Domenica 28 maggio 2000

Modelli alternativi di chiesa per servire l’utopia

 

Perché cercare modelli alternativi

Ora più che mai è necessario cercare modelli alternativi di organizzazione sociale di fronte all’incombere della "new economy", del neoliberismo, della globalizzazione, di tutti quei fenomeni, cioè, che apparentemente fanno parte di quello che viene definito il movimento inarrestabile del progresso, ma che bisogna sorvegliare perché non diventino un’ulteriore occasione per i potenti per soverchiare i più deboli, come purtroppo già sta accadendo.

Anche per la Chiesa si scorge la stessa esigenza, specialmente al termine di un mese che ha visto episodi di intolleranza e di monopolizzazione dell’attenzione pubblica, accanto a richieste di scuse che, pur essendo piccoli segni di apertura, rientrano pur sempre in una prassi codificata, controllata e che riguarda ambiti molto ristretti. Per non parlare di un travisamento generalizzato del messaggio cristiano che traspare da un’infinità di segni piccoli e grandi. Uno lo scorgiamo nell’articolo apparso sul Corriere dello Sport del 27 aprile scorso che presenta il "numero uno" della Ferrari, Michael Schumacher, come un campione di fede cristiana riportando addirittura il giudizio di un cardinale, Ersilio Tonini arcivescovo emerito di Ferrara, che commenta "Questa è la vera religione cristiana". Il commento di Tonini è basato su alcune dichiarazioni del pilota che, incurante dell’insulto ai poveri che viene dai miliardi che guadagna, confessa candidamente ad una rivista tedesca: "Alzo spesso lo sguardo al cielo e parlo con Dio. Gli parlo della fortuna di aver potuto portare a termine sano e salvo la gara". Potremmo essere d’accordo col cardinal Tonini quando afferma che nelle parole di Schumacher "C’è il senso della dipendenza da Dio, della confidenza con lui", sentimenti che possono in effetti appartenere a diverse religioni, ma non quando da questi passa tout court al cristianesimo, il quale ha (anche) la dipendenza da Dio e la confidenza con lui, ma soprattutto un impegno solido per la giustizia:

"Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli" (Matteo 7,21).

Come riflettere, però, su possibili modelli alternativi di Chiesa? Ci lasciamo guidare dall’analisi di Pablo Richard apparsa su Adista del 17 aprile 2000. Si tratta di un intervento che Pablo Richard, teologo della Liberazione e biblista molto vicino alle comunità dell’America Latina, ha svolto il 22 marzo scorso nell’auditorio dell’Università centroamericana (Uca), nell’ambito del XII Incontro internazionale del Siscal e delle celebrazioni promosse dalla Uca per il XX anniversario del martirio di mons. Romero.

La riportiamo integralmente di seguito.


L’articolo (Adista 17 Aprile 2000)

TRATTATO FRA PROFEZIA E POLITICA: IL REGNO DI DOMANI È IL NOSTRO MONDO.

L’intervento del teologo Pablo Richard

 

Introduzione

Vorrei analizzare la realtà della Chiesa in America Latina nella prospettiva di Dio e del Regno di Dio: come se la passa il Regno di Dio nel nostro Continente. Come gli va a Dio nei nostri Paesi. Fare un'analisi regnocentrica e non ecclesiocentrica della Chiesa. Questo implica fare un'analisi della Chiesa radicalmente dalla prospettiva dei poveri. Vorrei fare un'analisi profetica della Chiesa, a partire dalla realtà economica, sociale, politica, culturale, religiosa e spirituale della Chiesa, ma profondamente animato dalla Parola e dallo Spirito di Dio. Vorrei procedere con libertà totale e verità, non condizionato né dalla paura né da interessi personali o politici. Vorrei analizzare la situazione ecclesiale mosso da un grande amore per la Chiesa. Fare un'analisi costruttiva e piena di speranza. In particolare non vorrei distruggere gli spazi ecclesiali che a volte sono l'ultima speranza per i poveri. Camminare con la Chiesa per poter camminare con i nostri popoli. Guardare alla realtà ecclesiale con prospettiva ecumenica e macroecumenica (interreligiosa).

