come si diventa costumisti?». Risposta: «Provandoci». Francesca, che vive a Bassano del Grappa e studia Belle Arti a Venezia, si trasferisce a Roma e si iscrive all'Accademia di Moda e Costume. Nel tempo libero, fa la volontaria nei laboratori sui set: «Ho tinto chilometri e chilometri di stoffa plissettata a mano nel Quo Vadis di Franco Rossi ... », ricorda. Una volta diplomata, vince una borsa di studio e inizia a lavorare come assistente di Gianna Gissi (Johnny Stecchino, E ladro di bambini...), finché, un giorno, arriva la telefonata di Olmi: «Non so come riuscì a trovarmi... Ero così emozionata che quando mi chiese: "Ti va di fare un film con me?" risposi: "Be', dipende...". Non mi sembrava vero. "Come dipende?"... Insomma, una figuraccia!». Il film è Lunga vita alla signora. La troupe è piena di giovani promesse. «Eravamo tutti alle prime armi, ricordo Maurizio Zaccaro alla macchina... Ermanno è molto generoso con i giovani, ha un talento nel creare armonia tra le persone e nel tirar fuori il meglio da ognuna». Lavora con Belloccio, Virzì, Mazzacurati, e ancora con Olmi a teatro.

È il '98: una versione moderna di Lucia di Lammermoor di Gaetano Donizetti, secondo Francesca una sorta di "prova" per Il mestiere delle armi («come immagini si assomigliano»). «Ricordo quelle sartine bergamasche disperate, chine sul vestiti di repertorio da sistemare... Non era un'interpretazione classica e Ermanno odia il "costume", quindi non voleva che i vestiti fossero troppo realistici. Allora, li abbiamo tutti ricoperti di tarlatana (una garza rigida), spazzolata e tinta a mano in sfumatura... Un lavoro allucinante!».

Con Olmi la sintonia è perfetta. Spesso basta un'immagine per intendersi... Per Il mestiere delle armi le fece vedere una statua in legno corroso che non si capiva neppure se fosse un uomo, una donna, una Madonna, e le parlava continuamente di "freddo”... «"Ecco, i vestiti devono essere così, mi disse». A lei fu tutto chiarissimo, sin dal principio. Cosa poteva dare quelle stesse sensazioni? Le pelli. il cuoio, i materiali pesanti tipo broccato... «E, soprattutto, non ci doveva essere alcuna definizione di nulla. Nessuna linea spezzata, ma un integrarsi di tessuti, trame, linee. Decisi di abolire ogni tipo di passamaneria, tutto ciò che era dettaglio o impreziosimento». Per Cantando dietro i paraventi gli input sono diversi: luce, luminosità, trasparenza. Una Cina che non è Cina. La Cina vera, non quella immediatamente riconoscibile dei dragoni, l'oro e i fioroni. Francesca si documenta, ma non ci sono moltissimi ritratti del periodo Ching. L'ispirazione? Una volta decodificati i desideri del regista, la folgorazione può scattare da un momento all'altro: «Stavo passeggiando per Roma e nella vetrina di un antiquario ho visto la borchia di un mobile cinese: era l'idea che cercavo! Mi son detta: "Ecco! Vedi che c'è qualcosa di diverso dalla leziosità cinese che conosciamo!". Era lavorata, ma non pettegola». Francesca si alza e apre la porticina di una piccola mansarda a cui si accede dalla terrazza. Esce dalla "stanza dei segreti" con un pacco. Dentro: uno spillone in corallo e ambra, una fascia con applicazioni in metallo dorato, un fermacapelli con un fiore azzurro... Quegli accessori, tutti cinesi, comprati in negozi di antiquariato, sono stati la sua fonte d'ispirazione. Francesca ha accesso al materiale di repertorio de L'Utimo imperatore, che è ricchissimo. Ma è "troppo Cina". «Per tre quarti non lo potevo usare. Abbiamo incominciato a tagliare vestiti, con le stoffe giuste, ma il risultato era bizantino, non cinese... Mi sentivo come un eschimese che deve fare un film sul Tirolo». Chiede alla produzione di poter andare in Cina: «Mi hanno supportata, hanno capito che era un viaggio necessario». A Pechino, c'è un mercato dove tutte le minoranze etniche ogni sabato e domenica, portano i loro prodotti: «Una meraviglia! Ho passato ore a frugare tra montagne di vestiti strappati, tessuti finti, gioielli rotti... Sotto, sotto, con molta pazienza, ho trovato vestiti bellissimi. tessuti di stendardi che abbiamo trasformato in giacche, questa stoffa a palloni ... ». e mostra una foto scattata sul set. "È orientale, ma è un suggerimento "sottile” della Cina». Compra chilometri di tessuto, vestiti, gioielli in metallo rivestiti in foglia oro e decorati con piume di martin pescatore. Una tecnica di lavorazione della dinastia Ching, utilizzata fino a poco tempo fa: le piume azzurre del petto dell'uccellino venivano incollate a mano, una a una.

