Innanzitutto bisogna sfatare il mito
dell’edera (Hedera elix L.) come pianta parassita: infatti questa
specie non sottrae nutrimento dal fusto o dalle radici degli alberi (anzi
spesso è essa stessa vittima di parassiti del genere Orobanche), ma,
essendo una liana (così come la vite, Vitis vinicola), ha un fusto
strisciante e quindi necessita di supporti sui quali arrampicarsi per esporsi
alla luce del sole. D’altro canto l’edera produce bacche proprio nel periodo
invernale e quindi costituisce una importante fonte di nutrimento per molte
specie di uccelli.
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Le foglie di edera hanno aspetto
differente a seconda dell’età della pianta: quando è giovane hanno la
caratteristica forma a tre lobi “a piede di pellicano”, come si può vedere nella
foto qui a sinistra. E così pure sono le foglie delle giovani ramificazioni
vicine al suolo emesse anche dalle piante già mature. Le piante in età più avanzata, invece,
producono foglie ampie ed ovate (nella foto qui sotto), senza lobi e quindi ben
diverse da quelle giovanili. |
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Come abbiamo visto, l’edera può essere
parassitata da piante del genere Orobanche,
prive di clorofilla, che assorbono la linfa e le sostanze nutritive dalle
radici di altri vegetali mediante delle appendici chiamate “austorii”.
Di queste piante si notano quasi esclusivamente i fiori (nella foto a
sinistra), coperti da una fine peluria, che sbocciano dal terreno senza
foglie o altre parti verdi di contorno, quasi come se fossero dei funghi. |
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