1. Tempo di transizione

Viviamo un tempo di transizione: sono morte molte esperienze, molti modelli, speranze, utopie del passato e ancora non sorgono alternative per il futuro. Viviamo un tempo presente, dove simultaneamente si percepisce un passato che ancora non muore e un futuro che ancora non nasce. Viviamo l'antico e il nuovo. È chiaro ciò che deve scomparire, ma non ciò che verrà a sostituirlo. È importante anche discernere fra ciò che resta e ciò che deve cambiare. Ci sono fatti ecclesiali del passato che dobbiamo mantenere, sviluppare, approfondire: il Concilio Vaticano II (1962-65); le Conferenze generali dell'episcopato latinoamericano di Medellín (1968), Puebla (1979) e Santo Domingo (1992); il Sinodo universale su "La Giustizia nel Mondo" (1971) e le Encicliche papali fondamentali come Ecclesiam suam (1964), Populorum progressio (1967), Evangelii nuntiandi (1975) e tante altre. Anche l'opzione preferenziale della Chiesa per i poveri, con tutte le sue implicazioni sociali, teologiche, pastorali e spirituali, è un'opzione costitutiva della nostra tradizione, che potrà essere ridefinita, ma mai soppressa o dimenticata. Nella Chiesa c'è molto da cambiare e riformare, però all'interno di una tradizione che negli ultimi 50 anni ci si presenta come un'autentica tradizione apostolica che contiene la Parola che è Parola di Dio. Abbiamo avuto una generazione di vescovi, la generazione di Medellín, che ha segnato con chiarezza un cammino per il futuro della Chiesa in questo continente. Valutazione, autocritica e riforma sono necessarie, ma in continuità con la nostra tradizione apostolica e con la nostra Teologia latinoamericana, la cui espressione più genuina è stata la Teologia della Liberazione. In questo tempo di transizione ci sono due atteggiamenti possibili. Uno negativo: lasciarsi prendere dalla disgregazione, dalla confusione e dalla sfiducia. Continuare a piangere e rimpiangere un passato che non tornerà o vivere sognando in modo idealista un futuro impossibile. L'altro positivo: mantenere viva la speranza e continuare a cercare alternative possibili e credibili. La speranza ci permette di realizzare due sfide proprie di questo periodo di transizione: 1) la costruzione di fondamenta sopra le quali potremo in un futuro prossimo costruire qualcosa di nuovo; 2) la formazione di persone che siano costruttrici di alternative future. Nella costruzione di queste fondamenta e nella formazione di queste persone dobbiamo investire il meglio del tempo passato. Noi che abbiamo vissuto gli ultimi 40 anni del secolo scorso dovremmo trasmettere alle future generazioni il meglio di quegli anni. A livello di Chiesa, per esempio, dobbiamo saper trasmettere ciò che sono stati il Concilio Vaticano II, Medellín, Puebla e Santo Domingo; ciò che sono stati la nascita e il primo sviluppo della Teologia della Liberazione, ecc...

2. Processi che oggi sfidano le Chiese

Non faremo qui un'analisi del sistema attuale della globalizzazione neoliberista, ma solo dei processi che sfidano in modo specifico le Chiese.

a) Disgregazione e frammentazione provocate dall'economia di mercato

Crisi dell'etica e dei valori tradizionali. Disgregazione della famiglia e della comunità (e delle relazioni sociali in generale). Frammentazione religiosa e spirituale della società. Mercato religioso: ognuno "compra" la religione e la spiritualità che più gli piace. Globalizzazione ed egemonizzazione distruttiva delle culture e delle identità locali. Spirito consumistico, materialista e individualista che disgrega le persone. Spirito competitivo: se non ce n'è per tutti, che almeno ce ne sia per me. Crisi della modernità e disgregazione dell'essere umano come soggetto. Alcune conseguenze di tutto ciò: violenza (ad ogni livello). Consumo di droghe (di qualsiasi tipo). Migrazioni (interne ed esterne). Razzismo e neofascismo. Militarismo e nazionalismi guerrafondai.

b) Crisi dell'alleanza della Chiesa con lo Stato e il Potere

Corruzione delle classi dominanti (prima le Chiese erano preoccupate per le ideologie socialiste dei poveri, ora il problema è la corruzione dei ricchi). Stato povero, indebitato, disgregato e spogliato dai gruppi di potere. Crisi della Democrazia e della Politica: marketing politico, controllo delle forze politiche attraverso i mezzi di comunicazione e il denaro, astensionismo.

c) Contraddizione tra la Chiesa e la logica del sistema

La logica profonda del sistema è escludente verso la maggioranza e distruttrice della natura (il sistema è "meraviglioso", però non è per tutti e non è in armonia con la natura). Solo la Chiesa può accettare una società in cui rientrano tutti e tutte e sia in armonia con la natura. La Chiesa ha una logica che entra in contraddizione con la logica del sistema. La Chiesa di Medellín e Puebla ha scelto specificamente un'opzione preferenziale per i poveri e ha preso coscienza del problema ecologico. Questo accentua ancor più la sua contraddizione con la logica del sistema. La Chiesa ha un'opzione preferenziale proprio per coloro che il sistema esclude.

d) Contraddizione tra la Chiesa e lo spirito del sistema (religione idolatra del mercato)

Idolatria del mercato totale: mercato come assoluto, che decide sulla vita e la morte delle moltitudini. Assolutizzazione idolatra della legge (legge del mercato, legge dei contratti) contro la vita umana. La Legge come più importante della vita (riscossione del debito estero a costo della morte di interi popoli). Mercato come soggetto assoluto universale, che schiaccia tutti i soggetti concreti e corporei. Le cose diventano soggetti e i soggetti sono trasformati in cose. Messianismo del mercato: promette la soluzione di tutti i problemi dell'umanità. Si esige di avere "fede" nel mercato. L'idolatria del mercato esige il sacrificio di vite umane: gli esclusi sono facilmente sacrificati e liquidati. L'idolatria (sostituzione di Dio con altri dei o travisamento del significato di Dio) permette al sistema di opprimere in buona coscienza e senza limiti.

3. Due modelli per superare la crisi attuale della Chiesa

Oggi possiamo notare due modi di affrontare i processi che sfidano le Chiese. Questi due modi di risolvere la crisi corrispondono a due modelli di Chiesa. Analizziamo i due modelli, supponendo che ognuno cerchi onestamente di ricostruire la Chiesa. A volte abbiamo un modello più o meno configurato, in molti casi si tratta semplicemente di una tendenza.