 

Negli studi dove è stato girato L'Ultimo imperatore, a Pechino, Francesca "scopre" un magazzino dimenticato, un sottotetto di larmiera zeppo di vestiti veri dei cinesi primi '900, pieni di rattoppi, fatti a mano, con l'attaccatura laterale: «Dei capolavori!», racconta. «È stata una vera caccia al tesoro! Per loro, nuovo è sinonimo di bello, vecchio di brutto: il materiale di sartoria che mi mostravano era nuovissimo, con ricarmi brillanti... Ho chiesto "i vestiti dei poveri” e si sono offesi: "Qui non ci sono poveri!" Alla fine, stremata, ho buttato lì: "Vorrei roba rotta" e allora, un po' increduli mi hanno accompagnato in quel sottotetto con 40 gradi ... ». In dieci giorni, nel laboratorio degli studi, le confezionano 200 paia di scarpe in cuoio naturale con suola cucita a mano e punta leggermente all'insù.

Una volta tornata in Italia, inizia a tagliare, cucire, produrre, con l'aiuto di una decina di assistenti. Non solo vestiti, ma elmi, corazze di lamelle, armature fatte di quadrelli saldati. 250 i vestiti creati ex novo, una cinquantina quelli noleggiati, circa 500 quelli comprati in Cina e riadattati. Olmi è molto pignolo e attentissimo al millimetro, Francesca accorcia, allunga, aggiunge balze... Ma il vero dramma sono i bottoncini dei costumi: «Sono nodini di stoffa che i cinesi fanno in due secondi con un movimento strano, ma difficilissimo. Eravamo disperati, ero tentata di andare in piazza Vittorio, comprare i vestiti cinesi sulle bancarelle e staccare i bottoncini! Ma sono di raso sintetico, non si possono invecchiare Hanno continuato a costruire anche sul set. Per mimetizzare le figurazioni locali, che non avevano certo g occhi a mandorla (il film è stato girato in Montenegro), Francesca e i suoi collaboratori hanno costruito 300 camauri di cuoio (delle maschere protettive che storicamente utilizzavano i comandanti dell'esercito). All'ultimo momento si è pensato a un mantello per l'imperatore e Francesca ha cucito a mano, a pieghine, strisce di seta in varie sfumature di giallo. Il problema più grosso è stata la pioggia che danneggiava le scenografie e i costumi. «Le donne avrebbero dovuto indossare le scarpe col rialzo, tipo coturni, che slanciano molto la figura, ma Olmi aveva paura che scivolassero nel trasbordo dalle barchette alle barche grandi dove si sarebbero effettuate le riprese». Le hanno sostituite con delle pantofoline di velluto e hanno dovuto accorciare tutti i vestiti. «Ma perché avete voluto intervistare me e non Ermanno?», chiede a bruciapelo, Le sembrerò retorica se le dico che la poesia del Mestiere delle armi è anche un po’ merito suo? Il complimento non se lo tiene tutto per sé: «Per fare un prodotto di un certo tipo non basta un'idea buona, ci vogliono persone come Ermanno che sappiano valorizzare il lavoro degli artigiani... E in Italia ne abbiamo di bravissimi: sarti, lavoratori del cuoio, del ferro... E ci vogliono produttori che capiscano quant'è importante la cura nel realizzare un progetto». Dopo Prendimi l'anima di Roberto Faenza, ora Francesca sta lavorando al nuovo film di Verdone e a quello di Negrin su Bartali. Quando vinse il David di Donatello per Il mestiere  delle armi, Olmi spezzò l'emozione scherzando: «Certo che ho avuto un bel coraggio a chiamarti!», le disse. Ha un talento nel cogliere l'anima delle persone dice Francesca. Jun, la protagonista di Cantando dietro i paraventi, era andata agli studi solo per una prova acconciature e lui, da una polaroid, l'ha "riconosciuta”. «E in effetti: è lei, così come Tristo Jivkov era Giovanni dalle Bande Nere E così come Francesca Sartori (nomen omen) è la sua maga dei costumi.

