Le diverse specie di bombo presenti in Italia hanno in comune l’aspetto tozzo, simile a quello di una grossa ape, tanto che spesso suscitano la nostra diffidenza quando ci si avvicinano con il loro ronzare persistente e cupo. In realtà, così come avviene nelle api, solo la femmina è dotata di pungiglione e se ne serve molto raramente, ancor meno delle cugine api (le quali, come è noto, utilizzano quest’arma solo quando si sentono minacciate senza via d’uscita, oppure vedono il loro alveare in pericolo, dato che la loro puntura è sì dolorosa  per chi la subisce, ma è mortale per chi la infligge).

            I paragoni con le api non si limitano solo all’aspetto fisico, ma comprendono anche gli aspetti dell’esistenza, dato che anche i bombi sono insetti sociali, tra i quali la struttura della collettività è retta dalle femmine, mentre i maschi vivono al margine, con l’unico ruolo di “principi consorti” e la sola funzione riproduttiva.

            Però, a differenza delle api, per le quali la società che costituisce un alveare può sopravvivere per anni, i bombi vengono decimati al sopraggiungere dell’inverno. Sopravvivono soltanto le regine fecondate e gravide di uova, che si rintanano in un rifugio in cui trascorrono in ibernazione i mesi più freddi. Non si sa ancora quale sia il meccanismo fisiologico che le preservi dalla morte, ma è certo che ai primi tepori del sole tra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera iniziano a ronzare in cerca di cibo e di un luogo dove fondare di nuovo il loro alveare.

            Adesso tutto il lavoro, l’impegno e la responsabilità dell’edificazione del nuovo alveare è sulle loro spalle (c’è da chiedersi se provino mai invidia per le cugine api regine, sempre servite e riverite da schiere di operaie!), per cui sono indaffaratissime ad alimentarsi penetrando fino in fondo alle corolle dove raccolgono il nettare ed il polline grazie al loro apparato boccale fornito di una sorta di lunga lingua. Il polline, poi, viene accumulato negli appositi “cestelli” situati sulle tibie delle zampe posteriori e formati da setole ricurve. Ma non tutto il polline dei fiori finisce in queste sacche: parecchio rimane attaccato al corpo dei bombi, soprattutto al loro dorso (si sa: gli insetti non conoscono la regola per cui una corretta alimentazione comincia dalla camicia e che quindi è meglio non sbrodolarsi, anzi quando mangiano sono dei gran pasticcioni!). E così i bombi impegnati nella loro frenetica ricerca di cibo divengono dei veicoli ottimali per il trasporto del polline. Tanto che oggigiorno vengono allevati e poi vengono liberati nelle serre affinché impollinino le piante di pomodoro ivi coltivate.

            I primi a sfruttare questa attività di impollinatici dei bombi sono proprio i fiori che sbocciano in contemporanea all’uscita delle regine dai loro rifugi invernali: bucaneve (nella foto a destra), campanellini, crochi, scille, viole, primule… Tutte piante che crescono nei boschi o, tutt’al più al loro margine.

            Nel frattempo le regine cercano anche un luogo adatto dove deporre le uova costruire il loro futuro alveare: di solito cercano le tane abbandonate di arvicole o toporagni oppure cavità simili, normalmente nel terreno. Qui si occuperanno anche dell’allevamento delle prime operaie che nasceranno, le quali vengono alimentate con il nutriente polline raccolto dalle regine, che riescono a trasportarne fino a metà del loro stesso peso (è una società decisamente democratica!).

            Quando inizia ad esserci circa una dozzina di operaie attive, gli impegni della regina si riducono progressivamente. Ben presto la società assumerà la sua complessa struttura definitiva con operaie esploratrici, raccoglitrici e guardiane ed individui fertili cui spetterà il compito di riprodursi e conservare così la specie.

 

 

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