1) Il modello conservatore Programma: superamento o annullamento del processo di riforma della Chiesa iniziato con il Concilio Vaticano II, Medellín, Puebla e Santo Domingo. I mezzi che utilizza sono: - sostituire i testi del Concilio con il Nuovo Codice di Diritto Canonico e il Catechismo della Chiesa cattolica. Il problema non è costituito dai testi in se stessi, ma dal carattere di assoluto che si dà loro e dall'interpretazione di queste due opere con uno spirito contrario a quello del Concilio. Invece di interpretare il Catechismo e il Diritto Canonico alla luce del Concilio, si interpreta il Concilio alla luce del Catechismo e del Diritto Canonico. Il Diritto e il Catechismo definiscono così la nuova identità della Chiesa. In molti casi il Catechismo sostituisce la stessa Bibbia. La Legge e il Potere sono la nuova ortodossia e la tradizione evangelica l'eresia; - nomina di vescovi conservatori; - riforma dei seminari (eliminazione di tutta la teologia critica, della teologia conciliare e soprattutto della Teologia della Liberazione); - paralisi e distruzione della collegialità episcopale; - centralismo romano (fine delle Chiese locali, indebolimento del Celam). Si cerca di controllare la Chiesa latinoamericana da Roma; - ricostruzione di un modello di Chiesa dove si assolutizzano l'autorità, le legge e la dottrina. Si schiacciano la creatività dello Spirito e la libertà di fronte alla legge. Si distruggono ogni teologia critica e ogni spiritualità liberatrice. Si cerca di superare la disgregazione provocata dal sistema con una struttura centralizzata e potente, che assicuri l'efficacia dell'autorità e della legge e la chiarezza della dottrina. Si ignora e si reprime qualsiasi creatività teologica e spirituale che venga dalla base e dai nuovi soggetti: poveri, esclusi, indigeni, neri, donne, giovani. Contesto: questo modello di Chiesa può funzionare solo in sintonia con il nuovo modello di economia del libero mercato. Necessita di un sistema finanziario solido e di un potere politico autoritario. Si utilizzano il denaro, il potere e il marketing come mezzi di "evangelizzazione". Si utilizzano i segni religiosi come segni di potere e si attribuisce al potere una dimensione religiosa.

Debolezze del modello conservatore Ha Potere, ma non ha Spirito né Teologia. È facilmente colpito dalla corruzione del sistema dominante. Distrugge tutte le forze ecclesiali di rinnovamento e si chiude al futuro. Sviluppa una spiritualità ed una teologia disincarnata ed estranea ad ogni realtà storica, per nascondere e legittimare così l'uso che fa del potere economico e politico del sistema dominante. Questo modello somiglia molto a quello dei gruppi "gnostici" delle origini del cristianesimo, condannati da tutta la tradizione biblica, apostolica e patristica. L'efficacia e il successo dell'"evangelizzazione" sono un problema tecnologico e quantitativo, un problema di marketing. La Chiesa funziona come impresa nazionale e transnazionale, senza nessuna forza evangelizzatrice.

2) Il modello alternativo della Chiesa Non si cerca di costruire una nuova Chiesa, ma un nuovo modello di Chiesa: Chiesa Comunione di Comunità, Chiesa Popolo di Dio, Chiesa dei Poveri, opposto al modello di Cristianità. Non si svalorizza l'Istituzione in quanto tale, ma un determinato tipo di istituzionalità. Non si mette in questione l'autorità della Chiesa, ma il modo autoritario di esercitarla. La strategia nella costruzione di questo nuovo modello non è lo scontro, ma crescere lì dov'è la nostra forza. Si cerca di rinnovare la Chiesa all'interno della stessa Chiesa e con un linguaggio positivo e costruttivo. La costruzione di questo nuovo modello di Chiesa è a lungo termine e si inserisce nella ricerca di un nuovo modello di società. La riforma della Chiesa e la costruzione di alternative al sistema dominante, essendo due processi qualitativamente e specificamente differenti, sono due processi che storicamente si relazionano e si rafforzano l'uno con l'altro, perché hanno la stessa logica storica di fondo: la vita di tutti e tutte (specialmente dei poveri) e l'armonia con la natura.

a) Contesto storico della costruzione del modello alternativo di Chiesa. Il modello alternativo di Chiesa ha, come contesto storico, il confronto profondo con il sistema attuale di economia del libero mercato e della globalizzazione neoliberista. La riforma della Chiesa deve affrontare i processi prima indicati: disgregazione, frammentazione, violenza, crisi del potere, dello Stato, della Democrazia, imposizione ineluttabile della logica dell'esclusione e della distruzione della natura. Il sistema dominante si presenta come l'unico sistema possibile, come un sistema senza alternative. Il mercato è l'unico che potrebbe risolvere i problemi dell'umanità e l'unico che potrebbe regolare l'economia. La crisi dei socialismi storici ha reso possibile che il capitalismo si imponesse come l'unico possibile. Il neoliberismo è il "pensiero unico" manovrato dal "Consenso di Washington" (accordo tra gli organismi finanziari internazionali e la Riserva Federale Americana). La globalizzazione è un "movimento organico inglobante" che si impone come una gigantesca concentrazione di potere economico, un'integrazione mondiale grazie ai mezzi di comunicazione, allo sviluppo dell'informatica e all'egemonia militare degli Stati Uniti. La logica che lo pervade interamente è la logica della concorrenza, della competitività, del trionfo del più forte, del massimo guadagno, della flessibilizzazione del lavoro e della privatizzazione. A livello teologico sorge quello che chiamiamo il messianismo e l'idolatria del mercato, che si impone globalmente con fervore ed entusiasmo religioso. Il modello della Chiesa che vogliamo costruire non può ignorare questo contesto storico, ma deve definire la sua missione e azione evangelizzatrice e liberatrice in questo contesto. Non si tratta solamente di apportare correzioni, regole, evitare abusi troppo evidenti. Non si tratta solamente di denunciare i costi sociali ed ecologici di un capitalismo selvaggio. Non si tratta solamente di sviluppare un'etica interna al sistema che cerchi di generare coscienza nei suoi protagonisti o costruire un quadro normativo di funzionamento dell'economia. Tutto questo può essere molto utile a breve termine, però la Chiesa che vogliamo deve andare più lontano: mettere in questione la logica stessa del sistema e proporre un sistema alternativo.