Silvia Locatelli,

Foto

Dopo il “David” arriva il Premio Cultura

LA CITTÀ RICONOSCENTE Per Francesca Sartori, costumista anche del regista Ermanno Olmi, un altro grande alloro

La professionista bassanese è la terza donna insignita del titolo: le altre sono state Gina Fasoli e Renata Bonfanti

Francesca Sartori, 43 anni, (qui a sinistra) l'affermata costumista di Olmi e Benigni, ma anche di Verdone e Bellocchio, sarà insignita il prossimo 19 gennaio dell'ambito premio "Cultura". Lo speciale premio "Città di Bassano” verrà consegnato al  ministro per i Beni Culturali Giuliano Urbani (qui a destra aIl'inaugurazione della mostra del Canova). Tra i "Benemeriti" della città quest'anno riconoscimenti al maestro Giorgio Vianello (nella foto a lato, in alto a destra) e Mario Lorenzato, presidente del Centro Aiutoalla Vita

 

Il Premio “Città di Bassano delGrappa" è stato assegnato al ministro Giuliano Urbani “grande amico” della nostra terra

 

Dopo Gina Fasoli nel 1980 e Renata Bonfanti nel 1995,  sarà un’altra donna, Francesca Livia Sartori, a potersi fregiare quest’anno del “Premio Cultura Città di Bas­sano", riconoscimento tradizio­nalinente assegnato a quanti tra bassanesi di nascita o d'adozione, "abbiano onorato la città nel campo delle scienze e delle arti”.

Dal 1978, data d'istituzione del premio, ad oggi Francesca Sarto­ri è appunto la terza donna ad avere l'onore dell'ambito ricono­scimento che le verrà consegnato la sera del 19 gennaio 2005, ri­correnza di san Bassiano. È  stato lo stesso sindaco ad annunciare ieri il nome di quello che è il più giovane Premio Cultura della storia cittadina: “Siamo sicuri di aver compiuto la scelta giusta – ha esordito Gianpaolo bazzotto – per tutte le grandi cose che Francesca ha dimostrato di saper compiere in carriera”, e “perché ancora una volta – ha fatto eco l’assessore alla cultura Luciano Fabris – si tratta di un premio assegnato a chi porta nel mondo il nome della nostra terra”. Francesca Sartori attualmente in Spagna per le riprese di un nuovo film, si sarebbe detta “onorata di riceere il riconoscimento che gratifica e mi fa sentire ancor più legata alle mie origini bassanese”. Nata a Bassano il 28 agosto del 1961, Francesca Sartori si è laureata a pieni voti all’Accademia di moda e di costume di Roma, avvicinandosi per la prima volta al mondo del grande schermo grazie al progetto “Ipotesi Cinema” di Ermanno Olmi.