b) Un criterio assoluto e trascendente e molte mediazioni necessarie Come criterio assoluto e trascendente per mettere in questione la logica del sistema, la Chiesa possiede un principio contemporaneamente economico, sociale, politico, culturale e spirituale: il carattere assoluto della vita umana e cosmica. Un sistema è legittimo quando soddisfa le necessità primarie di tutti e tutte ed è in armonia con la natura. La Chiesa fonda questo principio basilare sulla sua fede nel Dio della Vita e nel Regno di Dio che si identifica con la vita umana e cosmica, specialmente con la vita minacciata dei più poveri e degli esclusi. Questo principio assoluto e trascendente ha certamente le sue mediazioni storiche, altrimenti cadremmo in un crasso fondamentalismo e in una mancanza di credibilità. Oggi si insiste sulle mediazioni per costruire alternative. Non possiamo fermarci alla sola critica, benché questa sia molto necessaria. La critica senza alternative e senza mediazioni produce disperazione e immobilismo. Le mediazioni per la costruzione di alternative si situano a tre distinti livelli: il livello utopistico, il livello dei progetti e delle alternative a lungo termine e il livello degli impegni concreti. 1) Livello delle utopie. L'utopia, per definizione (u-topia = senza luogo), è escatologica. È un'escatologia storica, non si realizza in un altro mondo, ma al di là della morte nella nostra stessa storia. L'utopia è ciò che dà senso e orientamento alla storia. Inoltre, questa utopia può essere vissuta frammentariamente (mai in pienezza) in mille esperienze storiche, che acquisiscono il carattere simbolico o sacramentale dell'utopia escatologica. La nostra utopia è la costruzione del Regno di Dio nella storia, la Nuova Gerusalemme che scende dal cielo e la creazione di Cieli e Terra Nuovi. Tutta questa realtà è escatologica, è al di là della morte: al di là del dominio delle Bestie, al di là della resurrezione dei martiri, al di là del giudizio finale (Apocalisse 19,11-21). In termini storici la nostra utopia del Regno esige già una società che comprenda tutti e tutte e che sia in piena armonia con la natura. L'utopia non è un'illusione o una pura costruzione intellettuale, ma un principio storico, un progetto, una logica reale che affronta e delegittima il sistema attuale in tutte le sue dimensioni. Se la Chiesa possiede questa utopia, questa logica, questo principio storico-trascendente, necessariamente entrerà in conflitto con la logica e la legittimità del sistema attuale e punterà chiaramente ad un sistema alternativo. 2) Livello dei progetti, degli obiettivi e delle alternative a medio termine L'utopia è rivoluzionaria e credibile, se è capace di ispirare la ricerca concreta dei progetti e obiettivi a medio termine. Non si tratta né di soluzioni immediate, né di obiettivi infiniti irragiungibili, ma di cammini credibili e possibili da costruire, qui e il più presto possibile, con lo sforzo e la tenacia di tutti. In questa ricerca la Chiesa possiede una tradizione costitutiva e non è sola. Una tradizione costituiva, questa fu la tradizione del Giubileo: riposo della terra e della forza lavoro ogni 6 giorni, liberazione degli schiavi, condono dei debiti, recupero della terra e delle proprietà perdute per debito, ogni 7 e 50 anni. Gesù assunse questa tradizione e proclamò un anno di Giubileo nella sinagoga di Nazareth e ci ha insegnato a pregare in questi stessi termini (il Padre Nostro). Anche le Beatitudini e il Discorso della Montagna rispondono a questa tradizione. Anche la Dottrina sociale della Chiesa, non come correttivo del sistema, ma come logica di una società differente, rientra in questa tradizione. La Chiesa di Medellín e la generazione dei vescovi di Medellín hanno dato nuove fondamenta a questa stessa tradizione. La Chiesa non è sola neppure in questa ricerca. Oggi ci sono molte organizzazioni umanitarie che stanno cercando alternative e obiettivi possibili a medio termine. Si veda, solo a mo' di esempio, il Manifesto del Foro Internazionale delle Alternative: "È tempo di invertire il corso della storia. È tempo di mettere l'economia al servizio dei popoli. È tempo di abbattere il muro tra Nord e Sud. È tempo di affrontare la crisi della civilizzazione. È tempo di rifiutare il potere del denaro. È tempo di mondializzare le lotte sociali. È tempo di risvegliare la speranza del popolo. È giunto il tempo delle convergenze. Il tempo dell'azione è già iniziato". Qui appare lo spirito autentico del Giubileo biblico. La ricerca di alternative a medio termine è il programma di molte organizzazioni internazionali a livello economico, ecologico, e di Diritti umani (come si è manifestato a Seattle contro l'Organizzazione Mondiale del Commercio); è la piattaforma anche di migliaia di movimenti sociali nel mondo (come per esempio il movimento dei Senza Terra in Brasile, i movimenti femministi, sindacalisti, ecologisti, di giovani e di indigeni). Sta nascendo una mondializzazione della solidarietà, una mondializzazione delle lotte e delle resistenze, alla ricerca di una alternativa. La Chiesa deve entrare in questa mondializzazione con tutta la sua capacità educativa, etica, profetica e spirituale; con tutta la sua capacità organica e strutturale a livello nazionale, regionale e mondiale. La Chiesa, come istituzione, a partire dalla sua stessa tradizione, con un linguaggio proprio e ispirandosi all'utopia del Regno, ha la capacità di sviluppare progetti, obiettivi e alternative a medio termine, soprattutto verso i poveri e gli esclusi dal sistema. Agire a questo livello non significa che la Chiesa stia invadendo il campo economico o politico in maniera indebita. Il linguaggio che usa la Chiesa non è fondamentalmente tecnico, ma etico e di ispirazione evangelica. A mo' di esempio, a questo livello, potremmo elencare alcuni obiettivi che già sono in cantiere in tutta l'America latina:

- Reinserire l'economia nella società al servizio della vita di tutti. L'economia non vive "in sé e per sé" ma al servizio della vita di tutti e tutte. Oggi esiste un dialogo molto fecondo tra Economia e Teologia, che sta sviluppando una critica dell'economia a partire dalla vita umana e cosmica. L'economia ha avuto da sempre principi etici e teologici che la Teologia può e deve discutere, soprattutto a partire dal carattere assoluto della vita umana e dei poveri.

- Rafforzamento della società civile: movimenti sociali e di cittadinanza. Educazione di base e famiglia. Oggi viviamo uno spostamento dalla società politica ("presa del potere") alla società civile ("creazione di nuovi poteri"). La Chiesa ha un suo ruolo storico proprio nella società civile per la sua forza etica e profetica, per la sua capacità educativa e come spazio di partecipazione dei settori maggiormente esclusi. Oggi la riforma della Chiesa ha il suo proprio spazio direttamente nella società civile più che nella società politica, come è avvenuto nei decenni passati. A partire dalla società civile (dal basso, dalla base, dai poveri, dai movimenti sociali) e a lungo termine, cerca sicuramente anche una ricostruzione della Politica, della Democrazia e dello Stato. La ricostruzione dello Stato, al servizio del Bene Comune e in favore dei poveri e degli esclusi, come anche in difesa della natura, è sempre stata storicamente una preoccupazione della Chiesa. Questo compito oggi si fa drammatico e urgente.

- Partecipazione dei nuovi soggetti sociali (donne, giovani, indigeni, discendenti degli afro, ecc...) nella costruzione della società globale e nella riforma della Chiesa. La riforma della Chiesa deve assumere seriamente l'identità, la condizione e la situazione di genere. La pastorale specifica della Chiesa con donne, giovani, indigeni e afroamericani sta incidendo direttamente nell'irruzione di questi nuovi soggetti nella società globale. Urge una riforma del ministero della Chiesa che consideri seriamente la partecipazione della donna.

- Mondializzazione della solidarietà e di tutti i movimenti di resistenza e di lotta per alternative possibili e credibili a partire dai poveri e a medio termine. Il carattere nazionale, continentale e universale della Chiesa la rende particolarmente significativa ed efficace in questa mondializzazione della solidarietà. Questa mondializzazione esige a sua volta una riforma del carattere autoritario e accentratore delle strutture gerarchiche della Chiesa.

- Orientamento radicale del progresso tecnologico e dei mezzi di comunicazione al servizio della vita umana di tutti e tutte e anche della vita di madre natura. Anche qui la Chiesa deve sviluppare un'etica non solo correttiva ma che modifichi la logica interna della tecnologia e dei mezzi di comunicazione. Il suo principio etico e teologico basilare in questo campo sarà, come sempre, il carattere assoluto e trascendente della vita umana, specialmente della vita minacciata dei poveri e degli esclusi. Rafforzare e rendere democratici gli Organismi Internazionali (Onu, Fmi, Bm e altri). La Chiesa ha già una presenza significativa in questi organismi, che potrebbe essere ancora più concretamente al servizio dei poveri del Terzo Mondo.