Già assistente ai costumi in pelli­cole di successo quali "Iohnny Stecchino" di Roberto Benigni e “Ladro di Bambini" di Gianni Amelio, tra i suoi lavori cinema­tografici si ricordano “L'amore è eterno finchè dura" di Carlo Verdone, “Cantando dietro i paraventi” ed “Il Mestiere delle Armi” di Ermanno Olmi, “Baci e Abbracci” e “Ovosodo” di Paolo Virzì, accanto alle collaborazioni con registi del calibro di Carlo Mazzacurati, )Marco Belloccio e Piergiorgio gay. Oltre che al grande schermo, la Sartori ha contribuito con la9 propria professionalità anche alla realizzazione di rappresentazioni  teatrali, dise­gnando i costumi della “Lucia di Lammermoor” di Olmi e de “La signora omicidi”  di Sofia Scan­durra e a numerosi lavori televi­sivi.

Consulente del Museo Pitti per la sezione Costume e styling per OlivieroToscani, ha lavorato anche in importanti spot pubbli­citari, al fianco di registi del cali­bro Gabriele Salvatores. Nell'an­no ormai al termine ha ottenuto tutti i principali riconoscimenti nazionali assegnati per la realizzazione di cositumi cinematogra­fici dal Nastro d'argento, al Da­vid di, Donatello fino ai Diamanti al  Cinema al Festival di Venezia; tutti per gli abiti di "Cantando dietro i paraventi”. In carriera, oltre ad un altro David per “Il mestiere delle armi” di Olmi e a numerose nomination in manife­stazioni di valore, ha ottenuto nel 2002 il Premio Tirelli, attribuito ai costumisti dalle più grandi sartorie italiane.

Al fianco di Francesca Sartori, tra i premiali della serata di San Bassiano, anche un "grande ami­co della città di Bassano", com'è stato definito da Bizzotto: il mini­stro per le Attività e i Beni Cul­turali, Giuliano Urbani. A lui l’amministrazione ha voluto con­segnare la nuova edizione del Premio Cittá di Bassano, per “L’amore da sempre dimostrato per la nostra cittá ‑ parole del sinda­co ‑ come espresso dalla sua pre­senza alle mostre più importanti (Ezzelini e Canova), e dall'aiuto datoci più volte, per ultimo in occasione dell'acquisizione del bozzetino delleTre Grazie". Il min­istro Urbani ha garantito la sua presenza in occasione della ceri­monia programmata all'Astra.

Da scempre, le celebrazioni della festa del Santo patrono del­la città, prevedono anche l'asse­gnazione di tre importanti rico­noscimenti a persone o associa­zioni capaci di distinguersi per le loro attività in campo sociale, sportivo, culturale. Un tempo co­stituiti da targhe, quest'anno i premi, denominati per la prima volta “San Bassiano”, saranno rappresentati da riproduzioni in terracotta del vescovo di Lodi, create dalle preziose mani di Do­menico Poloniato. Anche stavolta saranno tre i riconoscimenti as­segnati. Il primo al Bassano Hoc­key 1954, per i successi sportivi ottenuti nel corso del suo cin­quantesimo anno di vita, che ha visto l'arrivo in città di una Cop­pa Italia ed uno storico scudetto tricolore. "Con loro ‑ ha sottoline­ato il sindaco ‑ intendiamo pre­miare tutte quelle società sporti­ve che quotidianamente si occu­pano dei nostri giovani e che da anni portano alto nel mondo il nome della nostra città". Premio San Bassiano, poi al Centro Aiuto alla Vita presieduto da Mario Lorenzato che da 25 anni opera nel territorio, nella promozione della cultura e del rispetto della vita e al pianista Giorgio Vianello. Formatosi artisticamente a Venezia, dove ha collaborato anche con il Teatro La Fenice, Vianello risiede in città dal 1960. Assieme  a Renato Fasano ha portato nei più importanti festival del mondo le rappresentazioni di opere liriche del 1700 italiano. Attualmente è direttore artistico degli Amici della Musica di Bassano.

Barbara Todesco

Nel lutto brillano i costumi della pluripremiata Sartori

Ha appena ultimato un kolossal storico in Spagna

Vicenza. (n. m.) Uno dice: sarà in sartoria. E la sartoria dov'è all'Olimpico? Nel bugigattolo che collega i camerini. Una macchina per cucire che non riposa con la brava sarta prestata dai Tirelli, due paia di forbici molto contese, fili sparsi e lì a fianco c'è Francesca Sartori che cuce una garza preziosa con la modestia di una figurinista.