Questi e molti altri obiettivi a medio termine sono coerenti con il modello di Chiesa di cui abbiamo bisogno nel Terzo Mondo. La riforma della Chiesa deve avvenire nel contesto storico di questi obiettivi. È nella coerenza di questi obiettivi con la natura propria e specifica della Chiesa che scopriamo la missione evangelizzatrice della Chiesa in questo momento che vive l'umanità. Nel Concilio Vaticano II la Chiesa si è aperta al mondo. Oggi più che mai il Mondo, soprattutto il Terzo Mondo, ha bisogno della Chiesa, però di una Chiesa rinnovata, inserita nei processi di costruzione di alternative per salvare il mondo. La Chiesa conservatrice si chiude in se stessa, non è al servizio del mondo, ma si serve del mondo, soprattutto del suo potere e denaro, per salvarsi come Chiesa. "Dio infatti ha tanto amato il (Terzo) mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna" (Gv 3, 16). 3) Livello di azioni e impegni a breve termine Le utopie e gli obiettivi generali già trattati devono ispirare azioni a breve termine, in cui la Chiesa concretizzi e renda credibile la sua missione specifica. Elenchiamo qui solo gli impegni che ci sembrano più evidenti e che molte Chiese già realizzano in America Latina. Questi impegni si realizzano a livello locale, regionale, nazionale e internazionale: Annullamento del debito estero dei Paesi poveri. Regole ecologiche nazionali ed internazionali, con carattere normativo e vincolante. Smilitarizzazione e controllo internazionale del commercio di armi. Abolizione della pena di morte. Creazione di un Diritto Internazionale con i Tribunali rispettivi. Diritti umani, Pace, Nonviolenza attiva. Sostegno ai migranti internazionali e agli sfollati interni. Protezione delle tradizioni e dei beni culturali dei popoli... e mille altre azioni ancora in cui le Chiese realmente evangelizzano e rendono credibile la loro utopia del Regno, i loro obiettivi e strategie a medio e lungo termine.

c) Riforma della Chiesa nella costruzione di un modello ecclesiale alternativo La costruzione di un modello alternativo di Chiesa suppone una serie di riforme interne. Elenchiamo qui le riforme sulle quali inizia a nascere un consenso nella Chiesa, che già sono state proposte o che sono in via di realizzazione. Alcuni di questi impegni possono sembrarci impossibili o fuori dalle nostre possibilità di azione. Non importa: bisogna vivere la Chiesa, da una prospettiva di base, come se queste riforme già esistessero o fossero già in cammino. 1) A livello internazionale e regionale: Riforma dell'esercizio del primato e del papato: un nuovo tipo di comunione egualitaria con altre Chiese ed esercizio collegiale dell'autorità del papa. Superamento del centralismo della curia romana. Maggior autonomia del Celam e delle Conferenze episcopali. Comunione organica e strutturata di tutte le Chiese cristiane del Terzo Mondo (Asia, Oceania, Africa e America Latina). Superare l'eurocentrismo delle Chiese e creare un nuovo policentrismo partendo dal Sud e dal mondo non occidentale. Dialogo interreligioso fra le grandi religioni del Mondo, basato sulla difesa della vita, sulla giustizia e sulla pace. Rafforzare il "Parlamento Mondiale delle Religioni". Primato del dialogo con le religioni del Terzo Mondo. 2) A livello nazionale e locale: Rafforzamento delle Conferenze episcopali. Maggiore partecipazione della Chiesa locale nell'elezione di nuovi vescovi. Riforma dei seminari e delle facoltà di teologia. Rafforzamento dell'Ecumenismo al servizio della vita, specialmente dei poveri e degli esclusi. Superamento del settarismo, del proselitismo e di ogni tendenza escludente e discriminante.

d) Strumenti e compiti concreti per la riforma della Chiesa e per la costruzione di un nuovo modello di Chiesa 1) A livello costitutivo e radicale. Le tre forze costitutive della Chiesa sono: la Solidarietà (la Misericordia, la Giustizia) la Parola di Dio la Spiritualità Queste tre forze rispondono alla realtà stessa di Dio che è Amore (Agape), Parola (Logos) e Spirito (Pneuma). Queste tre forze sono radicali, nascono dal seno stesso del Popolo di Dio, non dalla sua struttura gerarchica. Queste forze sono efficaci quando agiscono contemporaneamente: la Solidarietà deve unirsi alla Parola e alla Spiritualità, altrimenti cadiamo nell'assistenzialismo. La Parola di Dio deve camminare con la Solidarietà e lo Spirito, altrimenti cadiamo nel fondamentalismo. La Spiritualità deve vivere nella Solidarietà e a partire dalla Parola di Dio, altrimenti cadiamo nello spiritualismo. 2) A livello strutturale. Oggi osserviamo le seguenti riforme ecclesiali concrete che esistono e si rafforzano in una maniera o nell'altra in tutto il continente: Le Comunità ecclesiali di base e simili, come spazio di partecipazione cosciente e creativa di tutto il Popolo di Dio, specialmente dei poveri e degli esclusi. I Ministeri laicali, in tutta la loro diversità, specialmente fra gli esclusi e i nuovi soggetti: giovani, donne, contadini, indigeni, neri e abitanti suburbani. Superamento della distinzione fra "laici" e "chierici", inesistente nei primi secoli della Chiesa. Rafforzamento della dimensione sacerdotale, profetica e ministeriale di tutto il Popolo di Dio. Rafforzamento dell'essere umano come Soggetto nella Chiesa, specialmente oggi che il sistema calpesta tutti e li trasforma in oggetti. Costruzione del soggetto in comunità e con soggettività. Soprattutto innalzare a soggetto i più oppressi ed esclusi. Nuovo modo di esercizio dell'autorità gerarchica nella Chiesa, non dal vertice di una struttura di potere, ma dal cuore e dal centro di una comunione di comunità e movimenti. La riforma della Chiesa non nega la necessità dell'autorità nella Chiesa, specialmente oggi di fronte ai processi di frammentazione e disintegrazione della società. Si cerca di riformare solo il modo di esercitare detta autorità. 3) A livello della formazione teologica e spirituale del Popolo di Dio. Formazione biblica e teologica delle Comunità di Base, specialmente dei suoi ministri e animatori. Rafforzamento del Movimento Biblico e della Lettura Comunitaria della Bibbia. Mettere la Bibbia in mano al Popolo di Dio. Interpretare la Bibbia in comunità, con l'aiuto della scienza biblica e del magistero, il che esige di mettere la scienza biblica e il magistero al servizio della Parola di Dio, che è la massima autorità nella Chiesa (Dei Verbum 10). Che ogni battezzato possa discernere e annunciare la Parola di Dio con autorità, legittimità, autonomia, efficacia e sicurezza. Sviluppo e rinnovamento della Teologia della Liberazione e di tutte le nuove correnti della Teologia latinoamericana. La teologia, soprattutto in mano ai laici e alle laiche, è una forza importante di questo nuovo modello di Chiesa, comunione di comunità. Sviluppo e rafforzamento di una Spiritualità liberatrice a tutti i livelli della Chiesa. Rafforzamento della Vita Religiosa, soprattutto quella inserita fra i poveri. Riattualizzazione costante e tenace della Tradizione del Concilio Vaticano II e specialmente della Tradizione fondamentale della Chiesa latinoamericana basata sulle conferenze di Medellín, Puebla e Santo Domingo. Consegnare questa Tradizione alle nuove generazioni.  

 


 Condivisione

La lettura dell’articolo di Richard suscita molte reazioni. Sulla scia dell’entusiasmo, molti vorrebbero parlare di queste cose con amici, conoscenti ed anche nelle parrocchie, ma viene osservato che, nel parlare nelle parrocchie, bisogna fare molta attenzione perché, trovandosi da soli, si rischia facilmente di contagiarsi col sistema istituzionale e di diventarne complici.

C’è anche la percezione dell’immobilismo cui ci costringe la vita di tutti i giorni; e allora ci si domanda che fare: forse anche un semplice abbonamento ad una rivista come Adista può essere di aiuto; va tuttavia previligiata la partecipazione assidua a incontri, convegni, seminari e a tutto ciò che serve a tenere vigile la coscienza.

Sorge addirittura il pensiero che bisogna decidere se restare dentro o uscire fuori dalla Chiesa e ci si chiede se questa eventuale scelta debba essere individuale o collettiva. A questo riguardo, però, viene ricordato l’invito di Richard nell’introduzione dell’articolo esposto oggi:

"In particolare non vorrei distruggere gli spazi ecclesiali che a volte sono l’ultima speranza per i poveri. Camminare con la Chiesa per poter camminare con i nostri popoli"

Inoltre si osserva che le secessioni introducono l’idea, anche solo sottintesa, che chi si è staccato dall’istituzione è nel giusto e quelli che sono rimasti no. Spesso poi sentirsi nel giusto conduce al desiderio di diventare giustiziere.

Tutto ciò porta alla conclusione che, per chi ritiene opportuno restare nelle parrocchie, è indispensabile cercare metodi e mezzi per affermare, all’interno, ciò in cui si crede. Non può essere, però, un discorso personale, ma comunitario.

Si tratta quindi di operare per cambiare la Chiesa dal di dentro. Ad esempio:

Saranno gli altri poi che, di conseguenza, coglieranno lo scollegamento con la gerarchia e con l’istituzione. È comunque un lavoro che richiede il coinvolgimento di una comunità.

Ci sono anche voci che smorzano questi entusiasmi, suggerendo invece di riflettere all’interno della propria comunità, ascoltando la Parola ed i fratelli.

L’effetto di un’azione di rinnovamento dal di dentro della Chiesa porta ad un certo punto ad avere due chiese che si evidenziano molto nettamente. In un’intervista rilasciata al periodico Adista, pubblicata nel numero 5593 del 15 aprile 2000, il teologo salvadoregno Jon Sobrino risponde alle domande che gli vengono fatte sull’esistenza di due messe per la commemorazione di Romero (l’arcivescovo di San Salvador assassinato nel 1980), una celebrata nella cattedrale ed una nella cripta dove si trova la tomba di Romero; la prima è quella ufficiale. Una delle domande riguarda proprio il significato di questa realtà:

D. Non è che l’iniziativa sia polemica in se stessa. Ma l’esistenza di due cattedrali non può non richiamare l’esistenza di due modelli di Chiesa. Insomma, tra la messa "di sotto" e quella "di sopra" c’è davvero un abisso.

R. Esattamente. Ma la cosa importante è in cosa consiste questo abisso. Consiste nel fatto che, "di sotto", la gente forma comunità, si riunisce, sta bene, prepara con cura la celebrazione. E, con il passare del tempo, questo entusiasmo non accenna a diminuire. Quando abbiamo celebrato l’anniversario dei nostri martiri della Uca, la messa ufficiale abbiamo voluto tenerla nella cripta. C’è divisione, ma la gente non è ossessionata. E l’importante non è il fatto che ci siano due cattedrali, ma che una sia buona.

Invece di evitarlo, è bene che il conflitto esploda: alla fine la "chiesa buona" si rivelerà.