La costumista bassanese pluripremiata (David di Donatello, Ciak d'oro, Nastri d'argento) è stata fortissimamente voluta dal regista Piero Maccarinelli, per la comune amicizia con Ermanno Olmi, nella produzione de Le Troiane, per le quali ha creato ‑ in una tragedia di lutto ‑ dei costumi stupefacenti.

«Non tutto è colore, ma certo le donne in scena sono le stesse che la sera prima a Troia hanno festeggiato la vittoria e al momento di essere deportate indossano ancora quegli abiti» osserva Sartori. Stoffe etniche che non grondano lusso, costumi vagamente balcanici, di foggia anche orientale, tuniche e veli senza tempo dove l'elemento davvero prezioso sono i gioielli antichi che appartengono alla personale collezione di Francesca Sartori, prestati alle protagoniste per l'occasione.

La vicentina ‑ che ha raggiunto fama mondiale come costumista de Il Mestiere delle armi di Olmi ‑ si conferma abilissima nella ricostruzione di ambienti storici: non a caso l'hanno chiamata quest'anno per il film "Alatriste", dal romanzo dì Arturo Pérez Reverte, il più grande kolossal storico girato in Spagna, una coproduzione franco‑iberico, per la quale ha creato in 15 settimane di riprese ben 10.500 costumi del XVII secolo. Protagonista Viggo Mortesen (l'Aragorn de Il Signore degli anelli), unico italiano nel cast Enrico Lo Verso. «Una bella fatica ‑ garantisce ‑ ma creare questi grandi inganni documentati resta sempre la mia passione».

Intervenuta al Belvedere su invito della sorella Anna Chiara fondatrice del club cittadino

La costumista dei film di Olmi ha aperto l’anno di Soroptimist

Di Maria Pia Morelli

I suoi vestiti hanno fatto sognare platee di spettatori. Lei crea costumi soprattutto per personaggi di epoche lontane dalla nostra che rivivono sul grande schermo e sui palcoscenici internazionali. Una professione, la sua, che trasformata in arte, le ha consentito in anni di attività di vincere premi e riconoscimenti ambitissimi. L’elenco sarebbe lungo: Ciak d’Oro, Nastro d’Argento, David di Donatello, solo per citare i principali. Francesca Sartori, tuttavia pur avendone motivo, non è tipo da montarsi la testa e fedele al suo ruolo di costumista che lavora dietro le quinte, preferisce far parlare i fatti alle parole.

Bassanese d’origine, non ha potuto rifiutare l’invito della sorella Anna Chiara, socia fondatrice del Soroptimist cittadino, a venire a parlare della propria interessantissima attività, durante la cena d’apertura dell’anno sociale nel ristorante Belvedere. Il racconto di un lavoro così particolare, poco conosciuto, eppur tanto importante nell’economia di uno spettacolo, denso di aneddoti e curiosi particolari, ha catalizzato l’attenzione di tutti. Compreso un gruppetto di ragazzine affascinate dall’argomento e attratte dalla possibilità di poter a loro volta intraprendere la stessa professione.

La sua carriera straordinaria è iniziata al fianco di un autorevole regista, Ermanno Olmi, il quale le ha dato fiducia fcendola decollare con il film “Lunga vita alla signora” riconfermandogliela in una prova ben più impegnativa, “Il mestiere delle armi”, pellicola di grande successo. “Il cinema è finzione, - ha detto la Sartori – ma se si vuole riuscire a costruire l’inganno bisogna partire dalla realtà storica. Per questo devo studiare e documentarmi con impegno per creare costumi verosimili, spesso tra mille difficoltà. Questi insegnamenti li devo a Olmi, per me più che un maestro”.

La serata, interessante e vivacizzata dalla proiezione di bozzetti e foto, è trascorsa velocemente.

Un buon esordio per Valeria Ferrari, neoeletta presidente, che verrà affiancata nella gestione dei progetti, dalla nuova segretaria del club, Sandra Brunetti.