Su questa presenza di "due chiese", viene portata l’esperienza di una comunità di base e i vari problemi. A parte una certa crisi d’identità (siamo dentro o fuori?), c’è anche il problema del presbitero che, se per qualche ragione dovesse andare via, non può essere sostituito alla maniera della chiesa ufficiale (col criterio che "uno vale l’altro"); tra l’altro è difficile trovare presbiteri disposti a celebrare in queste comunità che, per forza di cose, chiedono una totale condivisione. Attualmente quella comunità, in caso di assenza temporanea del presbitero, si riunisce facendo in modo autonomo liturgia della Parola. C’è anche il problema personale, per ogni membro di queste comunità, di come fruire di altre eucaristie quando si trova ad essere lontano dal proprio luogo d’incontro. E poi i sacramenti: come amministrarli?

Si evidenziano tre punti nella costruzione di queste realtà locali di chiesa "diversa":

    1. Come costruire comunità? Un principio guida è quello della liberazione dell’individuo che porta all’accoglienza del diverso con il rispetto della sua realtà.

    2. Condivisione con le altre comunità, per esempio creando un centro interreligioso, aperto a credenti e non.

    3. Utilizzare anche spazi nelle parrocchie.

Un segno di speranza viene da un intervento che parla di conversione: se alla fine tutti vedranno l’amore di Dio, forse in questo ci sarà un punto in comune tra le "due chiese".


Eucaristia

Atti 10,25-27. 34-35

Salmo 80/79

Giovanni 15,9-17

 

Domenica 28 maggio 2000 - vi di pasqua

Dopo aver discusso la mattina in modo laico dei problemi della Chiesa, quelli di noi che si riconoscono in un cammino cristiano concludono la giornata con l’eucaristia, traducendo in preghiera le aspirazioni espresse nell’incontro. In particolare preghiamo il salmo 80 che è una riflessione amara scritta in tempo d’esilio, pensando al duplice crollo di Israele, prima con la caduta di Samaria nel 721 che ha segnato la fine del regno del Nord sotto gli Assiri, poi di Giuda col saccheggio di Gerusalemme nel 586 ad opera dei Babilonesi. È un’invocazione accorata a Dio "pastore d’Israele", fatta con toni decisi "Tu, ascolta", ma anche con grande fiducia. Il popolo è paragonato ad una vigna distrutta:

"Perché hai abbattuto la sua cinta

e ogni viandante ne fa vendemmia?

La devasta il cinghiale del bosco

e se ne pasce l’animale selvatico. (Salmo 80,13-14)

Quello che il salmista chiede per il popolo d’Israele noi chiediamo per la Chiesa, perché si trova nella stessa condizione della vigna devastata, in mano a pastori che la ridicolizzano.

In questa ricerca c’è anche da rivalutare la parola amore, rovinata dal tempo, che Giovanni ci propone nel comandamento lasciato da Gesù:

"Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici." (Giovanni 15,12-13)

Dare la vita significa fare sul serio, anche se non si arriva al martirio. Questo è l’amore di cui parla Giovanni, l’agàpe, diverso dall’amore romantico, erotico, paterno, di amicizia; è quindi da interpretare nel modo più antiborghese possibile. Borghese è quella persona che, qualsiasi cosa decida di fare, si lascia sempre quella che Silone chiamava l’uscita di sicurezza; in altre parole, non si dona completamente.

Arturo Paoli, un anziano monaco che vive nel Terzo Mondo, in un suo scritto dal titolo "I poveri interpellano la religione borghese", definisce noi cristiani occidentali "borghesi" e spiega perché. Il mondo occidentale, cosiddetto cristiano, è il principale artefice di tutte le ingiustizie del mondo che si divide in oppressori ed oppressi; e noi ci troviamo nella prima categoria. Tutto questo è stato possibile perché ad un certo punto la religione cristiana è stata vista come unicamente rivolta allo spirito, all’anima, dimenticando così l’impegno per il Regno di Dio che era il centro della predicazione di Gesù. Quest’impegno si doveva tradurre nella costruzione di una società più giusta, fraterna, umana; e invece siamo arrivati a questo mondo orribile. Ora, per rimediare, non c’è bisogno di cercare chissà dove, la nostra stessa Chiesa ci ricorda fermamente, con il Concilio Vaticano II, che prima di tutto viene il Regno (del resto è vangelo!), ma nessuno più l’ascolta. Tornare al Regno sarebbe mettere in pratica quell’amore che Giovanni ci ha ricordato nel vangelo di oggi.

Concludiamo con una lettura, dal profeta Sofonia, che ci dà la speranza di essere esauditi nel nostro pregare il salmo 80 e ci dà anche una bellissima immagine di un Dio che, oltre a liberarci, danza con noi:

"In quel giorno si dirà a Gerusalemme:

<<Non temere, Sion, non ti lasciar cadere le mani!

Il Signore, tuo Dio, è in mezzo a te,

egli è un guerriero che salva!

Egli esulterà di gioia per te, ti rinnoverà per il suo amore,

danzerà per te giubilando, come nei giorni di festa!>>.

Ho stornato da te la sventura,

ho tolto da te l’obbrobrio!

Eccomi all’opera: sterminerò tutti i tuoi oppressori!

In quel giorno salverò chi zoppica e chi è sviato raccoglierò;

li renderò oggetto di lode e di fama

in tutta la terra della loro onta!

In quel tempo io sarò alla vostra testa;

in quel tempo io vi farò riposare!

Vi procurerò lode e fama

In mezzo a tutti i popoli della terra,

quando compirò la vostra restaurazione

davanti ai vostri occhi, dice il Signore." (Sofonia 3,16-20)